Capitolo 23

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I raggi deboli del sole accarezzarono il mio viso e mi beai di quelle sensazione.
Che ore erano? Le otto e mezza?
Dio, la scuola!
Va beh, per un giorno senza non sarei morta.
Aprii gli occhi e dopo averli sbattuti varie volte per essere sicura di non star sognando, constatai che fossero le pareti grigie della camera di Mattia.
Cosa ci facevo là?
Tentai di alzarmi, ma due braccia allacciate attorno alla mia vita me lo impedirono: non ci impiegai molto a capire che fossero di Mattia.
Dio, come ero finta di nuovo in quella situazione?
Ieri avevamo chiarito?
Sei l'incoerenza in persona
Mi sfilai le coperte goffamente, ma mi coprii nuovamente quando mi resi conto di essere in biancheria intima.
Oh signore.
"Mattia!" Squassai un suo braccio e un dolore lancinante mi colpì alla testa, adesso ricordavo.
Ieri era Halloween e avevo bevuto e poi...
Poi un vuoto totale, mi ricordavo solo di aver tracannato vodka alla fragola.
E se avessi fatto sesso con Mattia?!
"Mhm, che vuoi?" domandò con la voce impastata dal sonno.
"Cosa ci faccio qui?!"
"È sabato mattina, non rompere i coglioni"
Tolse il braccio dalla mia vita e si voltò dall'altra parte: un minuscolo problema in meno, non saremmo dovuti andare a scuola.
"Cos'è successo ieri?" Tentai di pensare in positivo e mi sistemai su un fianco dato che mi aveva dato le spalle.
"Non lo so" disse con la faccia schiacciata contro il cuscino e notai che anche lui non avesse la maglietta.
"Come non lo sai? – mi disperai – ti prego, dimmi che non abbiamo fatto sesso." Arrossii violentemente all'idea e mi voltai nel verso opposto, rubandogli la maggior parte delle coperte.
"Anche fosse, quale sarebbe il problema?" domandò eloquente.
Diavolo se era sfrontato!
"Il problema è che io do valore a quello che faccio e mi piacerebbe ricordarlo" dissi a bassa voce e mi sentii maledettamente in imbarazzo.
"Quanto sei complicata!" commentò in uno sbadiglio.
Certo, perché per lui molto probabilmente era normale svegliarsi con una ragazza seminuda di sabato mattina.
Era normale fare sesso con chiunque e poi non ricordarsi niente, ero io che prendevo tutto troppo sul serio.
Mi vennero gli occhi lucidi e li stropicciai immediatamente.
"Comunque poi diamo un'occhiata alle telecamere di sicurezza e vedremo cosa avremo combinato." Si aggrappò alla mia schiena e mille brividi si impossessarono del mio corpo.
Quindi nemmeno lui se lo ricordava?
"Hai delle telecamere... in camera tua?" domandai tirando su con il naso e mi preparai ad incolpare il raffreddore che non avevo se Mattia si fosse insospettito.
"Certo, non si sa mai." Mi strinse a sé e immaginai che lo fece perché aveva freddo siccome avvertii la sua pelle d'oca contro la mia che, ahimè, stava andando a fuoco.
"Puoi girarti... dall'altra parte?" chiesi timidamente.
"Perché?"
"Sono in intimo."
"Prendi una felpa dal mio armadio."
Si girò dall'altra parte e con una manciata di coraggio, mi alzai dal letto, ma mi inginocchiai quando la testa iniziò a girare come se fossi in una giostra estrema.
E come se non bastasse mi accorsi della mia caviglia destra pulsare ed essere gonfia come un pallone da basket.
Mai più alcool
Questa volta sul serio.
Caminai a carponi fino al suo armadio sul pavimento freddo guardinga, agguantai una tuta della Nike e la infilai.
Sentii il telefono di Mattia vibrare e gli intimai di rispondere.
"Samantha?"
Oddio Sam, Christian, Manuel... e il mio telefono?
Gattonai verso il letto di Mattia e gli strappai il cellulare dalle mani.
"Sam, hai tu il mio telefono?" domandai di slancio.
"Sì, è nella mia borsa..." rispose in uno sbadiglio, probabilmente si era svegliata anche lei da poco.
"Christian è incazzato nero con te."
Una scarica nervosa attraversò la mia spina dorsale.
"Perché mai?" Mi misi subito sulla difesa.
Che io avessi fatto qualcosa di grave da ubriaca che non ricordavo?
Oh Signore, e se lo avessi baciato?
E se lo avessi offeso o umiliato?
"Ieri sei scomparsa senza dire niente a nessuno e Mattia è la prima persona che mi è venuta in mente."
Sospirai e mi sedetti sul letto, facendo cigolare leggermente le molle.
"Digli che... mi dispiace, sto bene – più o meno – davvero." Mi massaggiai una tempia nel tentativo di ricordare qualcosa, ma niente, la mia mente era un pozzo senza ricordi e i pochi che ero riuscita a racimolare, erano sparsi e confusi.
"Certo – si stiracchiò e sospirò – oggi pomeriggio passo da te e ti porto il telefono."
"Grazie mille Sammy. Ricordi qualcosa di ieri?"
"Poco e niente."
Con la coda dell'occhio vidi Mattia giocare con i lembi del lenzuolo.
"E tu come stai?"
"Sto come una stronza che si è ubriacata e la testa mi sta esplodendo."
Bene direi, almeno non sono l'unica.
"Okay, ne parleremo più tardi – stabilii – riusciresti a passare alle cinque da me?"
"Va bene."
Dopo averla salutata, agganciai.
"Possiamo vedere queste telecamere?!" Gli passai il telefono agitata e con lo sguardo perlustrai tutta la camera, ma i miei vestiti non erano lì.
"Calmina – mi punzecchiò un fianco e trattenni un sorriso – sono solo le due del pomeriggio." Si stiracchiò e si buttò sul letto come un sacco di patate.
"Invece no che non sto tranquilla!" Lo afferrai da un braccio e lo tirai su.
"Sei davvero una rompicoglioni – si sistemò su un fianco e sbloccò il telefono – sono sicuro che non sia successo niente."
Lo spero.
Mi sporsi verso il suo cellulare e il video iniziò con l'apertura rumorosa della porta, aperta così bruscamente, che si era schiantata contro il muro dietro.
"Oh mamma, spero che tua madre non fosse in casa" borbottai: prevedevo un disastro.
"Non penso, ma quella quando dorme nemmeno una bomba la sveglia."
Il video proseguì e Mattia mi mise contro la porta, facendola chiudere di conseguenza.
"Sul serio?" domandai retoricamente coprendomi il viso con entrambe le mani, rossa di vergogna, non pensavo di essere così audace da invertire le posizioni e mettere una mano sul cavallo dei suoi pantaloni!
"Sei mitica!" Mattia si voltò verso di me e io volli sotterrarmi.
"Zitto!" Lo zitti tappandogli la bocca e mi sforzai di continuare il video.
"Andiamo in camera mia." Aveva sussurrato lui.
"Ma mi scappa la pipì!" Mi ero lamentata; con questo video mi avrebbe potuta ricattare a vita.
"Fai in fretta!"
Ero sfrecciata in bagno, lasciando la porta aperta.
"Vai fuori!"
Mattia era entrato con me e dedussi che in bagno non ci fossero telecamere (fortunatamente.)
Ci manca solo che debba avere filmati suoi e dei suoi genitori mentre fanno i loro bisogni.
E quando pensai al peggio, ecco la mia sagoma che lo spinge fuori.
"Sei cattiva!" Si era imbronciato e dopo aver mandato il video avanti di due minuiti che faceva vedere solo Mattia che mi aspettava fuori dal bagno, eccomi uscire con un palloncino pieno d'acqua.
"Afferralo al volo – era scoppiato sulla sua testa e c'era acqua su tutto il pavimento – così impari ad entrare!"
"Adesso ti faccio vedere io!" Mi aveva afferrata e mi aveva di nuovo portata in bagno.
"Sei proprio stronza, eh."
Mattia mise in pausa il video e mi guardò, per chissà quale motivo, con aria di sfida.
"Anche da sobria lo avrei fatto" dissi una mezza verità, in realtà non era da me agire così di slancio come faceva lui.
Schiacciai quel triangolino girato verso destra e lo sostituì un uguale messo all'impiedi.
"L'acqua è fredda!"
"Impari!" Immaginai che si fosse messo a cavalcioni su di me e poi il rumore dell'acqua scomparve, l'aveva chiusa.
Poi si sentì solo il rumore delle nostre labbra schioccare diverse volte, fino ad ansimare.
E mi imbarazzai ancora di più quando con la coda dell'occhio vidi Mattia fissarmi con un ghigno.
"Togliti che ho freddo!" La mia voce era rimbombata in tutto il bagno.
"E allora togliti i vestiti."
Stranamente non l'aveva detto con nessuna malizia.
Dopo decine secondi di battibecchi, eccoci uscire dal bagno entrami in biancheria intima.
"Ho ancora più freddo!" Mi ero lamentata un'altra volta e in un paio di secondi Mattia era riuscito a scomparire e a riapparire con un phon in mano.
"In camera mia c'è una prolunga."
Avevo agguantato il phon e avevo zoppicato fino in camera sua, probabilmente era finita l'adrenalina e iniziavo a sentire il dolore alla caviglia.
E poi fine del video, schermo nero, mancavano solo i titoli di coda per farla sembrare una puntata di qualche serie tv ridicola.
"Menomale" dissi tirando un sospiro di sollievo e mi sdraiai sul letto, rimanendo con le gambe a penzoloni.
"Ma se anche fosse successo..."
"Basta, la pensiamo in modo diverso." Lo zittii con tono perentorio e fissai il soffitto bianco sopra di me.
Lui non aveva le stelline di plastica fosforescenti appiccicate.
"Basta proprio un bel niente – sentii il materasso abbassarsi e lo immaginai avvicinarsi a me e ne ebbi la conferma quando una sua gamba toccò la mia – non voglio che tu pensi che io sono un puttaniere."
"Ma lo sei." Le parole mi scivolarono di bocca e per la prima volta in tutta la mia vita, non ebbi il timore di offendere qualcuno come spesso accadeva.
"Ah sì? E come lo sai?" La sua voce si indurì.
"Si vede." Mi arrampicai sui vetri, in realtà lo credevo più che altro per ciò che mi aveva raccontato Samantha.
"Da cosa?!"
"Dai tuoi atteggiamenti!" Guizzai seduta e quando vidi che eravamo a pochi centimetri di distanza, mi allontanai.
"Fammi un esempio allora! – spalancò le braccia – te ne prego."
Se prima un briciolo della mia volontà avrebbe tentato di spiegarsi, adesso era scesa a meno uno.
"Lasciamo stare." Scossi la testa: non gli avrei di certo detto che per lui era normale svegliarsi con una ragazza seminuda di sabato mattina, sarei passata un'altra volta per la ragazzina esagerata che da il peso di una roccia a un pezzo di carta.
Mi alzai dal letto sotto il suo sguardo omicida e mi rinchiusi in bagno, non badando al fatto che la mia caviglia stesse andando a fuoco.
Avvistai i miei vestiti sul termosifone (almeno Mattia aveva avuto la lucidità di farli asciugare.)
Ma le scarpe erano rimaste dentro al box doccia.
"Amy – bussò alla porta discretamente – adesso non mi parlerai di nuovo per un mese?"
Me lo stava chiedendo sul serio?
"Può darsi."
Raccattai le mie cose con un sorriso a trentadue denti e tentai di darmi una sistemata, ma fu praticamente impossibile: avevo tutto il trucco sbavato, i residui di mascara, fondotinta, terra, erano sparsi su tutto il viso.
Per non parlare dei capelli scarmigliati a mo' di nido di rondine.
Mi chiesi come Mattia avesse evitato di prendermi in giro o fare una delle sue solite battutine.
"Parlo sul serio."
"Anche io" mentii, per nessun motivo al mondo mi sarei staccata di nuovo da lui.
"Come vuoi – lo immaginai spalancare le braccia – quando avrai finito di fare la stronza fammi un fischio." Ascoltai i suoi passi pesanti farsi sempre più lontani e sbuffai.
Lavai i denti con lo spazzolino dell'altra volta (sperando vivamente che nessun altro lo avesse usato) e raccolsi i capelli con il solito elastico che avevo sul polso.
"Non ho fatto la stronza." Varcai la soglia della sua camera, dopo varie esitazioni.
"Ah no?" Inarcò le sopracciglia, guardandomi in cagnesco.
"È che... – mi sforzai di raggiungere il suo letto – noi due siamo diversi." Non seppi come spiegarmi senza offenderlo.
"Che hai fatto alla caviglia?" domandò indicandola e finalmente mi sedetti accanto a lui.
"Non ne ho idea, avrò preso una storta."
"Ah, giusto – si massaggiò una tempia – ieri hai preso una storta, vado a prendere del ghiaccio."
"Ti ricordi di ieri?"
"Qualcosa. Vado a prendere del ghiaccio."
Il suo tono duro non mi permise di replicare e mi accasciai contro la parete.
Forse gli importava almeno un po'.
Non ti illudere un'altra volta...
"Eccomi." Mattia fece capolino con una busta di plastica contente del ghiaccio e provai a staccare gli occhi dai suoi addominali marcati lievemente.
"Grazie." Mi arresi e feci finta di giocherellare con i lacci del pantalone che avevo addosso pur di distrarmi, anche se buttai qualche occhiatina.
"Non c'è di che." Appoggiò il ghiaccio sulla mia caviglia e subito trasalii per quel contatto così freddo da sembrare incandescente, proprio come ogni volta che mi sfiorava.
"Ti ho fatto male?" Tolse la busta, così appoggiai le mie mani sulle sue per farla tornare al suo posto.
"No, ho solo un po' freddo."
Freddo, caldo, felice, depressa, incazzata, ogni volta che ero vicina a quel ragazzo il neutro mi abbandonava, lasciando posto al mixer pronto a mischiare qualsiasi cosa.
"In effetti anche io."
Si girò e agguantò una felpa stropicciata, posta ai piedi del letto e la infilò.
Buttai un occhio verso la finestra e vidi tutto nero, erano praticamente le tre del pomeriggio, ma a primo impatto pensai fossero le otto di sera inoltrate.
Odiavo l'inverno.
Odiavo quei colori freddi dipinti su ogni angolo della strada, odiavo le tazze di tè bollenti che ti ustionano la lingua.
"A cosa pensi?"
"All'inverno."
"Ti piace?"
"No."
"Ieri... – si interruppe e rise leggermente – ieri credevi di aver avuto a che fare con un fantasma."
"Pensavo di peggio." Feci spallucce e trovai il coraggio di guardarlo negli occhi.
"Nah, anche io ero un po' andato." Si sistemò meglio sul letto.
Dopo dieci minuti intensi di silenzio imbarazzante (nei quali io avevo passato il tempo a sospirare e lui a guardare il telefono) decisi che dovevo andarmene.
Non aveva più niente da dirmi.
Ci eravamo baciati ieri?
Pazienza, per lui non era stata la prima volta a trovarsi in una situazione del genere e sicuramente non sarebbe stata l'ultima.
Quel momento fu interrotto dallo squillo di un timer.
"Sono pronte le lasagne."
Mattia si alzò sotto il mio sguardo confuso.
Aveva preparato il pranzo per entrambi?
Senza che me ne rendessi conto mi prese a mo' di sposa e mi portò in cucina, attento a non far cadere il ghiaccio.
"Guarda che riesco a camminare" dissi quando mi aiutò a sedermi.
"Io non riesco a capire se sei stronza per davvero, oppure fai così per autodifesa. Penso la seconda. Comunque prego, non c'è di che." Mi stampò un bacio sulla fronte e mi morsi l'interno della guancia per non sorridere.
E io non riesco a capire come fai sempre a psicanalizzarmi, Ferra.
"Grazie." Cercai di usare un tono più dolce.
Sfornò le lasagne e ne tagliò una porzione generosa per me.
Mi accorsi solo in quel momento che stavo morendo di fame.
E di sete.
In quell'esatto istante mi versò dell'acqua nel bicchiere; iniziai a temere che mi leggesse nel pensiero.
"Ora ricordi qualcosa di ieri?" domandai dopo aver deglutito rumorosamente.
"Che ti ho tolto un pezzo di vetro dal piede..."
"Eh?!"
Controllai immediatamente il mio piede e in effetti avevo una brutta cicatrice.
Che diavolo... perché?
"Poi che siamo andati insieme a Torino sotterranea, credevi che un fantasma ti aveva toccata e ti avevo consolata – disse addentando un pezzo di lasagna – e poi ci siamo detti cose dolci."
Arrossii immediatamente.
Forse avevo raccontato delle cose di me che non doveva assolutamente sapere.
Oppure avevo esposto i miei sentimenti di nascosto.
E se avessi detto di mio padre?
Non volli sapere altro e terminai la mia lasagna in silenzio.
"È meglio che vada." Scostai il ghiaccio ormai sciolto e senza nemmeno degnarlo di uno sguardo andai dritta verso la porta, con la bocca sporca di intingolo.
"Amanda."
Non mi voltai, ma non feci nemmeno un passo in più.
"Io non sono come credi."
Si stava avvicinando, lo percepivo, ma le mie orecchie non riuscivano a sentire i passi.
"Ah no? – la mia voce tremò, ma mascherai il tutto con un colpo di tosse – e come sei allora?" Mi voltai a braccia conserte.
"Io tengo a te."
Sbatté le palpebre più volte e mi parve che le sue ciglia furono in grado di innalzare un vento pronto a farmi rabbrividire.
"Ci tengo veramente."
I suoi occhi erano indecifrabili, un giorno mi ci sarei persa veramente.
Due magneti, color nocciola.
"Anche io."
Sì rifugiò sull'incavo del mio collo, per poi circondarmi la vita con entrambe le braccia.
"Sono stanca di starci male – ricambiai l'abbraccio e mi sforzai di mettermi in punta di piedi – fa schifo avercela con te. Ma non voglio nemmeno sapere che cosa ci siano detti."
"Non me lo ricordo. Stai tranquilla."
Mi feci confortare dal suo tocco per un tempo indeterminato, sembrava che stessimo ballando un lento che sentivamo solo noi.
"Almeno però riportami questa tuta." Rise leggermente e lo feci anche io.
"Staremo a vedere." Sciolsi l'abbraccio per gustarmi ancora una volta i suoi occhi.
"Sono serio, non me ne rimangono più!"
"Pazienza!" Feci spallucce, diretta verso la porta d'ingresso, mentre lui mi tallonò.
"Dimentichi una cosa."
"Che cosa?" Rovistai le mie tasche.
Si avventò sulle mie labbra e realizzai che non ne avrei mai avuto abbastanza.
Ancora una volta sembrò un primo bacio, ma questa volta non fu urgente, fu dolce e intenso.
"Hai dimenticato di pulirti la bocca."
Non potei fare a meno di sorridere.
"Ci vediamo stasera o domani o lunedì e tutti i giorni che vorrai."













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Ciao raga,come va?
Ultimamente non sto facendo le cose come vorrei,ma giuro che ce la metterò tutta per migliorare di giorno in giorno.
So come continuare la storia,ma non so bene come sviluppare il tutto,non essere monotona e ripetitiva.
Non mi spiego come in due mesi abbia scritto venti capitoli e adesso mi ritrovo a metterne uno ogni tre settimane.
Ma come ogni volta ciò che voglio lo ottengo a costo di farmi il culo.
E questo è ciò che farò.
Ci tengo anche a ringraziare tutte le persone che hanno letto finora e hanno sempre sostenuto il mio libro,pensare a qualcuno che impiega venti minuti della sua giornata per leggere un mio capitolo,mi riempie il cuore di gioia..❤️
Spero di aggiornate presto!
Ps.
Se ve lo state chiedendo sono io quella nella foto 😂

Io e te. Il resto non conta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora