Capitolo 16

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Il ritorno a scuola è sempre traumatico, soprattutto se si è stati svegli tutta la notte, chi per una cosa chi per un'altra.

Lauren aveva sempre odiato i ritardatari, ma quella mattina doveva ammettere che per una volta era lei quella ad essere in tremendo ritardo.

Si sorprese però quando non trovò la cubana ad aspettarla. Possibile che ancora non era arrivata nonostante l'ora tarda? Oppure semplicemente aveva pensato che Lauren non fosse andata a scuola quella mattina?

Tutti i dubbi furono cancellati quando attraversando il corridoio della scuola, decise di fare una piccola deviazione per fumarsi una sigaretta, la prima di quella giornata.

Uscì nel piccolo spazio verde dietro la scuola, il posto in cui andava di solito a fumare. Ma non sapeva ancora che quella sigaretta non sarebbe mai stata fumata.

Scese i tre scalini lentamente, sentendo dei singhiozzi provenire da dietro il grande albero e quando capì a chi appartenessero, si precipitò immediatamente a vedere.

Trovò la ragazza rannicchiata su se stessa a piangere, così si accovacció per essere alla sua stessa altezza e avvicinò le mani al viso per asciugarle le lacrime, ma quando Camila la riconobbe, portò subito le sue mani a coprirsi il viso, iniziando a piangere silenziosamente per non farsi sentire.

"Perché piangi?" Chiese calma, riprovando ancora una volta ad avvicinarsi con la mano, ma questa venne prontamente allontanata di nuovo.

"Cosa te ne importa" tuonò duramente la cubana, alzandosi e asciugandosi velocemente le lacrime, come se gli occhi rossi non fossero abbastanza per capire cos'era appena successo.

La corvina chiuse per pochi secondi gli occhi, giusto il tempo di calmarsi e non reagire bruscamente "Voglio solo aiutarti"

"Non mi serve il tuo aiuto" continuò a rispondere duramente, voltandosi per andarsene.

Ma una mano la fermò, riportandola vicino a lei e con la voce più dolce che potesse usare disse "Dimmi cosa è successo"

"Ti ho già detto che non mi serve il tuo aiuto. Va a farti fottere!" Esclamò guardandola con odio, dandole poi uno spintone e andandosene per davvero.

Lauren rimase immobile, avrebbe voluto tanto replicare, ma sarebbe stato tempo perso, Camila se n'era già andata via.

Sospirò rassegnata all'idea che quella sera a casa di Shawn aveva avuto ragione, loro non avrebbero mai potuto essere amiche.

Decise comunque di seguirla, nonostante Camila le aveva fatto capire perfettamente che non voleva il suo aiuto, non poteva lasciare che qualcuno facesse del male ad una persona a cui lei teneva, perché si, lei teneva a Camila, ma in un modo ancora indefinito.

Purtroppo però la cubana era andata in classe, quindi si affrettò ad entrare anche lei, restando vicina ma lontana.

La giornata proseguì tranquilla, nessuno si era avvicinato a loro, forse perché c'era Lauren con lei, ma i guai erano proprio dietro l'angolo.

Appena l'ultima campanella suonò tutti si apprestarono ad uscire da quell'edificio, contenti che un altro giorno di torture fosse finito, tutti tranne Lauren, che da lontano continuava a tenere d'occhio la cubana.

"Quindi oggi pomeriggio sei dei nostri?" Le chiese Normani, mentre camminavano verso le loro auto.

"Si" rispose distrattamente, prima di salutarli frettolosamente e raggiungere la cubana.

L'aveva osservata per tutto il tempo e non le era passato inosservato come si fosse agitata e avesse iniziato a camminare più velocemente quando due ragazzi avevano preso a marciare nella sua stessa direzione.

Immediatamente arrivò dai tre, spalancando gli occhi quando vide uno dei due spingere malamente la ragazza.

"Che fai coglione" con uno scatto lo prese dalle spalle prima che potesse solo fare un altro passo, spingendolo a terra e dandogli un pugno in viso. Poi si avvicinò all'altro dandogli un calcio ben assestato proprio lì, nei suoi gioielli.

Una volta constatato che entrambi non avessero intenzione di fare qualcos'altro se non scappare via, si abbassò all'altezza del ragazzo a terra e si avvicinò al suo orecchio.

"Prova a toccarla di nuovo e ti ammazzo" gli riservò un ultimo sguardo minaccioso prima di alzarsi e avvicinarsi alla cubana che ancora tremava di paura, ma nessun segno di pianto aveva il suo viso.

"Stai bene?" Le chiese rivolgendo tutta la sua attenzione alla ragazza, percependo dal rumore che i due se la fossero data a gambe levate, nonostante il dolore.

Camila annuì solamente, ma entrambe sapevano che non era vero, lei non stava bene, e non perché i due le avessero fatto qualcosa fisicamente, ma perché a volte le parole fanno ancora più male di qualche pugno.
Però non voleva mostrarsi debole davanti alla corvina, l'aveva già vista piangere la mattina stessa, quello bastava e avanzava.

"Erano loro quelli di stamattina?" Chiese ancora, volendo solo abbracciarla, ma visto le reazioni di quella mattina, si mantenne ad una distanza di sicurezza.

La cubana annuì ancora mormorando un semplice "Grazie" ma che per la corvina aveva comunque un valore.

"Andiamo" disse poi, facendo cenno con la testa dietro di lei "Ti accompagno a casa"

Camila avrebbe tanto voluto rifiutare, ma alla fine cedette, avendo solo voglia di arrivare il prima possibile a casa.

Per tutto il viaggio le due stettero in silenzio. Lauren capiva perfettamente come si sentisse, nonostante non sapeva cosa le avessero detto, lo aveva constatato tante volte sulla sua pelle e anche se dimostrava il contrario, faceva male.

Una volta davanti casa della cubana si preparò per chiederle se stesse davvero bene, ma la cubana la precedette, sorprendendola.

"Mi dispiace" sussurrò a testa bassa, prima di alzarla e guardarla intensamente negli occhi, per farle capire che era sincera.

Lauren la guardò confusa, non capendo a cosa si stesse riferendo, ma la risposta arrivò subito dopo.

"Non pensavo davvero quello che ti ho detto quel giorno. Ero solo molto arrabbiata, mi dispiace e mi odio per quello che ho fatto" la voce iniziò a tremare, ma non demorse e continuò il suo discorso "Tu sei una bellissima persona Lauren e anche se ancora non ho avuto modo di vedere tutti i tuoi lati, so che è così, ma non lo sto dicendo solo perché oggi mi hai difeso nonostante io ti avessi mandato a quel paese, lo sei e basta e mi odio per aver detto quelle cose a te, ma mi uccide ancora di più sapere che tu non vuoi che io ti conosca davvero"

A quel punto Lauren fermò quel monologo, zittendola con un dito sulle sue labbra.

"Lo faccio per te" sospirò mordendosi il labbro inferiore, togliendole poi il dito dalle labbra "In diciotto anni sono più le persone a cui ho fatto del male che quelle a cui ho fatto del bene, non voglio succeda anche con te" ammise, abbassando lei la testa questa volta.

"Ma il fatto che tu mi abbia difesa vorrà pur dire qualcosa" tentò di nuovo, afferrandole una mano.

"L'avrei fatto per chiunque, non tollero quel tipo di cose, soprattutto sulle ragazze" affermò, provando a non ferirla con le parole, ma fallendo quando vide la cubana abbassare la testa mestamente.

"D'accordo" si arrese alla fine, facendo si che con quella sola parola la cubana alzasse la testa di scatto "Proveremo ad essere amiche, ma non aspettarti chissà cosa, sono ancora arrabbiata per quel 'vai a farti fottere' di stamattina"

"Scu-" la interruppe ancora, alzando una mano.

"Pensavo che ormai avessi capito che sono io quella che fotte e non il contrario" le fece un occhiolino, facendo ridere di gusto la cubana.

"Sempre la solita" disse Camila, mordendosi poi il labbro per smettere di ridere.

"Sempre"

My Honey (Camren)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora