Capitolo 21

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Eravamo appena arrivati a città del Messico.

La nostra casa era enorme,quasi come la vecchia,ma leggermente più grande,nel giardino c'era un piscina e il prato era più o meno grande come l'altro. Forse era più piccolo.

All'entrata c'era il salotto, a destra del salotto c'era la sala da pranzo e davanti, l'angolo cottura. A sinistra del salotto c'era il bagno,poi  le scale che andavano sopra. Appena arrivati al piano superiore c'era un altro bagno,girando a destra la cameretta di James e vicino c'era la mia, alla fine del corridoio c'era la stanza matrimoniale dei miei genitori. Tutto sommato era una bella casa.

Stavo sistemando la mia camera. Era molto grande, il letto era stupendo, a soppalco, con un materasso da una piazza e mezza, e sotto avevo una cabina armadio, la scrivania per fare i compiti, la libreria dove avevo messo alcuni libri, e un tavolino in vetro dove avrei posizionato il portatile.

Quando finii di mettere a posto la libreria, mi riposai un pò sul letto.

Era comodissimo. Ma ovviamente il relax durò ben poco perchè squillò il cellulare subito dopo essermi appisolata. Appena vidi il nome della persona che mi stava chiamando ebbi l'istinto di buttare il cellulare a terra e camminarci sopra, fino a ridurlo in minuscoli pezzetti.

Non volevo rivolgergli la parola, avrei voluto non rispondergli, ma doveva sapere. E poi non avrebbe più visto o sentito il mio nome.

«Pronto» dissi con nonchalance.

«Ciao tesoro! Scusa se non sono venuto a salutarti oggi. So che ci sei rimasta male, ma volevo venire te lo giuro» si, aveva ragione, c'ero rimasta male, lui era l'unico di cui mi fidavo e aveva rovinato tutte le mie aspettative, accartocciandole e buttandole nell'oceano.

«Niente scuse. Sei uno stronzo e basta. Non sei venuto a salutarmi. Ti ho anche chiamato e tu non mi hai risposto, chissà che stavi facendo. Sono solo una stupida che pensava di potersi fidare. Voi ragazzi siete tutti uguali, degli stronzi e menefreghisti» le lacrime stavano cercando di uscire, le sentivo,ma quello stronzo non se le meritava, e dopo ciò che gli dissi, sperai che un pò si sentisse in colpa.

«Ti giuro amore non ho fatto nulla di cui possa pentirmi. Non sono come loro, come gli altri, e già ti ho detto che mi dispiace. Ti prego, perdonami» forse era come diceva lui, forse non era come gli altri, ma io ero la sua ragazza, e la mia partenza significava che non ci saremmo più visti, fatta eccezione per le feste e forse i weekend. Qualunque cosa stesse facendo poteva anche interromperla, se contavo qualcosa,almeno un minimo nella sua vita doveva venire e lasciare qualunque cosa.

«No, non ti perdono. Non mi cercare più» finii la chiamata, con una lacrima sul viso, non ero riuscita a trattenerla, ma la tolsi subito, quella lacrima non meritava di stare sul mio viso,non per quell'idiota.

Non dovevo più pensarci, dovevo pensare ad altre cose. Per esempio che sarei andata in una nuova scuola dove non conoscevo nessuno e dove avrei dovuto fare amicizia. Ma il fatto che il caldo era abominevole, mi fece pensare che fare shopping non mi avrebbe fatto male. L'unica cosa da fare, era chiedere in giro dove fosse un centro commerciale.

Uscii di casa, chiesi informazioni a chiunque incontrassi ma a quanto pare ero così imbranata da confondere ogni direzione. Decisi quindi di prendere il cellulare dalla tasca per andare su google e cercare il centro commerciale. Mentre, però ero impegnata a trafficare con il cellulare sul marciapiede, incontrai qualcuno, o meglio, il mio cellulare incontro i pettorali di qualcuno.

«Attenta. Cretina!» alzai di colpo il viso per fulminare il ragazzo, ma quando mi accorsi chi fosse, un sorriso si allargò sul mio volto, come sul suo.

Mi fido di te [in revisione] #wattys2019#Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora