7. Una chiave

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Noi siamo tali e quali,
facciamo viaggi astrali con i crani tra le mani,
abbiamo planetari tra le ossa parietali.

Una chiave (Caparezza)
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Lyra sentì il suo cuore stringersi, ed un'ansia soffocante aggredirla.
Iniziò a giocherellare con le dita nel vano tentativo di sciogliere un po' di tensione; le sue mani avevano iniziato a tremare e sudare.
-Ero solo curiosa, perché...- mormorò, con il fiato corto. -Non mi avete mai parlato di lui... E io ero piccola, non ricordo neanche il suo aspetto-.
Osservò il volto di sua madre incupirsi maggiormente. Bevve un sorso di the dalla tazza e la poggiò sul tavolinetto di ferro, per poi puntate i gomiti sulle gambe ed abbassare lo sguardo a terra.
-Ti ho detto che non mi va di parlarne, Lyra- grugnì, stizzita. Quel comportamento non era da lei; l'argomento sembrava stressarla davvero molto. La donna emise un sospiro tremante e si ricompose, forse realizzando che quella sua reazione doveva essere sembrava proprio esagerata agli occhi di sua figlia.
-Scusami, è solo che... È una cosa per la quale ho sofferto molto. Sai, la morte di un figlio è... difficile da elaborare-.
Lyra annuì e strinse le labbra. In quel momento valutò il fatto che potesse essere un caso, che il ragazzo nel buco portasse il medesimo nome di suo fratello; dopotutto, la mamma sembrava realmente scossa nel parlare di quella perdita.
-Quanti anni aveva, quando...- chiese la ragazza, continuando ad evitare il contatto visivo.
L'altra passò stancamente una mano sul viso. -Cinque. Era più grande di te, di due anni- rispose.
Allargò un sorriso che apparve estremamente forzato e recuperò la tazza dal tavolo.
-Qualche volta ti mostro le foto ricordo che abbiamo conservato, se vuoi-.

........

La ragazza trascorse il resto della giornata nella sua stanza, travolta dall'angoscia. Non faceva che pensare al volto pallido di Toby, al tintinnio della catena legata al suo polso, alle sue mani fasciate e sporche di terra.
Immaginarlo in quel buco, al buio, da solo, la faceva stare veramente male.
In momenti di sconforto come quelli, di solito parlare con i suoi genitori la faceva sentire meglio; ma adesso che parte del problema parevano essere proprio loro, non avrebbe potuto farlo.
E non aveva amici o amiche con cui confidarsi; soltanto i suoi pennelli e le sue tele bianche.
Restò chiusa nella sua stanza per tutto il giorno, tentando in ogni modo di scacciare i brutti pensieri; ma finì per passare un'altra notte insonne.
Il mattino seguente, dal vetro della sua finestra poté scrutare ancora la figura di suo padre che si allontanava lungo il vialetto, con un oggetto in mano che da quella distanza non riuscì ad identificare.
Questa volta erano le sei e trentasette.
Lyra attese con impazienza di vederlo tornare, poi scese a fare colazione ed annunciò che sarebbe andata a passeggio.
Doveva assolutamente tornare in quel posto, ed assicurarsi che ciò che aveva visto il giorno precedente non fosse stato frutto di un'allucinazione; tutto pareva così assurdo che non se ne sarebbe neanche stupita.
Si incamminò a passo svelto, con la pelle scaldata dai raggi del sole che era già alto nel cielo; ricordava bene il percorso, così raggiunse il vecchio rudere dopo pochi minuti.
Lo osservò con sgomento, mentre si immergeva nel campo di grano antistante; le spighe accarezzavano i suoi fianchi, e danzavano spinte da un lievissimo vento.
Entrò nel rudere a passo lento, e posò subito lo sguardo sulla botola chiusa.
Dovette fermarsi qualche attimo ed appellarsi a tutto il suo coraggio, prima di afferrare ancora quella maniglia ed issare con gran fatica il pesante sportello.
Sfregò le mani e scese con insicurezza il primo scalino.
-..Toby..?- balbettò, con la voce che tremava lievemente.
-..Ci sei?-.
Scese la scala, e notificò subito la presenza del ragazzo davanti a lei. Il suo corpo era semi avvolto dell'oscurità, ma erano visibili le sue gambe intrecciate, e la testa piegata in avanti; un timido raggio di luce si scontrava adesso con i suoi capelli arruffati.
-Sei tornata...- mormorò, con un filo di voce.
La ragazza si avvicinò a passo lento, ed osservò con curiosità l'oggetto che lui aveva in mano.
Era un libro.
Il castano ne stava osservando ammaliato la copertina, illuminandola con una piccola torcia.
-Ti piace leggere?- mormorò, nel tentativo di avviare una conversazione.
Toby annuì con un debolissimo cenno del capo, senza guardarla.
Lyra deglutì e strinse i pugni; quel povero ragazzo sembrava così indifeso. Si avvicinò ulteriormente, e con movimenti lenti e calcolati si mise a sedere proprio davanti a lui.
-Quel libro... Te lo ha portato l'uomo che è venuto qui prima di me, stamattina?- domandò.
Solo adesso che era più vicina poteva notare dei dettagli che prima le erano sfuggiti; i capelli del ragazzo parevano essere stati tagliati in modo improvvisato con una forbice, ed allo stesso modo il lievissimo accenno di barba che aveva sul mento era stato rasato con poca attenzione (a dimostrazione di questo, sulla sua pelle pallida vi erano un paio di tagli sottili causati probabilmente dalle lame del rasoio).
Aveva un paio d'occhi castani del mesedimo colore dei suoi, ed anche nei suoi lineamenti facciali trovò delle similitudini piuttosto evidenti, seppur il viso di lui fosse spaventosamente più magro e sottile. La pelle di Toby era estremamente pallida, non venendo mai a contatto diretto con i raggi del sole; e due occhiaie molto pronunciate rendevano il suo volto ancor più cadaverico.
Il suo corpo magrissimo fu travolto da una serie di tic, mentre sollevava leggermente lo sguardo.
-Sì, lui mi porta sempre qualcosa...-.

Ticci Toby - RipudiatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora