39. Betty

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A volte il dolore ti divora, ti lascia senza parola, senza voglia di vivere.
Ancora peggio è quando in un attimo tutta la tua vita viene stravolta, un po' come se vivessi in una bolla di sapone, e quando questa viene scoppiata e cadi a terra fa male.
E cavolo se fa male, perché torni alla realtà e ti rendi conto di aver avuto gli occhi chiusi fino a quel momento.
Più o meno è così che mi sento. Stordita, confusa.
Anche un po' abbandonata a me stessa.
Forse perché pensavo di avere un migliore amico sincero, ed invece la sua gelosia era solo dettata da i sentimenti che prova per me, forse perché Logan è scomparso, non si è fatto sentire e il paio di volte che ho provato a cercarlo non ha mai risposto. E adesso avrei proprio bisogno di sentire la sua voce.
Forse è anche perché ho bisogno del mio migliore amico, mi manca. E fino ad oggi è sempre stato lui a tirarmi su quando mi trovavo in questo stato, non ne è mai stato la causa.
Tengo la testa sotto il cuscino, i capelli sono arruffati e avrebbero sicuramente bisogno di uno shampoo, e anche di un balsamo a dirla tutta.
Il telefono sul comodino comincia a vibrare e lo afferro al volo nella speranza che siano Logan o Chuck, anche se non sono mai loro.

Ti va di vederci?

Jesse. Mando giù una smorfia di disgusto e mi copro completamente con le coperte.
Subito dopo la porta della camera si apre di getto, le coperte abbandonano il mio corpo e la luce che viene accesa mi fa chiudere gli occhi per il bruciore.
«Che puzza di chiuso!» esclama la voce di Noah che con passo veloce si affretta ad aprire le finestre e a tirare su le serrande.
«Forse sono io» rispondo andando a riacciuffare il lenzuolo.
«No!» mi sgrida strappandomelo di mano «Jesse mi ha detto che è quasi una settimana che non gli rispondi. Vorrebbe vederti e sta cominciando a preoccuparsi, e anche io. Prima almeno vedevi Emma e andavi a lavoro, ora sono tre giorni che te ne stai rinchiusa qua dentro» mi osserva con occhi severi e so che non ho il diritto di ribattere, perché ha assolutamente ragione, ma non mi va di fare niente.
Sono fatta così, quando sto male ho bisogno di chiudermi in me stessa per qualche giorno.
«Adesso tu vai a farti una doccia, e giuro Elizabeth che se non ti alzi, in bagno ti ci porto io tirandoti su come un sacco di patate» si avvicina a me pronto a tirare le mie gambe ma scatto a sedere incrociandole.
«D'accordo, mi alzo e raggiungo Jesse, sei contento?» e credo che lo sia davvero perché il suo viso si illumina grazie ad un sorriso che fa sorridere anche me.
Mi porge la mano e dopo qualche secondo la afferro e lo ringrazio con un abbraccio.
«Pensavo peggio, sai?»
«Cosa?» domando.
«La puzza, non fai ancora così schifo».

Scendo con lentezza dalla macchina, di solito mi darebbe fastidio uscire con una tuta sgualcita, ma non avevo proprio voglia di pensare a cosa indossare. I capelli sono legati in due trecce che partono dall'attaccatura della testa, ma i capelli sfuggono comunque perché le ho fatte alla bell'e meglio e si stanno disfando.
Attraverso il parcheggio e svolto verso destra dove un cartello mi indica la direzione dei dormitori maschili, ma so benissimo dove devo arrivare.
Supero il corridoio al piano terra e salgo le scale svogliatamente fino a giungere alla prima porta sulla destra. Busso un paio di volte e non devo attendere molto prima che Jesse venga ad aprirmi.
«Betty!» esclama sorpreso «Avanti, entra! Cavolo, credevo non saresti venuta anche sta volta. È bellissimo vederti» dice entusiasta prima di stringermi in un abbraccio dal quale mi libero velocemente lasciando un'espressione delusa sul suo viso.
«Dimmi Jesse, perché sono qui?» domando prendendo posto sulla sedia vicino la scrivania.
«Non sei venuta alle prove questa settimana, e tra dieci giorni abbiamo le regionali comincia a spiegare.
«E allora? Sicuramente quel ragazzo con cui ballo – adesso non mi viene in mente il nome – ce la fa benissimo senza di me. Io lunedì torno e cerco di recuperare».
«No, Betty. Io voglio scusarmi con te per come mi sono comportato, non è la prima volta che permetto a Natalie di trattarti così e me ne pento tantissimo. Ma io e te siamo i leader del gruppo, non possiamo fare i duetti insieme ma ballare con altre persone, ci penalizzerebbe tantissimo» mi spiega, ma le sue parole mi scivolano addosso al momento «Beth, davvero. Io tengo a te, sei la mia più cara amica e Natalie dovrà farsene una ragione».
«Non ti credo Jesse, mi spiace. L'ultima volta che ho ignorato la tua ragazza psicopatica e mi sono avvicinata troppo a te a momenti non mi massacra di botte» ci tengo a ricordarglielo, deve capire quanto io mi senta a disagio in questo momento.
«Hai ragione su tutta la linea» ammette abbassando la testa fino ad incontrare le mani poggiate sulle ginocchia «Le ho chiesto un periodo di pausa, sai?»
«Questa sì che è una novità» rispondo sinceramente colpita.
«Le ho detto che fino a che non imparerà a gestire la sua gelosia non possiamo andare avanti così visto che mi sta rendendo la vita impossibile» mi racconta anche della sceneggiata che le ha fatto Natalie sentendo queste parole e di come poi non si sia ancora fatta sentire perché è convinta che sia Jesse ad essere nel torto.
«D'accordo, Jesse. Sono davvero felice che tu sia riuscito finalmente a farti valere con lei, e possiamo provare ad essere amici. Ma non farò coppia con te e ti prego di non insistere».
«Avrei voluto sentirti dire il contrario, ma va bene. Mi basta il fatto che tu sia mia amica» restiamo a chiacchierare per pochi altri minuti, poi decido di andare via perché ancora non ho voglia di stare in compagnia.
Esco dalla camera di Jesse e ripercorro il corridoio diretta verso il parcheggio dove si trova la mia macchina, ma devo arrestarmi dopo pochi metri perché due ragazzi stanno uscendo da una stanza, e un delle due figure mi è fin troppo familiare.
«Liz» dice sorpreso una volta che anche i suoi occhi sono puntati su di me.
Cavolo, se è bello. I capelli sono scompigliati e indossa una tuta, esattamente come il suo amico, quindi deduco che stiano andando ad allenarsi.
«Come mai qui?» domanda risvegliandomi dal mio imbambolamento.
«Ero andata a trovare Jesse» spiego velocemente «Ti trovo bene» lo dico come se non lo vedessi da secoli, quando in realtà è passata appena una settimana.
Non credo che lo stesso si possa dire di me, il mio aspetto fa capire chiaramente come io mi senta in questo momento: vuota, trasandata, a disagio.
«Io sono Phil» interviene il ragazzo al suo fianco porgendomi la mano. Il suo sorriso è sincero e ispira fiducia, i suoi occhi azzurri sono luminosi e mi guardano con una nota di curiosità e pena, chissà che impressione gli sto dando per guardarmi come se fossi un cucciolo abbandonato.
«Tu devi essere Elizabeth. Ho sentito tanto parlare di te, non hai idea quanto» enfatizza l'ultima frase «Praticamente è come se ti conoscessi da una vita visto che Logan ti nomina in continuazione» quest'ultimo, per farlo tacere, gli riserva una gomitata per niente leggera che lo fa gemere di dolore.
Riservo un sorriso al ragazzo biondo di fronte a me e poi poso lo sguardo su di Logan che invece fa di tutto per evitare il mio.
Che cosa gli hai raccontato, Logan?
«Vuoi venire con noi?» chiede Phil «Stiamo andando a correre, vedo che sei già in tuta perciò è perfetto».
«Oh, no. Io non corro, e di solito non mi vesto nemmeno così ma ero di fretta» mi giustifico per non so quale motivo e spero davvero che non insista.
«Forse è meglio se andiamo solo noi due» si aggiunge Logan cercando di far cambiare idea all'amico.
«Peccato, Liz» risponde ammiccando, faccio per aprire bocca ma Logan mi precede.
«Non chiamarla così» dice con tono duro, avrei detto la stessa cosa ma non con la stessa arroganza.
«Perché? Tu lo hai fatto?» ribatte sorridente l'amico.
«Io posso».
«E perché tu puoi e gli altri no?» mi intrometto io trovando una rabbia che non credevo di avere «Fammi capire cosa ti fa credere di essere in diritto di decidere chi può chiamarmi o meno Liz dopo che sei sparito una settimana e che hai chiuso ogni contatto con me dopo quello che è successo».
«Io sono d'accordo con lei».
«Grazie, Phil» sorrido in direzione del biondo.
«Figurati, dolcezza» risponde ammiccando. Logan gli lascia un pugno sulla spalla e poi si prende a guardarmi, quasi schifato.
Ma che ti prende, Logan?
«Non è così semplice» dice solamente.
Cosa? Non è così semplice? Ma io ti sotterro vivo!
«Mi prendi per il culo, vero? È difficile scrivere un messaggio al cellulare e premere il tasto di risposta della chiamata? Eppure nel 2019 queste cose sono piuttosto semplici, pensa anche mia nonna riesce a mandarmi il buongiorno dal suo smartphone» Phil cerca di trattenere una risata, ma proprio non ci riesce e scoppia a ridere «Non sapevo nemmeno che fossi qui dal tuo amico».
«E che dovevo fare, restare da Chuck?»
«No, ma-»
«E poi mi sembra che tu non ci abbia messo poi tanto per tornare da Noah» mi fa notare con tono aspro.
«Sai che ho lasciato l'appartamento per la situazione con Chuck, tu non c'entri niente con la mia decisione» entrambi i ragazzi mi osservano stupiti, Phil quasi soddisfatto come se lui avesse capito quello che Logan ancora non riesce a vedere.
Spero che mi risponda, che mi dica qualcosa, anche che continui a strillarmi. Invece, l'unica persona a cui si rivolge, è il biondo.
«Andiamo, Phil» comincia a camminare prima ancora che lo faccia l'amico, il quale, prima di raggiungere Logan mi riserva un sorriso dispiaciuto.
«Certo che sei proprio uno stronzo» sento il moro lamentarsi con Phil che gli risponde «Ben ti sta».
E adesso sì che mi sento ufficialmente a pezzi.

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