Una volta arrivato all'area cani con Athena prendo posto su una panchina isolata e mi accendo una sigaretta, una coppia di signori con un bassotto è seduta dal lato opposto del parco e i miei pensieri cominciano a vagare.
Mi sorprende che Elizabeth non sia mai salita in moto con Noah ma che con me si sia fidata abbastanza da farlo. Lo so, probabilmente lo ha fatto perché doveva andare a lavoro, ma aveva comunque l'alternativa dell'autobus e, anche se fosse arrivata in ritardo, avrebbe potuto scegliere quell'opzione.
Peggio ancora le ho detto che mi piace, anche se poi mi sono corretto dicendole che mi piace stare con lei. Non so bene cosa intendessi dire, però è vero che è la persona che preferisco al momento, assurdo dato che la conosco da poco più di una settimana e che è così complicata rispetto alle altre ragazze che conosco, eppure non vedo l'ora che si faccia l'ora di pranzo per rivederla. Qualcosa in lei mi affascina, non posso negarlo.
Un cane lupo si avvicina ad Athena e comincio ad osservarlo per assicurarmi che sia docile, in caso contrario dovrò tenermi pronto a proteggere la cucciolona altrimenti Liz mi ammazzerà.
Alle spalle del cane si trova una ragazza alta, magra, con capelli neri a caschetto e carnagione bianchissima, sembra la versione sexy di Biancaneve. I calzoncini le fasciano il culo a pennello, anche se non fa così caldo da indossarli, e al di sopra indossa un semplice top sportivo. I capelli ed il viso sono in parte nascosti da un berretto.
«Ciao» si siede di fianco a me e mostra le sue tecniche di seduzione, tono di voce civettuolo, accavalla le gambe, si attorciglia i capelli intorno all'indice.
Le faccio un cenno del capo, non sono mai stato un tipo loquace con le ragazze, solitamente mi piace arrivare al sodo e parlare quel tanto che mi basta per farle finire a letto con me. Anche questo mi sorprende di Liz, con lei parlo più che con qualsiasi altra ragazza – be' ad eccezione di Margaret che è stata la mia fidanzata e dovevo per forza dato che ci vivevo insieme, ma non mi sentivo così tanto a mio agio con lei.
E vorrei sbattere la testa contro l'albero che ho alla mia sinistra perché sto pensando a Liz quando questa bellissima ragazza non vede l'ora di fare la mia conoscenza.
«Che razza è?» mi chiede sexy Biancaneve cercando di fare conversazione.
«Meticcio» rispondo semplicemente. Vedo che alla mora di fianco a me piace il mio essere di poche parole e non demorde.
«Ed è tua?» che domanda è? Se vedi una persona al parco con il cane di chi altri dovrebbe essere? Ok, sì, in questo caso non è mia, ma è una domanda che non mi farei mai e che non farei mai ad un'altra persona.
«No è di una ragazza» perché mi do la zappa sui piedi da solo! Avrei potuto dire che è di un'amica, invece no. Ovvio, perché non so cosa siamo io e Liz. E ancora una volta i miei pensieri vanno a lei.
«Ah» risponde delusa «La tua fidanzata?»
«Io non mi fidanzo» ci tengo a precisare. La vedo rianimarsi, e riassumere l'atteggiamento da gatta morta, perciò inclina la testa da un lato e dall'altro per osservarmi meglio.
«Ti ho visto agli allenamenti della squadra di football della NYU» ecco perché si è seduta vicino a me, vuole farsela con un atleta. Sarò ben lieto di accontentarla.
«Non ti ho mai visto qua però, da dove vieni?»
«Prima stavo alla Columbia» fin'ora nessuno me l'aveva chiesto, a parte Chuck che già sapeva quale college frequentassi.
«Be' è vicina alla nostra università, come mai ti sei trasferito?»
Potrei risponderle, potrei dirle che prima abitavo dall'altra parte di New York e che attraversavo tutta la città per raggiungere l'università perché avevo il mio bell'appartamento e non volevo stare in dormitorio. Potrei dirle che poi a una festa della Columbia ho incontrato Margaret tramite un'amica comune e che di lì a poco mi sono spostato a Manhattan per essere più vicino al college e per convivere con lei.
Le potrei anche raccontare che quando ho deciso di vivere con lei e andare alla sua stessa università, ovvero la NYU, per starle più vicino nel giro di un anno mi sono reso conto di aver fatto una cazzata e che ho fatto retromarcia perché Margaret non fa per me, perché mi ero convinto a fare questa pazzia credendo che fosse la cosa migliore per entrambi quella di vivere insieme. Le potrei anche dire che a causa della mia irresponsabilità mio padre non mi ha permesso di tornare nell'appartamento che mi aveva comprato e che per questo condivido la stanza con una fantastica ragazza riccia e che forse dovrei ringraziare il mio vecchio.
«Che cosa vuoi da me...» chiedo invece. Lascio in sospeso la frase per farle notare che non mi ha ancora detto il suo nome.
«Isabella» si affretta a rispondere.
«Perfetto, Isabella» sottolineo l'ultima parola «Non credo tu sia qui per sapere la storia della mia vita, no?» mi da conferma scuotendo la testa in segno negativo.
«Appunto, quindi lasciamo perdere questi stupidi convenevoli e dimmi perché sei qui» adesso mi riconosco. Questo sono io, quello che parla in modo diretto alle ragazze e non fa giri di parole, non quello che vuole passare il tempo con Liz.
«Mi piacerebbe uscire con te qualche volta» vedo che si morde le labbra, non ha il coraggio di dire che vorrebbe farsi una bella scopata, ma glielo leggo negli occhi.
«Sai, io invece vorrei invitarti da me» mi faccio più vicino a lei e sfioro con la mano la sua coscia provocandole la pelle d'oca.
«Quando?» sussurra lei, si lecca le labbra. Faccio mente locale pensando a quando avrò la stanza libera e ricordo che lunedì Liz dopo l'università deve lavorare quindi avrò libertà per tutto il giorno.
«Lunedì, dopodomani» preciso. Le sfilo dal taschino posteriore dei calzoncini il cellulare e lo faccio di proposito per sfiorarle la natica e le scrivo l'indirizzo, l'orario e il citofono a cui suonare. Non le lascio il mio numero perché non voglio che mi tormenti di messaggi.
Le faccio l'occhiolino e richiamo Athena per tonare a casa.
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Coinquilini - IN REVISIONE.
ChickLitDal primo capitolo: Nella mia stanza c'è un ragazzo. Un ragazzo che non conosco. Un ragazzo che non conosco è sdraiato sul mio letto e tiene un libro. No, non un libro. Un mio libro tra le mani, ventimila leghe sotto i mari. «Scusa?» chiedo rimanend...