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Racconto a Justin quello che ho trovato nelle foto durante una chiacchierata notturna al cellulare. Non mi è mai capitato prima di passare tutta la notte a parlare con qualcuno che non fosse mio padre e, da una parte, l'ho trovato bello, anche se l'argomento non era dei migliori. Insieme, abbiamo deciso che non possiamo più tentennare ma, l'unico modo per impedirgli di spiarci e di distruggere New Hope, è ucciderlo.
Lo farei anche adesso, senza il minimo rimorso, ma Justin la vede in modo diverso e, finché lui non sarà pronto, avrò le mani legate.
Tuttavia, c'è un lato positivo:
Justin mi ha proposto di fare colazione con lui oggi, dato che è sabato mattina e non c'è scuola.
All'inizio non ero molto convinta di accettare, ma poi ho capito che, passare l'intera mattinata con mio padre e i suoi discorsi sul protagonista del libro, sarebbe una prospettiva anche peggiore.
Quindi eccomi qui, seduta a un tavolo per due persone al Moo, con il ragazzo che qualche giorno fa ha provato a baciarmi e che mi ha fatto capire chi fossi davvero.
"Ho preso una cioccolata calda, spero che ti piaccia" dice Justin passandomi una tazza, mentre prende posto sulla sedia accanto alla mia.
"Certo, la bevevo sempre con mia madre da piccola, era un momento speciale" sorrido ripensando al passato, ma non con angoscia sta volta. Adoravo tutti gli zuccherini che ci buttava dentro e poi la panna, era un'esplosione di dolcezza e, purtroppo, un biglietto assicurato per l'ospedale.
"Anche io la bevevo con mio padre" risponde Justin, venendo sopraffatto dalla sofferenza.
Ha dei ricordi che gli fanno male, come me, d'altronde, questo vuol dire che dovrei provare ad ascoltarlo; è stato così comprensivo nei miei confronti che mi sentirei persino in colpa se dovessi ignorare la sua improvvisa tristezza.
"Non mi hai ancora parlato della tua famiglia o di come tu sia morto; com'è successo?" chiedo.
"È stato tanti anni fa, avevo più o meno la tua età. Ricordo che pioveva e che stavo correndo, mio padre voleva mi fermassi, sapeva che mi sarei messo in pericolo, e poi ho visto quegli enormi fari gialli in mezzo alla nebbia. È l'ultima cosa che ricordo di quel giorno" racconta e ogni tanto si ferma, come se fosse difficile per lui dirlo.
Credo di non aver mai sentito Justin parlare in un tale modo; il bisogno di dargli una mano e di stargli accanto mi lega di più a lui.
"Mio padre ha notato subito delle stranezze in me, mi ha mandato in un centro per bambini problematici ed è lì che ho conosciuto Aaron. Abbiamo fatto amicizia dopo pochi giorni, anche se all'inizio gli stavo antipatico e mi evitava in tutti i modi; diceva che ero troppo chiuso" continua e adesso posso notare un luccichio nei suoi occhi, lo stesso che precede un pianto. Non pensavo che Justin avesse dei ricordi così dolorosi e non capisco per quale motivo ciò mi faccia sentire così empatica nei suoi confronti.
"Sei un ragazzo forte Justin, io al tuo posto non so come avrei fatto."
"Lo dici perché non hai idea della forza che hai dentro di te ma, quando avrai imparato a usarla, sarai uno degli esseri sovrannaturali più pericolosi al mondo."
E magari potrò liberarmi di quell'orribile bestia dagli occhi gialli e anche di Aaron.
Distolgo le mie attenzioni da lui che, però, prende il mio viso tra le mani e mi costringe a guardarlo ancora.
"Tu mi piaci Zoe e lo vedo nei tuoi occhi quanto vali, non sminuirti mai" dice sincero, forse troppo per non scombussolare tutto quello che mi sono ripromessa fino ad ora.
Mi ritrovo a essere incapace di dire qualsiasi cosa; non ho mai avuto una connessione del genere con una persona e potrei rovinare tutto.
"Non ti piaccio davvero, tu credi di essere legato a me perché abbiamo una storia simile ma è solo un'illusione, un giorno ti sveglierai e capirai che non significo nulla per te" rispondo.
"Perché dici questo? Cosa ne sai di quello che sento?"
"Perché è quello che la gente ha sempre fatto con me."
La mia voce trema leggermente.
"Io non sono la gente, sono morto e tornato in vita, ho visto cose che la gente non può nemmeno immaginare, e ora vedo te e penso solo a quanto cazzo vorrei baciarti." Se prima mi sentivo persa, adesso sono sicura di aver intrapreso la via di non ritorno.
Justin non può pensare davvero una cosa simile, nessun ragazzo mi ha mai voluta, a parte Carl Galdwin durante le medie. Mi ha dato lui il primo bacio, per poi vantarsene in giro, dicendo che gli avevo fatto assaggiare la mia lingua. Non è stato affatto piacevole.
"Scusa, devo andare" rispondo mentre la scena del bacio con Carl  - e delle derisioni successive - si ripe nella mia testa.
Scappo via e Justin non ne risulta felice, infatti si alza con me, seguendomi verso l'uscita.
"Scappare non è la soluzione giusta, devi imparare ad affrontare i tuoi sentimenti, Zoe, se non vuoi diventare un blocco di ghiaccio" dice nel tentativo di stare dietro al mio passo. "Cosa ne sai tu? Non mi conosci nemmeno."
"Dimentichi che posso leggerti la mente? So quello che provi."
"Smettila di farlo! Non hai nessun diritto di violare i miei pensieri, non ce l'hai, ok?"
Mi volto furiosa.
"Se fossi in grado di usare meglio i tuoi poteri mi fermeresti, ma il problema è che non ti stai impegnando."
Spalanco la bocca, data la sua sincerità brutale e non richiesta.
"Scusa tanto se non riesco ad accettare il fatto di essere morta" sbraito.
"È questo il problema, a te non frega nulla, non vuoi nemmeno darti una chance."
Le parole di Aaron mi tornano alla mente. Sono una seconda chance sprecata, non sto facendo nulla per combattere o per distruggere i demoni del mio passato.
"Non posso farlo, è troppo, io voglio tornare a New York, lì scoprirò che tutto questo è solo un incubo, me lo sento."
"Zoe, svegliati, questa è la realtà, New Hope è la tua vita, anche se tornassi a Manhattan non cambierebbero le cose, perché tu sei così!" mi urla contro.
Sembriamo una coppia di vent'anni che litiga per ogni piccolo dettaglio fuori posto, incapaci di comprendere appieno le ragioni dell'altro.
"Questo è da vedere."
Torno sui miei passi e chiamo un taxi, impedendo a Justin di fermarmi. Salgo a bordo della macchina e prendo un respiro profondo.
Mi ci vorrà un'intera settimana di riposo per superare i traumi degli ultimi giorni.
"Mi porti in stazione" dico toccandomi alcune ciocche di capelli.
Sono decisa a tornare a Manhattan, anche se dovrò farlo da sola.
Il tassista si sistema il berretto blu che porta sulla nuca, poi mi rivolge uno sguardo attraverso lo specchietto retrovisore. Solo in quel momento mi rendo conto che si tratta di Aaron e che mi ha appena fregata di nuovo. "Mi dispiace ma oggi la stazione è chiusa, facciamo una piccola deviazione al fiume" risponde lui mentre il mio viso rabbuia.
Tiro la maniglia dello sportello ma, ovviamente, Aaron ha chiuso la macchina.
"Non è più divertente questo gioco, lo sai?"
"Questione di punti di vista" risponde rilassato e invogliato a uccidermi. Inizio a sbattere contro il finestrino ripetutamente. Del sangue cola lungo le mie nocche ma non sento dolore, quindi continuo a colpire il vetro.
"Ehi, non sporcare il tappetino con il sangue" dice accorgendosi della sostanza rossa che ormai ricopre l'intero finestrino.
"Qualcuno mi aiuti, mi stanno rapendo!" grido.
"Non ti possono sentire, da qui dentro non escono i suoni" mi informa. "Allora è così, prima uccidi delle persone, poi spii me e Justin e ora mi rapisci di nuovo" gli rinfaccio ogni cosa, avvelenata dalla rabbia che provo nei suoi confronti.
"Mi sono piaciute le foto che hai scattato, mi sono permesso di guardarle mentre dormivi ieri notte." I miei muscoli si bloccano e smetto di tirare colpi. Aaron si è intrufolato in casa mia! Mi sta con il fiato sul collo e neppure me ne rendo conto!
"Sei bravo, eh? A fare lo stronzo, a comportarti come un vero psicopatico" dico stremata e con la mano piena di sangue.
"Non a caso tutti hanno paura di me qui."
Sorride compiaciuto.
"Ti sbagli, non tutti."
"E sentiamo, chi sarebbe il temerario che ha deciso di morire oggi?"
Si perde in una risata, convinto che non esista una persona in grado di sfidarlo.
Grazie allo specchietto retrovisore posso guardarlo e lo faccio in modo tale che capisca che si tratta di me, che io lo ucciderei anche adesso se avessi la certezza di poter vincere. "Ancora insisti con questa storia! Lo sappiamo entrambi che sei terrorizzata" dice e, intanto, posso notare l'azzurro del fiume.
Qualsiasi cosa mi voglia fare in questo posto, non credo di avere molto tempo; devo trovare un modo per salvarmi.
"E tu sei ancora convinto che io sia una povera indifesa?"
"È ciò che dimostri."
"Intanto sei qui a discutere con me, in auto, e non mi hai ancora uccisa."
La sua espressione si indurisce non appena lo dico.
Aaron stringe il voltante tra le mani e frena di colpo.
"È arrivato il momento di farlo" dice scendendo dalla macchina.
Apre il mio sportello e mi tira fuori con forza e aggressività.
"Justin non te lo perdonerebbe mai, so che un tempo eravate amici, cerca di ragionare, non vuoi davvero farlo soffrire."
"Sul serio? Mi parli di Justin? Di lui non mi è mai importato niente, credevo fossimo uguali ma a, quanto pare, preferisce fare l'eroe delle cause perse" risponde ma alle mie orecchie sembrano una marea di stronzate. Potrà anche convincere Justin che a lui non importi nulla ma io glielo leggo in faccia, sono un'esperta nel nascondere le mie emozioni, perciò riconosco quando una persona si comporta allo stesso modo.
"Stai mentendo, siete più simili di quello che credi, il vostro passato vi lega."
Mi stringe con più insistenza e un dolore acuto mi si insinua nel braccio mentre la mia vista si appanna.
"Non parlare di cose che non sai, hai scoperto da poco di essere morta, non sei nemmeno in grado di leggere nel pensiero; non hai idea di quanto tu sia inutile, eppure hai tutta questa forza. Perché devi essere un pericolo per me?" chiede parlando freneticamente, con gli occhi spiritati.
"E come hai intenzione di uccidermi? Buttandomi nel fiume? Sai che non funzionerà."
"Justin non te l'ha detto?"
Un velo di eccitazione gli passa davanti.
"Detto cosa?" domando.
"L'unico modo per uccidere un essere già morto..." inizia, sempre più felice di dovermi dare una spiegazione a riguardo.
"Il fuoco" aggiunge mostrandomi poi un fiammifero, che stringe cauto tra le dita.
In un attimo, ogni consapevolezza cede.
Justin ha evitato di parlarmi della cosa più importante, ovvero che non sono del tutto immortale; esiste qualcosa che può uccidermi per sempre.
"Aaron, non è la scelta giusta" dico mentre lui prende una tanica di benzina dalla macchina e ne cosparge il contenuto su di me.
Non riesco neppure a muovermi per scappare, deve aver utilizzato i suoi poteri per tenermi immobile.
"Ma è l'unica che ho se voglio liberarmi di te e, mi dispiace dirtelo tesoro, ma tu sei diventata una minaccia, non posso permettere che Justin abbia un'arma contro di me, ti userà per incastrarmi e io lo odio...odio profondamente perdere" sorride e io cerco in tutti i modi di liberarmi.
Come sempre, quando ho paura, il vento si intensifica; sta volta posso vedere le piante muoversi e l'acqua nel fiume agitarsi.
Ho paura di morire, di non essere in grado di salvarmi, tornando a essere la debole Zoe Evans che ha lasciato Manhattan.
Le mie compagne di scuola adesso sarebbero in un brodo di giuggiole a vedermi ridotta in questo stato, immobilizzata da un demone che vuole farmi del male e che, probabilmente, riuscirà nel suo intento.
"Così non risolverai i tuoi problemi, un giorno arriverà qualcuno come me, o più forte di me, e tu sarai fottuto. A cosa sarà servito poi uccidermi?"
"Magari mi diverte soltanto vedere la gente morire. Non ci arrivi proprio? Io sono un mostro e sono felice di esserlo, perché mi fa sentire bene, mi fa sentire vivo."
Osservo i lineamenti duri del suo volto; metterebbe paura a qualsiasi essere umano sulla faccia della terra ed è questa la parte peggiore, che, in questo momento, mi sento proprio un essere umano.
"Ah, sarà una bella soddisfazione" aggiunge accendendo il fiammifero, pronto a buttarmelo addosso. Dovrebbe essere la fine, il momento in cui dovrò dire addio a ogni spiraglio di felicità che mi è rimasto, eppure, qualcosa dentro di me continua a dirmi che ce la farò, che Justin verrà qui e mi aiuterà, perché lui ci tiene davvero, per quanto odi l'idea di piacergli.
Aaron sta per lanciare il fiammifero quando gli viene strappato dalle mani.
Mi metto subito sull'attenti.
"Aaron, che cosa stai facendo?" chiede Justin.
"Eccolo qui, l'eroe è arrivato, mi domandavo quando avresti fatto la tua entrata in scena" dice Aaron che non è deluso dall'apparizione del suo vecchio amico, anzi, credo che fosse proprio ciò che voleva, creare un po' di caos per attirare la sua attenzione. "Lei è una di noi, ucciderla sarebbe un grande errore."
Justin si avvicina a me che, finalmente, mi sento libera e posso muovermi.
"Una di noi? Questa qui?"
Aaron scoppia in una fragorosa risata, capace di alimentare la mia rabbia. "Per quanto possa non piacerti, è così, devi lasciarla in pace prima che sia troppo tardi, sai cosa ti accadrebbe se dovessi uccidere una di famiglia." "Che vuol dire? Che succederebbe?" domando. Un'altra storia che non mi è stata raccontata; e io che ero convinta di aver instaurato un legame profondo con Justin.
"Nulla che ti riguardi" risponde Aaron; non vuole farmelo sapere, per nessuna ragione al mondo.
"Stavi per uccidermi, mi riguarda eccome" dico.
"Posso ancora farlo, in realtà."
Aaron sorride e fa cadere dalle mani di Justin il fiammifero, che finisce dritto sul suolo bagnato di benzina. "Justin!" esclamo.
Il terreno sottostante prende fuoco e Justin non aspetta un secondo di più a sollevarmi e a portarmi dall'altra parte del sentiero, grazie al teletrasporto.
"Che cosa pensi di fare? Finirai dritto all'inferno!" urla Justin rivolgendosi ad Aaron spietatamente.
"Meglio che stare qui con un voltafaccia come te!" ribatte Aaron spegnendo le fiamme in pochi istanti, muovendo semplicemente la mano. Sta accadendo tutto troppo in fretta, non ho avuto nemmeno il tempo di spaventarmi o di gridare.
"Ho dovuto allontanarmi da te, non posso proteggere un mostro, sei un essere malvagio adesso e credimi quando dico che farò di tutto per fermarti. Non morirà più nessuno a New Hope."
Justin stringe un pugno, rancoroso. "Allora è una sfida, vediamo chi dei due vincerà, l'eroe fallito o il cattivo senza cuore; scommetto che a rimetterci sarà proprio la piccola Zoe."
Aaron rivolge a me il suo sguardo ma non esprime alcuna emozione che possa farmi capire cosa stia davvero tramando.
"Va a farti fottere" rispondo disgustata da lui.
"Ci si vede in giro, mi farò risentire presto."
Aaron pone fine al suo pessimo teatrino provocatorio scomparendo tra le foglie e il vento.

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