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"Devo ricopiare i suoi dati su questi documenti, dopodiché potrà firmarli ed andare via. Tra qualche minuto avremo finito, ma io non so se ho a disposizione questi minuti."
Disse le ultime parole guardando l'orologio preoccupato,ma poi probabilmente si rese conto che invece aveva il tempo per poter compilare quei documenti, quindi tornò a ricopiare.
Silenzio assoluto. "Devo essergli sembrata strana dopo quella risposta riguardo le mie origini, provo a rimediare" pensai.
"Lei lavora qua?"
Chiesi mentre appoggiai i gomiti sulla scrivania sulla quale l'uomo stava compilando la mia registrazione. Lui, continuando a spostare lo sguardo dal mio documento ai fogli da compilare, sorrise, di nuovo.
"Io sono un professore".
Non avevo mai conosciuto un professore universitario, ma lui sembrava calmo, simpatico, disponibile. Immediatamente rimbombò nella mia mente il consiglio della mia amica Caterina: non fidarti dei professori che ti sembrano buoni, sono i più bastardi. Non potei fare a meno di sorridere. Il professore lo notò e mi guardò con fare curioso.
"Mi scusi, non sto ridendo di lei. Sto pensando.. ad una cosa."
Conclusi imbarazzata. In una remota parte del mio cuore stavo sperando con tutta me stessa di non avere quell'uomo come professore. Stavo collezionando diverse brutte figure.
"E che cosa insegna?"
"E lei che cosa studierà?"
Rispose con una domanda. "Non funziona così", pensai. Finì di compilare i miei documenti e me li porse. Presi una penna dallo zaino e firmai. Non riuscì nemmeno a percepire l'emozione di essere diventata ufficialmente una matricola universitaria a causa di quel professore che stava mettendo a dura prova le mie qualità comunicative. Solitamente dimostro una certa padronanza delle emozioni ( tranne quando le maledette crisi prendono il sopravvento) e non sbuffo di fronte a persone appena conosciute.
"Giurisprudenza. "
Dissi riponendo penna e documenti dentro lo zaino. Anche lui ripose la documentazione nel cassetto, poi si raddrizzò, scrollando leggermente la schiena.
"Allora è molto probabile che sarò un suo professore."
"Oh".
Mi limitai a dire. Ero sinceramente sorpresa, ma riuscii a contenere quell'emozione, fortunatamente. Poi continuai a parlare.
"La ringrazio infinitamente per avermi aiutata, spero che lei non si ricorderà di me come la ragazza che sbuffa ai professori."
Lui fece una faccia strana: serrò le sottili labbra fino a farle scomparire del tutto e delle profonde e marcate fossette spuntarono sulle sue guance. Non capii come mai decise di reagire in quel modo. Forse è un'espressione che fa abitualmente quando non sa che dire. Però dovetti ammettere a me stessa che era un'espressione molto carina. Ma la domanda che mi venne subito in mente fu: è giusto giudicare un professore "carino"?
"Non si preoccupi, non giudico mai una persona senza averla conosciuta. Non farò un'eccezione per lei. Capita anche a me di fare qualche gaffe".
Dopo la sua affermazione risposi immediatamente alla domanda che mi ero posta: sì, era giusto giudicare un professore "carino", perché lui lo era . Così mandai anche a quel paese l'ipotesi di Caterina secondo cui i professori gentili e carini fossero stronzi.
Il professore tornò a guardare l'orologio e fece una faccia preoccupata. Probabilmente si rese conto di aver perso più tempo del previsto.
"Allora ci vedremo in aula. Mi dispiace doverla lasciare così, ma devo assolutamente tornare sopra a finire di scrivere delle cose.."
Mentre parlava indicò le scale alle sue spalle, mostrandomi la direzione che avrebbe preso.
"Capisco. Le auguro una buona serata e un buon lavoro. Grazie ancora per l'aiuto".
Gli dissi sorridendo e lui rispose con la "Faccia carina e strana" ed un breve saluto con la mano. Si girò e fece per aprire la porta che aveva di fronte.
In quell'attimo sentii di poter approfittare della situazione.
"Scusi di nuovo, professore. Le dispiace se la seguo? Magari potrebbe indicarmi la mia futura aula.. Ho seriamente un pessimo senso dell'orientamento e non vorrei arrivare in ritardo il primo giorno di lezione."
Lui si bloccò e senza dire nulla mi fece cenno di seguirlo. Mi affrettai a raccogliere lo zaino da terra e a metterlo in spalle. Gentilmente mi fece attraversare la porta per prima, aprendola con la mano destra, mentre con la sinistra mi invitò ad avanzare.
"Grazie".
Gli sussurrai.
"Si figuri. Sto andando proprio nell'aula G1, quella che interessa a lei."
Lui si posizionò di fianco a me e facemmo strada insieme. Salimmo le scale ed arrivammo al primo piano.
Giunti alla fine delle scale, mi trovai di fronte ad un ampio muro con tantissimi fogli appesi sopra. La maggior parte di essi riportavano scritte come: cerco casa in zona università, impartisco ripetizioni di diritto privato, cerchiamo inquilino/a non fumatrice, ma anche inviti ad aperture di nuovi locali, inviti a concerti, e così via.
"Come può vedere lei stessa, arrivata al piano desiderato, può trovare le indicazioni per raggiungere la sua aula."
Disse lui indicando in particolare un foglio affisso sul muro che spiccava in mezzo ai tanti altri. Vi erano riportate delle frecce: una verso destra e l'altra verso sinistra. Sotto ognuna di esse vi erano elencate le aule che i due corridoio ospitavano. La mia aula si trovava sul corridoio di destra.
"Bene".
"Bene."
Ripeté il professore palesemente irritato dal tempo che gli stavo facendo perdere.
"Quindi poi basta proseguire verso destra e trovare l'aula".
"Esatto. Inoltre, se dovesse servirle qualsiasi altra cosa, qui vi sono tantissimi annunci. Alcuni potrebbero essere interessanti."
Lui mi sorrise stavolta visibilmente scocciato e fece qualche passo verso l'aula che non vedeva l'ora di raggiungere.
Inevitabilmente i miei occhi caddero su un annuncio mediamente grande e rosa che riportava il seguente annuncio "Non fai ancora parte del fan club del professore Conte? Cosa aspetti? Diventa membro del fan club!"
"Allora la saluto definitivamente stavolta, il lavoro mi chiama, arrived-".
"Chi è il professore Conte?"
Dissi mentre indicavo al professore l'annuncio che spiccava tra tutti gli altri. Lo vidi cambiare espressione, fece una faccia incuriosita, e si avvicinò all'annuncio che avevo appena finito di leggere.
"Non ci posso credere.."
Disse e la sua bocca si curvò nel sorriso più ampio che gli avessi visto fare, permettendo alle sue scavate fossette di spuntare sul suo volto. Mi sembrò anche di vedere le sue guance leggermente più rosa, come se fosse imbarazzato. Scosse la testa e mi guardò.
"Arrivederci".
Stavolta non mi lasciò il tempo di interromperlo, né tanto meno di rispondergli. Si girò e andò via molto velocemente.

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora