Tornai in classe e mi sedetti al mio posto.
Odiavo l'idea che qualcuno volesse intimorirmi.
"Hey." La nuova arrivata si sedette vicino a me, ovvero al posto di Manuel.
"Anche tu sei la nuova arrivata?" Mi domandò retoricamente e io annuii.
"Proprio così." Le porsi la mano.
"Io sono Samantha." Mi sorrise la ragazza dai capelli color miele, lunghi quanto i miei, ma di un colore più chiaro.
"Io sono Amanda."
"Vieni da un'altra scuola?"
"Da un altro stato esattamente – precisai – e tu invece?"
"Io sono stata bocciata per le assenze.
Immagino che tu sia sudamericana dai tuoi bellissimi lineamenti."
Arrossii per la terza volta.
Quante volte sarei arrossita quel giorno?
"Esatto, sono di Buenos Aires. Ti va un caffè?" Usai le stesse parole di Riccardo di qualche giorno prima e lei accettò.
Quando fummo sulla soglia della porta, apparì Megan seguita da Josh e quest'ultimo mi guardò vituperante; deciditi biondino, prima ti presenti sorridente e adesso mi guardi così?
"Non ti permettere mai più di fare una cosa del genere alla mia ragazza!" Sbottò a denti stretti.
Ma fare che cosa?
La guardai esterrefatta e notai solo in quel momento che aveva il mascara sbavato, aveva appena finito di piangere? Non mi sembrava una dalle lacrime facili, anche fosse stato, un minuto prima era in bagno che cercava di farsi picchiare.
"Scusa, ma permettermi di fare che cosa?" Inarcai un sopracciglio e con la coda dell'occhio, scorsi lo sguardo confuso di Samantha.
"Sai bene di che parlo." Indurì lo sguardo, ma non mi intimorì per niente.
"Ma che cosa volete? Posso godermi il mio primo giorno di scuola senza che mi importuniate inutilmente?" Diedi una spallata a entrambi passando in mezzo a loro, ma Josh mi prese per un braccio.
"Non sto scherzando." Strinse la presa e iniziò a farmi male.
"Nemmeno io." Aggrottai la fronte, prendendolo sotto gamba.
"Se fossi stato un ragazzo ti avrei già pestato."
"Sei solo un chiacchierone Josh – mi dimenai dalla sua presa – e sentiamo, cosa avrei fatto?" Incrociai le braccia al petto, curiosa di sentire la cazzata che aveva raccontato Megan al suo tipo.
"Le hai dato un..." La sua voce venne attutita dalla campanella che suonò e puntualmente spuntò una professoressa che ci disse in francese di toglierci da davanti alla porta e di entrare in classe.
Trucidai i due fidanzati e rivolsi uno sguardo di scuse a Samantha, per colpa loro non eravamo nemmeno riuscite a prendere un caffè!
Chissà cosa aveva raccontato Megan a Josh, sicuramente qualcosa di non bello per farmi odiare così, pure da lui.
"Ma che hai?" Si permise di domandarmi il mio vicino di banco.
"Che ho?" Continuai a pasticciare un foglio del mio quaderno, il quale era sul punto di bucarsi.
Sempre meglio di scoppiare a piangere.
"Hai passato tutta l'ora così." Indicò il foglio, ormai bucato.
Tutta l'ora? Era passata così in fretta?
Il suono della campanella lo confermò.
Eppure sarebbe stata l'ora in cui avrei dovuto prestare il massimo della mia attenzione, siccome francese era la materia in cui me la cavavo di meno.
Maledetti Josh e Megan!
"Ho dormito male questa notte, non posso stare ad ascoltare Miss Baguette." Minimizzai con un gesto della mano e lui scoppiò a ridere.
"Miss Baguette – ripetè divertito – la professoressa Duino non è cattiva, è solo un po' pignola."
"Guarda, già da come parla mi viene il mal di gola con tutte quelle 'r' violente."
"Già, è troppo squillante la sua voce." Mi diede ragione e passata matematica – che all'ultima ora era assolutamente da abolire – andai davanti al banco di Samantha e quest'ultima si sorprese non appena incontrò il mio sguardo.
"Mi dispiace per la scenata a cui hai dovuto assistere."
"Ti giuro che quella la, mi sta troppo sul cazzo!" disse riferendosi a Megan e scoppiai a ridere, nonostante non sapessi cosa volesse dire nello specifico quella frase.
Era divertente e basta.
Anzi, forse era stato proprio Riccardo a insegnarmi che cosa significasse.
"Chissà cosa avrà raccontato al ragazzo." Sbuffai e li guardai furtivamente per assicurarmi che fossero abbastanza lontani da non sentirci.
"Già, ma anche se tu dicessi la verità, lui crederebbe a lei, che è la sua ragazza." Si mise lo zaino in spalla e mi affiancò.
"Esattamente." Concordai e uscimmo da quel maledetto edificio.
"Hey, attenta a dove vai!"
Per un momento mi paralizzai e mi sembrò tutto a rallentatore: vidi lui guardarmi stranito, per poi sistemare i suoi capelli ramati e sbattere le sue palpebre con all'interno i suoi occhi nocciola.
"Questa è matta" borbottò tra sé e sé e ciò mi fece riprendere dal mio stato di trance.
"Scusa?" domandai retorica, togliendomi uno dei due auricolari.
"Ho detto che devi stare attenta a dove vai." Sibilò scocciato.
"Sei tu che mi sei venuto addosso, carino." Lo sorpassai e lui bofonchiò qualcosa di incomprensibile.
Erano tutti così simpatici in quella scuola, eh!
O forse in quella città.
O in quel paese.
Allora era vero quello che diceva mia mamma? Che gli italiani erano tutti freddi e antipatici?
"Non ti conviene prenderti di uno come Mattia Ferra." Mi raggiunse Samantha e mi chiesi come fosse possibile che ogni volta che ero in sua compagnia, finivo per discutere con qualcuno.
"Prendermi di uno così? Non scherziamo!" Mi morsi l'interno della guancia dal nervoso.
"Beh, lo spero per te, due anni fa ero in classe con lui e fidati, è davvero uno stronzo assurdo." Mi assicurò.
"Sì, si è visto, ma non mi interessa minimamente, quindi perché dovrei pormi il problema?" Mi uscì la voce stridula di quando dicevo le bugie, così tossii per schiarirmela.
Ma non stavo dicendo bugie!
Se lo dici tu.
"Menomale – disse poco convinta – allora ci vediamo domani?"
"A domani." La salutai con un bacio sulla guancia e aspettai mio zio davanti alla metro, come avevamo stabilito la mattina stessa.
STAI LEGGENDO
Io e te. Il resto non conta.
Genç Kurgu[IN FASE DI REVISIONE] Nella tranquilla cittadina di Adrogué, la vita di Amanda, una ragazza appena uscita dalla sua quinceañera, sta per prendere una svolta inaspettata. Dopo aver scoperto che l'uomo che ha sempre chiamato padre non è tale, Amanda...