13. L'amore si odia

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Ed ogni petalo, sai,
si finge di essere una rosa.
Per ogni goccia vorrei
diluvio sopra ogni cosa.

L'amore si odia (Noemi)
______

-Prova ancora-. Lyra recuperò il pennello e lo immerse nel verde acqua che poco prima aveva miscelato, poi lo porse nuovamente a Toby.
Il ragazzo lo afferrò, e tornò a lavorare sulla tela. Il movimento del suo braccio si faceva man mano più deciso e sicuro; pareva imparare molto in fretta, nonostante tutto.
Teneva gli occhi fissi sulla tela sulla quale era intento ad imprimere figure del tutto astratte, esattamente come farebbe un bambino; ma questa volta, quando esaurì il colore sulla punta del pennello, procedette autonomamente ad intingerlo di nuovo nel colore.
Lyra sorrise e restò immobile ad osservarlo, intenerita ed affascinata allo stesso tempo. Pochi minuti prima era letteralmente terrorizzato dinnanzi a quella tela, che adesso maneggiava con una tranquillità disarmante.
-Toby...- richiamò la sua attenzione, a bassa voce. -Ma papà ti porta da mangiare ogni giorno, vero?-.
Non poteva fare a meno di essere impressionata dalla sua magrezza; ed una condizione simile, si disse, poteva essere causata da una scarsa nutrizione o magari da una malattia.
Il castano le rispose senza staccare gli occhi dalla tela che stava dipingendo, seppur fosse stato scosso da un paio di tic alla testa.
-Non lo so...- mugolò. -Io non so quanto dura un giorno-.
La ragazza aggrottò la fronte e taque; che stupida, proprio non ci aveva pensato. Essendo lui chiuso in quel buco ogni singolo minuto della sua esistenza, probabilmente non aveva neanche una minima concezione del tempo. Esso era per lui scandito dall'arrivo di papà, che però talvolta giungeva in orari diversi o, magari, saltava un giorno e si presentava il successivo.
Doveva avere un gran bel casino, nella testa.
-Ma... Ti porta abbastanza cibo, oppure...-.
Nel pronunciare quella domanda, la ragazza pensò a tutto ciò che era abitualmente contenuto nel frigo a casa. In tutti quegli anni non le era mai capitato di veder sparire qualcosa; tutto ciò che vi veniva estratto era poi cucinato e consumato.
Quindi, con cosa era stato nutrito Toby fino ad allora?
-Non lo so...- mugolò ancora lui. In effetti, non avendo alcun termine di paragone, non era assolutamente in grado di dire se il cibo che consumava fosse sufficiente o meno.
-Cosa ti porta, di solito?- insistette Lyra, intrecciando le braccia sul petto.
Il castano non rispose, ma allungò una mano ed indicò un punto a terra vicino a lui.
Vi era adagiato un piattino di plastica, coperto da un secondo piatto girato sotto sopra. Lyra vi si avvicinò con un po' di titubanza, strusciando le ginocchiaa a terra; afferrò quel coperchio improvvisato e lo aprì.
Spalancò gli occhi, incredula. All'interno trovò una fetta di pane, delle croste di formaggio, e metà della fettina panata che lei stessa aveva lasciato nel suo piatto la sera precedente.
Gli scarti della famiglia.
Ecco cosa mangiava Toby.
Una tremenda rabbia scosse il suo corpo con un brivido che le percorse interamente la spina dorsale. Dovette stringere i pugni e chiudere gli occhi, cercando di calmarsi.
-Domani ti porterò del cibo vero, Toby- asserì, con decisione. -Ed anche dell'acqua e del sapone, così potrai lavarti-.
Il ragazzo poggiò a terra la tela ed il pennello, e volse il suo sguardo alla sorella minore. -Me lo prometti?- mormorò, debolmente.
Lyra annuì, e piegò istintivamente le labbra in un tiepido sorriso.
-Ma certo, te lo prometto-.

........

Camminando rapidamente lungo la via di casa, Lyra teneva la tela e le sue tempere strette contro al petto.
Stava piangendo, ed in quel momento avrebbe tanto voluto che piovesse, in modo tale che le goccie scese dal cielo avessero nascosto le sue lacrime.
Credeva di avere già visto il fondo di quel barile, ma si sbagliava. I suoi genitori non solo avevano rinchiuso un bambino in uno stramaledetto buco, ma lo avevano anche cresciuto nutrendolo di scarti. Come fosse un cane, anzi, peggio.
Lyra fece scorrere la manica sulle sue guance per asciugarle dalle lacrime, e tentò di ricomporsi; non poteva presentarsi a casa in quelle condizioni.
Dovette attendere una decina di minuti, prima di trovare il coraggio di imboccare il selciato.
Papà era seduto sul terrazzo, al momento del suo arrivo. La scrutò con un piccolo sorriso impresso sulle labbra, notando in ritardo le due grosse chiazze di terra che sua figlia portava sui pantaloni.
-Ben tornata, che hai combinato ai jeans?- le domandò.
La ragazza deglutì nervosamente, e tentò di assumere un tono di voce più naturale possibile. -Mi sono... Accucciata a terra, per dipingere-.
-Oh, a proposito di questo! Fammi vedere!- continuò l'uomo, spostando lo sguardo sulla tela che Lyra stringeva sotto al braccio sinistro.
Ma la ragazza scosse energicamente il capo. Non poteva mostrargliela; vi era solo solo il cumulo di segni casuali che Toby aveva disegnato.
-Non voglio che tu la veda fin quando non sarà finita- farfugliò, cercando di mantenere il controllo sulle sue emozioni.
-Vado a fare la doccia- concluse, precipitandosi in casa.

Ticci Toby - RipudiatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora