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Quella giornata autunnale era meravigliosa. Non c'era né troppo caldo, né troppo freddo. Passeggiare per Firenze, nonostante il traffico eccessivo che caratterizzava quelle vie più frequentate della città, era più piacevole rispetto alle altre giornate. "E' decisamente troppo presto", pensai mentre vidi l'orario dal cellulare. Ero tre quarti d'ora in anticipo. Comunque era meglio così: preferivo essere in largo anticipo piuttosto che in ritardo anche solo di cinque minuti.
Avrei iniziato questa nuova avventura universitaria insieme a Caterina, una ragazza che frequentava le superiori con me. Non abbiamo mai instaurato un legame troppo profondo di amicizia inizialmente. Finite le superiori,  cominciammo a frequentarci sempre di più finché non abbiamo instaurato un bel rapporto d'amicizia ( era raro per me riuscire a considerare qualcuno un o un'amica). Volevamo entrambe fare giurisprudenza, così decidemmo di iscriverci alla stessa Università per poter contare l'una sempre sull'altra. Per me fu un sollievo sapere di averla accanto a me. Così diventammo amiche, con la "a" maiuscola.
Anche lei, come me, preferiva essere in anticipo piuttosto che in ritardo. Infatti, quando arrivai al nostro punto d'incontro, la trovai già lì ad aspettarmi.
Mi avvicinai a lei e, quando si accorse di me, iniziò a salutarmi con la mano.
"Emozionata?".
Mi chiese mentre ci abbracciammo. La ragazza era alta quasi quanto me e, a differenza mia, aveva i capelli neri, lisci e corti fin sopra le spalle ( i miei erano lunghi e castani). Quel colore nero dei suoi capelli non era naturale, ma lei diceva che metteva in risalto i suoi occhi azzurri. "Almeno a primo impatto la gente si focalizza sui miei stupendi occhi, e non sulle mie labbra sottili ed inesistenti", mi confessò una volta, aggiungendo poi "ma tu non hai di questi problemi perché le tue labbra sono perfette. Sono carnose al punto giusto. Che invidia!" Quella volta non potei far altro che sorriderle e suggerirle una chirurgia estetica per rimodellare le sue labbra. Scoppiamo a ridere insieme.
"Abbastanza. Ma adesso che siamo studentesse universitarie abbiamo un'aria più matura?"
"Lo spero. Sono stanca di frequentare ragazzini.. E comunque tu con il tuo outfit sembri addirittura ancora minorenne".
Disse Caterina mentre indicava la mia t-shirt verde con diversi cactus raffigurati sopra.
"Non ti permettere di offendere la mia maglietta preferita. Comunque, dai, prendiamo qualcosa per colazione velocemente ed entriamo in facoltà. Non voglio arrivare tardi il primo giorno di lezione e nemmeno tu lo vuoi".
Entrammo per la prima volta nel bar di fronte all'Università. L'insegna posizionata sopra l'ingresso del locale riportava la scritta "Vintage". E infatti, non appena entrammo dentro il locale, venni immediatamente rapita da quello stile vintage. Le mura erano tappezzate da foto di artisti per lo più deceduti, come Michael Jackson o Amy Winehouse. Qua e là si potevano ammirare dipinti raffiguranti sprazzi di una primavera morente, cupa. Per far accomodare i clienti vi erano sgabelli, sedie e poltrone tutte diverse tra loro, alcune tra le quali non sembravano affatto comode. I tavoli erano piccoli, bassi, rovinati da graffi probabilmente incisi volutamente e potevano riservare solo quattro posti ciascuno. Il locale era pieno: tra studenti, lavoratori, signori e signore che aspettavano la loro ordinazione, chi la stava già gustando.
"Che posto meraviglioso".
Dissi stupita a Caterina.
Dopo aver speso circa un minuto ad osservare la bellezza di quel locale, Caterina parlò per prima mentre si avvicinava al bancone per prendere un menù. Io la seguii standole dietro.
"Oh, ma guardale, arrivano ancora nuove studentesse e future clienti!".
Esclamò una signora sulla cinquantina dall'altra parte del bancone intenta a lavare delle tazzine sporche.
Distolsi lo sguardo da quelle mura quasi psichedeliche per me e lo rivolsi alla signora. Ci fece l'occhiolino.
"Potrei seriamente prendere in considerazione l'idea di venire tutti i giorni qua a fare colazione".
Non riuscii a trattenermi dal pronunciare quella frase. Era vero.
"E ancora non hai assaggiato nulla! Signorine, possiamo prepararvi qualcosa?".
Caterina distolse lo sguardo dal menù per poi porgermelo.
"Sono indecisa".
"Io no. Prendo un caffèlatte".
Dissi decisa. Caterina prese di nuovo il menù, diede un' occhiata veloce ed infine si decise.
"Ne faccia due per favore".
La signora urlò l'ordinazione ad un ragazzo che stava dietro lei, che si mise subito a lavoro.
"Speriamo ci dia la carica giusta per affrontare il primo giorno di università".
Disse eccitata Caterina mentre con lo sguardo andava a caccia della sua postazione preferita per accomodarci. Quando la scelse, mi chiese di seguirla.
"Speriamo".





"Non posso continuare, Diana. Quello è il locale in cui io e lui abbiamo avuto una seria conversazione per la prima volta.. Sei sicura che mi servirà? In questo momento sento di non star risolvendo nulla, anzi, al contrario, sento di star peggiorando la situazione."
Diana solleva lo sguardo dal block notes su cui ogni tanto scrive qualcosa e mi osserva. Poi guarda l'orologio.
"Possiamo fermarci qua, Leona. Abbiamo parlato per quasi tre ore.. sei andata molto bene."
La psicologa chiude il block notes, si alza, e lo ripone dentro un cassetto, chiudendolo a chiave.
"Vorrei che ti fidassi di me e del mio modo di lavorare. Vedrai che nei prossimi giorni andrà meglio".
"Bene. Allora se non ti dispiace vado in camera mia a lavorare".
Leona si alza e si dirige verso la sua camera temporanea.
"Certo, va pure."
Senza dire nulla, Leona abbraccia la sua amica, psicologa e confidente.






Ciao ragazzi!
Scusate se mi intrometto nella storia, ma vorrei fare dei chiarimenti.
In questi capitoli e nei prossimi sarà possibile trovare la narrazione divisa in due racconti diversi, raccontati da:
1) La Leona del passato che, parlando in prima persona, racconta la sua vita ( 18, quasi 19 anni).
2) La Leona del presente che, descritta in terza persona, vive la sua attuale vita affrontando il suo passato per cercare di superarlo ( 25 anni).
Per qualsiasi chiarimento non esitate a chiedere.

Ps: fate sempre caso ai tempi verbali e tutto dovrebbe essere più semplice da comprendere.
Ps2: perché ho deciso di ingarbugliare così tanto la mia storia? BOH. 

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora