23

1.1K 52 30
                                    

Fui costretta a saltare il pranzo quella Domenica perché mi svegliai decisamente troppo tardi per i miei standard. Bevvi solo la mia mezza tazza di caffellatte mentre feci un po' di zapping alla tv. Di sicuro non avrei studiato per tutta la giornata.
Stanca dei soliti programmi inutili alla tv, e approfittando dell'inconsueta tranquillità domenicale, mi misi a leggere un libro che avrei poi provato a recensire.
E così, tra una pagina ed uno sbadiglio, ingannai il tempo per qualche oretta abbondante.
Quando anche quell'attività iniziò ad annoiarmi, chiusi gli occhi e pensai alla serata di ieri sera, ma soprattutto a quello che feci non appena arrivai a casa.
Pensai ad ogni possibile reazione del professore di fronte alla mia mail e nessuna di quelle che mi venne in mente era positiva. Comunque, nonostante ciò, ero ancora determinata a conquistarlo sia con le buone che con le cattive. Perciò pensai alla prossima mossa da fare ed iniziai ad elencare mentalmente delle varie possibilità che comprendevano cose del tutto denunciabili, come ad esempio il saltargli addosso contro la sua volontà.
Sorrisi a quel pensiero e feci spazio ad una nuova idea. "Potrei mandargli un'altra mail chiedendogli come mai non ha risposto alla prima", pensai.
Ogni possibilità che mi veniva in mente faceva pena e veniva scartata immediatamente.
Mi arresi. Decisi allora di dedicarmi alle pulizie di casa, cambiandomi ed indossando vestiti più comodi, come una maglia vecchia e larga e dei pantaloni osceni di una tuta.

Iniziai a pulire la cucina.
Dopo nemmeno mezz'ora dall'inizio delle mie pulizie, a malincuore mi resi conto che dovevo portare fuori la spazzatura, che era rimasta ben chiusa e nascosta sul piccolissimo balcone di casa mia. Scocciata, misi le chiavi di casa in tasca, presi i due piccoli sacchi pieni di spazzatura ed andai a gettarli. I cassonetti si trovavano un po' distanti da dove abitavo io, perciò impiegai circa dieci minuti in totale per andare e tornare nel palazzo.
Il palazzo dove vivevo io era molto grande. In tutto vi abitavano all'incirca una trentina di famiglie. Casa mia si trovava al secondo piano, fortunatamente. Quando entrai dal portone a piano terra per tornare a casa, il signor Francesco, il portinaio, mi fermò.
"Signorina, un uomo mi ha chiesto quale fosse il piano di casa sua. Come da regolamento non avrei dovuto dirglielo, ma mi ha detto che lei sapeva del suo arrivo, così gliel'ho detto".
"Un uomo?".
"Sì. Era abbastanza elegante, aveva giacca e cravatta e-".
Non lo feci finire di parlare e scappai dirigendomi verso il mio appartamento.
Non avrei mai pensato che sarebbe venuto davvero. Che sarebbe venuto così presto. Feci le scale di corsa e quando arrivai al mio piano lo vidi di fronte la porta di casa mia.
Quando si accorse di me, mi sorrise ed abbassò lo sguardo, guardandosi le scarpe. Poi sollevò la testa e il suo sguardo divenne cupo.
Io continuavo ad avere il fiatone per quanto avevo corso. Deglutii e provai a calmarmi.
"E' venuto davvero".
Gli dissi controllando le mie emozioni che stavano per scoppiare. Lui non rispose. Aspettò che mi avvicinassi a lui per parlarmi, e poi mi disse:
"Apri la porta, per favore".
Mi diede del tu. Io ero confusissima. Il suo sguardo era troppo strano. Non avevo mai visto un'espressione simile sul suo volto. Temevo che potesse essere arrabbiato a causa della mail di quella notte. Ma, sinceramente, non mi importava. "Sono determinata", continuai a ripetere nella mia testa. "Se è venuto qua per ribadire che devo stare lontana da lui, lo manderò via a calci nel sedere", pensai.
Presi le chiavi e le inserii nella fessura della porta.
Continuava ad avere quell'espressione particolare e nuova ai miei occhi. Tirò su col naso diverse volte, per poi strofinarsi le labbra con le mani, come se si volesse bloccare nel dirmi qualcosa. Aprii la porta e ripresi le chiavi. Poi lui appoggiò una mano sulla mia schiena e sentii una leggera pressione, come se volesse spingermi dentro casa il prima possibile.
Mi infastidii particolarmente quel modo che ebbe di fare, perché non mi piaceva essere spinta, soprattutto quando sembrava che qualcuno volesse impormi di farmi fare qualcosa che non volevo fare.
Poi successe tutto troppo all'improvviso. Mi costrinse a girarmi verso di lui afferrando con le mani i miei fianchi e mi spinse con una certa violenza contro il suo corpo. In quegli attimi velocissimi, notai una certa ansia mista a paura sul suo volto, come se non fosse sicuro di quello che stesse facendo. Capii che voleva baciarmi e, prima che potesse avere ripensamenti, presi il suo viso tra le mie mani e lo baciai. Le mie mani scivolarono sulla sua nuca, accarezzandogli e scombinandogli i capelli sempre perfetti. Lui, rispondendo al mio bacio, non riusciva a stare fermo con le mani, infatti lo sentii iniziare ad esplorare parte del mio corpo attraverso esse: partì dalla mia schiena, poi si mossero lentamente verso il basso, arrivando fino al mio sedere.
Ci staccammo per un attimo, giusto il tempo di riprendere fiato, per poi ricominciare a baciarci. Il rumore dei nostri baci e delle nostre lingue che si toccavano e staccavano continuamente, insieme ai nostri respiri sempre più affannati, erano gli unici rumori che si potevano udire in quella casa.
Le sue mani, impazienti di scoprire il resto del mio corpo, fecero un nuovo giro esplorativo provocandomi una sempre maggiore forma di eccitazione. Infine si poggiarono nuovamente sul mio sedere, afferrandolo. Non riuscii a trattenere un sorriso e mi staccai. Lui continuava ad essere serio. Riuscii finalmente a leggere nei suoi occhi quello a cui stava pensando: non aveva paura, al contrario, lui mi desiderava.
Continuando ad afferrarmi dal sedere, si chinò leggermente per sollevarmi da terra, costringendomi a cingergli il bacino con le mie gambe per aiutarlo a tenermi su. Inoltre, per mantenere quella posizione, spostai le mie mani dalla sua nuca alla sua schiena e mi aggrappai alla camicia. Mi fece sedere sul tavolo e staccò la bocca dalla mia, mantenendo comunque pochissima distanza tra la mia e la sua bocca, a tal punto che i nostri nasi continuavano a sfiorarsi. Le mie mani erano sempre aggrappate alla sua schiena, e le sue mani appoggiate sui miei fianchi. Sorrisi e volevo che anche lui sorridesse, dato che continuava ad assumere quello sguardo così serio, così gli diedi un pizzicotto sul sedere. Finalmente sorrise anche lui, e quella sua reazione mi fece rabbrividire di piacere.
I nostri respiri continuavano ad essere veloci e pesanti. Nessuno proferì parola per il seguente minuto, finché non ruppi io il ghiaccio.
"Tu mi vuoi. E' per questo che sei venuto fin qui".
Sorrise di nuovo, poi tornò serio, annuendo. Staccò una mano dal mio fianco e mi accarezzò il viso. Quel contatto era così piacevole..
"Quella mail.. era come se la stessi aspettando".
Mi disse. Gli diedi un bacio. Lui tornò ad accarezzarmi la schiena.
"Dovrei stare lontano da te, ma non ci riesco".
Ammise con un tono di voce rassegnato. I suoi occhi volarono dai miei, alle mie labbra.
"E allora sta con me".
"Vuoi che passi la notte qua con te?".
"No. Cioè, sì, ma non solo. Sta con me sempre".
Lo baciai. Non riuscivo a resistergli.
La sua espressione divenne confusa e stupita da quella richiesta così bizzarra. Fui sollevata di non leggergli in viso nessun segno di disapprovazione, comunque. Cinsi ancora più forte le gambe attorno alla sua vita costringendolo ad abbracciarmi ed a farmi avvolgere completamente dal suo corpo. Mi sentivo di nuovo bene perché ero tra le sue braccia, al sicuro.
"Cosa intendi, Leona?.. Sono sposato".
"Ti prego di non ricordarmelo più".
Ci fu un attimo di silenzio, all'interno del quale nacquero innumerevoli sensi di colpa nella mia mente nei confronti di sua moglie, poi continuai a parlare, scacciando quei pensieri.
"Allora con quali intenzioni sei venuto qua? A cosa hai pensato mentre ti avvicinavi all'indirizzo che ti ho scritto nella mail? Avevi intenzione di scoparmi e basta? No, non ti credo. I tuoi baci.. Mi dicono di più".
Mi sembrava un bimbo. Era sempre più confuso. Non sapeva cosa rispondere.
"Non so che dirti. Non avrei mai pensato di tradire mia moglie, e scusami se ti ricordo di nuovo di lei, eviterò di farlo. Mi stai facendo vivere qualcosa di nuovo, di diverso, qualcosa che non avrei mai pensato di dover affrontare".
"Anche tu".
Gli risposi subito decisa. Era vero. Lui non avrebbe mai saputo che quella mia affermazione non era riferita tanto alla relazione che stavamo vivendo, quanto più alla sensazione di normalità che mi permetteva di raggiungere.
"Leona, aiutami. Cosa devo fare?"
"Se è arrivato al punto di chiedere aiuto persino a me, la situazione gli è sfuggita di mano", pensai.
Provai a riflettere su cosa avrebbe potuto consigliargli Diana, considerando che ormai anche io avevo una certa dimestichezza nel mestiere, avendo passato infinite ore con la mia psicologa.
"Bene. Sarò oggettiva. Torna a casa e rifletti su quello che vuoi veramente. Sei venuto qua non conoscendo nemmeno le vere intenzioni di questo tuo gesto.. Dormici su. Quando avrai deciso cosa fare, me lo dirai".
Mi costò un certo sforzo pronunciare quelle parole dato che, se mi avesse dato ragione, sarebbe andato via. Ma volevo seriamente aiutarlo a trovare una decisione. Mi dispiaceva vederlo così confuso.
Lui iniziò a fare di no con la testa ed inaspettatamente mi baciò. Poi mi disse:
"Non voglio andarmene. E' questo il problema".

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora