Capitolo 32

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Riccardo 's Pov

Era da quattro ore che giravo tutto il centro di Torino e non avevo ancora la più pallida idea di cosa comprare ad Amanda per i suoi sedici anni.
Una borsa ?
Nah, non ne usa mai.
Trucchi?
Non me ne intendo e poi era bellissima da struccata senza ombra di dubbio. Non andavo matto per le ragazze con 20 kg di trucco.
Vestiti?
Ne ha fin troppi.
Sbuffai sotto i portici di via Roma e vidi con la coda dell'occhio una gioielleria.
Mi avvicinai per scorgere meglio la vetrina e intravidi la sua collana.
Com'era possibile che vendessero ancora quel modello?
Appoggiai le mani sulla vetrina e osservai quel gioiello per almeno due minuti buoni.
Ad Amanda sarebbe piaciuta un robo del genere? Non usava mai accessori, non portava nemmeno gli orecchini. O forse li portava e io non ci avevo mai fatto caso.
"Serve aiuto?" Una donna sulla cinquantina mi risvegliò dal mio stato di trance.
"Sì." Scossi il capo non so quante volte.
"Entra pure." Mi sorrise e le rughe sul suo viso si moltiplicarono.
"Sai già cosa cerchi ?" domandò mentre stavo attento a non inciampare sul gradino del negozio.
"La collana in vetrina, diamantino viola." La indicai.
"Hai proprio buon gusto – scommisi lo dicesse a tutti i clienti – sei sicuro di non..."
"Sicurissimo." Non la lasciai finire.
Era la collana di Alessia, uguale identica.
L'aveva comprata quell'estate al mare.
"Vuoi proprio quel colore? Se vuoi c'è il diamantino color..."
"Viola è perfetto."
Quasi mi irritai perché voleva farmi cambiare idea.
L'aveva sempre al collo, non la toglieva nemmeno per fare la doccia.
La porta del negozio si aprì e un tintinnio fastidioso echeggiò nelle mie orecchie.
La commessa aprì un cassetto, estrasse una scatolina e la aprì.
"È oro bianco!" Precisò, mettendosi un paio di occhiali con un cordino orribile.
"Deve essere così, non voglio che marcisca dopo tre giorni." Impugnai  la collana lentamente, come se da un momento all'altro il diamantino fosse potuto scappare.
"Quanto costa?" chiesi imbambolato.
"Questa collana vale €350."
Guardai furtivamente il prezzo per un'ulteriore conferma.
"Optavi per qualcosa di più economico?" Mi chiese quando vide che non risposi, ancora troppo incantato da quella collana.
"No, va bene questa." Scossi il capo e la riposi delicatamente nella scatolina.
"Vuoi che la impacchetti?"
Ci dirigemmo verso la cassa e la voce di una ragazza che faceva i capricci per un anello mi infastidì.
Avevo pensato per mezzo secondo di comprare un anello semplice, sia per me che per lei, ma cacciai immediatamente quell'idea nell'abisso dei miei pensieri; Amanda non era di certo la mia ragazza!
"Sì, preferibilmente vorrei un pacco regalo."
Estrassi la carta e spesi quei soldi con noncuranza, quella fottuta collana sarebbe potuta anche costare anche mille euro, gliela avrei presa comunque.
"Finché non avrò un anello al dito farò cosa voglio!" starnazzò quella, con voce da oca.
Ecco perché non avrei mai avuto una relazione seria. Tutte uguali, Gaia compresa.
"Ragazzi, stiamo per chiudere" disse la donna sulla mezza età, armeggiando con scotch e fiocchi vari.
Il ragazzo le promise che sarebbero tornati presto in un'altra gioielleria e finalmente se ne andarono.
"È per la tua  ragazza, vero?" Suppose la commessa, ammiccando leggermente.
"No in realtà, è per mia sorella" dissi fiero di me, come se comprare una collana a una sorella fosse il gesto più bello del mondo.
E forse lo era.
Almeno, per me era un bellissimo gesto, non lo aveva mai fatto nessuno per me.
"Tua sorella è davvero fortunata." Mi sorrise con le labbra chiuse e mi porse il pacco.
"Può darsi." Ricambiai il sorriso e afferrai il pacco.
"Dimmi papà" risposi nemmeno dopo il primo squillo, una volta fuori dal negozio.
"Volevo sapere a che punto fossi, credo che Amanda sia arrivata a casa."
"In che senso, credi?" Estrassi le chiavi della macchina.
"In camera sua c'è la luce accesa, ma non sono sicuro se se la sia dimenticata o effettivamente è in camera."
"Non se la dimentica mai, sarà sicuramente in camera sua a mettere cose già in ordine."
Aprii la macchina e sistemai il pacco regalo sul sedile posteriore.
"Va bene, allora ti aspettiamo per cenare."
"Cinque minuti e arrivo."
"Guida decentemente e allaccia la cintura."
Cazzo, si era accorto che avevo preso la macchina dal garage. Vabbè.
"Sì sì, ciao."
Chiusi la chiamata sbrigativo e misi in moto, sperando come sempre di non beccare qualche pattuglia in giro.

Io e te. Il resto non conta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora