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Erano passati due mesi da quando io e Giuseppe avevamo deciso di intraprendere quell'avventura complicata insieme.
Spesi ogni singolo giorno, ogni singolo momento di quei due mesi aspettando con trepidazione che arrivasse il momento in cui io e lui saremmo potuti essere insieme e soli a casa mia, lontani da tutto e da tutti, circondati da rassicuranti mura che ci permettevano di nascondere e consumare il nostro amore.
Solitamente stavamo insieme dal Sabato pomeriggio fino a Domenica; Giuseppe andava via sempre verso le 06:00 del mattino. Alcune volte non lo sentii nemmeno alzarsi dal letto per andarsene, e puntualmente, quando poi la mattina mi svegliavo e mi rendevo conto che se ne era andato, mi maledicevo per non essere riuscita a svegliarmi e salutarlo.
Quando quei momenti arrivavano ero felice come non lo ero mai stata in vita mia. Non che abbia mai vissuto dei momenti che meritassero di essere ricordati per la loro bellezza.
Mi sentivo diversa, mi sentivo talmente tanto normale che addirittura mi permisi di saltare un paio di incontri con Diana, ovviamente dopo aver ottenuto il suo consenso. Sentivo che la vita che avevo sempre sognato stava per arrivare, anzi, era già arrivata e per di più con un uomo che amavo.. anche se ancora non glielo avevo mai detto.
Caterina, sempre tenuta all'oscuro di tutto, era sorpresa nel vedermi giorno dopo giorno sempre più raggiante e tranquilla. Infatti, ogni santissima volta che eravamo insieme, mi vedeva più bella del giorno precedente e me lo faceva notare in diversi modi, rafforzando la mia ipotesi secondo cui si fosse innamorata di me.
Come biasimarla? Anche io ero innamorata della nuova versione di me stessa.
Mi capitava spesso di trovarmi tentata nel volerle raccontare la mia relazione con Giuseppe, ma riuscii a trattenermi ogni singola volta.



Per festeggiare i nostri primi due mesi insieme, volendosi fare perdonare la dimenticanza della ricorrenza del primo mese, Giuseppe mi disse che aveva organizzato una sorpresa per me, ma che avrei dovuto aspettare fino a Domenica per scoprire di cosa si trattasse.

"Fatti trovare pronta verso le 07:00".

Mi mandò quel messaggio Sabato mattina, la giornata prima della fantomatica sorpresa.
A causa del mio carattere, non ero particolarmente incline all'idea di festeggiare una ricorrenza, ai miei occhi, così futile. Tra l'altro, non mi ero mai trovata in una situazione simile, perciò, provando a riflettere come una persona normale, dedussi che per una novella coppia di "fidanzati", festeggiare i primi mesi di relazione dovesse essere importante.

Nonostante le mie incertezze e la mia contrarietà, non stavo nella pelle ed ero curiosissima di scoprire cosa avesse organizzato per me. Soprattutto perché, avendo specificato il fatto di dovermi far trovare pronta, poteva significare solamente che saremmo usciti per la prima volta insieme.



Alle 07:00 in punto di Domenica ero già pronta dietro la porta di casa mia aspettando un qualsiasi suo segnale che mi invitasse ad uscire. Avevo già fatto colazione con il mio immancabile caffellatte.
Fu puntuale come un orologio svizzero anche lui, mandandomi un messaggio in cui mi chiedeva di scendere per raggiungerlo. Presi la borsa, uscii di casa e chiusi a chiave nel minor tempo possibile. Temendo di inciampare giù per le scale e di svegliare tutto il condominio ( dovevo rispettare le rigorose regole e non fare troppo chiasso), non corsi giù per le scale, ma mantenni un andamento veloce.
Quando uscii dall'edificio lo vidi dentro la sua macchina ad aspettarmi e mi bloccai. Morsi il labbro inferiore per trattenere un sorriso gigantesco e spontaneo.
Intento ad osservare distrattamente le rare macchine che sfrecciavano rumorosamente per la deserta strada, il viso di Giuseppe faceva trapelare immensa serenità. Fui felicemente sorpresa nel vederlo così rilassato perché sapevo che in quel periodo era sempre tempestato da impegni lavorativi e riunioni interminabili.
Quando si accorse di me, ricambiò il mio trattenuto sorriso con uno altrettanto genuino.
Raggiunsi la macchina e vi entrai. Continuammo a sorriderci come due bambini, senza dirci nulla, per poi salutarci con un piccolo e dolce bacio sulle labbra.
"Non hai paura che qualcuno possa vederci?".
Giuseppe, che non aveva spento la macchina, aspettò che allacciassi la cintura di sicurezza prima di ripartire.
"E chi dovrebbe vederci? Vedi qualcuno per strada? La Domenica mattina dormono tutti".
"Tranne noi".
Sorridemmo.
"Sai, sono abituato a vederti indossare i tuoi soliti jeans o la tuta. Mi è strano vederti con un vestitino così carino addosso. Sei molto bella, Leona".
Il modo sincero in cui mi fece quei complimenti provocò un leggero arrossimento delle mie guance, ma lui non se ne accorse perché era concentrato sulla strada.
Mi suonò strano ricevere dei complimenti da qualcuno che non fosse Caterina.
"Anche io sono abituata a vederti sempre in giacca e cravatta. E anche a me fa strano vederti.. Ah, no. Li indossi pure adesso".
Si girò per guardarmi giusto un secondo e rise della mia battuta. Quell'attimo mi bastò per permettere al suo splendido sorriso di entrarmi fin dentro la pelle e riscaldarmi dalla fredda giornata invernale che quel giorno ci accolse.
"Dove mi stai portando?".
"Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa".
Sorrisi e finalmente riuscii a fatica a staccare gli occhi da lui, chinandomi verso la borsa che avevo gettato ai miei piedi per estrarne il mio block notes ed una penna.
"Posso sapere almeno se sarà un lungo viaggio?".
"Più o meno. Non essendoci traffico, direi che tra un'ora saremo giunti a destinazione".
"Allora ti dispiace se stacco la radio e scrivo?".
"Fa pure".
Mise una mano sulla mia coscia e l'accarezzò per qualche secondo. Iniziavo ad abituarmi alle piacevoli sensazioni che provavo ogni volta che entravamo in contatto, al punto che erano leggermente diminuite. Non ne ero molto felice perché, pensai, "e se poi non dovessi più provare nulla quando in futuro mi toccherà? Cosa succederà quando mi sarò completamente abituata al suo tocco?". Immediatamente mi resi conto di quanto risuonassero stupide delle preoccupazioni simili nella mia mente da completa matta: non avrebbe mai potuto smettere di provocare la meravigliosa eccitazione e felicità che nasceva dentro me ogni volta che entravamo in contatto.
"Su cosa stai lavorando?"
Mi chiese interrompendo la scia di inutili pensieri, fortunatamente. Sospirai e cedetti alla tentazione di tornare a guardarlo, intrappolando il mio sguardo sul suo distinto profilo.
"Uno stupido articolo sulla stupida squadra universitaria di calcio".
"Deduco non ti piaccia il calcio. Io, invece, lo seguo molto volentieri".
Feci una faccia schifata che lui però non vide perché intento a guidare.
Estrassi un giornale dalla mia borsa per leggerlo ed attingere a quante più informazioni possibili sull'argomento su cui avrei dovuto scrivere ed iniziai a buttare giù qualche idea.
Di tanto in tanto mi capitava di osservare una Firenze deserta dal finestrino.Non mi ero mai particolarmente legata a quella città, per quanto mi piacesse viverci. Notai che, oltre ad avere difficoltà a legare con le persone, le avevo anche con le città. Trattenni un amaro sorriso.
Poi mi imposi di concentrarmi solo sull'articolo per i seguenti minuti.


"Dio, che orrore. Non riuscirò mai a scrivere qualcosa di decente su un argomento che detesto".
"Vuoi che ti dia una mano?".
Sbuffai.
"No, grazie".
Risposi decisa posando tutto il materiale che avevo estratto nella borsa, non prima di rileggere quelle poche cose che difficoltosamente avevo abbozzato.
"Non sembra molto male comunque".
Affermai dopo aver finito di leggerle.
Finalmente potei tornare a concentrarmi su di lui, sul suo volto sereno e su quel mezzo sorriso che, ogniqualvolta faceva capolino sul suo viso, dava vita alla fossetta sulla guancia destra, l'unica della quale mi era concesso poterne ammirare la propria bellezza, essendo che era di profilo. Non riuscii a resistere e la toccai con un dito.
"Sei molto bello Giuseppe".
Gli dissi spontaneamente, mossa da un indecifrabile sentimento che a poco a poco si stava concretizzando nella mia mente e nel mio cuore.
Aggrottai le sopracciglia sbigottita da ciò che avevo detto, ma le rilassai immediatamente, permettendo alla nuova Leona di prendere il sopravvento e,senza paura, dichiarare il proprio amore.
"Amo questi particolari sul tuo viso che ti rendono unico, affascinante. Amo quando sorridi e ti spuntano le fossette più belle che abbia mai visto. Amo tutto di te, Giuseppe. Perché ti amo".
Sussurrai le ultime parole facendole scivolare lentamente dalla mia bocca. Non mi pentii mai di avergliele dette, nemmeno se erano totalmente fuori contesto e, soprattutto, non formulate alla perfezione. Ma perdonai all'istante quel mio bizzarro modo di dirgli che lo amavo: ero emozionata, impaurita, addirittura tremavo.
Osservai il nascere della sua reazione a quelle mie parole: sorrise abbassando lo sguardo palesemente imbarazzato, poi, tornando serio, si girò verso me per un brevissimo secondo. I suoi occhi, che incontrarono per un attimo i miei, come al solito intensi e rassicuranti, mostrarono anche un accenno di indugio.
"Non devi sentirti in obbligo di dirmi nulla".
Lo tranquillizzai io.
"Io.. ho detto di.. amarti.. perché è quello che sento. Sono state parole nate spontaneamente. Per favore, non rispondere se non vuoi".
Come se fare l'amore con lui non fosse stato sufficiente, dirgli apertamente che lo amavo mi liberò.
Non pretesi che lui mi rispondesse con un " ti amo anche io", perché, ragionai, l'esperienza insegna che è impossibile innamorarsi di qualcuno in così poco tempo. E lui ne era cosciente. 
D'altro canto, io, alle mie spalle, non avevo alcun tipo di esperienza.
Ma me ne fregai altamente.
Io lo amavo.





Salveeee a tutti!

Come al solito, mi intrometto nella storia per dire e chiedere alcune cose.
Prima cosa.. grazie di cuore a tutti per il sostegno e le dolci parole che, sia qua pubblicamente, sia in privato, non mi fate mai mancare..
Seconda cosa.. che ne pensate di Leona? Credete che stia correndo un po' troppo?

Un bacio

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora