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Oggi vi lascio un capitolo particolare, che mi avete chiesto in molte.






Sette anni fa..

E' passato più di un mese dall'ultima volta che l'ho vista.
Ho pensato che avesse bisogno di tempo per metabolizzare la separazione.
Ho pensato che sarebbe tornato tutto come prima, come se nulla fosse successo tra noi.
Ma mi sbagliavo.
Come di consueto da un mese a questa parte, ogni Venerdì mattina, non appena entro in aula, il mio sguardo viaggia da alunno in alunno nella speranza di trovarla. Ma, ahimè, nemmeno oggi è presente.
Sto iniziando a preoccuparmi.
Come se non bastasse, mi manca. È frustrante doverlo ammettere a me stesso considerando che sono stato io stesso a lasciarla, ma temo di aver commesso un errore. Non avrei dovuto lasciare che credesse al fatto che io preferisca la mia futura carriera a lei. Come deve essersi sentita mentre l'ho guardata in faccia dicendole che non la amavo più?
Eppure me ne ero convinto. Ero convinto di non amarla.
Da quando ho smesso di frequentarla, la mia carriera lavorativa sta proseguendo nel più brillante dei modi, come previsto da tutti quanti. Inizialmente mi sono sentito più leggero, come se mi fossi sbarazzato di qualcosa che potesse mandare tutto per aria da un momento all'altro. E non parlo solo del rischio di compromettere per sempre la mia immagine, ma anche nella sfera familiare, ho percepito che avrei potuto risolvere i numerosi problemi con mia moglie.
Subito dopo, però, ho capito che mi sentivo vuoto. Caspita, mi sono ritrovato a sforzarmi di non pensarla, di detestarla per avermi fatto cadere nella sua trappola, di concentrarmi con ogni minuscola parte del mio corpo su quello in cui sto puntando tutto.
È inutile: io sono innamorato di Leona.



Circa tre ore dopo.. ( sempre sette anni fa)


Ogni pensiero, piacevole e non, svanisce mentre parlo con i miei alunni. Utilizzo il termine "parlare" perché è questo quello in cui consistono le mie lezioni: una chiacchierata con i ragazzi.

Inizio a parlare e parlare e parlare.
Le ore trascorrono inavvertitamente, ed io mi lascio trasportare da argomenti insidiosi, domande complicate da comprendere e alle quali rispondere, interruzioni non gradite. Mi soffermo sugli sguardi dei miei alunni, intenti a prendere appunti, incuriositi dalla mia volontà di tramandare loro ogni mia conoscenza. Provo a memorizzare il viso di quelli più distratti, intenti a fissare punti non definiti, nella speranza che la lezione finisca presto: solitamente sono i ragazzi che sperano di cavarsela con il minimo agli esami. Poveri illusi. E memorizzo anche le facce dei ragazzi più interessati, attenti, sempre presenti alle mie lezioni: mi piace premiare coloro che danno il massimo.
Questa è la mia routine, è ciò che amo fare. Forse non mi basta più, è vero, però per ora è quello che ho sempre fatto e che mi ha dato soddisfazione, facendomi sentire realizzato.
Eppure da quando lei non è presente alle mie lezioni mi sembra che tutto ciò non abbia più un senso, come se non mi importasse più nulla di tutti i ragazzi qui presenti. E mi odio per questo.

"..e se avete domande sull'argomento, vi prego di scrivermi. Sarò disponibile per chiarire ogni vostro dubbio".

Terminata la lezione, mi affretto a sgomberare la cattedra dalle le mie cose, mentre seguo con lo sguardo la ragazza dai capelli neri a caschetto con gli occhi di colore blu intenso, intenta a lasciare l'aula. Mi muovo con più fretta: non voglio che mi sfugga.
"Mi scusi, professore.. Dovrei farle una domanda riguardo..".
Sposto distrattamente il mio sguardo sulla ragazza che mi sta parlando: è di nuovo lei, la ricciolina che mi scrive continuamente, che ad ogni lezione mi pone inevitabilmente delle domande, anche su questioni ovvie: penso che potrei piacerle. E non lo dico con vanto. Semplicemente, data la mia recente esperienza con Leona, ho imparato a distinguere lo sguardo di una ragazzina interessata, da uno "innocuo".
"Mi perdoni, ma oggi devo scappare. Come ho già detto prima, per qualsiasi dubbio, può scrivermi".
Senza attendere una sua risposta, la saluto con lo sguardo e torno a concentrarmi sull'altra ragazza che sta per uscire dall'aula. Mi affretto per raggiungerla per poi seguirla, aspettando che la confusione attorno a lei si dissipi.
La raggiungo e mi posiziono di fronte a lei con fare incerto. La vedo impegnata col cellulare e, siccome non sembra accorgersi della mia presenza, le tocco la spalla destra con due dita per catturare le sua attenzione, sperando di non sembrare indiscreto.
"Potrei parlarle in privato?".
Non so come approcciarmi, così tento qualcosa di diretto.
Solleva lo sguardo annoiato dal cellulare e, riconosciuta la mia voce, corregge la postura, drizzando la schiena e posando il cellulare in tasca in segno di buona educazione.
Non le ho mai parlato prima d'ora, ma so che è molto amica di Leona e forse può darmi qualche spiegazione riguardo la sua assenza.
"Professore. Certo. Ehm, la prego non mi dica che non mi sono cacciata nei guai.".
"No. Però sarebbe meglio spostarci in un posto meno affollato, se non le dispiace".
La ragazza, che se non ricordo male dovrebbe chiamarsi Caterina, acconsente e mi segue. È palesemente incuriosita.

"Io non so davvero come iniziare.. Cioè.. Avrei da farle una domanda".
Caterina mi fissa sbalordita: probabilmente non mi ha mai visto così impacciato.
"So che lei è molto amica di Leona".
Quando pronuncio quel nome vedo una scintilla nei suoi occhi. Una scintilla che propaga su tutto il suo viso un misto tra tristezza e rassegnazione.
"Perché ha cambiato espressione? Sta bene?".
Non risponde. La vedo combattere contro un nodo in gola che non le permette di esprimersi. Leona mi ha sempre detto di non aver confessato mai nulla alla sua amica riguardo noi due, perciò approfitto di questi istanti per inventare una giustificazione riguardo il mio inusuale interesse nei confronti della sua amica.
"Se le sembro inopportuno, mi perdoni. Ero.. molto affezionato alla ragazza. Penso che le abbia raccontato dell'intervista e del fatto che abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere amichevolmente. La ritengo una ragazza molto preparata e determinata, non vorrei che avesse deciso di lasciare l'università, dato che ho notato le sue numerose assenze".
"Non lo so".
Dice d'un tratto la ragazza, incupendosi ancora di più.
"Non lo sa, cosa?".
"Non ho idea di dove sia e di come stia. Piuttosto non capisco il motivo del suo interesse e della sua evidente preoccupazione".
"Gliel'ho già detto. Mi sono affezionato a lei".
Caterina mi fissa. I suoi grandi e profondi occhi stanno cercando di scrutarmi dentro, provando a captare il vero motivo della mia evidente preoccupazione nei confronti di Leona. Dopo qualche istante si arrende ed abbassa lo sguardo, fissando il pavimento.
"Professore, qualsiasi sia il motivo del perché lei mi sta chiedendo di Leona, sono sincera se le dico che non ne so nulla. Mi ha soltanto detto che è partita e che non vuole essere cercata. Adesso, se non le dispiace, vorrei andare a casa".
Senza dirmi nient'altro, mi saluta con un mezzo sorriso molto forzato e se ne va.



Start living again - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora