Trentotto

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Busso alla porta della stanza di Aaron e il ragazzo non tarda ad accogliermi, a petto nudo.

Deglutisco alla vista e appoggio il mio zaino accanto alla sua scrivania, in attesa di spiegazioni.

«Non mi guardare così!» mi rimprovera

Io faccio spallucce e mi siedo sul letto, dal momento che è l'unico posto comodo in questa piccola stanza

Aaron si siede poi accanto a me e sospira, guardando prima a terra, poi me: «Voglio conoscerti» esordisce «voglio conoscere chi eri, come ti piaceva trascorrere i sabati pomeriggi e le domeniche mattine, se eri brava al liceo, quanti ragazzi hai picchiato perché ti hanno presa in giro...»

Ridacchio alle sue parole.

«Capisco che sia molto difficile per te» aggiunge poi, mentre i miei occhi rimangono concentrati sui miei piedi «ma se vuoi, mi racconto io per primo»

Lo guardo e annuisco leggermente.

Aaron si distende poi comodo sul letto ad una piazza e mezza, invitandomi dopo poco ad imitarlo.

Guardiamo insieme il soffitto: «Bella lampadina» commento, notando per la prima volta l'assenza di un lampadario

«Cosa pretendevi da un aspirante ingegnere» ironizza

Ridacchio di nuovo, mentre mi sento un po' più tranquilla e pronta ad ascoltarlo.

«Dovresti vestirti» gli ricordo, dato che non ci pensa a mettersi una dannata maglietta.

È vero: non lo vedo, dal momento che entrambi guardiamo in su, ma posso sentire la sua pelle nuda accanto alla mia, il che non aiuta molto la mia già scarsa attenzione

«Non ho intenzione di venire a letto con te» sancisce

Mi giro per guardalo, non capendo le sue parole.

«Sei già abbastanza confusa» mi chiarisce con tono molto preoccupato ed empatico «non voglio peggiorare la situazione con il mio bellissimo corpo»

Ridacchio, forse anche un po' amaramente, ma ha ragione.

«Abbiamo un rapporto strano io e te» continua il ragazzo «e non voglio correre il rischio di peggiorare la situazione»

Non capisco le sue parole.

«Abbiamo cominciato questa... cosa in modo semplice» ammette dopo un secondo di silenzio «ma non sapevo cosa hai passato»

Sto per ribattere alle sue parole, dicendo che non deve trattarmi in modo diverso solo perché ora sa che sono diventata orfana di padre da alcuni mesi, ma lui non me lo permette.

«Non voglio farti soffrire ancora» sancisce «e voglio che tu venga con me perché lo vuoi, non perché ne hai bisogno»

Le sue parole mi stupiscono: è come se Aaron si preoccupasse del mio benessere. Preferisce rifiutare un suo piacere fisico, consentendo a me più lucidità mentale. O almeno credo che questa sia la sua intenzione.

Sorrido al ragazzo: «Raccontami di te» dico soltanto, prima che lui incominci il suo racconto.

«Bene» esordisce felice, guardando il soffitto poco prima che lo facci anche io «Aaron Hardy è nato in un piccolo paese del Vermont»

Rido: «Perché parli di te in terza persona?» chiedo

Il ragazzo sbuffa: «Perché altrimenti la mia storia sarebbe noiosa» si giustifica

«Stavo dicendo... Aaron è nato in un piccolo paese del Vermont. Era un bambino vivace, ma che ha sempre scelto bene le sue amicizie. Per questo, ha sempre avuto due grandi amici, che ora sono in giro per la nazione in prestigiosi college»

Si prende un attimo di silenzio: «La parte dell'anno che ha sempre preferito è l'estate: in Vermont fa molto freddo durante l'inverno e in estate i suoi genitori lo spedivano qui a Blueville dai suoi nonni. Adorava la vita di città e, soprattutto, adorava il caldo!»

Sorrido, immaginandomi un piccolo Aaron in giro per la città, magari mentre si gusta un gelato con i suoi nonni.

«Se fino a nove anni condivideva i suoi nonni da solo o al massimo con i suoi cugini più grandi, mentre era ancora alle elementari una nuova bestiolina è entrata nella sua vita: sua sorella Jessie»

Cerco di immaginarmi questa piccolina che ora ormai ha più o meno dodici anni.

«Il suo sport preferito è sempre stato il nuovo. Aaron adorava nuotare»

Sorrido per il fatto che lui continui a parlare di sé in terza persona.

«Ma l'ingegneria mi è sempre piaciuta, anche di più del nuoto» ragiona, cominciando a parlare di sé in prima persona, finalmente «Quindi dopo il liceo ho deciso di traferirmi finalmente nella cittadina dei nonni e degli zii»

Continuo a guardare il soffitto, sempre attenta alle parole del ragazzo.

«Il primo anno l'ho trascorso a casa dei miei nonni, poi mi sono reso conto che erano davvero iperprotettivi»

Sorrido.

«Mi controllavano 24 ore su 24» continua «Quindi, dal secondo anno sono in campus e la domenica vado a trovarli»

«Poveri nonni...» commento

«Erano talmente tanto entusiasti di avermi a casa che faticavo a studiare» mi informa «quindi assieme ai miei genitori abbiamo deciso un compromesso e i miei nonni hanno capito che ho bisogno dei miei spazi»

«Li vai a trovare sempre, vero?» mi assicuro

«Ogni domenica» mi conferma

Sorrido.

«Mi trovo bene qui al college e la città mi piace molto» opina «non so dove andrò dopo la laurea, ma spero in un posto altrettanto caldo» ragiona «o magari nella stessa Blueville»

«Ti manca la tua famiglia?» mi interesso

«Molto» sospira «soprattutto la mia sorellina»

«Sei molto legato a lei?» chiedo

«Tantissimo» ammette con naturalezza «cerco di sentirla appena ho un momento libero, anche se lei è una ragazzina con tantissimi interessi e ogni pomeriggio ha un'attività diversa da fare»

Ridacchio: «Sono certa sia più interessante di te» commento sarcastica

«Lo penso anche io» si sminuisce

«Grazie» dico infine, profondamente contenta per aver conosciuto un po' di più della sua storia. O meglio, per aver conosciuto per la prima volta qualcosa di lui

«Dai» dice mentre mi circonda le spalle con il suo possente braccio «ti meriti delle coccole» mi informa.

Io accolgo questa sua proposta molto volentieri e appoggio delicatamente la mia testa sul suo petto, ancora nudo.

Aaron incomincia ad accarezzarmi il fianco e io, forse anche un po' istintivamente, avvicino le nostre gambe, incrociandole.

«Lo sai che il tuo petto nudo non aiuta per niente il mio rilassamento?» lo stuzzico

«Credi che le tue tette schiacciate sul mio fianco lo facciano?» mi risponde con lo stesso tono ironico

«Io almeno non lo faccio di proposito!» cerco di difendermi

Il ragazzo mi guarda male e non dice alcuna parola, fino a quando non si avvicina a me e mi bacia dolcemente, prendendomi all'improvviso. Aaron si allontana poi dalle mie labbra e mi sussurra, con voce incredibilmente rauca: «È difficile averti sul mio letto e non poterti avere»

Sorrido: «Io una soluzione ce l'avrei» gli propongo speranzosa

«Oh no!» esclama, portando il suo sguardo nuovamente al soffitto «Non ci provare nemmeno! Dobbiamo resistere...» cerca di motivarsi.

Shine ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora