Quarantasette

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Che strano passare il Natale a casa: l'anno scorso, che è stato il primo anno senza mio padre, siamo andati via, in Florida, per scappare dalla tradizione delle festività. Lo abbiamo sempre fatto fino al Giorno del Ringraziamento, che non è andato male, quindi abbiamo deciso di invitare i miei nonni, i miei zii e i miei cugini qui a casa, un po' come una volta.

Ho deciso di aprire il regalo di Aaron dopo, una volta che la casa si è svuotata nuovamente. Beh, svuotata, più o meno.

Sono un po' agitata all'idea di vedere i miei parenti rapportarsi con Finn. Sono certa che lo accoglieranno bene, ma ho comunque un po' di ansia.

Mi guardo per un'ultima volta allo specchio e studio il mio outfit: non è per niente natalizio. Indosso semplicemente un maglione bianco e un paio di jeans chiari.

"Buon natale, papà" penso.

Quanto mi manca.

Mi manca aspettarlo la mattina di natale. Vederlo entrare in camera per darmi un bacio e farmi gli auguri. Mi manca vederlo fingere dell'esistenza di Babbo Natale. Mi manca ricevere di nascosto i suoi regali costituiti da tante caramelle e cose dolci.

Mi manca sentirmi sicura con la sua presenza. E, durante ogni festività, questa insofferenza si fa sempre più grande.

Prendo un grande respiro e lentamente esco dalla mia stanza per raggiungere il resto della famiglia.

Il destino vuole che, nello stesso momento in cui apro la porta della mia camera, intraveda la figura di Finn uscire dalla sua di stanza.

Si accorge subito della mia presenza e in lui nasce un naturale sorriso. Deglutisco piano e aspetto che mi raggiunga, dato che la mia camera è più vicina alle scale rispetto alla sua.

Mentre si avvicina a me, lo studio: indossa un paio di pantaloni nera una semplice camicia azzurrina. Semplice ed elegante allo stesso tempo.

Solo in un secondo momento mi rendo conto che sto sorridendo anche io

«Buongiorno» esordisce mentre insieme, senza pronunciare alcuna parola, decidiamo di scendere al piano di sotto

«Buongiorno» ricambio contenta.

Mi sarei aspettata un "Buon natale", nonostante in famiglia non lo diciamo mai. Ma d'altronde, Finn mi capisce molto bene: sa che non lo diciamo. Non so ancora come, ma lo sa.

«Sono un po' agitato» ammette

Sospiro: «Non ti preoccupare» cerco di tranquillizzarlo «sono solo tutti strani»

«Sì ma non dovrei essere qui» spiega «non sono veramente della famiglia»

Lo guardo male: «E invece lo sei» dichiaro sicura. Lo è.

Il ragazzo si limita ad annuire leggermente. 

Una volta giunti alla fine della lunga scalinata, sentiamo tante voci provenire dalla cucina e io già mi preoccupo per quello che ci può aspettare.

Cerco delle parole per tranquillizzare maggiormente il ragazzo accanto a me, ma una grande massa mi spinge da dietro e quasi non cado.

Mi giro guardando in modo cagnesco la faccia tosta di mio fratello maggiore: «Sei diventato pazzo?» chiedo ancora spaventata

Elliot non fa in tempo a rispondere che interviene Bryan mentre scende le scale: «Lo è sempre stato» ironizza

«Pensa per te, nano» commenta Elliot guardando il più piccolo

«Intanto buongiorno» esordisce Kimberly dalle mie spalle, probabilmente proveniente dalla cucina «in secondo luogo, datevi tutti una calmata perché i nonni sono già arrivati e hanno cominciato a fare domande»

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