Capitolo 6

85 40 2
                                    

Questo letto era davvero scomodo!
Sentii un rumore simile ad uno sciabordio e pensai di star sognando, ancora troppo assonnata per aprire gli occhi.
Faceva tanto caldo, così mi girai dall'altro lato e incontrai la parete incandescente...?
Non appena mi accorsi che il muro respirava, aprii le palpebre di scatto e mi trovai sotto l'ascella di Riccardo.
Da quando mi si era appicciato, non avevo avuto il coraggio di muovermi; in fondo mi aveva fatto comodo, faceva davvero freddo quella notte.
Strinsi gli occhi, a causa della troppa luce e lo scossi più volte: avevo il suo corpo praticamente addosso.
Come diavolo era finito abbracciato a me?
"Riccardo." Lo scostai da me, ma lui mi strinse più forte, mugolando qualcosa di incomprensibile.
"Dai, sto morendo di caldo!" Insistetti, cercando di togliere il suo braccio dalla mia vita.
Allora presi due ciocche dei miei capelli, gliele misi dentro le narici e solo dopo aprì gli occhi.
Metodo infallibile
"Ma cosa fai?" domandò, con la voce impastata dal sonno.
"Non ti svegliavi e mi stavi soffocando!" Gli spiegai, alzandomi in piedi e lisciando il vestitino.
"Che fai? Non ti alzi?"
"Ma cosa ho fatto di male?" Si chiese retoricamente, a pancia in giù.
"Dai, non vorrai mica perderti l'alba!"
Ne approfittai per togliermi il vestito.
Non si mosse di una virgola.
"Dammi due minuti."
Quando finalmente Riccardo si decise, aprí gli occhi, mi guardò e li richiuse.
Un instante dopo li spalancò: fissò ogni angolo del mio corpo, ormai in bikini.
Inutile dire che arrossii e per nasconderlo, mi tuffai in acqua.
"Aspettami almeno!"
Mi rincorse e si tuffò anche lui.
A Mar De Plata mi sarei sognata un mare del genere: l'acqua era così limpida che il fondale si riusciva a vedere senza bisogno di immergersi.
"Che ore sono secondo te?" domandai, mantenendo una certa distanza.
"Saranno le sei del mattino."
Cercai di muovermi il più possibile per non morire dal freddo.
"Come hai imparato a nuotare?"
"Non lo so, è stato spontaneo." Mentii.
Saverio mi aveva letteralmente lanciata dove non toccavo per imparare autonomamente.
Non lo raccontai, la sera prima avevamo già parlato fin troppo di lui. E di me. Mi sarei rimproverata tutto il giorno di questo, ne ero sicura.
"Perché ti muovi così tanto?"
Si avvicinò di più a me.
"H-ho f-freddo" dissi rabbrividendo: l'acqua dell'alba era gelida.
"Hai le labbra viola, ci credo!"
Fece per avvicinarsi ancora, ma mi allontanai subito: gli avevo già permesso questa notte di starmi così vicino.
Di questo passo mi sarei affezionata irrimediabilmente.
"È meglio che esca." Forzai un sorriso asimmetrico, che lui non ricambiò. Immaginai che ci rimase male.
Strizzai con cura i miei capelli e mi fiondai verso il mio borsone, in cerca del mio asciugamano.
Jess e Marco dormivano ancora profondamente.
Lo stesi sotto il sole tiepido e mi sdraiai, beandomi di quel momento rilassante.
Mi aspettai che il mio coinquilino mi imitasse, ma non lo fece.

Venni svegliata da qualcuno che mi stava massaggiando la schiena.
Riconobbi immediatamente le mani morbide di Jess, la quale mi stava spalmando la crema solare con cura.
Mi si strinse il cuore. Non conoscevo persona più dolce di lei.
"Che ore sono?"
"Mezzogiorno" rispose Riccardo al posto suo, con tono scostante; pensai immediatamente che ce l'avesse con me.
"Io direi di andare a fare pranzo." Suggerì mio zio e in uno scatto mi sedetti: la spiaggia era gremita di gente.
"Sto morendo di fame, sarebbe meglio."
Era davvero insopportabile quel ragazzo, parlava come se tutto gli fosse dovuto!
Mi morsi la lingua per non rispondergli e, una volta preso con noi le cose di valore, ci avviammo verso il bar della spiaggia.

"Andiamo a fare un bagno? Tra l'altro c'è una boa dove ci possiamo tuffare" propose Riccardo.
"Non ne ho voglia."
Mi ci voleva un'ora e mezza per digerire la pasta! In più non mi aveva rivolto parola per tutta la durata del pranzo: la notte eravamo confidenti e al mattino sconosciuti? Stupida io che mi ero fatta delle aspettative!
In uno scatto mi sollevò e mi portò come un sacco di patate, a testa in giù, verso la riva.
"Mettimi giù!" Mi lamentai, muovendo animatamente braccia e gambe, ma lui non fece il minimo sforzo per tenermi ferma.
I capelli mi coprirono la visuale e lo percepii correre.
"Sei davvero uno stupido!" Gli lanciai uno schiaffo talmente forte, che si sentì un paf fastidiosissimo, non appena uscii dall'acqua.
"Ahi! Mi hai fatto un male assurdo!" gridò, con la bocca ancora spalancata per lo stupore.
Mi voltai immediatamente e nuotai il più lontano possibile da lui.
"Ti stai allontanando troppo, guarda che lì è pericoloso!" urlò, ma feci finta di non sentirlo.
"Stai esagerando adesso."
Udii la sua voce farsi più vicina e con due bracciate mi raggiunse.
Non che ci volesse chissà quanto.
"Fai sul serio? Te la sei presa sul serio?"
"Già!"
Presi un respiro profondo e tentai di mantenermi a galla senza sforzarmi troppo.
"Dai, andiamo verso la boa, inizi a essere stanca."
Avrei voluto tanto dirgli di smetterla di fare la mammina preoccupata, ma risparmiai fiato: stavo mettendo a dura prova la mia apatia.
Nuotammo fino alla piattaforma galleggiante e salimmo con l'aiuto della scala; mi stesi a pancia in su per prendere un po' di sole, cullata dalle piccole onde che man mano diventavano sempre più grandi.
"Visto?" Esordì dopo un po'.
"Ho visto che cosa?" domandai acida.
"Alzati." Accettai la sua mano e mi alzai.
"Il fondale è così limpido che si vedono pure i pesci." Continuò a indicare un punto verso l'acqua.
Mi sporsi di più, ingenuamente, e mi spinse; dallo spavento non feci in tempo a prendere fiato e bevvi acqua, non riuscendo più a risalire in superficie.

Io e te. Il resto non conta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora