21

1K 45 13
                                    

I giorni successivi furono una costante prova per me. Mi imposi di non pensare al professore e a ricominciare ad abituarmi alla mia vecchia vita. Addirittura decisi anche di non abbandonare il giornale dell'Università, anche se ancora dovevo inventare qualcosa per concludere quella stupida intervista che non riuscivo più a reggere.
Così, anche se lentamente, i giorni passarono tra lezioni, caffellatte, qualche recensione di libri brutti sulla politica ( cercavo comunque di tenermi concentrata sui miei obbiettivi), e pomeriggi spesi a studiare insieme a Caterina. Quel giorno era la prova più importante: la lezione di diritto privato del Venerdì con lui. Ma io ero pronta, determinata e, sotto consiglio di Diana, feci qualche esercizio sulla respirazione per prevenire le solite crisi.
Quando io e Caterina entrammo in aula, la prima cosa che notammo fu una ragazza seduta accanto alla sedia del docente alla cattedra. Il professore non era ancora arrivato. 
La ragazza teneva lo sguardo basso, palesemente imbarazzato, e con le mani stringeva dei fogli che chissà per quale motivo ancora non si fossero strappati tanto li stava strapazzando.
"Quella ragazza ha dimenticato che gli alunni stanno seduti nella parte opposta dell'aula".
Disse Caterina scherzando. Io sorrisi nel sentire quella battuta e notai che quasi tutta l'aula la stava osservando, soprattutto alcune ragazze, non disturbandosi di mostrare una sorta di invidia sul loro volto.
"E' la nuova tirocinante di Conte".
Disse una ragazza dietro di noi sentendo il commento sarcastico di Caterina.
La ragazza, seppur non riuscissi a vederla bene dato che si ostinava a non voler sollevare il viso, era molto bella. A partire dal suo modo di vestire, elegante ed appropriato, per finire con il viso semplice e quasi angelico ( da ciò che riuscivo a scorgere).
Dopo che io e Caterina prendemmo posto ( i nostri soliti due posti), continuai ad osservare la ragazza che, per mezzo secondo, sollevò la testa. E non mi sbagliavo: era proprio bella. I suoi capelli, biondi e lunghi, erano raccolti in una treccia che ricadeva ordinatamente sulla spalla destra. Gli occhi, grandi ed azzurri, spiccavano anche dalla distanza che ci separava. E la bocca, piegata in un sorriso nervoso ed imbarazzato, era messa in risalto da un bellissimo colore rosso.
Quando smisi di analizzarla, mi soffermai su delle voci prevalentemente femminili che facevano commenti sulla apparente nuova tirocinante del professore:
"ho visto che prima mentre parlava con Conte gli faceva gli occhi dolci",
"ma è il caso di mettere un rossetto così forte per quest'occasione?",
"secondo te è qua per Conte o per il tirocinio?"
Sia io che Caterina provammo a sentire quante più cose possibili, ma quando entrò il professore, tutti si zittirono.
Anche il mio cuore sembrò smettere di battere, facendomi mancare il respiro. Bello ed elegante come sempre, ci salutò con un gesto della mano guardando l'intera aula.
La ragazza si alzò e gli porse una mano. Lui gliela strinse e si scambiarono sia dei sorrisi che qualche parola. La ragazza, dal canto suo, fu estremamente sollevata nel vedere il professore entrare: forse si sentiva più al riparo dagli sguardi pieni di invidia e di rabbia nei suoi confronti con il professore al suo fianco, come se lui potesse proteggerla da quei comportamenti infantili. La vidi tirare un sospiro di sollievo mentre tornò a sedersi. E sinceramente anche io sospirai sollevata per lei.
"Ah, allora è vero. Lei gli fa gli occhi dolci".
Disse Caterina continuando a scrutare la ragazza.
Io stavo per raggiungere il limite della sopportazione, ma "devo mantenere la calma più assoluta" , mi dissi obbligandomi a mantenere il sangue freddo, per non scoppiare.
"Buongiorno ragazzi. Come avrete di certo notato, per un po' di tempo, questa ragazza seguirà le nostre lezioni da un'altra prospettiva, essendo che anche lei ambisce a diventare una professoressa in questa Università. Il suo nome è Alessandra. Pensate a quanto deve essere bello essere così vicini alla realizzazione della propria carriera lavorativa così giovane".
La ragazza sorrise appena e notai una certa fierezza nei suoi occhi.
Subito dopo il professore spiegò ad Alessandra quale argomento avremmo affrontato quel giorno e lei, mentre si accingeva a prendere carta e penna per segnare degli appunti ( probabilmente voleva appuntare come bisognava approcciarsi ad una spiegazione di diritto privato, essendo che, come si sa, il professore Conte è uno dei professori più preparati in questa materia).
Dopodiché la lezione incominciò. Come al solito, dovetti combattere con me stessa per cercare di mantenere la concentrazione sull'argomento e non su di.. lui.

Finita la lezione, mentre stavo posando le mie cose nello zaino, sentii la goccia che fece traboccare il vaso.
"Hai visto come parlano? Sta continuando a fargli gli occhi dolci.. Ma non si vergogna?".
"Già, se fossi la sua ragazza io sarei gelosissima di una troia come quella lì".
Non riconobbi le voci delle due ragazze che stavano parlando, ovviamente, perché non conoscevo nessuno all'infuori di Caterina dei miei colleghi, ma non riuscii più a trattenermi.
"Avete rotto il cazzo adesso, idiote".
Sbottai. Non mi resi conto di aver urlato finché non vidi molti ragazzi girarsi verso me. Caterina mi prese la mano e provò a trascinarmi via, forse per l'imbarazzo o forse perché riconosceva il mio tono di voce molto arrabbiato e non voleva che iniziassi una discussione in aula con ancora il professore all'interno. O peggio, forse non voleva che mi prendesse un crisi di fronte a tutte quelle persone.
"Come osate giudicare una ragazza troia, solamente perché siete invidiose del fatto che lei sta lì accanto al professore dopo essersi spaccata il culo a studiare? Ma non vi vergognate voi, ragazze, che dovreste capire quanto è brutto essere giudicate per il rossetto rosso o la gonna troppo corta? Quella ragazza non sta facendo nulla di male. Siete voi le uniche oche che le state facendo del male mettendola in imbarazzo dal primo momento che ha messo piede in questa aula. Riflettete ed attivate il cervello prima di giudicare, sempre che voi ne siate in possesso".
Vomitai tutto senza quasi prendere fiato. Se c'è una cosa che detesto terribilmente oltre alla mia sindrome e al mio essere "non normale", è il sessismo.
Mi resi conto che fortunatamente non alzai troppo la voce, quindi pochi ragazzi mi sentirono. Alcuni iniziarono ad applaudire, per poi contagiare il resto delle persone che ascoltarono il mio delirio. Girandomi verso la cattedra, notai il professore ed Alessandra che ci guardavano con aria interrogativa.
Io non volevo applausi, volevo solo che loro ce la smettessero di giudicare senza conoscere. "Da che pulpito viene la predica, sei la prima che odia la gente senza conoscerle", mi venne subito in mente questa ipotetica risposta rivolta nei miei confronti. Io non odio nessuno. Io ho un problema nella mia mente che mi porta a non sopportare indistintamente tutti e tutto. Non guardo se una persona porta la gonna, se ha una sola gamba, se è bassa, se cammina senza reggiseno. Il mio era solo un problema mentale, non un pregiudizio.
Essendo che non sentivo la rabbia placarsi dentro me e non volendo fare un' altra sceneggiata, raccolsi lo zaino da terra e me ne andai facendomi spazio tra gli idioti che prima giudicavano la ragazza, ed adesso mi applaudivano.
Caterina mi seguì a ruota e mi raggiunse non appena uscimmo dall'aula.
"Sei stata grande!".
"Sta zitta, idiota. Anche tu hai detto qualcosa di cattivo sulla ragazza. Spero solo che il mio messaggio vi sia arrivato".
"Hai ragione, scusami".
Caterina mise un braccio attorno alla mia vita e mi diede un bacio sulla guancia.
"Scuse accettate".
Le risposi.


Quando arrivai a casa appuntai nella mia mente anche quella piccola avventura tra le cose da raccontare a Diana durante la terapia del Venerdì pomeriggio. Non feci in tempo a gettare lo zaino sul pavimento che sentii qualcuno bussare alla porta. Subito la mia mente volò dal professore. "Non può essere lui, non vuole più saperne di me", pensai. Infatti, quando aprii, mi resi conto che non si trattava di lui, ma di Alessandra.
"Ciao".
Le dissi parecchio stupita.
"Scusami se ti disturbo, non ti farò perdere molto tempo".
La ragazza si muoveva nervosamente, balbettava. Pensai che forse non era molto forte caratterialmente.
"Dimmi pure. Vuoi accomodarti?".
"No, grazie. Sei stata molto gentile prima, in aula, quando hai detto quelle cose".
Sgranai gli occhi.
"Tu e il professore mi avete sentita?".
"No, ma mi sono fatta raccontare velocemente da dei ragazzi cosa fosse successo e ti ho seguita fin qua. Scusa lo stalking".
"Per una ragazza laureata in giurisprudenza, non mi aspettavo mica una tale noncuranza del rispetto della privacy!".
Dissi scherzando. Lei rise forse per la prima volta durante la giornata, ed io fui così contenta di vedere le sue labbra perfette piegarsi in una curva perfetta che mostrava dei denti altrettanto perfetti.
"Grazie a quelle tue parole probabilmente l'incubo di essere vista come.. va bè, tu sai come mi chiamavano.. finirà".
Le mostrai un sorriso molto sincero.
"Se proprio voglio fare colpo sul professore, vorrei interessargli per la vera me, le mie qualità, la mia intelligenza, non perché, lo sai, gli faccio gli occhi dolci".
Detto ciò ci salutammo e demmo appuntamento alla prossima lezione.

Quando quel pomeriggio raccontai tutto a Diana, lei fu molto fiera di me. Mi disse che era felice di vedermi più decisa e sicura di me stessa al tal punto di discutere con degli sconosciuti. Mi disse anche che quel professore mi stava aiutando a cambiare, seppur lui non fosse consapevole di tutto ciò.





Potrei benissimo chiamare questo capitolo: capitolo per introdurre il personaggio di Alessandra.

Fatemi sapere cosa ne pensate della reazione di Leona nei commenti!


Perdonate la lentezza con cui scorre la storia, vi prometto che la parte più interessante sta arrivando




Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora