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Dopo aver finito di fare l'amore, ci sdraiammo sotto le coperte sfiniti.
Non riuscii né ad addormentarmi, né a riposarmi nemmeno per qualche minuto. 
Da quando Giuseppe chiuse gli occhi, e probabilmente si addormentò, non smisi di fissarlo nemmeno per un attimo. Più lo guardavo, più mi innamoravo.
Il cuore continuava a battermi forte e, proprio nella mia intimità, sentivo una sensazione strana: dovetti ammettere a me stessa che non si trattava solo di una "sensazione strana", ma di dolore. "Ho decisamente esagerato essendo che è stata la mia prima volta", pensai. Ma quel minimo dolore non era nulla in confronto a tutte le emozioni che provai mentre feci l'amore con lui.
Non soltanto quel giorno gli permisi di toccarmi, cosa che non avrei permesso a nessun altro, ma gli permisi di vedermi totalmente nuda e, restando in tema di nudità, misi anche a nudo i sentimenti che provavo per lui.
Lui, percependo il mio insistente sguardo su di lui nonostante continuasse a tenere gli occhi chiusi, sorrise e si avvicinò a me, cingendomi con un braccio.
Come se avessi eliminato quel dettaglio importantissimo dalla mia mente, mi resi conto che eravamo completamente nudi. Iniziavo a sentirmi a disagio e, senza pensare, parlai.
"Potresti rimetterti i boxer?".
Lui sorrise aggrottando le sopracciglia.
"Che richiesta strana da fare dopo aver fatto l'amore".
Disse mentre riaprì gli occhi lentamente.
Io mi alzai dal letto, presi dell'intimo pulito dall'armadio e lo indossai. Poi recuperai i suoi boxer dal pavimento e glieli lanciai. Se li mise continuando a guardarmi con aria interrogativa.
"Ho scoperto che non mi piace restare nudi dopo aver fatto l'amore".
Tornai a sdraiarmi sotto le coperte, ma lui si alzò, raccolse i pantaloni da terra e frugò dentro le tasche.
"Che vuol dire "ho scoperto""?.
Sorrisi, ma nessuna traccia di imbarazzo comparve sul mio volto.
"Non avevo mai fatto l'amore prima di stasera".
Mi guardò preoccupato.
"Perché non me lo hai detto? Pensavo che non fossi.. Se mi avessi avvisato prima sarei stato più.. delicato".
"No. E' stato perfetto così. Tu sei stato perfetto".
Estrasse qualcosa dalla tasca dei pantaloni, qualcosa che non riuscii a distinguere dato che continuava a non esserci abbastanza luce nella stanza. Poi tornò a sdraiarsi sul letto accanto a me. Poggiò la sua mano sulla mia guancia, accarezzandola, e mi fissò a lungo. Ricambiai lo sguardo con la stessa intensità.
"No, tu sei stata perfetta".
Restammo in silenzio per qualche minuto.

"Perché continui a fissarmi in questo modo, Giuseppe? Stai provando a ricordare la mia età tramite il documento che ti mostrai la prima volta che ci siamo incontrati? Hai paura di essere appena stato a letto con una minorenne?".
Gli chiesi scherzando prendendo la sua mano ancora sulla mia guancia e baciandola. Lui mi sorrise.
"No. Stavo provando a ricordare quando è stata l'ultima volta che mi sono sentito così bene".


"Leona".
Mi ero addormentata, ma la sua voce mi riportò sul pianeta Terra.
Quando aprii gli occhi lo vidi proprio dove lo avevo lasciato prima di assopirmi. Inoltre, il mio risveglio venne accompagnato da una puzza terribile: stava fumando. "Ecco cosa aveva preso dalla tasca dei pantaloni", riflettei. 
"Non sapevo fumassi".
"Oh, non fumo. Lo faccio raramente. Tu?".
"No, mai fumato. Ti dispiace se provo?".
"Sì che mi dispiace".
Mi avvicinai a lui provando a togliergli la sigaretta dalle mani e ci riuscii molto facilmente.
Il risulto, però, non fu dei migliori: finii per tossire come una disperata.Però almeno lo feci ridere un po'.
"Dammi quella sigaretta. Non fa per te. Non prendere mai questo stupido vizio".
Mi disse mentre riprese la sua sigaretta dalle mie mani.
"Non sei mio padre, non puoi dirmi cosa non posso fare".
Gli risposi scherzando.
Restammo in silenzio per qualche minuto.


"Leona".
Mi chiamò di nuovo.
"Sì?".
Stavolta riuscii a non assopirmi. Ero distesa accanto a lui, con la testa sul suo petto.
"Parlami di te. Mi piace sentirti raccontare la storia della tua vita, lo sai".
"Cosa vuoi sapere in particolare?".
"Tutto".
"Non posso raccontarti tutta la storia della mia vita in una notte".
Lo sentii sorridere e cominciò ad accarezzarmi i lunghi capelli.
"E allora scegli tu un periodo di cui parlarmi".
E così gli raccontai i primi anni della mia vita, ovviamente saltando tutte le mie crisi di panico. Lui mi ascoltò senza dire nulla. La sua mano che dolcemente mi accarezzava i capelli, le braccia e la schiena, mi dava una specie di conforto e mi aiutava a parlare senza paura ed a non bloccarmi.
Quando finii di parlare, lui mi fece qualche domanda riguardo qualche particolare che distrattamente saltai.
"Ho un'ultima domanda. Mi hai raccontato che sei stata abbandonata quando ancora eri una neonata, poi hai cambiato famiglia mentre eri una bambina, e con gli attuali genitori adottivi non hai mai instaurato un buon rapporto ( per farla molto breve).. Beh, non hai mai avuto ripercussioni?".
Deglutii. Cercai di mantenere la calma e non mostrare nessun cenno di preoccupazione sul viso.
"Non vorrei sembrare indelicato, indiscreto, ma di solito, quando i bambini vengono segnati da questi traumi, crescono con disturbi, paure, ossessioni particolari".
Gli sorrisi sforzandomi di sembrare normale e non terrorizzata.
Sarebbe stato davvero molto facile se gli avessi confessato tutto, se avesse conosciuto tutti i miei turbamenti, le mie paure, le mie ansie sociali e tutte quelle stronzate che mi portavo dietro da quando sono nata. Ma non gli avrei mai confessato nulla. Mi vergognavo troppo di me stessa. Volevo che lui continuasse a vedermi come una persona normale ( quella che diventavo quando ero con lui),e non come una ragazzina vittima dell'atroce gesto che compirono i propri genitori quando l'abbandonarono.
"Non è il mio caso".
Dissi facendo spallucce.
Sperai con tutta me stessa che quella conversazione potesse terminare in quel preciso istante, ma lui sembrava volesse continuare imperterrito a fare domande sull'argomento. E infatti le fece.
Ma io finsi di dormire e non gli risposi più.




Verso le quattro del mattino lui mi svegliò per avvisarmi che se ne stava andando.
Chiedendomi di continuare a restare a dormire, si vestì e se ne andò. Mi disse che avrebbe dovuto lavarsi e dormire almeno un paio di ore per poter affrontare la giornata lavorativa.
Non gli chiesi che scusa avrebbe inventato a sua moglie per giustificare il fatto che avesse passato la notte fuori casa.
Sinceramente non mi interessava e nemmeno mi sentivo in colpa.




Sicuramente un capitolo molto più "tranquillo"rispetto all'ultimo, all'interno del quale non succede molto, ma volevo farvi conoscere la neo coppia nella loro intimità.
Spero che non sia stato troppo noioso..
Fatemi sapere che ne pensate di loro due insieme nei commenti!


Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora