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Solo dopo aver lasciato l'Università mi resi conto di quello che avevo fatto. Come se non bastasse, non riuscivo a togliermi dalla testa quel bacio perfetto. Il cuore continuava a battermi talmente tanto forte da iniziare a farmi preoccupare. Pensai che avrei voluto raccontare tutto a Caterina e chiederle un parere riguardo cosa potesse significare la confusione post bacio del professore. Nella mia mente pizzicava l'idea che quella confusione fosse scaturita da un'inaspettata voglia di continuare a baciarmi, come se non si aspettasse che quel bacio potesse effettivamente piacergli.
Quando arrivai a casa, ancora un po' interdetta dopo l'accaduto, mi cambiai ed aspettai Caterina, dato che si era autoinvitata a casa mia quella mattina. Mentre l'aspettavo, avrei voluto iniziare a sistemare le risposte dell'intervista, ma risultò impossibile perché la mia mente era totalmente occupata dall'immagine del bacio col professore.
Fortunatamente, quando arrivò Caterina, riuscii a distrarmi e ci concentrammo sullo studio. Furono, con mia grande sorpresa, delle ore molto produttive.
Alla fine decisi di continuare a tenere tutto per me, senza raccontarle nulla.
Dopo cena Caterina non si trattenne per molto perché eravamo visibilmente entrambe stanche. Quando andò via, sapendo che non sarei riuscita a prendere sonno facilmente, presi una pillola consigliatami da Diana per aiutare il mio sonno a prendere il sopravvento, ma non prima di sistemare perfettamente l'intervista che avrei dovuto consegnare l'indomani.


Risvegliarmi l'indomani fu particolarmente piacevole sia perché riuscii a dormire per almeno otto ore ( grazie alla pillola), ma anche perché quel professore era sempre, costantemente presente nei miei pensieri. E il sorriso sulle mie labbra non riusciva a scomparire. "Ah, dunque è così che ci si sente quando si è di buon umore, eh"? Mi chiesi ad alta voce.
Dopo essermi lavata e vestita indossando i miei soliti jeans ed una maglia ( a maniche lunghe perché l'aria iniziava ad essere più fredda), presi lo zaino già pronto da ieri sera ed uscii di casa. Non avendo avuto abbastanza tempo per sistemare i miei lunghi capelli e non volendoli lasciare disordinati, li legai.

Raggiunto il nostro solito punto d'incontro, persino Caterina rimase colpita dal mio look insolito mentre mi aspettava di fronte al "Vintage" per consumare la nostra abituale colazione insieme.
"Wow, da una metodica come te, un cambio di look così deciso non me lo sarei mai immaginato".
Mi prese in giro mentre entrammo nel locale.
"Ma tu non eri la pazza che non ama i cambiamenti? Non è che adesso decidi di cambiare addirittura posto in aula?"
"Non esagerare. Oggi mi sento solo un po' più coraggiosa da legare i capelli. Tutto qua".
Per me venir meno a queste piccole abitudini maniacali, come ad esempio il fatto di non legare mai i capelli, era una grande vittoria. Mi sentivo di dare il merito al professore Conte, comunque. Lui mi stava facendo scoprire una nuova me.. Una me normale.

Il caffellatte era squisito, come al solito.
Entrate in Università e raggiunta l'aula, ci sedemmo al nostro solito posto. "A poco a poco supererò ogni stranezza", mi dissi convincendomene sempre di più, ma ancora era troppo presto.
La lezione fu interessante, ma mai come quelle tenute dal professore Conte ( nonostante gli argomenti fossero difficili e noiosi).
Passate le quattro ore di lezione, salutai Caterina e mi diressi verso l'aula in cui si sarebbe svolto l'incontro per il giornale dell'Università. Avevo preparato il pranzo a sacco e, anche se mancavano più di tre ore al nostro incontro, avrei occupato l'aula aspettando pazientemente leggendo un libro e ricontrollando che l'intervista fosse perfetta.

Giunte finalmente le 16:00, arrivarono tutti e tre insieme: Dario, Camilla e Giordano.
"E' da molto che ci aspetti?".
Chiese Camilla chiudendo la porta alle sue spalle.
"Abbastanza".
Lei mi sorrise e, avvicinandosi alla cattedra, lasciò cadere sul tavolo tutti i libri e i giornali che teneva in braccio.
"Oggi si lavora su questa roba vecchia alla ricerca di qualcosa di interessante da aggiungere al nostro giornale, ma prima, dicci tutto: sei riuscita a fare quello che ti avevamo chiesto?".
Tutti e tre smisero di fare quello che stavano facendo e mi guardarono speranzosi.
"Ovvio".
Sbalorditi, si avvicinarono chiedendomi di mostrare loro ciò che avevo ottenuto.

"Wow, non pensavo che preferisse le bionde".
Commentò delusa Camilla passandosi una mano sui suoi capelli neri come la pece.
Dopo aver letto il resto dell'intervista, i ragazzi mi fecero i complimenti sottolineando come il mio modo di scrivere fosse lineare e pulito: "leggere questa intervista è molto piacevole", commentò Dario.
Il problema arrivò quando si accorsero che mancavano circa quattro domande all'appello.
Come scusa per non avergliele poste, dissi che il professore ebbe un.. imprevisto, e dovette scappare via, non riuscendo a concludere l'intervista.
"Non ci pagheranno se non avranno tutte le risposte".
Esordì Camilla mentre contava le domande di cui non trovò risposta.
"No, ti prego, non chiedermelo. Non voglio rompergli ancora le palle con questa roba stupida. Non avete idea di quanto è stato imbarazzante".
Iniziai ad implorarla.
"Leona, abbiamo bisogno di quei soldi. Devi completare l'intervista. Tra l'altro con una certa fretta perché abbiamo l'ultima settimana a disposizione prima di dover pubblicare tutto".
Cercai di trovare i lati positivi di quella situazione:
1) Se avessi completato quell'intervista, non avrei dovuto più rompergli le palle con tali sciocchezze. Mai più.
2) Avrei potuto inventare qualche domanda in più, solo per il gusto di migliorarmi sempre di più in questo ambito.
3)Saremmo stati di nuovo soli e, scoperto il mio nuovissimo lato da intrepida, avrei potuto saltargli addosso.
"Ora non esageriamo. Saltiamo il punto 3", pensai sorridendo.
"Pensi di riuscire a completare e mandare tutto entro Domenica?".
Mi chiese Giordano mentre iniziava a sparpagliare sul tavolo i vari fogli di giornale alla ricerca di qualcosa di interessante.
"Dipende dal professore. Gli manderò una mail stasera stessa".

Le ore passarono molto lentamente ed io iniziavo ad odiare quel corso. Non feci nulla di quello che mi interessava davvero: cercai citazioni di un tipo a me sconosciuto all' interno di pezzi di giornali vecchi e fragilissimi a tal punto che ad ogni tocco rischiavano di spezzarsi.
Io volevo scrivere. Solo quello. Conoscere i fatti che mi piacevano e scriverne ciò che ne pensavo. Leggere libri e recensirli.


Quando arrivai a casa, la sera, terminata quella lunghissima e noiosissima giornata, la prima cosa che feci fu posizionarmi davanti al computer per scrivere al professore. Iniziai a pensare alle parole giuste da scrivergli, ma lui mi precedette. Trovai una sua mail, all'interno della quale vi erano riportate le seguenti parole:
Avrei urgente bisogno di parlarle di persona. Mi faccia sapere quando è disponibile.
Senza pensarci troppo, gli risposi con la prima cosa che mi venne in mente.
"Anche subito".
E premetti invio.





Piccola informazione: l'esame è andato benissimo, perciò se continuerò ad essere in questo mood così felice mi porto un po' avanti con la storia

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora