Capitolo 31

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Riccardo's Pov

Avevo il terrore che Alex fosse in casa, ma lo avevo promesso a me stesso: appena fosse stato possibile, sarei andato da lei.
La mia mano tremante raggiunse il citofono e suonai.
Nessuna risposta.
Citofonai un'altra volta.
Ancora nessuna risposta.
"Vattene!" gridò Gaia dal balcone.
"Voglio solo parlare!" urlai di rimando.
"Sparisci, o chiamo la polizia!"
"Giuro che mi arrampico fino al terzo piano se  non apri!"
Feci per arrampicarmi fino al primo balcone e lei non se lo fece ripetere due volte: sapeva fossi di parola.
Per fortuna era sola in casa; era pallida come un lenzuolo bianco e i suoi occhi erano un tunnel che dubitavo avesse una fine.
Istintivamente volli abbracciarla, ma lei mi spintonò con una forza che non credevo potesse avere.
"Dimmi che cosa vuoi in fretta e vattene!" Iniziò a piangere e qualcosa mi suggeriva che non aveva mai smesso.
I miei occhi si riempirono di lacrime e feci di tutto per ricacciarle dentro.
"Tu mi obblighi ad abortire e sei tu quello che piange?!" Si avvicinò pericolosamente a me e sperai che mi picchiasse fino a farmi svenire, in modo che finalmente tutta quella tortura sarebbe finita.
"Io non ti ho mai obbligato a fare niente!"
"Ah no? – rise istericamente – per te cosa vuol dire quando uno ti blocca e sparisce per giorni? Cosa c'è, sei tornato perché in Messico non ti è andata bene?"
"Hai ragione, hai ragione, hai ragione su tutto, anche io avrei pensato lo stesso, ma è stato così tutto troppo forte per me, un qualcosa di così travolgente che non sapevo dare un nome a ciò che provavo. Non volevo più rovinare niente o tantomeno prendere la scelta sbagliata e per una volta avevo pensato di avere fatto la cosa giusta e..."
"E secondo te qual era la scelta giusta per te? Sparire senza dire niente e abbandonami con un peso del genere da sola?!" Mi interruppe, gridando così forte, che le gocce della sua saliva imperlarono il mio viso.
"No, la cosa giusta per me era tenerlo."
Le sue pupille si dilatarono.
"Lo dici solo perché adesso sai che non c'è più nulla che si possa fare..."
"No. Lo credevo per davvero. Se vuoi chiedi ad Ale, non sto scherzando, sono tornato euforico con uno stupido orsacchiotto preso alla Chicco."
Si allontanò da me, come se fossi un soggetto contagioso.
"Però sono arrivato troppo tardi."
Tremavo così forte che temevo sarei caduto come un sacco di patate. Tremava tutto: la mia voce, le mie gambe, le mie mani, le mie labbra.
Ero di nuovo in ritardo.
Di nuovo.
"Quindi lo avresti voluto tenere?"
Si riavvicinò a me.
"Sì." Annuii più volte.
"Lo sai che non potrò mai più tornare indietro no? Che rimarrò traumatizzata a vita, che anche se non mi importava di quel bambino mi chiederò ogni giorno della mia vita, che cosa o chi sarebbe diventato. Come sarebbe stata la mia vita se avessi preso una decisione diversa.
Se meriterò mai un'altra occasione."
"Mi dispiace, davvero, ti prego, scusami."
I singhiozzi riempirono quella casa vuota e mi aggrappai alle sue ginocchia.
Perché diavolo non ero tornato prima? Perché diamine non l'avevo avvisata del mio momento di riflessione? Perché finivo sempre per ferire le persone a cui tenevo?
"Io non ti perdonerò mai. Non ti perdonerò mai per essere sparito dopo quel rapporto sessuale e avermi lasciata da sola con le mie paure. Non ti perdonerò mai per avermi abbandonata e non ti perdonerò mai per avermi fatto innamorare di te."
"Scusami, scusami, scusami!"
"No, non ne sarò mai in grado, nemmeno se volessi; so che hai avuto un passato difficile, ma non è giusto che io dovrò andare da un bravo psichiatra solo perché non ci sei andato tu. Fatti curare, non lo dico come offesa, ma hai evidentemente qualche disturbo."
Continuai a piangere a singhiozzi avvinghiato alle sue gambe per non so quanto tempo.
"Se mi farò curare, avrò mai anche solo l'1% di possibilità di tornare con te? Io ti amo, l'ho capito solo adesso! Farò di tutto per aggiustare le cose!"
"No, non lo devi per fare per me, ma per te. Anche io ti amo, ma stare con te è un inferno: prima dimostri di amarmi, poi mi tratti come un oggetto, poi mi lasci incinta, sparisci e ora torni qui e mi dici che mi ami."
Era evidente che non ci fosse un modo possibile per rimediare, ma non ero in grado di accettarlo, non un'altra volta.
"Ti prego..."
"Adesso vedi di sparire e non farti vedere mai più. Ti odio da morire!" Iniziò a scalciare per liberarsi dalla mia presa e in parte ci riuscì; infatti presi dei colpi sullo stomaco che mi fecero accasciare a terra.
"Tu non provi nemmeno lo 0,5% di quello che provo io. Quindi smettila con queste scene pietose o ti spedisco fuori a calci."
Fu di parola.
Non ero in grado di muovere nemmeno un dito.
Ero paralizzato dal dolore e dalla consapevolezza di aver fatto del male a una persona che amavo, per l'ennesima volta. Era un loop infinito.
Solo il pensiero che Alex sarebbe arrivato da un momento all'altro mi diede la forza di alzarmi, ma ero certo di una cosa: la mia vita, dopo quel giorno, sarebbe cambiata per sempre.

Io e te. Il resto non conta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora