43. Alle porte del sogno

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Grazie per avermi spezzato il cuore,
finalmente la luce riesce a entrare.

Alle porte del sogno (I. Grandi)
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Lyra avvicinò la poltroncina al letto trascinandola sul pavimento di mattonelle bianche, e vi si adagiò sopra con i talloni puntati a terra e la mano sinistra stretta in quella di Toby.
Lui si era già tranquillizzato, nonostante si trovasse in un luogo assolutamente sconosciuto; la semplice presenza di sua sorella gli aveva conferito come ogni altra volta il coraggio necessario.
-Credo che dovremo restare qui per qualche giorno- farfugliò la ragazza, espirando lentamente. In realtà non aveva la più pallida idea di cosa sarebbe accaduto, adesso. Sperava solo che nessuno le avrebbe portato via suo fratello, ne la polizia ne gli assistenti sociali o chi per loro.
Si voltò in sua direzione e restò immobile ad osservarlo per diversi secondi, intenerita dal suo sguardo stanco e dolce: i capelli sempre in disordine, le occhiaie grandi e scure. Toby era la cosa più preziosa che avesse mai avuto; si chiese come sarebbe stata la sua vita se avesse avuto la possibilità di crescere assieme a lui, condividere la camera da letto, il tempo e gli spazi.
Le sarebbe sicuramente piaciuto moltissimo avere un fratello maggiore, ma adesso a ricoprire quel ruolo sarebbe dovuta essere lei.
Mentre era immersa in questi pensieri, le sue orecchie captarono il picchiettare insistente di un paio di nocche sulla porta della camera. Sollevò d'istinto lo sguardo e la vide spalancarsi: entrarono una coppia di poliziotti che salutarono con un cenno del capo, sfiorando con il pollice il cappello che portavano sul capo.
-Ci scusiamo per il disturbo, sappiamo che siete entrambi molto stanchi ma...- iniziò a dire uno di loro, con evidente rammarico. -Dovremmo fare un paio di domande al ragazzo-.
Lyra e Toby si scambiarono una rapissima occhiata, che per la ragazza fu sufficiente a scorgere un velo di terrore negli occhi di lui. -Non lo lascio solo un altra volta- mormorò, senza smettere di fissare gli occhi sgranati del fratello. -Finirete per spaventarlo, di nuovo-.
-Può restare- la rassicurò l'uomo in divisa, allargando un sorriso. -Ci rendiamo perfettamente conto della delicatezza di questa situazione-.
Mentre l'agente che aveva appena parlato si fermò a chiudere la porta, l'altro si avvicinò al letto con una cartellina stretta nella mano destra.
-Tobias, io sono l'agente Millgan- iniziò a dire, con un tono di voce pacato e gentile. -Non devi avere paura, siamo tutti qui per aiutarti. Risponderesti ad alcune domande?-.
Anziché guardare l'interlocutore, Toby si voltò verso sua sorella con la fronte aggrottata, carico di preoccupazione. Lyra afferrò la sua mano e gli sorrise in quel modo speciale che soltanto lei sapeva fare.
-Tranquillo, sono qui con te- sussurrò.
Il poliziotto aprì la cartellina che reggeva tra le mani e si schiarì la voce con un breve colpo di tosse. -In base a ciò che ci ha riferito tua sorella, sei stato tenuto prigioniero per molto tempo... Sai dirmi con certezza chi è stato, a legarti?-.
Il castano abbassò lo sguardo sulle lenzuola bianche che coprivano il suo petto. -Papà- mormorò. -È stato papà-.
L'agente annuì. -Ed era lui a portarti da mangiare, giusto?-.
-Sì-.
-Bene-. L'uomo prese un rapido appunto con la penna, e tornò a rivolgere lo sguardo al degente. -Ti ha mai spiegato per quale motivo ti tenesse nascosto in quel modo?-.
Lyra sentì il pugno di Toby stringersi nella sua mano; sapeva che troppe domande lo avrebbero messo sotto stress. -Diceva che era... Per il bene di tutti...-. Il tono della sua voce era flebile, incerto, traballante.
-Okay. Avevi cinque anni quando tuo padre ti ha incatenato, me lo puoi confermare?-.
-Non lo so...- rispose stanco. A quel punto fu sua sorella a fare un breve intervento, giusto per spiegare ai due poliziotti che certamente Toby non conosceva neanche la sua età attuale.
-Non importa, per ora non è importante- la rassicurò l'agente, che tornando poi ad osservare Toby riprese con le sue domande. -E dimmi... Tuo padre ti picchiava?-.
Il castano non rispose nell'immediato a quel quesito: parve pensare, come fosse indeciso se mentire o dire la verità. La sua mente vagò nei ricordi meno recenti, e riuscì a percepire il dolore (prettamente emotivo) che quelle botte gli avevano fatto patire, confermando la sua già presente consapevolezza di non essere amato affatto. Poi con un filo di voce, disse: -A volte, sì-.
Il poliziotto annuì. -Per quale motivo lo faceva? Sapresti dirmelo?-.
-Si... Sfogava e basta, credo-.
Lyra restò a dir poco sconcertata dalla naturalezza con la quale lui aveva appena pronunciato quella frase, e sentì il suo sangue ghiacciarsi nelle vene solo per aver vagamente immaginario uno scenario simile. Papà che si sfogava picchiando lui, quando qualcosa andava male a lavoro o litigava con la moglie.
-Non è mai venuto nessun'altro ad accudirti, oltre a tuo padre?-.
-No, soltanto lui... E Lyra-.
La ragazza strinse più forte la sua mano, sentendo la sua voce tremare.
-Ok, sì... Tua sorella. Vedo che le vuoi molto bene, è così?-.
Questa volta Toby si limitò ad annuire, stringendo le spalle ed abbassando il capo.
-Va bene, non vogliamo farti troppe domande tutte insieme, quindi per adesso siamo apposto così- concluse l'uomo in divisa, sorridendo caldamente. -Che ne dici, ti stanno trattando bene i dottori? Questo è un buon ospedale-.
Ma prima che il ragazzo potesse rispondere alla domanda, Lyra sollevò un braccio per attirare l'attenzione dell'uomo e, con estrema insicurezza, gli porse una domanda.
-Cosa... Cosa accadrà ora?- disse, balbettando per l'agitazione. -Che ne sarà dei nostri genitori?-.
L'agente sorrise e sistemò il cappello sulla sua testa.
-Sono stati prelevati dalla vostra abitazione circa mezzora fa, ed ora li stanno conducendo in centrale... La giustizia farà il suo corso-.

Ticci Toby - RipudiatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora