Gli occhi fanno quel che possono,
niente meno e niente più.
Tutto quello che non vedono,
è perché non vuoi vederlo tu.Cosa vuoi che sia (Ligabue)
_____Il cielo era del tutto sgombro da nuvole; una enorme distesa di azzurro, dominata da un sole splendente. L'aria era afosa, solo un timido venticello accarezzava le guance dando un po' di sollievo da quel caldo esasperante.
Come ogni domenica mattina, Lyra e sua madre si erano recate in chiesa per assistere alla Sacra Messa. Era un appuntamento al quale non mancavano mai; una parte integrante della vita dei Rogers.
Erano una famiglia semplice, benestante ma modesta; i genitori di Lyra avevano cresciuto la loro amata figlia inculcandole nella mente rigide regole di buona condotta, ed importanti valori morali; ed ora che la ragazza aveva diciott'anni, erano fieri di poter dire che il loro operato aveva dato dei meravigliosi frutti.
Lyra era una ragazza educata, modesta, rispettosa; e continuava a frequentare settimanalmente la chiesa, seppur questo le avesse causato una severa discriminazione da parte delle sue ex compagne di classe, annunciatosi atee. Ma lei non aveva mai dato troppo peso alle critiche provenienti dall'esterno della sua famiglia; conosceva fin troppo bene il concetto di giusto e sbagliato, di buono e cattivo, ed andava da sempre dritta per la sua strada come la sua religione le aveva insegnato.
Era fiera di essere nata e cresciuta in una famiglia di brava gente, dedita alla preghiera ed alle buone azioni; da sempre, questo era stato per lei un motivo di orgoglio, nonché una enorme sicurezza emotiva. Il fatto di potersi definire una "brava persona" la faceva sentire, in qualche modo, lontana dalle disgrazie del mondo.
Era stata cresciuta con questo tipo di pensieri, fino a che essi non erano diventati suoi; farina del suo sacco.
Lyra aveva da poco superato la maturità ottenendo un punteggio piuttosto alto, ed ora si godeva ciò che restava di quella calda estate sfruttando il tempo libero nei modi più disparati.
Tra le altre cose, la ragazza aveva la passione per la pittura. Non era molto brava, ma si applicava quasi ogni giorno; amava riprodurre sulla tela i paesaggi della campagna che circondava la sua cittadina. Molto spesso, al mattino, si concedeva delle lunghe passeggiate tra i campi e quando iniziava a sentirsi stanca si sedeva, e iniziava a dipingere. Usava delle piccole tele rigide, applicate su un cartoncino.
-Torniamo a casa, tesoro?-.
Lyra uscì dal portone di legno della chiesa, non prima di essersi fatta il segno della croce.
- Sì, andiamo-.
Camminando l'una accanto all'altra, si incamminarono lungo il marciapiede; si recavano alla messa quasi sempre a piedi, perché la chiesa era piuttosto vicina alla loro abitazione. Di fatti, anche da casa era possibile udire il suono melodico e rassicurante del campanile.
Quando furono arrivate a destinazione, Lyra aprì la porta per prima e si recò dritta in bagno; era sudata, a causa del tremendo caldo che stava aggredendo la regione in quell'ultimo mese d'estate.
Riempì le mani d'acqua fresca e vi immerse delicatamente la faccia, lasciando che un brivido le percorresse la spina dorsale.
Quando tornò in posizione eretta, scrutò il suo viso riflesso nello speccio.
Lyra aveva dei lineamenti sottili, molto delicati e femminili; una folta chioma di capelli biondi ricadeva sulle sue spalle magre, e due occhi castani e profondi decoravano quel volto che più volte dai suoi genitori era stato definito angelico.
Afferrò un elastico e lo allargò con le dita, per poi usarlo per legare i capelli in una coda da cavallo.
-Ma come sarebbe? Per quale motivo?-.
La voce di sua madre, proveniente dalla cucina, giungeva alle sue orecchie ovattata.
Doveva essere al telefono con papà, che quella mattina era uscito per fare la spesa. Sembrava molto tesa; doveva essere accaduto qualcosa.
Lyra uscì dal bagno e si fermò in corridoio, mettendosi in ascolto.
-Ma non possono licenziarti così! Non ne hanno il diritto!-.
Suo padre aveva perso il lavoro; era piuttosto chiaro. La ragazza portò le mani alla bocca, più preoccupata che stupita; certo, la loro era una famiglia benestante, ma avevano anche molti debiti tra capo e collo, e quella notizia non poteva che essere qualcosa di fortemente negativo.
-Va bene, ne parliamo quando torni a casa...-.
La madre di Lyra interruppe la conversazione e posò il telefono sul tavolo della cucina, per poi mettersi a sedere con la testa tra le mani.
La ragazza poteva vederla, da quell'angolazione; sembrava davvero molto preoccupata. Aveva il viso spento, la fronte corrugata, le spalle chine.
-Aiutaci, Signore, a superare tutto questo...- iniziò a mormorare la donna, chiudendo le mani in segno di preghiera. -Restaci vicino, o Signore-.
Lyra deglutì saliva, bagnando la gola secca, e si recò nella sua stanza.
In quel momento percepì una sgradevole sensazione impadronirsi della sua mente; era come se avesse la percezione, chiara e spietata, che qualcosa di molto brutto sarebbe dovuto accadere.
Ma ciò non riguardava la situazione lavorativa di suo padre; era un uomo in gamba, avrebbe di certo trovato un nuovo posto di lavoro nel giro di pochi mesi. No, la sgradevole sensazione che la ragazza percepiva era legata a qualcos'altro.
Si sistemò a sedere alla sua scrivania; sul piano di lavoro era adagiata una tela, sulla quale stava lavorando già da alcuni giorni. Non era molto soddisfatta del suo operato, ma desiderava ugualmente portare a termine il lavoro per vedere, una volta completo, che cosa ne sarebbe venuto fuori.
Bagnò la punta del pennello nella tempera blu, ed iniziò a passarla con estrema delicatezza sulla tela.
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Ticci Toby - Ripudiato
Fanfiction"-Cosa è, questo?-. -È un pennello, serve a dipingere. Vedi? Lo bagno nel colore, e poi...-. -E questo... Cosa è questo?-. -Questo si chiama abbraccio, Toby. Serve a dire a qualcuno che gli vuoi molto bene-". Lyra ha da poco compiuto diciott'ann...