Trentasei

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Guardo attenta mio fratello maggiore lavorare con il suo computer, mentre io cerco qualsiasi scusa per non studiare.

«Perché hai detto ad Aaron dove abitiamo?» gli domando improvvisamente «e perché lo hai fatto entrare in casa?»

Elliot smette di concentrarsi sul dispositivo e mi guarda, dall'altra parte del lungo tavolo

«Eri uno straccio» ammette «non che ora tu sia messa molto meglio, ma facevi veramente impressione»

Sospiro piano.

«Aaron continuava a tartassarmi di messaggi e chiamate, era davvero preoccupato» racconta «la mamma non sapeva cosa fare, non sapeva perché stessi così male» continua «avevi bisogno di lui»

Lo osservo, cercando di capire se le sue parole valgono lo stesso anche per me.

«Sai» sospira «è vero, l'amore fa schifo»

Deglutisco piano.

«È come una montagna russa continua, come la vita d'altronde» commenta «ma non è giusto che rinunci a qualcosa che potrebbe essere bellissimo»

Sbuffo silenziosamente.

«Ci vuole coraggio» prende un respiro «e tu ne hai di sicuro più di me»

«Non voglio più stare male, Elliot» sospiro appoggiandomi meglio allo schienale della sedia

«Ti capisco» afferma «ma è un brutto modo di vivere, Grace»

«Lo so» ammetto «ma non so cosa fare»

Mio fratello mi sorride leggermente: «Non ne hai parlato con David, vero?»

Scuoto la testa: «Sono cose molto personali, non mi va»

Elliot cerca di confortarmi ancora: «Dovresti, è il tuo psicologo»

Lo guardo attenta: «Perché non entri in terapia anche tu, Elliot?» gli propongo «Hai bisogno di aiuto»

Elliot è l'unico della famiglia che, al momento della morte di mio padre, ha rifiutato di affrontare una terapia con uno psicologo. Da quel momento ha tagliato i rapporti con tutti, in realtà. Ha lasciato il college, ha chiuso i rapporti con i suoi migliori amici e ha cercato un lavoro che gli portasse a casa qualche risparmio per progettare i suoi prototipi. Ha iniziato a lavorare in un negozio di elettronica come commesso, ma non ho mai saputo niente al riguardo, solo quando incominciava il turno e quando lo finiva.

«Grace, sai che-» cerca qualche scusa

«Sei preoccupato per me, giusto?» lo interrompo

Il ragazzo annuisce.

«Hai preso decisioni al posto mio, per quanto riguarda Aaron» gli ricordo «ora tocca a me»

«Non voglio andare in terapia, Grace» si lamenta

«Hai bisogno di aiuto, Elliot» ripeto

Mio fratello mi osserva in silenzio: «E come si fa?» domanda d'un tratto

«A fare cosa?» chiedo non capendo

«A cominciare questa... cosa» dice insicuro

Sorrido: «Chiederò a David di consigliarmi un suo collega, okay?» cerco di tranquillizzarlo

Il ragazzo annuisce, un po' insicuro.

«Devo dirti una cosa, Grace» esordisce dopo un momento di silenzio

Lo guardo un po' preoccupata in attesa del suo proseguimento.

«Ricordi l'azienda a cui ho presentato il prototipo e a cui ero certo mi avessero accettato?»

Annuisco, un po' impaurita per quello che può dirmi.

«Non mi hanno più contattato. Così, mi sono presentato di nuovo in azienda» racconta «e mi hanno risposto che non avevano intenzione di investire in un prototipo di un ragazzo che non era nemmeno in grado di finire il college»

Mi stupisco delle sue parole, mentre la rabbia si fa spazio dentro di me.

«Quindi me ne sono andato in modo diplomatico»

Lo guardo attenta: «Sei sicuro?» gli domando

«Okay» pone le mani in avanti in senso di arresa «forse ho pisciato sull'auto del proprietario» commenta «ma non è questo l'importante»

Sospiro, ormai rassegnata dalle azioni del maggiore dei miei fratelli.

«L'importante è che ho presentato il mio prototipo a tutte le aziende tecnologiche della città» ammette «e se nessuno mi risponderà, lo invierò a tutte le aziende dello stato» continua «e così avanti fino a quando non troverò qualcuno in grado di apprezzare le mie idee»

Sorrido alle sue parole, contenta di ciò che sta facendo.

«Non permettere mai a nessuno di dirti che fai schifo, Grace» si assicura «E nemmeno che hai bisogno di uno stupido diploma o di una laurea per essere intelligente abbastanza»

Deglutisco piano.

«Quel deficiente di quel ricco dirigente aveva un lussuosissimo SUV» racconta «ma ha preso il modello in grado di inquinare di più» continua «e al polso indossa un orologio di cinquanta mila dollari»

Ascolto, non sapendo assolutamente dove può andare a parare.

«Il mio orologio costa settanta dollari» commenta «ma segna la stessa ora del suo»

«Certa gente cercherà di buttarti giù, magari perché hanno frequentato un college più prestigioso del tuo o perché hanno un letto a casa con il baldacchino in oro» dice in tono serio «ma il fatto è che sono invidiosi di te, perché loro non sono stati in grado di fare quello che hai fatto tu nonostante abbiano avuto più possibilità»

Mi stupisco di quello che mio fratello mi sta dicendo, perché mi apre la mente in un modo incredibile.

«L'invidia è una brutta bestia, Grace» conclude «non stare male per nessuno che vuole buttarti giù» mi consiglia «un vaffanculo non si rinuncia a nessuno»

Ridacchio alle sue parole.

Quando Alison, Jake e Oliver mi hanno raccontato della loro vita, mi sono sentita una merda. Come se non fossi in grado di avere una vita perfetta come si prospetta la loro. Non ho ancora trovato il mio posto nel mondo, a differenza loro, ma so cosa voglio fare. Voglio diventare una persona che fa del bene, in piccolo o in grande. Qualcuno che alla sera, una volta finita la giornata, non abbia rimorsi che la tengono sveglia e non provi invidia per le persone che la circondano. Posso lavorare per uno studio, magari nello stesso studio della mia famiglia, ma anche lavorare come commessa in un negozio mi andrebbe bene. Mi basta essere felice con quello che sono, con la mia persona.

Ne ho parlato spesso con il mio psicologo, di questo argomento, ma mai mi ha fatto un forte effetto come ora, quando la persona che mi sputa addosso la verità è il mio fratello maggiore. 

Wow.

Preferisco essere ispirata, che invidiosa.


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