Quando da piccola provi ad immaginare cosa si provi a crescere o ad andare al liceo, si pensa di essere grandi, di poter comandare il mondo ed essere padroni di se stessi. Non passa nemmeno per un secondo l'idea che le cose possano non andare come tu speravi, fino a che non lo vivi, continui a credere che sarai felice, nonostante tutto e tutti.
Ma si sa che per ogni persona c'è sempre qualcuno destinato a rendere migliore la propria vita, o peggiore, dipende dai casi. In altri, un po' più rari, ma meno di quanto si pensi, ciò che la migliora l'ha portata prima a peggiorare, come se ci fosse un delicato equilibrio che può essere spezzato da un istante all' altro.
Ed ora, che mi ritrovavo ad intrecciare i capelli di mia nipote, ripensando a tutto quello che era accaduto solo negli ultimi anni, non potei fare a meno di riflettere, arrivando al punto da affermare che nulla di tutto ciò che avevo sempre sognato si era avverato.
«Zia Sel, mi racconti la tua storia?»
...
Quella mattina mi svegliai al sorgere del sole, alcuni spifferi d'aria provenienti dalla finestra mi fecero rabbrividire, insieme al freddo del pavimento contro il quale i miei piedi ancora nudi entrarono a contatto. Le sei non erano ancora suonate, di conseguenza mi ero svegliata in anticipo rispetto al solito, nonostante oramai ci avessi fatto l' abitudine. Andai in bagno e feci cadere i vestiti per terra, raccogliendoli per infilarli nella cesta. Lasciai che l'acqua fresca scorresse sulla mia pelle, lentamente, mentre il vapore arrivava fino ai miei capelli inumidendoli leggermente e creando uno strato acquoso sulle pareti.
Dopo essermi vestita e tornata in stanza, sentii la voce irritante di mia sorella chiamarmi da sotto. «Selena, muovi il culo e vieni giù!» mi urlò facendomi sospirare. Vivevo in una piccola casa, condivisa con mio fratello e mia sorella, entrambi maggiori. Mia madre era mancata parecchi anni prima, quasi non la ricordo, mentre di mio padre- beh di lui non sapevo molto, solo qualche informazione qua e lasciata dai miei fratelli o da mia madre, non che la cosa mi dipiacesse; adoravo, ogni tanto pensare a come potessero essere, li immaginavo buoni e pazienti, anche se mio padre se ne era andato lasciandoci da soli.
«Non rompere, quando sono pronta scendo!» urlai di rimando e chiusi la porta di scatto prima che potesse ribattere e mettere su una discussione di prima mattina. Con calma mi rivestii prendendo la roba per la scuola. Non ero una grande studentessa, odiavo stare alle regole e soprattutto odiavo chi mi dettava legge imponendomi come comportarmi, ragion per cui non avevo un rapporto stupendo con Ashley. Ero definita scontrosa, arrogante e stronza, questo era quello che dicevano tutti, ignari del fatto che per me fossero complimenti, avevo lavorato sodo per essere come ero, non debole. La debolezza era la cosa peggiore nelle persone, se non si era abbastanza forti si era presi di mira, perciò meglio essere odiata che diventare una vittima, così funzionava l'adolescenza: se sei forte sopravvivi, se non lo sei avrai vita difficile.
Scesi le scale raggiungendo la cucina, Jason – mio fratello – era seduto difronte ad una tazza fumante di latte con i cereali. Teneva il viso con una mano mentre con l'altra girava svogliatamente il cucchiaio, senza una ragione precisa, rischiava seriamente di addormentarsi in quella posizione e finire con la faccia nella colazione. Sorridendo tra me e me presi anche la mia tazza, iniziando a bere bagnando di tanto in tanto qualche biscotto. Jason si alzò riponendo la sua nel lavandino, chinandosi poi su di me per lasciarmi un bacio sulla fronte mormorando un "Ben svegliata sorellina" sguito da un «Ashley hai lezione oggi?» Se con mia sorella non avevo un bel rapporto, con lui era totalmente l'oppposto. Ci adoravamo, letteralmente, mi aveva sempre viziata, difendendomi e tollerando i miei comportamenti non sempre troppo carini.
Un'altra differenza tra me ed Ashley era sicuramente l'intelligenza. Lei si era diplomata con il massimo, studiava all'universita e al contempo badava a me e Jason da quando la mamma era morta, una delle poche cose per cui le ero realmente grata. Spesso mi ero chiesta come potessimo essere parenti, lei era educata, composta, gentile ed intelligente mentre io.. io ero solo un grandissimo casino. «Sì, dunque sarebbe bello se vi comportaste decentemente, senza commettere crimini o omicidi, grazie.» rispose sarcasticamente chiudendo la credenza. Jason alzò gli occhi al cielo scherzosamente, facendomi segno di non ascoltarla, come se già non lo facessi. Mi alzai dalla sedia solo quando sentii il campanello rimbombare per la casa, aprendo trovai Tess, la mia migliore amica. Avevo sempre invidiato il suo modo di fare, eravamo un gruppo apparentemente chiuso, ci definivano ribelli ed eravamo completamente diversi tra di noi, ma stavamo bene.
«Sel.» mi abbracciò spingendomi fuori da casa. Generalmente il viaggio in macchina fino alla scuola era immerso nel caos più totale, musica ad altissimo volume e le nostre risate a sovrastarla mentre sfrecciavamo –quasi- su quell' autostrada poco frequentata che ormai avevamo stabilito come nostra; ma quella mattina era tutto silenzioso, né io o Tess o Logan spiaccicammo parola. Logan era un ragazzo mediamente alto, i capelli biondi e gli occhi azzurri, il classico principe che tutte le ragazze sognano almeno una volta nella vita, e ci avevamo fatto abitudine a quelle – da noi definite – oche che lo perseguitavano, letteralmente.
Anche a scuola fu tutto tranquillo, solita routine, solito banco accanto a Vanessa e Logan. O almeno, fu così fino alla seconda ora, la ricordo ancora bene, c'era la Ramires, quella di spagnolo, odiata un po'da tutti. «Cosa si è messa oggi la ramires, dimmelo ti prego.»si lamentò appoggiando i piedi sul banco. Tra tutti noi lei era decisamente la più agitata, se così si può dire. «Cioè.. Non può avere un culo così. È scientificamente impossibile.» ridacchai venendo subito rimproverata. «Gomez, Hudgens, volete condividere con la classe l'argomento interessante di cui stavate parlando? Siamo tutti molto curiosi.» abbassai lo sguardo sulle mani. I professori non mi spaventavano, anzi, ma non ci tenevo a ripetere l'anno, cosa che sembrava allettare Vanessa che si alzò dalla sedia trascinandola, producendo un rumore stridulo e fastidioso. «Certamente. Stavo facendo notare a Selena, quanto il suo cu-sedere, sia mal concio. Come fa ad avercelo così floscio?»
«Fuori da questa classe. All'istante. » sbottò completamente rossa in viso, le guance scavate di una tonalità più accesa del solito. «Adios.» se ne andò chiudendo, anzi, sbattendo la porta alle sue spalle. «Ad ogni modo, ora che ci siamo liberati di quella.. parassita.. posso presentarvi i vostri nuovi compagni di classe. Justin Bieber e Jaden Smith, spero che li accoglierete calorosamente, possibilmente non trasformarli in scimmie non ammaestrate come siete voi.» osservai i due ragazzi, il primo era minuto, portava i jeans attillati ed una maglia lunga, mentre il secondo.
Il secondo era bellissimo. Aveva la pelle chiara, i capelli tirati su in un ciuffo a spazzola e gli occhi color caramello. Aveva anche le labbra carnose, e potevo dire con assoluta certezza, che nessuno, nemmeno Logan si poteva avvicinare a lui. Sembrava così forte ma allo stesso tempo dolce, non pareva un tipo che si faceva mettere i piedi in testa, e quando si venne a sedere nel banco davanti al nostro, dovetti realmente trattenermi dal guardarlo, costringendomi ad ignorarlo, per quanto possibile. Per la prima volta, dopo anni, feci realmente caso alla lezione. La Ramires parlava in spagnolo spiegandoci letteratura, era completamente immersa nelle sue parole ed era riuscita a catturare la mia attenzione, cosa che raramente accadeva.
Parlò per minuti lunghissimi ma veloci dell'amore, io non avevo mai provato nulla di simile; molte cotte, tanti rifiuti e di sicuro non ero una suora casta e pura, ma che mi facesse realmente impazzire.. beh non era ancora successo. Il ragazzo nuovo, Justin, passò tutto il tempo a scarabocchiare sul suo foglio, riuscivo a riconoscere alcuni disegni mentre altri erano coperti dall'ombra del suo braccio. Un personaggio mi aveva colpito, rappresentava una ragazza, i lunghi capelli leggermente arricciati che le ricadevano dietro la schiena; indossava un abito lungo, in certi punti fatto di pizzo e leggermente trasparente, ma comunque bellissimo.
Non era colorato, lo aveva lasciato totalmente bianco, solo qualche sbavatura di grigio doveva aveva passato la mano, fatta eccezione per le labbra. Quelle erano rosso fuoco, esattamente come la pistola che teneva in mano ed il sangue sul terreno. Fu davvero strano e leggermente inquietante, ma i lineamenti dolci di quella ragazza che pareva una dea distoglievano l'attenzione dal macabro puntandolo sulla, finta, innocenza del suo viso e dei suoi occhi.
Justin Bieber era un tipo strano, silenzioso, chiuso, ma già da quel giorno era riuscito ad incantarmi. Fu la prima volta che ebbi una piccola, minuscola indicazione sul suo mondo, lo stesso che sarebbe stato anche il mio, diventando il migliore dei sogni ma soprattutto il peggiore degli incubi. Mi ero fatta trasportare nell'ignoto, in quella misteriosa bellezza che avevo trovato nella sua persona, mi ero lasciata coinvolgere, trasportare dai suoi modi di fare e dal suo stile di vita così tormentato, non sapendo però a cosa andavo incontro e che tutto ciò sarebbe stato fuori dai miei limiti, troppo grande per me da affrontare.
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Tutti i fatti narrati sono frutto della fantasia ed il comportamento dei personaggi famosi citati non corrisponde in alcun modo alla realtà.
sto riscrivendo mano a mano i capitoli correggendoli, buona lettura.
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All Dangerous || Justin Bieber [in revisione]
Fanfiction"Per ogni persona c'è sempre qualcuno destinato a rendere migliore la propria vita, o peggiore, dipende dai casi. In altri, un po' più rari ma meno di quanto si pensi, ciò che la migliora l'ha portata prima a peggiorare. Justin sapeva di pericolo, d...