"Mi ha scoperto di nuovo".
Dopo aver capito di aver fallito nel suo intento, si tirò indietro ( fisicamente), poggiando la schiena allo schienale della scomoda sedia e ristabilendo delle dovute distanze tra di noi.
"Sono un' idiota, avrei dovuto continuare a far finta di nulla". Riflettei amareggiata. "Però che intuito ho? Da ragazza pazza psicopatica senza amici quale sono, mi viene facile comprendere le persone, specialmente lui". Continuai a pensare tra me e me.
"Professore, lei pensa che io sia qua per altri scopi? E' per questo che mi stava.. provocando?"
Pronunciaci quelle parole quasi balbettando a causa dell'imbarazzo.
"Già, ma adesso ho la certezza che non ha secondi fini. In verità trovo che sia molto piacevole parlare con lei. Mi sarebbe dispiaciuto molto sapere che le sue vere intenzioni fossero state.. altre. Mi piace confrontarmi con persone perspicaci come lei".
"Scusi, ma di che altre intenzioni sta parlando?".
"Devo seriamente spiegarglielo? Le ho appena detto che la ritengo una ragazza perspicace. Se vuole possiamo continuare l'intervista. Ci rimane poco tempo".
Annuii. Ritrovai la concentrazione perduta e tornammo alla nostra intervista.
Quando il professore finì di rispondere all'ultima domanda, toccò ammettere a me stessa che era arrivato il momento d fargli "quelle altre domande". Considerate le affermazioni di prima secondo cui " gli sarebbe dispiaciuto molto sapere che le mie vere intenzioni fossero state altre", e anche "la ritengo una ragazza perspicace", convenni che sarebbe stato più opportuno non rovinare l'opinione che si era fatto di me. Perciò decisi di non rivolgergli quelle stupide domande."Perfetto. Abbiamo finito. E siamo anche in anticipo".
Gli dissi. Lui fece per rispondermi quando il suo sguardo si posò su "quelle domande" ( probabilmente ero stata troppo impegnata a fissarlo e a scoprire i suoi stupidi giochetti da non rendermi conto che una di quelle pagine scivolò fuori da sotto gli altri fogli).
"E quelle domande?".
"Di quali domande sta parlando?".
Risposi così repentinamente da tradire la mia preoccupazione e il mio finto non sapere di cosa stesse parlando.
"Quelle che saltano fuori dai suoi appunti".
Abbassai lo sguardo sui miei appunti mentre pensavo ad una scusa da dirgli, ma in quella frazione di secondo non riuscii a pensare a nessuna scusa che avesse senso.
"Nulla che la riguarda. Sono.. altre domande. Noi abbiamo finito".
Mentre parlavo nervosamente, nascosi nuovamente quei dannati fogli sotto i miei appunti, ovvero nel posto in cui sarebbero dovute restare sempre. Vi posizionai la mano aperta sopra a mo' di "divieto assoluto di prenderle".
"Eppure mi è sembrato di aver letto il mio nome lì sopra da qualche parte. Coraggio, mi faccia leggere".
"No".
Risposti fermamente. Non volevo che leggesse quelle stupide ed infantili domande. Non me ne fregava nulla se il mio lavoro era un altro. Avevo portato a termine un'intervista magnifica, non avrei rovinato tutto il mio lavoro per quelle stronzate.
"Perché? Suvvia, non le nasconda..".
Stavo iniziando ad avere i respiri sempre più corti per l'agitazione.
"No".
Insistetti decisa. Il panico stava crescendo, lo sentivo dentro me. Non volevo che lui le leggesse. Non volevo passare per una stupida studentessa innamorata del proprio professore. Io volevo essere vista da lui come una ragazza spigliata, intelligente, interessata del campo della scrittura, della recensione, della politica. Provai a sgomberare la mente, proprio come mi diceva di fare Diana per provare a calmarmi, ma invano. Interiormente iniziai a inspirare ed espirare molto piano, ma non mi stava aiutando. "Avrei dovuto prendere quelle pillole per farmi stare tranquilla prima di iniziare quest'intervista", pensai. Ma non volevo "drogarmi" il mio primo giorno di lavoro. "L'ansia. Il respiro corto. Forse dovrei bere. Devo stare calma. Respira".
Stavo per scoppiare. Avrei avuto una crisi di panico di fronte al professore: quando arrivavano così aggressivamente, era difficile riuscire a placarle.
"Coraggio, ho gli ultimi cinque minuti a disposizione, poi dovrò andare..".
Mise la mano sopra la mia, quella che copriva le domande, e la spostò per provare a prenderle.
E tutto passò.
La crisi svanì nel nulla. Come se non avessi mai vissuto quei quaranta secondi di puro panico pre-attacco di crisi.
Istintivamente ritrassi la mano non appena lui sfiorò la mia. Ero abituata ad allontanarmi da qualsiasi contatto non desiderato.. ma.. mi resi conto che quello era stato un contatto desiderato. Così subito dopo riposi la mia mano sulla sua, che stava cercando ancora di acchiappare le domande, per accertarmi del fatto che il contatto con lui non mi irritasse.
Quel contatto fu strano. Io non ho mai amato toccare o essere toccata da sconosciuti. Lui era un perfetto sconosciuto, ma avrei voluto tenere la mia mano adagiata sulla sua per sempre. Era così calda e soffice.
Da quel momento mi rassegnai all'idea che lui avesse qualcosa di speciale: aveva placato ( senza far nulla) una mia crisi e, altra cosa altrettanto importante, era immune al mio odio fisico verso gli sconosciuti.
Tenni la mia mano sopra la sua per qualche secondo prima di rendermi conto di quanto potesse essere sembrato equivoco quel gesto.
Lui mi guardò stranito e scostò la sua mano da sotto la mia delicatamente.
"Sta bene?"
Mi chiese.
"Sì, mi scusi. Oddio.. le sue mani sono molto delicate, mi piacciono".
Risposi forzando un sorriso ( palesemente super imbarazzato), provando a giustificarmi.
"Vuole leggere le domande? Prego".
Gli porsi senza indugio le domande del fan club sperando di distrarre la sua attenzione da quel mio gesto inappropriato: dovetti ricorrere anche a quella stupida soluzione per fargli pensare ad altro.
Stranamente lui sorrise.
"Non è la prima volta che ricevo complimenti sulle mie mani".
Mi disse mentre prese le domande dalle mie mani ( stando attento a non sfiorarle stavolta).
"Cosa mi sta facendo questo professore? Mi sta cambiando? Sto forse diventando una persona normale senza crisi di panico o problemi nelle relazioni fisiche con gli sconosciuti?"
Mi chiesi. Ma la risposta era ovvia: solo con lui potevo stare bene e sentirmi una persona normale.
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Start living again - Giuseppe Conte
Fanfiction"L'unica soluzione è quella di ricominciare a vivere come se lui non fosse mai esistito per te, Leo." "Come faccio a dimenticare l'unica persona che mi abbia mai amato? E che io abbia mai amato!?" Diana continuò a fissarmi sforzandosi di non far tra...