41. Se si potesse non morire

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E poi ti immagini se invece,
si potesse non morire?
E se le stelle si vedessero col sole.

Se si potesse non morire (Modà)
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-Lyra Rogers, giusto?-. Una giovane infermiera, di chiare origini orientali, le sorrideva caldamente mentre armeggiava con un misuratore di pressione sanguigna. -Ci vorrà solo un attimo. L'importante è che resti assolutamente ferma, ok?-.
-Ma io sto bene...- farfugliò la ragazza; aveva ormai del tutto perso il conto delle volte che aveva ripetuto quella frase, da quando era entrata in ospedale.
L'infermiera infilò il macchinario nel suo braccio destro, lo sistemò con cura e premette il pulsante di avvio. -Non si è mai troppo prudenti- le rispose, senza smettere di sorridere. -Sono controlli di routine-.
La fascia si gonfiò d'aria stringendo fortemente il braccio di Lyra, che si limitò a chiudere gli occhi ed attendere con pazienza il termine della procedura.
-Centoventicinque la massima, ed ottantuno la minima. Direi che la pressione è perfetta- commentò infine la donna in camice. -Hai qualche sintomo? Magari mal di testa, nausea, dolore addominale?-.
Lyra sbuffò pesantemente, scuotendo il capo. -Come le ho detto, sto bene. Voglio soltanto vedere mio fratello-.
-Il dottore mi ha informata poco fa che è stato condotto in sala operatoria- le rispose l'altra, riponendo il macchinario nella mensola di uno scaffale. -Ha una frattura alla clavicola che va assolutamente operata, prima che danneggi i tessuti interni- spiegò.
La ragazza scese lentamente dal lettino sul quale le era stato detto di sedersi poco prima, e strinse le mandibole intenta a sopportare una terribile angoscia. -Aspetterò in sala d'attesa, non posso lasciarlo solo-.
Ancor prima che l'infermiera potesse aprir bocca, questa volta una terza figura fece capolino dall'uscio aperto. Era un uomo in camice, con la barba incolta e le sopracciglia spesse. -A dire la verità dovrebbe venire con me adesso, signorina Rogers- esclamò, per poi stringere le labbra in un'espressione dispiaciuta. -Una coppia di agenti la sta aspettando in ufficio, hanno bisogno urgente di parlare con lei-.
-Ma io non ho chiesto a nessuno di... chiamare la polizia- farfugliò lei, voltandosi in direzione dell'infermiera quasi come si aspettasse una spiegazione da lei.
L'uomo, tuttavia, sciolse ogni suo dubbio giusto qualche attimo dopo.  -La donna che vi ha condotti sino a qui ha allertato le forze dell'ordine- le disse, con voce ferma. -Ma a dirla tutta... Lo avremmo fatto in ogni caso anche noi, considerate le condizioni fisiche del paziente-.
Una tremenda paura si insinuò nella mente di Lyra proprio in quel momento; tutta quella faccenda sarebbe venuta a galla, e che ne sarebbe stato dei loro genitori?
Certo, li odiava per quello che avevano fatto a Toby, ma non voleva assolutamente che loro finissero in prigione.
Abbassò la testa e strinse i pugni con forza, trattenendo nuovamente l'istinto di scoppiare in lacrime. Seguì l'infermiere senza porre più alcuna domanda e fu condotta all'interno della piccola ala amministrativa dell'ospedale. Mentre camminava lungo il corridoio fu spalancata la terza porta sulla destra, che rivelò la presenza di un medico barbuto.
-La signorina Rogers? Prego, entri- le disse.
Lei obbedì, ma dentro di se avrebbe voluto morire. Si trovava a dover affrontare una situazione troppo grande; non voleva essere la causa dell'incarcerazione dei suoi genitori, ma con quale coraggio avrebbe mentito alle forze dell'ordine? Ed inventando quali scuse, poi?
Varcando la soglia si trovò all'interno di un piccolo ufficio munito di una scrivania bianca, dietro la quale si erano sistemati due agenti di polizia: un uomo e una donna.
Dietro alle loro schiene, un lungo finestrone permetteva di avere una vista dall'alto su una buona fetta di città.
-Si accomdi- le ordinò la poliziotta, accennando un piccolo sorriso. -Dobbiamo solo farle alcune domande, non ci vorrà molto-.
Lyra annuì vagamente e si sistemò sulla poltroncina antistante, ma non riuscì assolutamente a rilassare i suoi nervi tesi.
A parlare, questa volta, fu il poliziotto. -La donna che era con voi al momento del vostro arrivo, ha dichiarato di essere un'amica di vecchia data dei suoi genitori- iniziò a spiegare, intrecciando le mani sul tavolo. -Ed ha altresì dichiarato di sospettare che il ferito sia il loro primogenito, Tobias Erin Rogers. Di conseguenza, si tratterebbe di suo fratello. Me lo può confermare?-.
Una voragine di paura ed insicurezza si aprì nello stomaco della ragazza la quale, facendo appello a tutte le sue forze, rispose con un flebile: -Sì-.
-Tuttavia, Tobias risulta essere morto per annegamento circa quindici anni fa- intervenne la donna, intrecciando le braccia sul petto. -La faccenda ci lascia un po' perplessi-.
Lyra aggrottò la fronte ed espirò aria svuotando i polmoni. -Annegamento?- ripeté.
-Il corpo non fu mai ritrovato- spiegò il poliziotto. -Ma si giunse all'unanimità a quella conclusione, supportata anche da diverse testimonianze-.
-Ok, beh... No, Toby è vivo, come potete vedere- borbottò Lyra, chiudendo gli occhi per qualche attimo come cercasse conforto.
-Signorina Rogers, da questo momento lei e tutta la sua famiglia siete sotto indagine. Quindi, deve dirci tutto quello che sa- la informò la donna in divisa, con voce severa. -Com'è possibile che un ragazzo spunti fuori dal nulla dopo quindici anni dalla sua presunta morte?-.
Il cuore della ragazza pompava sangue e adrenalina, che scuoteva il suo corpo con tante piccole scosse elettriche. -L'ho ritrovato io... Era... Tenuto prigioniero in un buco...scavato nel terreno- balbettò, tentando di trattenere l'impulso di piangere. -Anche io ho creduto che... Fosse morto, per tutto questo tempo-.
I due agenti si scambiarono un paio di sguardi perplessi. -Considerato lo stato di grave malnutrizione e gli evidenti segni di maltrattamento, dobbiamo mettere in atto una serie di procedure per il caso di Tobias Rogers. Le chiediamo di collaborare fin da subito, per far chiarezza su tutta la faccenda-.

Ticci Toby - RipudiatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora