14. Come un'ora fa

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Ammesso e non concesso abbia frainteso,
un chiodo resta sempre un chiodo
anche quando è appeso.

Come un'ora fa (G. Ferreri)
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-Lyra! Che ci fai ancora a letto?-.
La ragazza spalancò gli occhi e sbattè le palpebre più volte; con la testa ancora beatamente affondata nel cuscino si voltò verso la porta della sua stanza dove sua madre, già vestita e pettinata, la guardava con le mani puntate sui fianchi.
-Stamattina abbiamo la messa, non te ne sarai mica dimenticata!-.
Udendo quella frase, Lyra rizzò di colpo la schiena e si strofinò energicamente la faccia, tentando di scacciare via gli ultimi rimasugli di stanchezza.
-Arrivo... Arrivo subito...- borbottò, con la bocca ancora impastata.
-Sbrigati, dai!- insistette ancora la donna, mentre si allontanava lungo il corridoio. -Viene con noi anche papà, oggi. È già in macchina ad aspettare!-.
La ragazza balzò in piedi e si precipitò ad aprire l'armadio, afferrando i primi abiti che le capitarono a tiro, tra quelli che collezionava come "dedicati alla chiesa".
Sua madre ci teneva molto, che si presentasse in chiesa con abiti consoni; e per lei, l'unico abbigliamento adatto ad una ragazza di chiesa erano sobri vestiti smanicati, muniti di una gonna lunga almeno fin sotto al ginocchio.
Nonostante l'avesse sempre nascosto, Lyra odiava vestirsi in quel modo. Con fare sgarbato la ragazza si spogliò, e nel momento in cui sollevò le braccia per infilarsi l'abito, ricordò che quel giorno aveva promesso a Toby di portargli del cibo e del sapone per lavarsi.
Le salì un groppo in gola, ma non aveva abbastanza tempo per fermarsi a pensare; lasciò cadere il vestito sul suo corpo sistemando con le mani la fascia che si stringeva sul seno, per poi legare distrattamente i capelli in una coda di cavallo come d'abitudine.
Uscendo di casa e salendo in auto dove papà e mamma la attendevano impazienti, la ragazza si prosime che sarebbe tornata a trovare Toby quel pomeriggio. Nel pensarci, piegò la bocca in un sorriso mentre l'auto partiva.
-Finalmente tutta la famiglia riunita per la messa!- esultò sua madre, poggiando la frinte sul finestrino.
Lyra restò in silenzio, ma dentro di sé si sentì morire; perché lei sapeva benissimo che no, non tutta la famiglia era riunita. E non importava quanto i suoi genitori facessero finta che Toby non esistesse; ormai lei era a conoscenza di molte più cose di quante, forse, avrebbe voluto saperne.
Aveva una visione completamente diversa delle cose che la circondavano, adesso; ed ogni singolo avvenimento sembrava volerle ricordare quando non meritasse la fortuna che aveva avuto.
Papà posteggiò l'auto nel parcheggio antistante la chiesa di quartiere, e fu il primo a scendere, sistemando la giacca aperta sulla camicia a quadri sottostante. -Andiamo, è già iniziata!- borbottò, avvicinandosi all'ingresso.
Lyra seguì in silenzio i suoi genitori, guardando distrattamente l'imponente campanile che si erigeva verso il cielo. Per la prima volta in vita sua, iniziava a chiedersi se davvero Dio potesse vedere ciò che accadeva sulla terra; e in tal caso perché non fosse intervenuto per salvare Toby, nel corso di quei maledetti vent'anni.
Si mise a sedere sull'ultima panca della fila, affiancata da ambo i lati dai suoi genitori, e posò lo sguardo sulla figura distante del prete intento a predicare la messa. Una lunga tunica bianca ricadeva sul suo corpo paffuto.
Lyra si sforzò di ascoltare le parole dell'uomo, ma tutti i suoi pensieri continuavano ad affollarsi su Toby.
"Fratelli, per celebrare degnamente i santi misteri, riconosciamo i nostri peccati. Confesso a Dio onnipotente, e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni".
Lyra sentì un enorme peso crescere rapidamente sul suo petto, come se in quel momento fosse stata schiacciata da un enorme masso.
"Per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli di pregare per me il Signore Dio nostro".
Ogni singola parola pronunciata dal prete, adesso per lei aveva un significato completamente diverso; eppure, quelle frasi le aveva sentite così tante volte da conoscerle a memoria.
"Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.  Amen".
Ognuna di quelle parole sembrava essere collegata in qualche modo a suo fratello. Lyra si portò le mani alla gola, e tentò di reprimere quell'angoscia che stava crescendo troppo rapidamente dentro di lei.
"Signore, pietà     
Cristo, pietà    
Signore, pietà".
Vide sua madre voltarsi in sua direzione; si era accorta che qualcosa non andava, ma pareva esserne più disturbata che preoccupata.
"Ricordati, Signore, dei tuoi fedeli.
Ricordati di tutti i presenti, dei quali conosci la fede e la devozione: per loro ti offriamo e anch'essi ti offrono questo sacrificio di lode, e innalzano la preghiera a te, Dio eterno, vivo e vero, per ottenere a sé e ai loro cari redenzione, sicurezza di vita e salute".
Giunse il momento in cui la ragazza non riuscì più a contenere quelle angosciati emozioni che scavavano e graffiavano nelle sue viscere. Balzò in piedi mormorando qualcosa di incomprensibile e si coprì gli occhi nel tentativo di nascondere le lacrime, per poi correre rumorosamente in direzione della porta sotto agli sguardi di troppi curiosi.
Una volta fuori, si accasciò a terra e si lasciò travolgere da quel pianto che non poté più reprimere.

Ticci Toby - RipudiatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora