Quando mi svegliai la prima cosa che notai fu sentire i capelli legati in una coda. Probabilmente era stata Caterina a farmela mentre dormivo. Li liberai immediatamente dall'elastico: i miei capelli dovevano essere sciolti. Mi sedetti sul letto e misi a fuoco la vista, rendendomi conto di essere appunto a casa di Caterina.
Ero ancora un po' scossa, ma, dopo essermi presa il mio tempo per pensare a cosa fosse successo il giorno prima, ricordai di trovarmi in quella casa per farmi consolare da lei. La sentii parlare dalla cucina con qualcuno. Riconobbi anche l'altra voce: era Diana. Le due parlavano troppo piano affinché io riuscissi a sentirle, così, dopo essermi alzata a fatica dal letto, mi incamminai verso la direzione da cui provenivano le due voci.
Quando le due ragazze mi videro entrare in cucina mi sorrisero ed augurarono il buongiorno.
"Buongiorno un cazzo".
Replicai bruscamente.
Caterina, intenta a prepararmi la colazione, mi guardò preoccupata.
"Dimmi che è caffellatte quello, ti prego".
Dissi alla mia amica mentre prendevo posto a tavola. Diana stava in silenzio.
"Sì, te lo sto preparando, mia signora".
Rispose ironicamente Caterina.
"Che ci fa lei qua?".
Chiesi a Caterina indicando Diana, che, sbuffando, poggiò una mano sulla mia. Istintivamente ritirai la mano e la misi sotto le mie cosce. Quel giorno non volevo essere toccata da nessuno.
"Leona, Caterina è stata molto premurosa nei tuoi confronti, non essere così scontrosa con lei".
"E' vero. E sappi che se non sono potuta andare a lezione stamattina è a causa tua".
Disse Caterina mentre mi porse la mia mezza tazza di caffellatte.
"Non mi fai stare meglio se mi fai sentire un peso, idiota. Hai preso il mio cellulare e hai chiamato Diana? Come facevi a sapere che fosse la mia psicologa? Ti sei messa a leggere i miei messaggi?".
Non ero arrabbiata con lei, anche se, dato il mio umore a terra, non riuscii ad assumere un tono di voce normale.
"Leona non sei un peso, anzi. Ieri mi hai fatto spaventare. Quando ti ho fatto sdraiare sul mio letto eri.. facevi paura. Non mi rispondevi, tossivi spesso.. eri.. sembravi uno zombie. Ho dovuto cercare la tua psicologa nel tuo cellulare. Sapevo che fosse l'unica di cui ti fidassi e che avrebbe potuto aiutarti e..".
Caterina non riuscì a trattenere le lacrime.
Diana, gentilmente, da brava psicologa, le disse che la sua reazione era del tutto normale dopo avermi vista in quello stato ieri sera, e che in quel momento avrebbe fatto meglio a lasciarci sole. Così, prima che Caterina potesse andare in camera sua, la presi per mano ( sopportando a fatica quel contatto) e le sussurrai un debole "grazie". Lei scoppiò in lacrime e mi abbracciò forte. Non volevo essere toccata e glielo feci capire allontanando sempre di più, a poco a poco, il mio corpo dal suo. Lei comunque mi sorrise ed andò in camera sua.
"Preferisci parlare qua o andiamo nel mio studio?".
Mi chiese Diana seguendo con lo sguardo Caterina mentre chiudeva la porta di camera sua alle sue spalle.
Per un attimo riuscii a pensare lucidamente e non volevo creare altri disagi, così le dissi che saremmo potute rimanere lì.
"Ma per favore, parliamo piano. Non voglio che Caterina sappia del professore..".
Diana acconsentii e mi lasciò raccontare tutto quello che successe la sera prima.
"Leo, bimba mia, partiamo dal presupposto che non devi lasciare le crisi di panico prendere il sopravvento. Ti ho già detto che hanno delle ripercussioni sia fisiche, perché ad esempio adesso la tua gola ti brucia, avendola sforzata per trovare l'aria che non voleva entrare nei polmoni, ma anche morali. Devi esserti sentita uno schifo dopo, vero?"
Annuii.
"Devo confessarti una cosa, Leona. Una cosa che devi ammettere a te stessa. Tu non sei innamorata di lui, tu ti sei innamorata della nuova te stessa, di come ti faceva sentire".
Iniziai a ridere nervosamente e terminai la mia colazione, sentendomi leggermente meglio.
"Non sai nulla di cosa ho dentro".
"Ti sbagli. So più di quanto pensi di saperne tu, invece. Ieri sera sei andata in tilt perché hai avuto paura di perdere il tuo punto di riferimento. Un appiglio di speranza che ti avrebbe condotto verso una vita normale. E quell'appiglio è proprio il tuo professore per te".
Ci fu un minuto di silenzio. Dovetti ammettere a me stessa che mi fece venire il dubbio se ciò che mi stesse dicendo fosse vero.
Così ripensai al nostro bacio, alla sensazione che provai quando mi resi conto che non si tirò indietro, ma anzi, rispose al mio bacio con più passione. Riuscivo a percepire quella sensazione di amore che non avevo mai provato prima. Diana si sbagliava. Era amore, lo sapevo, me lo sentivo.
"Diana".
Mi bloccai cercando le parole giuste. Finalmente smisi di fissare un punto vuoto al di là della finestra alla mia destra e girai la testa verso Diana, ammorbidendo il mio sguardo. Lei continuava a guardarmi normalmente, aspettando che mi decidessi a risponderle.
"E' diverso. Lui, io, quello che provo è diverso. E' vero: io ho capito di essermi innamorata di lui solo dopo aver compreso quanto mi facesse stare bene e-".
"Appunto. E' una conseguenza. Non è un sentimento guidato da un amore puro".
"Chiamala pure conseguenza, ma è reale, esiste ed è anche puro. Vorrei che mi credessi".
Dopo aver discusso per almeno mezz'ora sui miei sentimenti, Diana si arrese e fu costretta a credermi.
Caterina fece irruzione in cucina, provocando un interruzione momentanea della nostra conversazione, chiedendoci se avessimo bisogno di qualcosa, così facemmo una breve pausa tutte e tre insieme.
Nel vedermi più serena, ma soprattutto accertatasi che non avessi più le sembianze di uno zombie, Caterina sfoggiò uno dei suoi sorrisi più dolci e sinceri che mi avesse mai rivolto. "Se mi fossi innamorata di lei e stessimo insieme, probabilmente adesso non avrei tutti questi problemi e vivremmo la nostra relazione serenamente", pensai dopo averle fissato quel meraviglioso sorriso.
Non volendo disturbarci ulteriormente, Caterina se ne tornò in camera, ma non prima di avermi dato un bacio sulla nuca. Fui felice di sentire che quel contatto con la mia amica tornò ad essere piacevole.
"Non abbiamo ancora molto di cui parlare. Ho solo un'ultima cose da dirti. E vorrei che mi ascoltassi: torna a respirare".
Quelle parole mi colpirono in pieno volto, tant'è che non riuscii a trattenere le lacrime. Le sentivo scivolare dai miei occhi alle mie guance.
Respirare.
Ciò che tutti facevano normalmente. Ciò che ieri sera non riuscivo a fare. Il suo consiglio era un invito a continuare a vivere, a migliorarmi, a godermi la vita, a dimenticare in fretta quel professore.. Ed io colsi appieno tutti i significati celati dietro quella breve frase.
"Grazie, lo farò".
Diana mi sorrise e passò una mano sulla mia guancia per asciugare una lacrima. Anche il contatto con lei tornò ad essere piacevole.
Quella giornata la passammo tutte e tre insieme.
Sia Diana che Caterina non accennarono più alla serata precedente e mi aiutarono a sgomberare la mente da ogni pensiero negativo. Con la casa di Caterina a nostra completa disposizione, feci quello che io non ero abituata a fare: divertirmi con le mie amiche. Cucinammo tantissime cose buone da mangiare e maratonammo Harry Potter ( sotto mia costrizione). Ed io mi divertii, ricominciando a stare bene, a vivere.
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Start living again - Giuseppe Conte
Fanfiction"L'unica soluzione è quella di ricominciare a vivere come se lui non fosse mai esistito per te, Leo." "Come faccio a dimenticare l'unica persona che mi abbia mai amato? E che io abbia mai amato!?" Diana continuò a fissarmi sforzandosi di non far tra...