Sbattei le palpebre più volte per accertarmi che non avessi alcuna allucinazione, ma anche dopo averlo fatto, non mi convinsi.
Non soddisfatta, sventolai quella maledetta stecca blu e bianca, come quando volevo che il termometro segnasse almeno trentasette e mezzo e guardai il risultato per l'ennesima volta: una sola linea.
Le forze mi abbandonarono e lentamente mi accasciai sul pavimento. Guardai ancora una volta il test incredula e piansi, ma non avevo deciso di farlo. Semplicemente la mia riserva doveva essere svuotata e non ricordo di aver mai pianto così a lungo, nemmeno dopo le botte di mio padre. Piansi tutte le volte che non lo avevo fatto, piansi le lacrime che riservavo per la sera ma che non avevo mai tempo di far scendere, piansi per Juan, per i miei, Samantha, Megan, perché non volevo rispondere così a Riccardo eppure lo avevo fatto, perché in fondo credevo alle sue parole, perché stavo nascondendo tutto a Mattia, perché mi sentivo terribilmente sola.
Il mio pianto rimbombò nel bagno, ma non me ne curai: Mr. occhi verdi gridava così forte che era impossibile qualcuno mi sentisse, piangevo così forte che non riuscivo nemmeno a capire che cosa dicesse.
Il pavimento caldo mi accarezzò e raccolse tutto il liquido proveniente dai miei occhi. Non ero sicura che Riccardo sarebbe stato in grado di perdonarmi, forse avevo rovinato tutto per sempre questa volta. Aveva fatto bene a dirmi quelle cose.
Dopo un lasso di tempo indefinito arrotolai il test nella carta igienica e lo abbandonai in un angolo del cassetto sotto il lavandino.
Tornai sul letto e dalla schermata home lessi due messaggi: uno da parte di mia madre e uno da parte di Samantha.
Aprii il messaggio di mia madre, ansiosa di sapere cosa volesse.
— Spero tu possa essere felice, ti voglio bene e te vorrò sempre. Ti troverai bene con Jess. —
La delusione si sedette di fianco a me e sollevai le spalle: era stato così facile per lei rinunciare a me, ma era meglio così.
Spensi lo schermo e lanciai il telefono sul cuscino, consapevole del fatto che non fosse una cosa intelligente da fare siccome ne avevo già rotto uno.
— Scrivi ogni tanto anche a Juan — il cellulare vibrò un secondo dopo e desiderai lanciarlo contro il muro. Se non era più mia madre non doveva neanche più scrivermi, pensarmi o dirmi che cosa fare.
Il telefono vibrò nuovamente e per un millisecondo sperai fosse Mattia, ma cacciai immediatamente nell'abisso della mia mente questo pensiero, quando il senso di colpa, mi ricordò che gli stavo nascondendo una faccenda assai seria. Controllai e trovai ancora altri due messaggi da parte di Samantha.
— Non evitarmi, sono stata una stronza okay? —
Poi lessi il secondo:
— Hai fatto un test? —
Sbloccai il telefono e le risposi.
— Sam basta, non sono incinta. C'è stato un malinteso —
Appena inviai il messaggio, rispose con due faccine sorridenti.
Devi scusarti con Riccardo, ora, corri!
È che non sapevo come scusarmi: un semplice 'scusa' sarebbe risultato ridicolo davanti a quello che avevo detto, mi vergognavo terribilmente. Non avrei mai dovuto.
Feci appello a tutte le mie forze e mi alzai dal letto, pronta a fare del mio meglio per scusarmi sinceramente, ma quando appoggiai la mia mano per abbassare la maniglia, la porta d'ingresso si richiuse con un tonfo brusco e sobbalzai all'indietro. Era stato Riccardo ad uscire, Jessica e Marco non avrebbero mai chiuso la porta in quel modo.Riccardo's Pov
Io la odio, la odio da morire, non voglio mai più vederla! Se ne tornasse da dov'è venuta!
Adesso che sei impazzito davanti a tutti...
Non mi interessa di niente, Jessica e Marco dovrebbero solo ringraziarmi perché sto dimostrando loro chi sono veramente e quindi sto dando loro la possibilità di abbandonarmi. Strinsi la mia mano nell'altra e gemetti per quella pressione: quello stupido vaso mi aveva spaccato la mano sinistra, già screpolata per il freddo; nel lanciare tutte le medicine avevo preso quello stupido affare di vetro e si era rotto il mille pezzi. Non avrei mai più preso quelle maledette pastiglie e soprattutto non avrei rivisto tutti quei dottori e se Jess non lo avesse accettato, mi avrebbe potuto anche sbattere fuori casa. Non mi importava più di niente, dopo le parole di Amanda il vuoto che avevo appena riempito si era svuotato in un secondo; anzi, in un microsecondo, nanosecondo, picosecondo, femtosecondo, attosecondo. Non mi era rimasto più niente di niente e ora come diavolo avrei riempito quel vuoto immenso?
Sistemai meglio il borsone sulla mia spalla e affrettai il passo. Non avevo freddo nonostante avessi solo una felpa bianca, non provavo dolore nonostante avessi una mano sanguinante e adesso odiavo con ogni fibra di me stesso Amanda nonostante la amassi con ogni cellula del mio corpo fino ad un'ora fa.
Erano questi i momenti in cui avevo bisogno di sentirmi vivo più di ogni altra cosa, quel vuoto era un buco nero: risucchiava qualsiasi cosa e lo trasformava in un infinito niente, era di un nero mai visto dagli umani e non era concesso a nessun raggio di sole illuminarlo nemmeno di un millimetro. Il tempo di quel vuoto infinito si fermava e più cercavi di tornare indietro e uscirci, più ci saresti annegato dentro, senza la possibilità di fare qualcosa per uscire, malgrado tutti gli sforzi possibili. In situazioni come quelle non ero in grado di vedere nient'altro, solo l'evidenza di non riuscire a fuggire da quel buco nero.
Entrai nello spogliatoio pronto a sollevare pesi che non ero in grado di sollevare, euforico di fare andare a fuoco ogni mio muscolo.
La palestra ha sempre risolto i miei problemi e lo farà anche oggi.

STAI LEGGENDO
Io e te. Il resto non conta.
Teen Fiction[IN FASE DI REVISIONE] Nella tranquilla cittadina di Adrogué, la vita di Amanda, una ragazza appena uscita dalla sua quinceañera, sta per prendere una svolta inaspettata. Dopo aver scoperto che l'uomo che ha sempre chiamato padre non è tale, Amanda...