Quaranta

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Sbadiglio entrando in cucina. La figura di Finn è l'unica presente.

«Buongiorno» esordisco, distraendolo dallo schermo del suo cellulare

«Ciao Grace» mi salute sorridendo

Apro il frigo cercando il latte e, dopo averlo trovato, lo verso su una ciotola, per poi aggiungere dei corn-flakes.

Mi siedo poi accanto al ragazzo, che ha appena finito di fare colazione con del tè caldo e dei biscotti.

«Come stai?» domando senza quasi accorgermene, d'istinto. Mi sono abituata a trattarlo come uno di famiglia ormai.

«Qui a casa con voi sto molto bene» ammette «non so come ringraziarvi»

Sorrido mentre incomincio a mangiare.

«E sono anche felice che non ci sia più astio tra di noi» aggiunge osservandomi attento

Lo guardo seria: «Sono felice che sei a casa con noi» ammetto sincera «così puoi concentrarti di più sugli studi e sul baseball, senza cercare alcun lavoro»

Evito di proposito l'ultima frase che mi ha detto, perché non saprei che dirgli.

«Mi sento comunque in debito con voi, lo sai»

Deglutisco il mio sorso di latte freddo: «Non è colpa tua se non hai la disponibilità economica che ti permette di vivere serenamente in città»

«Sai» sospira «sono contento di aver conosciuto delle persone come voi»

Lo ascolto mentre continuo a mangiare la mia colazione.

«Non per i soldi» chiarisce subito dopo «perché mi fate avere ancora fiducia nelle persone»

Sorrido alle sue parole.

«Mi dispiace di essermi comportato male con te» esordisce, dopo un minuto di silenzio e tenendo lo sguardo basso

«Devo rispettare che tu mi piaci ma non è una cosa reciproca e mi dispiace averti baciato» ragiona in modo molto crudo. Come se avesse pensato a questa frase milioni di volte. 

Guardo in silenzio in ragazzo. Avrei voglia di tranquillizzarlo, di dirgli che non è l'unico impulsivo e che anche lui mi piace, ma ora vive con noi e non posso più vederlo in quel modo. 

Perché mi piace, non posso dire di no. Mi piace proprio come persona. Ma non è questo il momento e il luogo adatto. Magari più avanti, magari mai. Probabilmente è solo una sbandata: meglio se mi concentro su Aaron.

I suoi occhi non si staccano dai miei, come se attendessero una qualsiasi parola che potrebbe confortarlo.

Ma la mia bocca non emana nessun suono. Ragiono in silenzio sulle sue parole.

Finn continua a fissarmi e mi prega di dare qualche segno di vita attraverso il suo viso sofferente.

«Non ti preoccupare» dico infine, dopo aver sforzato il mio corpo di pronunciare qualche parola «ora è tutto passato» cerco di tranquillizzarlo

Il ragazzo annuisce piano: «Non vorrei che tu mi avessi perdonato solo perché ora vivo con voi»

Sorrido: «Ti ho perdonato, Finn, dovrebbe essere questo l'importante» dico cercando di essere schietta ma non troppo dura

Finn annuisce, ma lo vedo visibilmente turbato dal mio tono.

«È bello averti in casa» ammetto «non solo di notte, intendo» ironizzo

Il ragazzo ridacchia alle mie parole: per fortuna, era il mio intento. Ho bisogno che l'aria di questa stanza si alleggerisca almeno un po'. 

«Potremmo ricominciare» suggerisce un po' insicuro «diventare amici, magari»

Shine ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora