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"Non pensi di star esagerando?"
Leona riesce a percepire la reale preoccupazione del ragazzo anche attraverso la chiamata dal cellulare. Seduta sulla poltrona del piccolo, ma accogliente salotto di casa sua, la ragazza guarda l'orologio appeso sulla parete del muro che divide la camera da letto dal bagno e si rende conto di essersi alzata decisamente troppo tardi rispetto al suo solito.
"Ci sei ancora?"
Leona finisce di bere la sua tazza mezza piena di caffèlatte e si affretta a rispondergli.
"Sì, ci sono. No, non sto esagerando. Mi piace il mio lavoro. E poi.. Devo impiegare il mio tempo in qualcosa. Stare tutto il giorno a casa da sola mi porterà alla pazzia."
Finito di bere il suo adorato caffèlatte, senza cui la sua giornata non potrebbe cominciare, si alza e inizia a passeggiare lentamente per casa, come si usa fare durante una conversazione telefonica.
"Ho già letto l'articolo che hai scritto ieri sul giornale di stamattina e come sempre è impeccabile. So che ami il tuo lavoro e scrivi con passione, ma limitati a svolgere quello e basta. Non impegnarti con altre recensioni meno importanti. Diventerai matta a furia di scrivere e leggere per tutto il giorno".
Continua il ragazzo mantenendo un tono di voce abbastanza preoccupato.
Indubbiamente le fa piacere sentire il fidanzato così preoccupato per la sua salute, indubbiamente lui ha ragione. Da quando Lorenzo è partito per lavoro, e ormai son passati quasi trenta giorni, la mente della ragazza è stata solita farle qualche brutto scherzetto. Leona non avrebbe retto la situazione, così decise di accettare qualche lavoro in più, nulla di troppo impegnativo, per occupare quella maledetta mente, ed evitare di volare indietro nel tempo tornando a sette anni fa, quando ancora c'era quell'uomo... Leona odia restare sola e l'unica soluzione che ha trovato per ovviare quel problema è lavorare e non badare alla solitudine che la circonda. E fortunatamente il suo lavoro adempie alla perfezione alle sue richieste di aiuto.
"Lorenzo, ti amo anche per la tua ingiustificata e perenne preoccupazione nei miei confronti, ma ricorda che ho venticinque anni e so fin quanto posso spingermi oltre. Possiamo cambiare argomento?".
Sente Lorenzo sbuffare sospirare . L'avrebbe accontentata, come sempre.
"Mi piacerebbe stare a parlare con te ancora un altro po', ma purtroppo devo staccare. La riunione sta per cominciare. Ti raccomando, riposa quegli occhietti".
Dopo le solite promesse d'amore tra i due ragazzi a mo' di saluto, la chiamata terminò.
In quell'attimo di silenzio e tranquillità, come "un fulmine a ciel sereno", i ricordi tornano alla mente di Leona più vividi che mai.



Quando Leona finì di fare la doccia, dopo aver lavato i denti insistentemente, ed accertatasi che l'alito fosse profumato e non puzzasse di fumo, uscì dal bagno ancora con i capelli bagnati e l'accappatoio addosso per prendere l'intimo ed i vestiti puliti nella camera da letto. L'uomo era palesemente ancora troppo stanco per alzarsi dal letto o addirittura rivestirsi, ad eccezione dei boxer. A Leona non piaceva restare completamente nudi dopo aver fatto l'amore e lui lo sapeva. Sapeva che la ragazza fosse metodica, che determinate cose le piacevano solo in un determinato modo, che bisognava rispettare le buone e vecchie abitudini. Come ad esempio la mezza tazza di caffèlatte al mattino, senza cui la sua giornata non potrebbe aver inizio, o il dover indossare l'intimo dopo aver finito di fare l'amore. Lui conosceva questi suoi piccoli particolari e l'amava anche per questo.
"Raccontami di nuovo la storia della tua vita.."
Disse come sussurrando l'uomo.
Leona sorrise rivolgendo lo sguardo verso lui. Finì di indossare l'intimo e buttò su una poltrona accanto al letto l'accappatoio rosso, colore reso ancora più scuro ed intenso dall'acqua che bagnava il corpo ormai asciutto della ragazza. Lei si sedette sul letto senza smettere di sorridergli dolcemente. Lui continuava a tenere gli occhi chiusi, mentre con le braccia cingeva il cuscino sotto la sua testa. Finalmente, quando si decise ad aprire gli occhi, si alzò a fatica dal letto e le andò incontro. La baciò dolcemente appoggiando delicatamente le sue mani sul viso di Leona. "Come può un piccolo bacio durato circa due secondi trasmettermi così tante emozioni?" Pensò la ragazza mentre si alzò anch'ella dal letto e lo seguì in cucina.
"Preparo il solito."
Affermò l'uomo mentre si affrettava a preparare la colazione per entrambi.
"Dunque, ti va di raccontar-".
"Non ti stanchi mai di sentire sempre le stesse storie."
Lo interruppe Leona mentre si sedeva al suo solito posto della tavola, ovvero quello che dava le spalle alla camera da letto e al bagno, e le permetteva di godersi la vista del suo professore che cucinava per lei.
"No".
Rispose lui versando il latte dentro la tazza per riscaldarlo.
Leona amava raccontargli le avventure della sua vita, perché lui la ascoltava con pazienza ed interesse. E a sua volta lui amava scoprire ogni suo particolare, amava rivivere tramite i suoi racconti tutti quegli attimi vissuti dalla ragazza senza i quali non sarebbe diventata la donna di cui adesso è innamorato.
"D'accordo allora..inizio a raccontare.. beh, sai già che io non ho mai conosc-".
"No, facciamo finta che io non sappia nulla. Raccontami tutto come se fosse la prima volta".
A quel punto, rassegnata all'idea di dover raccontargli per l'ennesima volta la sua storia probabilmente preferita, stese le ginocchia sopra il tavolo e si mise comoda. A lui non è mai andato a genio dover sopportare le gambe della ragazza stirate sul proprio tavolo (tra l'altro quello dove si mangia), ma non glielo disse mai, perché al contempo amava pure quei particolari che la rendevano ancora una ragazzina. Perché una donna più matura non avrebbe mai fatto una cosa del genere, pensava lui.
Preparata la colazione, l'uomo si accomodò sulla sedia posizionata di fronte a Leona. Iniziarono a sorseggiare le loro bevande calde.
"Dunque.. Essendo stata abbandonata da mia madre non appena nata, venni affidata inizialmente ad una coppia di novelli sposi che non riuscivano ad avere figli. Ricordo molto poco di loro e dei miei primi anni di vita. So, perché mi è stato detto, che li ho vissuti in Sicilia. I miei ricordi, le mie prime emozioni prendono vita circa al mio quinto anno di età, quando fui trasferita a Firenze, città che non ho più abbandonato. La famiglia che mi accolse è quella che ancora oggi mi mantiene. Non sono mai riuscita a chiamarli mamma e papà, purtroppo. Anche se devo molto a loro, non siamo mai riusciti a creare un legame profondo ( Leona non gli avrebbe mai detto che questa difficoltà nel creare legami profondi e duraturi è dovuta alla sua sindrome dell'abbandono).. Sono sempre stata diffidente nei loro confronti. Penso che sia per questo motivo che, non appena ho compiuto diciotto anni, mi hanno spronata ad andare via di casa. Comunque gli sono ancora molto riconoscente perché continuano ad aiutarmi economicamente. Come ti ho già detto molte altre volte.. oh, sì, scusa, non devo dirlo.. Beh ho sempre sofferto il fatto di non aver nessun ricordo dei miei genitori naturali.. né una foto, né un nome. Una cosa che mi ferisce, ad esempio, è non sapere a chi assomigli di più, se a mia madre o a mio padre. Ricordi Harry Potter? Quei film che ti ho costretto a vedere insieme nonostante tu fossi decisamente contrario? Lui di sicuro sa da chi ha preso gli occhi!"
Sorrisero entrambi. Leona non aveva voglia di inserire una frase così sciocca durante il suo racconto, ma ne fu costretta per smorzare l'intensità del discorso. Il caffèlatte stava poco a poco raffreddandosi, così Leona prese una breve pausa per berne un po'. Di solito quando gli raccontava della sua vita tendeva a fissare un punto nel vuoto. Perciò, prendendo questa breve pausa, ne approfittò per osservare l'uomo che sedeva di fronte a lei. Ed ogni volta che osservava i suoi lineamenti perfetti, non capiva come lui potesse essersi innamorato di lei.
" Continua il racconto, per favore".
La spronò educatamente l'uomo..

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora