Sono contenta di non dover spiegare a un essere proveniente da Marte perché ogni giorno do fuoco a decine di piccoli pezzi di carta e li metto nella mia bocca. Ogni volta che accendo una sigaretta sento la vita che mi scivola via dalle dita, ma è proprio quando non fumo che sento poco chiaramente che sto vivendo. Non sento come vivo finché non comincio ad uccidere me stessa.
E poi, parliamoci chiaro, non è che mi freghi molto della morte.
Insomma, tanto prima o poi tutti muoiono. É il nostro destino, che noi lo vogliamo o no; possiamo morire domani, come tra qualche settimana, o magari fra dieci, trenta, cinquant'anni...ma vedremo comunque il buio, prima o poi.
E allora tanto vale ucciderci con le nostre mani, avendone la consapevolezza, piuttosto che lasciarci
uccidere dal tempo, dalle malattie, o dalle persone, o da tante altre cose.
Non potevo cambiare nulla della mia vita, allora cambiavo io.
Ricordo quando ancora all'età di dieci anni, pensavo al mio futuro, e lo vedevo rose e fiori. Portavo avanti i miei progetti e avevo persino scritto su una lista come dovesse essere il mio futuro marito, che lavoro dovesse fare. Doveva anche amare i gatti, quelli neri, proprio come me. Avevo progettato di avere tre figli, due maschi e una femmina, proprio come me e i miei fratelli, e avevo persino deciso, dopo essermi sposata con questo ipotetico uomo perfetto, di trasferirmi in campagna, in una bella casetta, di come quelle che si vedono nei film, che creasse un'atmosfera calda e accogliente.
Tutto questo fino a quando una sera, quella sera, mio padre pensò bene di abbandonare me, la mamma, Ben e Nash. Quella sera, ero appena arrivata al vialetto che portava verso casa mia, pensando di fare una bella ramanzina alla mamma, visto che si era dimenticata di venirmi a prendere a scuola, dopo l'allenamento della squadra di pallavolo, di cui facevo parte.
Avevo appena iniziato a giocare e a quel tempo la borsa era più grande di me. Appena poggiai la mano sulla maniglia della porta d'ingresso e la aprii, i miei pensieri svanirono, sostituiti da una marea di insulti, parolacce, e urla. Sentivo gli schiamazzi e le urla della mamma, infuriata, che gridava contro papà ed era talmente veloce nel parlare che non riuscivo a distinguere tutte le parole che diceva.
E anche se ero abituata sin da piccola a sentire i loro battibecchi, che seppur brevi mi ferivano, quella volta mi allarmai più delle altre.
Fu l'ultima volta che li vidi litigare.
Fu l'ultima volta che vidi mio padre.
Quella sera andò via, mentre piangevo stretta tra le braccia dei miei fratelli, che mi trattenevano dall'inseguirlo, e mia madre lo rincorreva sul vialetto, gridandogliene dietro di tutti i colori. Anche se sapevo che lo amava ancora, probabilmente era veramente stanca delle sbronze troppo frequenti di mio padre e del suo comportamento.
Inutile dire che dopo quell'evento bruciai la lista sul mio futuro e sul marito perfetto. Da quella sera cambiai, diventando l'esatto opposto di come ero realmente.
E da quella sera smisi di credere al "per sempre", ma soprattutto smisi di credere all'amore.
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Fall (sospesa)
RomanceDopo quella sera, quella fottuta sera in cui mio padre ci abbandonò, tutte le mie certezze sparirono, sostituite da un vuoto. Una voragine. Tutti quegli anni passati a ereggere barriere invisibili intorno a me, tutti quegli anni passati a fidarmi d...