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Tutti smisero di parlare all'istante. L'uomo che aveva appena messo piede in aula fece una faccia strana.. una faccia che io ricordavo benissimo e ritenevo carina.
Dopo aver realizzato che le mie speranze di non averlo come professore svanirono come per magia, sentii una leggera agitazione tra gli studenti. L'intera aula era in un contenuto subbuglio.
"Per favore ragazzi, state calmi".
Disse il professore a voce molto alta per far arrivare le parole anche all'ultima fila. L'aula tornò ad essere silenziosa. Poi lui posò la ventiquattrore per terra, si tolse la giacca e la sistemò ordinatamente sulla cattedra. Un leggerissimo brusio tornò a nascere nell'aula, ma morì subito dopo.
"E' il professore di cui ti ho parlato".
Bisbigliai a Caterina. Lei avvicinò l'orecchio verso il mio viso per sentire meglio.
"Quello che ti ha compilato i documenti?".
"Esatto, proprio lui."
Ci guardammo perplesse non capendo cosa stesse succedendo in quell'aula, chiedendoci come mai tutti fossero così agitati.
Nel frattempo il professore accese il microfono e si sedette sulla cattedra.
"Bene, finalmente è tornato un po' di ordine."
Sorrise. Perfino da quella distanza riuscii a distinguere le profonde fossette sulle guance. Erano sempre adorabili.
"Mi presento.. Io sarò il vostro professore di diritto privato e mi chiamo Giuseppe Conte".
Terminata quella frase l'aula ricominciò a prendere vita con le sue voci indistinte. Sentii dire dalla ragazza seduta più sotto rispetto a me la frase: "te lo avevo detto che era lui. Che culo che abbiamo avuto".
Anche Caterina sentì quelle parole e si girò verso me trattenendo le risate con una mano.
"Ragazzi, per favore, calmatevi. Se avete qualcosa da dire alzate la mano".
Tutti si zittirono all'istante e nessuno osò appunto alzare la mano.
"Come immaginavo".
Il suo tono di voce era amichevole. Non si arrabbiò nonostante il nostro comportamento inadeguato. Mantenne per tutto il resto della lezione un tono pacato, rassicurante.

Finite le presentazioni, il professore iniziò a parlare di come si sarebbe svolto l'esame, di come ci avrebbe aiutato a superarlo e si dichiarò a nostra completa disposizione per ogni chiarimento riguardo le lezioni.
Mentre parlava, Caterina mi distrasse.
"Ma che figo è? Ci credo che tutti qui dentro siano impazziti. Hanno addirittura aperto un fan club su di lui. Devo farne parte".
"Shh. Mi fai seguire?"
Il professore si alzò e scrisse la sua mail universitaria alla lavagna. La ricopiai sul mio quaderno degli appunti.
"Tu non hai intenzione di scrivere nulla?".
Chiesi a Caterina notando che il suo block notes era ancora bianco.
"No. Prendi gli appunti anche per me. Non riesco a distogliere lo sguardo da lui".
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
"Sei esagerata..Comunque non mi interessa quello che fai. Però ti chiedo di non disturbarmi."
Tornai a concentrami sulle parole del professore, ma non riuscii a non notare la continua e impercettibile agitazione dei miei colleghi. Era sicuramente un bell'uomo, ma.. Cosa aveva di speciale?

Per fortuna, col passare dei minuti, in aula tornò ad esserci un rigoroso silenzio. Il professore spiegava bene e si accertava che ci fosse tutto chiaro. Infatti ci permetteva di interromperlo in qualsiasi momento e molti ragazzi, approfittandone, gli chiesero di rispiegare qualche punto. Dal canto mio, capii davvero molto poco di ciò che stava spiegando, ma non gli chiesi nulla. Mi dissi che avrei studiato molto a casa nel pomeriggio e che sicuramente avrei recuperato.

Il professore, dopo essere stato seduto per circa quaranta minuti, si alzò, decidendo di continuare a spiegare in piedi. Iniziò a camminare avanti ed indietro, molto lentamente, all'interno di quel poco spazio che aveva a disposizione per muoversi. Il suo modo di parlare era impeccabile: avrebbe potuto far capire i concetti più complicati anche agli asini, ma io ero troppo distratta ad osservarlo per concentrarmi al cento per cento sulla lezione.
"Lo vedrei molto bene nel mondo della politica".
Sussurrai.
"Cosa?".
"Nulla. Fammi seguire".
"Ma tu hai parlato!".
"Shhhhh!".Feci segno di tacere a Caterina e lei ricambiò con uno sguardo molto confuso.
Come previsto, mi feci distrarre anche io dal suo portamento elegante e raffinato e non seguii più nulla della lezione.
Con la mano destra teneva in mano il microfono, della sinistra invece sembrava quasi non sapesse cosa farsene: in ordine, prima la inseriva nella tasca dei pantaloni, poi sistemava i capelli ( ordinatissimi ) toccandoli appena, poi prendeva la penna dal tavolo e ci giocava un po', stritolandola, ed infine, dopo aver posato la penna sulla cattedra, rilassava la mano per qualche minuto. Dopo avergli visto ripetere quello schema per la terza volta, lo feci notare a Caterina.
"E' sicuramente nervoso".
Chiarì lei. Poi continuò a parlare.
"E' un cucciolo, ogni tanto gli trema persino la voce".
"Cate, è un professore. E' abituato a tenere lezioni".
"E allora come spieghi questo suo comportamento? Considera che è pur sempre la sua prima lezione di fronte ad una classe nuova".
Pensai ad un altro possibile motivo per giustificare il suo comportamento, ma non mi venne in mente nulla.
"E va bene. E' nervoso".
Caterina mi lanciò uno sguardo soddisfatto e poi tornammo a "seguire" il resto della lezione.

Passate le prime due ore di lezione, Caterina ricominciò a parlare e a distrarmi.
"Leo tu sai cosa è quell'aggeggio?"
Guardai Caterina, poi seguii con lo sguardo l'oggetto che mi stava indicando, che era poggiato su una sedia più in basso rispetto a noi.
"Non è possibile. Quell'aggeggio sta registrando la lezione. Dobbiamo assolutamente avere questa registrazione".
"Ah! Vedi che allora anche tu sei distratta dalla sua bellezza?".
"Caterina, non esagerare.. comunque sì, sono distratta. Non ripeterlo più".
Caterina mi guardò meravigliata e per nascondere il suo stupore coprì la bocca con una mano.
Poteva sembrare una reazione esagerata, ma io compresi il motivo del suo entusiasmo, dato che a me non piaceva mai nessuno a prima vista. Nemmeno a seconda, né a terza.. e così via. Per questo a Caterina risultò strano che mi piacesse ( per "piacere" intendo anche un semplice andare a genio) uno sconosciuto.
"Non riesco a credere alle mie orecchie. Leona, signori e signore, apprezza un altro essere umano all'infuori di me e della sua psicologa! Questa me la devo segnare".
"Ho solo detto che è un bell'uomo. Nient'altro. Finiscila ora. Ti avevo detto di non ripetere quelle mie parole".
Le dissi in tono serio. Tornai a concentrarmi sulla lezione.. o almeno.. ci provai.
Essendo seduta lontana, non riuscii ad osservarlo bene nei minimi particolari ( tranne che per le sue fossette che si sarebbero potute notare a chilometri di distanza per quanto fossero profonde ed evidenti) . "Dovrei sedermi in prima fila..". Pensai. E mi bloccai. "Io non cambio posto. Non cambio le mie abitudini per nessun'altro. Perché mi è venuto in testa questo pensiero?", continuai a chiedermi mentre la lezione stava per finire.




Quando tempo fa Leona chiese a Diana come mai non riusciva a stabilire relazioni con le persone, o semplicemente non riuscisse a farsele piacere, Diana le disse che era tutto causato dalla sua sindrome. Questa stupida cosa che si portava dentro non le permetteva di fidarsi delle persone, di farsi toccare da nessuno ( tranne da chi voleva lei), di essere estroversa, di creare un feeling di amicizia e/o amore con nessuno. Diana si e' sempre sforzata di aiutarla da questo punto di vista, ma i progressi erano molto lenti ad arrivare. "Non per questo motivo, Leo, devi amarti di meno. Anzi, devi imparare a capirti ed a migliorarti". Le rispose in questo modo quando Leona le chiese perché era stata maledetta ad essere una persona anormale.
La ragazza, dal suo canto, ci stava lavorando su e notava qualche piccolo miglioramento. Infatti, fu piacevolmente sorpresa quando, ad esempio, iniziata la vita universitaria, fece amicizia con i signori che lavoravano al locale di fronte l'Università. Era fiera di se stessa e di quei piccoli passi avanti. 

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora