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"Ecco a te la registrazione della lezione di oggi. Ti chiedo di girarla tu stessa alla tua amica, che io ho ancora una lunga lista di persone a cui mandarla".

Allegata alla mail che mi mandò questa certa Vanessa , la collega che sta salvando almeno una trentina di ragazze, vi era appunto la registrazione della lezione di diritto privato di quella mattina. La inoltrai e la mandai a Caterina, che mi rispose dopo circa un minuto.

"Speriamo che non avendo distrazioni sotto ai nostri occhi riusciremo a capirci qualcosa :S".

Sorrisi e chiusi la mail. "Bene, iniziamo", dissi. Ed iniziai a lavorarci su.
A casa mia non vi era alcuna distrazione. Non avevo un animale domestico, non condividevo casa con nessuno. Quando decisi di iscrivermi all'Università, i miei genitori adottivi si premurarono di trovarmi un monolocale che fosse più vicino alla sede universitaria rispetto alla casa in cui vivevo con loro. "Hai bisogno di crescere e diventare più indipendente, dovresti andare a vivere da sola. Ti continueremo a mantenere, naturalmente". Mi dissero quando mi proposero l'idea di lasciare casa. Io tradussi il loro messaggio in qualcosa tipo: "non ti sopportiamo più, ti vogliamo fuori dai piedi". Comunque accettai immediatamente la proposta.
E così mi trasferii in questo monolocale circa una settimana prima che iniziassero le lezioni. La piccola casa è comodissima ed è composta da tre stanze: cucina, bagno, cameretta ( un po' più grande rispetto alla cucina, infatti vi era addirittura un letto matrimoniale). Non avevo avuto ancora il tempo di arredarla secondo i miei gusti personali, ma mi dissi che prima o poi avrei rimediato.

"Tu ci stai capendo qualcosa.? Io non molto".
Dopo circa un paio di ore da quando iniziai a riascoltare la lezione, Caterina mi mandò quel messaggio.
"Sì. Se mi lasci finire ti spiegherò tutto io. Cerca intanto di concentrarti, ma soprattutto di non disturbare me! A dopo".
Le risposi, posai il cellulare e tornai a dedicarmi alla lezione.
Dopo circa quindici minuti sentii di nuovo squillare il cellulare. "Oddio adesso la uccido", pensai prendendo il cellulare in mano. Ma il mittente non era Caterina, bensì il numero che avevo memorizzato con il nome "giornale Università". Sorpresa dalla velocità con la quale risposero al mio messaggio, mi affrettai a leggere la risposta.
"Ciao Leona, matricola 766485, e bla bla bla. Non era necessaria una presentazione così formale! Ahah. Grazie per esserti interessata al nostro corso pomeridiano. Sei la benvenuta tra noi. Noi ci riuniamo una volta a settimana: il Giovedì pomeriggio dalle 15:00 alle 18:00 in aula D2. Non è necessario fare nessun colloquio. Non portare nulla con te, ti forniremo tutto il materiale noi. A presto, buona serata.
Avrei sinceramente preferito incontrare qualcuno per una presentazione o un colloquio prima di piombarmi lì senza conoscere nessuno. Ma sapevo di dover affrontare quelle mie paure. Scrivere su fatti politici, recensire libri, lavorare per un giornale, una rivista, è il mio sogno. Se dovessi finire per fare un altro lavoro mi sentirei fuori contesto.

Quando finalmente ebbi finito di riascoltare tutta la registrazione, mi resi conto che era tardi ed iniziai a preparare la cena.
Mentre condivo la mia insalata con olio e sale, mi resi conto di non riuscire a togliermi dalla testa la voce del professore. Scossi velocemente la testa nella speranza di cacciarla via, ma fu invano. La sua voce era così calma e profonda.. riusciva a rendere piacevole perfino una lezione di diritto privato. "E se ascoltassi di nuovo la registrazione?". Pensai mentre finii di apparecchiare la tavola. "Ok, adesso sto impazzendo. Mi ritroverò iscritta al suo fan club se continuò così. A proposito, sarei curiosa di sapere di cosa si parla lì dentro.."., pensai sorridendo, per poi iniziare a mangiare. Accesi la tv e riuscii a distrarmi da quegli strani pensieri. Poi sentii squillare il cellulare e lessi sullo schermo il nome di Caterina. "Cazzo, devo spiegare la lezione a Cate!". Esclamai consapevole che quella notte non avrei dormito.



In un batter d'occhio arrivò Giovedì pomeriggio.
Il cellulare segnava le 14:50, ed ero in perfetto orario, come sempre per ogni mio impegno. Entrai all'interno della sempre più familiare sede universitaria. Salutai la signora seduta al centro della sala d'ingresso ( sì, proprio la signora che quel giorno in cui la cercavo per compilare i documenti chissà dove si era cacciata), che era intenta a leggere un libro per ingannare il tempo.
"Salve".
La salutai. Lei alzò la testa e ricambiò il saluto con un cenno del capo.
"L'aula D2 è al secondo piano, giusto?".
Lei fece di sì con la testa ed abbassò lo sguardo tornando a concentrarsi sul libro. Era di poche parole quel pomeriggio, chissà come mai.
Iniziai ad incamminarmi verso l'aula, aprii il portone che conduceva alle scale e feci il primo gradino. Poi, come se stessi realizzando solo in quel momento di essere sola e di dover affrontare nuove conoscenze, sentii le gambe tremare. Il mio cuore iniziò a battere più velocemente ed il respiro ad essere sempre più corto. "Devo stare calma. Diana mi ha preparata a tutto ciò. E' un inizio di crisi di panico. Posso placarla da sola". Formulai quel pensiero a fatica e mi convinsi di dovercela fare. Mi sedetti sul primo gradino ed iniziai ad inspirare ed espirare lentamente, nella speranza che nessuno arrivasse e mi vedesse in quello stato. Andai avanti in quel modo per circa tre minuti. Fortunatamente riuscii a placarla. Sorrisi appena, dedicandomi quella piccola vittoria. Poi mi misi in piedi e, più decisa di prima, mi incamminarmi verso l'aula.
Mi capitava spesso, ogni volta che dovevo approcciarmi a persone nuove, o affrontare situazioni difficili e/o nuove, di incappare in una piccola ( solo se riuscivo a contenerla) crisi di panico. Sapere che le attenzioni di quegli sconosciuti sarebbero state tutte rivolte su di me mi terrorizzava. Inoltre, da perfetta pazza quale ero, odiavo l'idea di conoscere nuove persone.
Quella sarebbe stata una bella sfida per me.
Erano le 15:00 in punto quando entrai.. rimasi molto contenta nel vedere che in quell'enorme aula ( identica all'aula G1, la mia ) vi fossero solo due ragazzi ed una ragazza: meno gente c'era, meno persone avrei dovuto conoscere. I due ragazzi erano probabilmente fratelli: entrambi alti, con capelli ed occhi castano chiaro. La ragazza, invece, era molto bassa ed aveva dei bellissimi capelli lunghi e neri ( anche i miei capelli erano molto lunghi, persino più lunghi dei suoi. Mi arrivavano fino al sedere. Non erano neri, ma castano scuro). Mi salutò con un sorriso a trentadue denti.
"Ecco la new entry! Io sono Camilla. Loro sono Giordano e Dario."
Dovevo dimostrare a me stessa di potercela fare anche se non avevo accanto a me il sostegno di Diana o di Caterina. Non mi è mai stato facile relazionarmi con nuove persone. Volevo sorprendermi.
"Io sono Leona. Il piacere è tutto mio".
Mentre mi presentavo, strinsi la mano ad ognuno di essi.
"E' incredibile avere una nuova persona nel team".
Disse uno dei due ragazzi di cui già dimenticai il nome. Probabilmente era Dario. Chissà.
I tre ragazzi mi spiegarono di cosa trattava maggiormente il giornale. Restai un po' delusa nello scoprire che raramente si occupavano di temi politici. "Siamo alla facoltà di giurisprudenza e non trattano la politica?", mi chiesi abbastanza perplessa. I ragazzi mi fecero consultare diverse edizioni passate e pubblicate del giornale universitario, cosicché io potessi farmi un'idea di cosa in realtà fosse: uno schifo.
Comunque non demorsi. Se era possibile pubblicare in anonimo ( non volevo che il mio nome apparisse in un giornale così scadente ), avrei partecipato alla stesura di qualche articolo. "Un po' d'esperienza non può farmi male", conclusi nella mia mente.
I tre ragazzi impiegarono circa un paio di ore a spiegarmi quale fosse lo stile del giornale, quali argomenti evitare ( come ad esempio la politica), su quali sport, libri, passatempi in generale avrei potuto scrivere.

"Dunque.. ti abbiamo illustrato tutto. Hai altre domande?".
Chiese Camilla posando dentro una carpetta l'edizione del giornale uscito qualche mese fa. Le avevo già chiesto se potessi mantenere l'anonimato e feci altre domande riguardo gli articoli sportivi ( che sapevo già avrei odiato scrivere) , perciò le risposi che non avevo altre domande da farle.
"Ottimo. Allora puoi iniziare a lavorare ad una cosa per il giornale del prossimo mese".
"Di già mi permettete di scrivere per il giornale? Ma non avete mai letto qualcosa di mio e-".
"Aaaaalt".
Mi interruppe Camilla. I due ragazzi stavano discutendo su come dividere e distribuire i lavori settimanali, non prestando nessuna attenzione a me e a Camilla.
"Inizierai con un'intervista. Sai come si lavora in questo ambito?".
Ero eccitata all'idea di scrivere un mio articolo, soprattutto lo ero all'idea di vedere qualcosa di mio pubblicato su un giornale, per quanto scadente potesse essere. 
"Certo. Porgo le domande, prendo appunti e poi sistemo le risposte. Giusto?".
"Più o meno".
Camilla si diresse verso la cattedra e tirò fuori dalla sua borsa dei fogli.
"Se accetti, dovrai intervistare un professore a nome di un fan club".
Non riuscii a trattenere delle risate. Portai una mano sulla fronte e scossi la testa.
" Non intervisterò il professore Conte a nome del suo stupido fan club".
Dissi avendo già capito di cosa si trattasse.
Scoppiammo a ridere tutte e due.

Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora