Undici

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Chiudo gli occhi, per sperare di vedere meno buio. Il respiro si fa corto. Insomma, dovrei saperlo come si respira: lo faccio da quando sono nata.
La testa è così pesante, tutto il mio corpo è pesante. Mi sento come se stessi... crollando. Non sento più il pavimento sotto le mie gambe e il muro contro la schiena. Mi sento... persa. Semplicemente non riesco a respirare.

Spalanco gli occhi quando sento due braccia muovermi. Mi stanno scuotendo forte, avanti e indietro. Guardo gli occhi nocciola del ragazzo, ma rimango assente. So che mi sta parlando, vedo la sua bocca muoversi, ma non lo sento. Sono bloccata. Non riesco a capire nemmeno se sto respirando o no, ma tutto intorno a me si è fatto silenzioso e più lento.

D'un tratto mi accoglie tra le sue braccia, mi fa appoggiare la testa sopra le sue gambe e riesco a vedere la luce sul soffitto. Prendo un gran respiro ma non sento ancora niente. Vedo solo la sua faccia davanti la mia. Prende il mio viso tra le sue calde mani. Continua a parlare. Mi dispiace, ma non lo riesco a sentire.

Incomincio incredibilmente a vedere più luce e respiro a fondo. Vedo il ragazzo annuire, quindi continuo a fare grandi respiri e sento le orecchie, piano piano, stapparsi.

Mi sorride. Gli si è formata la piccola fossetta sulla guancia.

Prendo l'ultimo respiro.
«Finn» sussurro.
«Grace» mi risponde mentre mi accarezza la guancia.
Deglutisco piano.
«Stai bene?» mi domanda.
Annuisco lentamente.
«Ti porto a letto» mi informa
«Non so se ce la faccio» continuo piano
«Non ti preoccupare, faccio io»
Annuisco mentre smette di accarezzarmi. Alza lentamente la mia testa dalle sue gambe. Si alza in piedi e piano piano tira su anche me. Poi, mi prende improvvisamente in braccio, facendomi saltare. Non dico niente: mi sento ancora pesante e ho mal di testa. Appoggio quindi il mio mento sulla sua spalla e mi faccio trasportare.

Lo faceva anche mio padre.
Mi coccolava, mi difendeva, si prendeva cura di me.
Quando ero piccola, guardavo la tv fino a tardi con lui sul divano. Finiva sempre che mi addormentavo e lui mi portava sempre in camera, prendendomi in braccio.
Era una delle sensazioni più belle che potessi provare. E lo è tutt'ora.

Dopo pochissimo, un soffice tessuto e un comodo materasso mi accolgono. Vedo poco, è più buio qui. Ma sono stanca, lo sono davvero.
«Finn» sussurro senza nemmeno vedere il ragazzo. In realtà, non vedo niente, spero solo che non ne sia già andato.
«Riposati, Grace» sento la voce, ma non lo vedo ancora
«Mi dispiace» continuo
«Per cosa?» domanda. Ora lo vedo: è vicino alla finestra.
«Perché sono un casino» concludo.
Capisco che mi ha risposto, ma non ho sentito e non ho forze di chiedergli di ripetere.
Mi addormento.

Spalanco gli occhi e la notte fonde mi accoglie.
È sempre la stessa storia, ogni singola notte.

Sono in un stanza che non conosco. Un braccio mi circonda la vita.

Merda.

Cerco di ricordare quello che è successo. Ho ancora i vestiti addosso, quindi è un buon segno. Mi sembrava però di essermi addormentata sotto le coperte e con le scarpe addosso. Deduco che il braccio sia quello di Finn. Cerco di non muovermi, non vorrei svegliarlo e vorrei evitare, per quanto possibile, l'imminente imbarazzo che ci sarà.

So cosa mi è successo ieri sera, lo so fin troppo bene. Da quando è iniziato il college, sto bene, forse fin troppo, ed era da un bel po' che non avevo questi attacchi. Sto bene, davvero. È che non posso andare avanti, non posso affrontare bene il lutto di mio padre se mio fratello rimane indietro. Io e Kimberly siamo quelle che abbiamo affrontato meglio la situazione. Mia madre soffre tutt'ora di depressione, Elliot ha lasciato il college e Bryan continua ad ubriacarsi e sono certa che fumi anche. In queste situazioni, non puoi andare avanti, anche se lo vuoi.
E io non so nemmeno se voglio andare avanti, forse ho solo bisogno di una distrazione. E quella, ce l'ho già.

Ascolto attentamente il respiro regolare di Finn. Mi tranquillizza, sto bene.

Non dovrei nemmeno essere qui. Dovrei essere in salotto con mio fratello. Lo odio quando fa così. Odio quando le persone non sono forti. E mio fratello, è solo un coglione. Non ha senso attaccarsi all'alcool. Per quanto bene ti possa far stare, prima o poi vomiterai, sperando di non andare in coma etilico, e ci saranno dei terribili postumi. Ne vale davvero la pena?

Mi concentro nuovamente sul respiro del ragazzo. È così pacifico. È rilassante.

Così, mi addormento di nuovo, in pace.

La seconda volta che mi sveglio nella stessa stanza, è la luce del primo mattino che interrompe il mio, stranamente pacifico, sonno. Non c'è più il braccio di Finn attorno al mio fianco, quindi mi giro di scatto per controllare, ma non c'è.

Mi alzo quindi in piedi e respiro profondamente. Mi prendo qualche istante per studiare bene la stanza.
Le pareti sono verdi chiaro e il parquet è beige. Una grande finestra dà sul piccolo giardino. Un'abbastanza grande cabina armadio è di fronte al letto e quest'ultimo, assieme a due comodini, sono gli unici immobili della stanza. È molto basic: mi piace. Non sembra nemmeno vissuta questa camera. Probabilmente, è tutto dentro i pochi mobili.

Decido definitivamente di uscire e cerco di orientarmi. In realtà, non c'è molto in cui perdersi. È una casa abbastanza grande per una sola persona, ma è tutto d'un piano e ci sono tre porte a sinistra e una porta più grande a destra. Sarebbe difficile perdersi.
Deduco che andare a destra mi porterà nella zona giorno della casa. E avevo ragione. Se il salotto e la sala da pranzo sono in fondo all'abitazione, la cucina è subito a destra. Ed è qui che vedo il padrone di casa.

Entro nella stanza, anche se con l'openspace riesco a vedere in lontananza Bryan e Gabe ancora addormentati, e non dico niente. Non saprei cosa dire.
Finn, che è di spalle che guarda fuori dalla finestra, si gira dopo che io mi sono, appositamente, schiarita la voce tossendo.
I suoi occhi nocciola mi colpiscono e ho paura che mi giudichino, ma non lo fanno. Sorridono, come la sua bocca.
«Buongiorno Grace» mi accoglie
Sorrido imbarazzata:«Ciao» sospiro
«Stai meglio?» domanda avvicinandosi a me
Annuisco. «Ecco...» incomincio abbassando lo sguardo «Mi-»
«Non farlo» mi interrompe mentre appoggia le mani sopra l'isola che ci divide
«Ma-» cerco di incominciare di nuovo
«No» continua sicuro «va tutto bene, tutto bene» mi rassicura.
Mi schiarisco la voce:«Okay» dico solamente.
«Ho deciso io di farti rimanere qui» continua.
Lo guardo attentamente, non sapendo cosa possa dirmi.
«Perché ero e sono certo che non avrei avuto più occasione di parlarti da solo»
Lo guardo senza capire.
«Mi dispiace per quello che tuo fratello ha fatto ieri» comincia.
Non professo minima parola.
«Era mia responsabilità. Ho 18 anni, loro ne hanno 16. Dovevo prendermi cura di loro e non l'ho fatto. Sì, mi sento in colpa. Perché vedo quanto tuo fratello sta male e vedo anche quanto male stai tu, quindi sì, mi dispiace ed è colpa mia. Punto»
Lo guardo male.

Ho capito che non vuole sentirsi contraddire e, di buona mattina, non ho voglia nemmeno io di discutere.

«Cosa è successo ieri sera?» domando
Lui non capisce:«A tuo fratello?»
«No» chiarisco «a me»
Sorride:«Hai avuto un attacco di panico, ti ho portata nella mia stanza per riposare»
Annuisco. Lo sapevo già, volevo solo qualche dettaglio in più.
«Mio fratello?» chiedo
Ridacchia:«È li che dorme» me lo indica
Sorrido:«L'altro!» specifico
«Oh» sorride anche lui, con la fossetta sulla guancia «lo cacciato di casa quando hai avuto l'attacco»
Non capisco:«Come hai fatto? E perché?»
«Perché di sì» fa spallucce
Lo guardo stranita:«Cosa significa?»
«Significa che volevo stare con te» continua
Continuo a non capire:«Perché?»
«Non si può voler stare con una persona?»
Faccio spallucce.
«Sei strano forte, Finn» ammetto infine
Il ragazzo ridacchia divertito.

«Andiamo a svegliare quei due» decide poi mentre io ripenso ancora a quello che mi ha detto, cercando disperatamente un senso.
Annuisco e lo seguo verso il salotto.
Finn, una volta davanti alla faccia di mio fratello, lo comincia a prendere a schiaffi, purtroppo non forte, fino a quando il ragazzo si sveglia. Mio fratello si guarda inizialmente spaesato, cercando di capire dove si trovi, mentre il maggiore dei tre passa a svegliare, nello stesso modo, Gabe.
Bryan mi guarda e poi si siede sul divano mentre si pulisce gli occhi con le mani. Dopo pochi secondi, Gabe si siede accanto a lui.
«Dovete mangiare qualcosa» esordisce Finn
I due annuiscono e mio fratello mi guarda:«Cosa ci fai tu qui?» mi chiede
«Se mi parli ancora una volta, ti picchio» sancisco seria, molto seria.

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