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Justin è come pietrificato mentre il silenzio che divampa nel salone della residenza Fletcher assume una pesantezza stravolgente.
Nessuno dei tre è in grado di esprimere un concetto sensato al momento, dato che la notizia ricevuta ha dell'inspiegabile. Justin rimane pallido in volto per almeno i primi venti secondi, poi una goccia di sudore gronda lungo la sua fronte e il suo labbro inferiore si muove in preda a un tic nervoso. L'eroe si è appena trasformato nel cattivo e l'imprevedibilità che ci coglie in una situazione del genere non può che lasciarci senza parole.
In seguito ad altri pochi attimi di silenzio, Aaron scoppia in una fragorosa risata; ci riporta quindi alla realtà e Justin scuote la testa, colto dallo spavento.
"Oh mio Dio! Ma è fantastico!" esulta Aaron, eccitato all'idea e ridendo come un matto.
La reazione di Justin è quella di irrigidirsi contrariato.
"Spiegami, che cosa ci sarebbe di fantastico in tutto ciò?" ribatto di fronte alla sua felicità immotivata.
"Ma come? Non riuscite a vederlo? È per questo che amo la vita, perché, quando meno te lo aspetti, cambia le carte in tavola e adesso io non sono più il responsabile, sono salvo da qualsiasi accusa; il lato oscuro appartiene all'eroe fallito, Justin 'salvo i cuccioli di cane per passatempo' ha fatto scappare il suo fottuto lato oscuro. Cazzo! Mi sento rinato!" Aaron si esprime in preda alla gioia, saltando per tutta la stanza, tra una risata maniacale e l'altra.
"Non posso credere che questa sia la tua reazione, non hai un minimo di sensibilità" dice Sam sgridandolo con tono ricolmo di delusione.
"No, nemmeno un briciolo" risponde lui ridendo imperterrito.
"Come hai fatto a scoprire che fosse suo?" decido di domandare a Claire, lasciando che Aaron continui a soffocare nel suo ego smisurato.
"Quando Justin, Aaron e Sam erano piccoli, ho estratto dei campioni del loro sangue per fare delle ricerche. Analizzando il lato oscuro ho trovato delle somiglianze con quello di Justin, così ho fatto i miei calcoli e..."
Claire smette di parlare quando Aaron riprende a ridere sotto ai baffi.
"Prima di tutto, dobbiamo chiedere a Justin che cosa sia accaduto; come può essersi attivato senza che tu abbia ucciso qualcuno?" continua Claire  ponendo fine, anche se ho il presentimento che non durerà a lungo, alle risate di suo nipote, tramite un'occhiata fulminea.
Justin esita a rispondere e, il fatto che non abbia accennato a una sola frase o parola, incomincia a preoccuparmi.
"Justin, va tutto bene, parla" lo rassicuro.
Lui mi guarda per un istante e incontro i suoi occhi lucidi e tristi che vorrebbero scoppiare in un pianto ricco di frustrazione.
"Non è vero" dice, lasciandoci sentire finalmente il suono debole della sua voce. 
"Non è vero cosa?" domanda Claire.
"Non è vero che non ho mai ucciso qualcuno."
La sua risposta, che ci viene conferita con una tale angoscia da farmi sentire il dolore che sta provando ora, sconvolge ognuno di noi, specialmente Sam che assume un pallore istantaneo in volto.
La risata di Aaron si insinua nuovamente nelle nostre orecchie, adesso in preda a un divertimento ancora più forte.
"La vita è così bella, cazzo se lo è! Deve essere un sogno!" dice entusiasmandosi, improvvisando anche un balletto.
Non ho intenzione di sopportarlo ulteriormente e lo zittisco facendolo volare verso il muro.
"Ah, che male, smettila di fare così!" mi urla contro.
"Tu smettila di essere così stronzo allora" confuto con tono brusco, poi mi concentro di nuovo sulla nostra discussione.
"Justin, spiegaci cos'è accaduto; in che senso hai ucciso qualcuno?" chiede Sam che, da una parte, spera si tratti di uno scherzo. La risata nervosa che stava trattenendo con fatica e che ora le esce dalla bocca ne è la prova.
"Nell'unico senso che esiste, e anche il peggiore" risponde lui, prima di iniziare a raccontare:
"Era notte fonda e stavo tornando a casa dopo essermi visto con una ragazza del terzo anno."
"Avete fatto sesso?" domanda subito Aaron.
"Aaron!" Io e Sam esclamiamo all'unisono, stanche della sua superficialità.
"Che importanza ha?" domanda Justin stizzito.
"Potresti averla uccisa perché ci sei andato giù pesante" spiega Aaron e io lo guardo di traverso. Come può anche solo pensare una stupidaggine simile?
"Che c'è? A me è quasi successo una volta" continua alzando le braccia in segno di protesta.
"Non avevamo fatto sesso, mi ero comportato come un vero gentiluomo, se proprio ti interessa; magari impara a farlo anche tu" dice Justin che gli lancia una frecciatina da me più che gradita.
"Comunque...c'era la nebbia, non vedevo bene dove stessi andando ma percepivo qualcosa, qualcosa di negativo" prosegue con il suo racconto.
"Poi ho sentito delle urla; era una signora anziana, la stavano derubando. Così le sono andato vicino, le ho detto di scappare e che me ne sarei occupato io...ma non avevo idea che quell'uomo avesse una pistola, non potevo immaginarlo.
Me l'ha puntata contro e, per un attimo, per un solo secondo, mi ero dimenticato dei miei poteri, di essere più forte, e ho avuto paura."
Le parole di Justin sono sincere ed esprimono la paura di un ragazzino di sedici anni che, nonostante sia diverso dagli altri, a volte non può evitare di sentirsi un po' umano anche lui.
"Così ho agito d'istinto: gli sono saltato addosso e ho rubato la sua anima."
Sam pare terrorizzata nel sentirglielo dire.
"Quando mi sono reso conto di aver agito senza pensare mi sono sentito in colpa, ho capito di essere un mostro anche io, che mi ero trasformato in tutto quello che criticavo. Credo che il mio lato oscuro si sia approfittato di quella fragilità per uscire e cercare un corpo più forte, cioè il tuo."
Guarda verso di me e la sua spiegazione sembra essere abbastanza logica. C'è una cattiveria innata in me che mi rende più forte rispetto agli altri. Non ne conosco il motivo e non so da cosa sia scaturita ma, a volte, è persino difficile controllarla e mi spaventa; l'idea di non conoscere davvero me stessa e di non saper gestire il male che mi porto dentro è terrificante.
"Cavolo, che storia deprimente" sussurra Aaron che, nel mentre, si guarda intorno annoiato.
"Non ti devi sentire in colpa, hai avuto paura e si trattava di una persona cattiva, forse avrebbe ucciso qualcun altro in futuro" dice invece Sam  accarezzandogli una spalla. Vorrebbe mostrarsi comprensiva ma i suoi occhi parlano da sé: non riesce ad accettare che Justin non sia il ragazzo perfetto che aveva creato nella sua testa.
"Ma guarda cosa ho fatto? Quel mostro ora è a piede libero ed è solo colpa mia. Se non fossi stato così impulsivo..." dice Justin. Si porta entrambe le mani tra i capelli  accusandosi per tutto il male che ha distrutto New Hope negli ultimi mesi.
"Non è il momento di incolparsi. Come hai appena detto, quel mostro è là fuori e deve tornare dentro di te, al più presto" risponde Claire battendo un leggero colpo sul tavolo, nel tentativo di rimetterci in sesto.
"Lo possiamo fare, come per Aaron, se uniremo i nostri poteri..."
Provo a dire ma Claire non mi lascia terminare.
"Credi davvero che sia stato merito vostro? I vostri lati oscuri sono furbi;  vi ha ingannato per farvi credere di aver vinto ma la prossima volta non sarà affatto facile."
"Quindi? Che cosa facciamo?" domanda Sam.
"C'è bisogno della magia nera, di una potente fonte di energia oscura che vi permetterà di riportare le cose nel loro ordine."
"Tu pratichi magia nera, no? Puoi darci una mano" replico ma Claire non ha la reazione che speravo; infatti, si innervosisce e mi guarda con occhi di ghiaccio.
"Io mi occupo delle mie piante, è da anni che non pratico, non in quel modo."
"E perché?" chiedo, sapendo già che non otterrò alcuna risposta da parte sua. Claire non è una donna dalle mille parole, nasconde agli altri i suoi veri sentimenti e passa tutto il tempo in questa casa ad occuparsi delle sue piante come se fossero l'unica cosa della quale possa fidarsi.
"Non farmi questa domanda, potrei darti mille motivi per i quali non abbia voglia di rischiare la vita ogni giorno, ma sarebbe una perdita di tempo" dice e io resto in silenzio, colpita dalla sua freddezza e dal suo aspro sguardo.
"Posso darvi il numero di una strega ma dovrete essere prudenti, non tutte sono gentili come me" continua e una dichiarazione del genere non può che farci ridere.
"Scusa zia Claire ma tu non sei proprio uno zuccherino" ribatte Aaron scherzosamente.
"Credetemi, non avete ancora visto niente" sostiene lei, che si allontana dopo averlo detto e si dirige verso la sua camera con passo svelto, come se non volesse passare insieme a noi un attimo di più. Non la biasimo, anche io sono stanca di trovarmi così vicina ad Aaron; ogni sua risata e ogni suo sguardo mi ricordano le bugie da lui dette e lo odio per questo.
"Ho fatto un casino" biascica Justin abbassando la testa e coprendosi il viso con vergogna.
"Non dire così, vedrai che troveremo una soluzione" risponde Sam, ma neppure lei crede a ciò che dice. Se le parole di Claire dovessero rivelarsi vere, allora non abbiamo molte possibilità di vincere. Siamo spacciati sta volta.
Justin spinge via Sam, allontanandola seccamente.
"Tu non capisci! Sei sempre perfetta e non commetti errori, io mi sono comportato da idiota, per colpa mia sei stata posseduta, non potrò mai perdonarmelo" risponde mentre viene travolto dalla collera.
"Justin, calmati, così non aiuterai nessuno, nemmeno te stesso" dico.
"Non ho chiesto il tuo parere!"
Mi sputa addosso queste parole con acidità.
"Non puoi avercela con me per sempre, sto cercando di aiutarti."
"Beh, non sei tenuta a farlo, nessuno di voi lo è. Ho creato io questo disastro e ora devo pagarne le conseguenze" risponde e, dopo essersi alzato in piedi ed essersi sistemato la giacca, si dirige verso la porta.
"Aspetta, dove stai andando?" chiedo allarmata dal suo inaspettato cambio di umore; prima sembrava voler sparire dal mondo intero, ora ha gli occhi rabbiosi e vuole ottenere giustizia.
"Da qualche parte in cerca del mio lato oscuro, così metterò fine a tutto" mi dice.
"Ah, non credo sia una buona idea" interviene Aaron ma, senza troppa sorpresa, Justin non gli presta attenzione. Esce di casa e lascia sbattere la porta alle sue spalle.
"Non può farcela da solo, devo andare con lui" dice Aaron, che corre a indossare la sua giacca. Se la mette di fretta, non curante delle pieghe sulle maniche o del fatto che sia sgualcita.
"Ora vuoi trasformarti nell'eroe?" lo interrogo. Non è nello stile di Aaron andare in soccorso di qualcuno, se non per un tornaconto personale; in questo caso non riesco proprio a vederlo. Che cosa sta tramando?
"Mi ha salvato la vita, glielo devo" risponde, sorprendendomi più del dovuto. Non avrei mai immaginato che Aaron potesse dire davvero qualcosa di simile, che sapesse cosa fosse la lealtà.
Va via anche lui, poco dopo, e rimango con Sam che mi sorride forzatamente.
"Credi che ce la faranno? Claire ha detto che abbiamo bisogno della magia nera e loro non sono stregoni" dice lei.
"Vuoi una risposta sincera?". Annuisce ansiosa.
"Stanno andando entrambi a farsi ammazzare" sostengo poi.
"Già, questo vuol dire che qualcuno dovrebbe seguirli" risponde Sam.
"E scommetto che quel qualcuno non sarai tu."
Il suo sorriso è furbo e mi sta comunicando che ho colto il punto.
"Ah, fanculo!" impreco ad alta voce e mi avvio alla porta.
"Buona fortuna" dice salutandomi con la mano, mentre il sorriso sulle sue labbra si spegne sempre di più, fino a svanire e a lasciare dietro di sé una smorfia sofferente.
Cammino lungo le strade deserte di New Hope; di pomeriggio la città è vuota e i negozi non apriranno prima delle quattro. Seguendo il mio istinto, come ormai ho imparato grazie ad Aaron, trovo proprio lui. Sta correndo e non rallenta finché non mi sente parlare.
"Aaron, fermati!" lo chiamo.
"Che cosa vuoi? Credevo dovessi starmi lontano" risponde con indifferenza. Prima ero io quella arrabbiata, adesso è lui a comportarsi come un bambino e ad evitare un confronto maturo.
"Tu devi stare lontano da me, non il contrario" dico raggiungendolo con una breve corsa.
"E la differenza quale sarebbe?"
"Sarebbe che non sono stata io a mentire."
Lo sento sbuffare.
"Ascolta, ho perso di vista Justin e so perfettamente che ora sta andando in contro alla sua morte, gradirei essere lasciato in pace, così potrò concentrarmi meglio e trovarlo" mi comunica dopo attimi di silenzio.
Non è solo arrabbiato ma anche frustrato e nervoso; non ha alcuna intenzione di perdere Justin ora che gli deve tutto per averlo salvato.
"Anche tu potresti morire, o essere posseduto di nuovo, quindi torna a casa; ci penso io a Justin"
"Ora fai la protettiva? Che tenera" dice ridendo di me e della mia stupidità. Credere che Aaron possa apprezzare i miei sentimenti nei suoi confronti è una mera illusione; ha giocato con me e ora si sta divertendo molto a sapere che gli corro dietro e che mi preoccupo per lui.
"Sono seria, vattene da qui".
Gli sbarro la strada e lo guardo autorevolmente.
"Perché?" domanda ricambiando le mie occhiate allo stesso modo.
"Perché è pericoloso e devi ancora recuperare le forze."
"Credevo mi volessi vedere morto;  sarebbe meglio per te se io non ci fossi"
"Sei il fratello di Sam, non posso lasciarti morire."
"Anche Sam mi vuole morto."
"Discutere è inutile, va via e basta!" insisto.
La verità è che ormai il pensiero di una vita senza le continue provocazioni di Aaron, senza le sue battute e senza i suoi sorrisi furbi, non mi piace più come un tempo.
Ci siamo salvati e presi cura l'uno dell'altra molte volte e io non ho intenzione di smettere oggi.
"No" risponde mantenendo una serietà che pare indistruttibile.
"Fallo!" persevero.
"No" dice ancora risoluto.
I nostri sguardi si sfidano e nessuno dei due ha voglia di cedere e perdere questa inutile discussione, che forse starà costando la sicurezza di Justin.
"Come vuoi, sei solo un testardo" dico rassegnandomi. Non lascerò che Justin si faccia male a causa della mia perseveranza.
Sto per andarmene quando sento il rumore di un passo pesante non troppo lontano da qui.
"Che è stato?" mi chiedo smettendo di camminare. Nel momento in cui mi volto per tornare da Aaron, lui viene attaccato alle spalle e strangolato con una corda bollente che gli impedisce di difendersi.
Grido correndogli in contro, ma sono costretta a fermarmi dato che un gruppo di uomini blocca il passaggio.
Sono tutti e sei alti e robusti;
Indossano delle canottiere bianche e sulle braccia scoperte noto la presenza di un tatuaggio uguale per ognuno di loro, raffigurante un quadrifoglio. Mi è familiare e, se la memoria non mi inganna, dovrei aver visto lo stesso simbolo sul braccio di Mike.
"Zoe, scappa!" dice Aaron con la poca voce che riesce a far uscire dalla sua bocca.
Poco dopo, trasportano anche Justin verso di noi; lui è stato legato con delle corde bollenti e spesso geme per il dolore.
"Chi siete voi?" domando e, mentre provo a muovermi in avanti, uno di quegli uomini mi prega di allontanarmi.
"Collaboratori. Ci ha mandato Mike Sue, l'uomo che non avreste dovuto provocare" risponde proprio lui, minacciandomi con la sua voce profonda e graffiante.
"Quel figlio di puttana!" mugugna Aaron furiosamente, dimenandosi.
"Se vi ha mandato Mike si ricorderà anche quello che gli ho fatto la scorsa volta e saprà che non gli conviene mettersi contro di me" rispondo all'uomo di fronte a me, l'unico che ha proferito parola.
"Mike non ha nulla contro di te, vuole uccidere Aaron e il suo stupido migliore amico, sono questi gli ordini."
"Ehi, se volete prendere me fate pure, sarò lieto di finire all'inferno insieme a quel coglione, ma lasciate andare Justin, lui non ha colpe" dice Aaron che, ancora una volta nella stessa giornata, riesce a sbalordirmi. Sta difendendo Justin come se fosse un fratello e non lascerebbe mai che nessuno di questi uomini gli facesse del male.
"Nemmeno gli amici di Mike ne avevano, eppure non ti sei fatto problemi a ucciderli uno per uno" risponde l'omone di prima.
Justin rivolge repentinamente uno sguardo ad Aaron, rabbrividendo.
"L'hai fatto davvero?" chiede poi con il terrore di sapere la risposta. Resterebbe di nuovo deluso dal suo migliore amico e lo odierebbe per essere così malvagio.
"Io...potrei, sì, ma avevo un buon motivo."
Aaron risponde con suscettibilità.
"Allora anche Mike avrà un buon motivo per uccidere voi due. Forza...prendete gli archi infuocati" dice colui che ormai penso sia il capo del gruppo, passandosi poi una mano sul tatuaggio a forma di quadrifoglio. Lo accarezza e lo ammira fieramente, sorridendo per un secondo.
I tre uomini al suo fianco tirano fuori da un borsone degli archi e, dopo averli caricati con delle frecce infuocate, li puntano verso Aaron e Justin.
"Lasciate che parli con Mike, posso fargli cambiare idea" prego loro, ma nessuno mi dà ascolto.
Justin si dimena freneticamente e smette di farlo solo quando una corda bollente viene posizionata tra le sue labbra, impedendogli di parlare.
"Lasciatelo stare, lui non ha fatto nulla" sbraita Aaron tirando delle gomitate, che si rivelano essere inutili, all'uomo che lo sta tenendo fermo.
"Non ha fatto nulla" ripete tirando calci al vuoto, mentre la corda bollente sul suo collo lo brucia.
I miei più cari amici sono in pericolo e io non sto muovendo un muscolo per aiutarli; resto ferma, guardo la scena spostando lo sguardo tra Aaron e Justin e prendo respiri veloci e affannati.
Non ho molta scelta, dovrò trasformarmi nel mostro che ho cercato di respingere costantemente negli ultimi mesi.
"Preparatevi a sparare" dice il capo della squadra facendo cenno agli altri di muoversi e mettersi in posizione.
"No, fermatevi! So che Aaron ha fatto delle cose orribili e che non è una brava persona, ma ucciderlo non lo aiuterà a cambiare, così non avrà mai la possibilità di migliorare; e poi Justin che colpa ne ha? Non è colpa sua se il suo migliore amico è un sadico" preciso, sperando che basti a impedir loro di uccidere i miei amici.
"Questi sono gli ordini del capo, non siamo noi a decidere, quindi fatti da parte" risponde quell'uomo dandomi una gomitata violenta.
"Ma potete ribellarvi, non siete delle macchine!"
"Non tutti hanno questo lusso, ragazzina, mi dispiace distruggere il tuo mondo perfetto ma noi siamo schiavi e lo saremo per sempre" mette in chiaro, facendomi quasi provare pena per lui.
Non sta minacciando Justin e Aaron perché ha voglia di farlo, Mike ha costretto queste persone a comportarsi in un modo tale e presto io sarò costretta a diventare un mostro.
"Forza, fatelo" continua l'uomo,  mentre i miei amici hanno perso le forze per ribellarsi. Non si dimenano più, non dicono una parola e i loro sguardi sono arresi alla morte che li attende.
"Se fossi in te andrei via, non vorrai vedere una scena simile" mi consiglia l'uomo che ha dato l'ordine di sparare, rivolgendomi una breve occhiata comprensiva.
Il mio cuore batte velocemente, l'ansia prende il sopravvento e ogni singolo muscolo del mio corpo mi sta ordinando di agire.
Stanno per sparare e io mi precipito verso di loro.
"Fermi!" strillo facendo in modo che volino in aria.
Loro provano a colpirmi ma distruggo ogni singola freccia prima che possa raggiungermi, poi prendo fiato e mando un urlo ricolmo di rabbia che fa tremare il terreno e i lampioni spenti nel vicolo.
Alcuni cassonneti si ribaltano volando via e alcune buste dell'immondizia esplodono, liberando il loro contenuto lungo tutta la strada.
Aaron e Justin mi guardano esterefatti e impressionati dalla mia forza.
Prima che uno di loro possa spararmi, gli salto addosso e rubo la sua anima fino a ucciderlo, poi faccio lo stesso con gli altri, colpendoli e lottando pur di non essere toccata dalle frecce infuocate.
I miei occhi hanno assunto un colore nero come la pece, proprio come quelli di un demone, e posso sentire il potere delle anime che ho appena catturato dentro di me che cresce rapidamente.
Mi soffermo sull'ultimo uomo rimasto in vita, lo stesso che fino ad ora si è rivolto a me con arroganza e che sta per spararmi.
"Tu sei un mostro" dice. La mano gli trema e l'arco che prova a stringere con fermezza, fallendo miseramente, è instabile.
"No, sono una morta vivente, e devo ammettere che mi piace" rispondo e, lasciando che un sorriso maligno si formi sulle mie labbra, mi teletrasporto alle sue spalle e poso entrambe le mani su di esse, appropriandomi della sua anima.
Accade tutto in pochi istanti e intorno a me si alza una grande fonte di energia che illumina l'intera strada.
Justin e Aaron sono costretti a chiudere gli occhi, accecati da tutta questa luce, ma su di me non ha lo stesso effetto; mi fa sentire bene, quasi come se fossi rinata dalle mie stesse ceneri.
Una volta terminato l'effetto della luce, loro mi guardano e io li libero dalle corde muovendo semplicemente il capo.
"Zoe...tu hai...mio Dio!" dice Justin  balbettando un po', turbato.
"Lo so" rispondo rendendomi conto di ciò che ho appena fatto.
Ho preso le mie prime vite umane, ho ucciso qualcuno e ho rubato la loro anima. Pur di salvare i miei amici sono stata disposta a rinunciare all'unico spiraglio di innocenza che mi era rimasto.
"Grandioso..." bisbiglia Aaron mentre sorride e si passa la lingua sulle labbra, orgoglioso di me.
Torniamo alla residenza Fletcher e mi faccio una doccia per riprendermi dall'accaduto.
L'acqua calda cade lentamente sul mio corpo mentre rivedo le immagini di poco fa; si ripetono come se stessi guardando un film.
Ho ucciso davvero delle persone, ho fatto del male a qualcuno e ho commesso quello che ho sempre criticato ad Aaron.
Eppure, non mi sento male o spaventata, sento di aver fatto la cosa giusta, di aver salvato i miei amici e di averli protetti. In fondo è sempre stato questo il mio obiettivo:  prendermi cura delle persone che amo, e sarei disposta a tutto per farlo.
Poso la testa contro la parete della doccia e sospiro sconsolata.
Sam sarà delusa da me e, probabilmente, anche Justin non reagirà in modo differente, ma io non mi pento di nulla.
La forza che sento crescere dentro di me è talmente eccitante e mi conferisce talmente tanta adrenalina che non posso fare a meno di sentirmi potente, ed è la sensazione che stavo cercando da tutta la vita:  quell'adrenalina incontrollata che mi travolge e mi spinge a dare sempre il massimo, che mi rende indistruttibile.
Esco dal bagno e torno dagli altri che mi guardano preoccupati. Tra di loro è Sam la persona che mostra maggiori segni di agitazione e che non la smette di fissarmi mentre si mangia le unghie.
"Come ti senti?" chiede lei.
Sto per rispondere ma mi precede.
"Hai bisogno di una camomilla? O di farti visitare da Claire? Oppure vuoi parlare di quello che è successo?" incomincia a interrogarmi parlando con fare nevrotico.
"No, non ce n'è bisogno" rispondo.
Guardo il salone della residenza Fletcher e, per qualche assurdo motivo, mi sento al sicuro. Questo posto sta diventando piano casa mia e non vorrei trovarmi da nessun'altra parte.
"Ma come? Hai appena ucciso delle persone! Deve essere stato orribile, devi sentirti spaventata e destabilizzata."
Sam non nasconde la sua frustrazione.
Vorrei sentirmi in quel modo, anzi, dovrei, eppure è tutto così calmo dentro di me adesso.
"Ragazzi, ora dovremmo piuttosto pensare a cosa fare se Mike dovesse attaccarci ancora" dico volendo cambiare discorso, in qualche modo.
"Non accadrà; ha paura di noi, o di te.  In ogni caso, non credo si farà vivo per ora" replica Aaron che ha finalmente aperto bocca.
Avevo bisogno di sentire la sua voce, so che tra i tre sarà l'unico a non prendersela per l'atto da me compiuto.
"Questo non rende le cose migliori;  Zoe ha subito un trauma stasera" dice Sam.
"Sto bene, davvero, ho protetto Justin e Aaron, prima o poi sarebbe successo comunque."
"Ma hai preso le loro anime! Come puoi non sentirti in colpa?" chiede Justin incerto.
Non comprende come io possa essere così tranquilla; l'aver rubato l'anima di qualcuno non mi stia facendo sentire persa com'è accaduto a lui.
Rivolgo il mio sguardo ad Aaron, al quale non importa affatto che io abbia ucciso per la prima volta, ne è persino fiero e entusiasta.
Lui ha ammazzato così tante persone che tutto ciò deve essere normale ai suoi occhi.
"Non ne ho idea, ma sto bene, quindi non vi preoccupate per me" dico poi  tornando a guardare gli altri.
"Certo che mi preoccupo, stasera hai fatto qualcosa che non eri tenuta a fare, tutto pur di salvarmi."
Justin si avvicina a me.
Aaron aggrotta la fronte dinanzi all'egocentrismo del suo amico;
non sentirsi considerato deve disturbarlo parecchio.
"In realtà io..."
Vorrei spiegare che non l'ho fatto solo per lui ma Justin continua a parlarmi.
"Sono stato così duro con te e tu mi hai comunque salvato, come potrò mai ringraziarti?" dice passandomi una mano sul volto con delicatezza.
Sam e Aaron ci fissano attentamente, ma nello sguardo del ragazzo scorgo qualcosa di più.
Non è felice come prima, assume un'aria quasi infastidita che gli impedisce di mantenere gli occhi puntati su di noi per troppo tempo.
Passo il resto del tempo accanto a Sam e Justin che mi pongono domande e cercano di capire cosa mi passi per la testa; poi, una volta addormentati, scendo al piano di sotto. Da lì sento provenire una musica leggiadra e, quando mi fermo davanti all'arco di pietra che separa la sala da pranzo dal salotto, guardo Aaron che sta suonando al piano 'Claire De Lune' di Debussey.
Ricordo che mia madre l'ascoltava spesso quando ero piccola; lei adorava la musica classica e mi ha trasmesso inevitabilmente questa passione. L'osservo mentre muove le dita con delicatezza sui tasti. Non credevo che Aaron avesse un animo anche sensibile ma ora sono certa che lo possieda, come ogni artista che si rispetti.
Alcune ciocche di capelli gli cadono sulla fronte e lui è talmente concentrato che non si preoccupa di mandarle via, a differenza del solito. Mi chiedo perché non abbia mai pensato di tagliare quel ciuffo ribelle che non fa altro che infastidirlo ma, a guardarlo meglio, capisco perché non ne abbia voglia: Aaron è così, ribelle, fuori di testa e, soprattutto, irritante; quel ciuffo fa parte di lui e non ha alcuna intenzione di separarsene.
"Che ci fai sveglia? Novellina" dice fermandosi all'improvviso.
Resto calma e non mi faccio neppure cogliere alla sprovvista.
"Ho sentito la musica e, quando accade, è come un richiamo per me" rispondo.
Lui sorride con indulgenza.
"Non sapevo suonassi, a parte quella volta in chiesa quando mi hai quasi ucciso, ma pensavo fosse un illusione" continuo, ridendo velenosamente nel nominare la storia della chiesa.
"Ho imparato dopo la mia morte;  avevo bisogno di qualcosa che non mi facesse pensare a niente. Poi, dal nulla, zia Claire mi ha regalato una tastiera e mi ha detto che, se fossi diventato abbastanza bravo, un giorno mi avrebbe fatto tornare a casa" racconta malinconico.
"Ed è stato così?" domando  lanciandogli un'occhiata dolce.
"Sono diventato bravo, sì, ma non mi ha mai fatto tornare."
Lo dice con apatia fissando i tasti del pianoforte nostalgicamente.
"Ora ci sei" dico.
"Solo perché sono forte e non mi può cacciare; ma credimi, all'inizio era diverso."
Abbasso lo sguardo a mia volta.
Vedere Aaron così vulnerabile non è più surreale come un tempo; condividiamo le nostre tristezze e paure dal giorno in cui abbiamo viaggiato insieme a Brooklyn e mi sembra di conoscerlo da tutta la vita quando mi espone le sue insicurezze.
Mi avvicino a lui e prendo posto al suo fianco. Il mio gesto lo lascia un attimo sorpreso e mi guarda scombussolato.
"Sicura di stare bene per la storia di prima? Non tutti amano uccidere le persone, a differenza mia" dice notando la strana espressione spenta sul mio volto.
"So che può sembrare assurdo ma io non mi sento in colpa o spaventata, sto bene e sono più forte adesso."
"Conosco la sensazione" bisbiglia.
Non posso far a meno di guardarlo e di sorridere.
"Quello che ha detto Justin stasera, che ho ucciso quelle persone per salvare lui, non è del tutto vero" affermo, incuriosendolo.
"Come?"
"Voglio dire, certo, l'ho fatto anche per lui, ma c'eri tu lì e...non so, non volevo ti accadesse qualcosa di brutto."
Non esito a dire queste cose e lui mi guarda meravigliato.
"Zoe, ascolta, io non ti ho mentito..." inizia a proferire, ma non è ciò che voglio sentire ora e lo fermo.
"Lasciamo perdere quel discorso, adesso siamo qui, seduti di fronte a un pianoforte; dovresti continuare a suonare" lo esorto con un sorriso stampato sulle labbra.
"Cosa vuoi che suoni?" domanda  mentre mantiene i suoi occhi puntati su di me.
I suoi lineamenti marcati, la mascella stretta, le labbra morbide; è davvero stupendo in questo momento, ora che lo sto guardando profondamente. Potrei mai provare dei sentimenti per un ragazzo del genere? Finirà per uccidermi, non ho alcun dubbio.
"Quella di prima andava bene" rispondo.
Penserò a mia madre e mi ricorderò di quando ero piccola e non dovevo affrontare ancora i miei poteri.
Aaron annuisce e posa nuovamente le dita sui tasti. Ascolto ogni singolo suono, mi perdo nella sua bravura e nell'innocenza di questo momento. Credevo che, dopo questo pomeriggio, non mi sarei più sentita così; invece, grazie ad Aaron Fletcher, le cose stanno cambiando. Io sto cambiando.
Sono felice, lo sono perché mi ricordo di mia madre, perché stasera ho salvato due persone alle quali tengo e perché, ormai, ho accettato quello che sono: un mostro di cui ormai non ho più paura.
Mi stringo più vicina ad Aaron e ci rivolgiamo alcune occhiate complici mentre l'ascolto suonare, inebriata da quanto sia bravo e dai ricordi che mi sta rievocando.
La mattina dopo mi dirigo al Moo, dove farò colazione prima di andare a scuola.
Ho chiesto a Justin se voleva venire con me ma è ancora troppo scosso dalla rivelazione di Claire e ha preferito rimanere a casa; non si presenterà neppure a scuola, per quanto ne sappia.
Presto, io e Sam andremo a cercare la strega di cui ci ha parlato Claire ed entrambe speriamo che sarà disposta ad aiutarci; peccato che qualcosa continui a dirmi che la nostra positività verrà accantonata a breve.
Ordino il mio cappuccino e mi guardo intorno restando appoggiata al bancone.
Stamattina sembra tutto così tranquillo e questa atmosfera rilassante mi aiuta a non pensare a quello che è successo la scorsa notte. È padre Ernest, invece, a mettermi i brividi, quando entra nel Moo e si avvicina a me per ordinare. Il suo respiro è pesante come quello di qualsiasi anziano e i pochi capelli bianchi che possiede ancora sul capo sembrano star per cadere. È un uomo magro e ha le dita lunghe e scheletriche, che ora si muovono e battono sul bancone; il ritmo è veloce e continuo, martella nel mio cervello e fa aumentare i brividi che poco fa stavano percorrendo la mia colonna vertebrale.
"Tu sei Zoe Evans, giusto?" domanda senza guardarmi in faccia. La sua voce è piuttosto rauca a causa dell'età e con fatica riesco a sentirla.
"Sono io" rispondo mentre rimango immobile al suo fianco. Anche se volessi scappare, non ne sarei in grado; quest'uomo mi terrorizza ancor più del lato oscuro di Justin.
Non parla subito, si prende il suo tempo per ordinare da bere e, quando Ty si allontana, riapre bocca.
"Ti ho vista spesso, sai? In giro per New Hope con i tuoi amichetti, con la bellissima Samantha Fletcher e Justin White."
Sta volta sono io a non proferire nulla, aspettando che vada avanti.
"Sono felice che tu e tuo padre vi stiate integrando in città, è una cosa bella, certamente, ma non vorrei che tu andassi a ficcare il naso in posti o situazioni che non ti riguardano."
"Non capisco di cosa stia parlando" ribatto, mentre Ty serve a padre Ernest il suo caffè macchiato e ci guarda, forse domandandosi per quale motivo io sia così terrorizzata.
"È tutto ok?" ci chiede, ma è chiaro che il quesito sia rivolto solo a me.
Padre Ernest gira il cucchiaio nella tazza e lascia a me la responsabilità di rispondere.
"Sì, va tutto bene" dico annuendo e sorridendo falsamente. Ty non ne risulta convinto ma, nonostante ciò, non aggiunge altro e riprende a lavorare; si limita a lanciarmi occhiate confuse, girandosi verso di me numerose volte.
"Lo sai di cosa parlo, ti ho vista attraverso la finestra, quel giorno, stavi spiando la nostra messa privata" mi ricorda Padre Ernest.
"Non era così privata se potevo guardare tutto dalla finestra" controbatto pungente. Lui ride e questo semplice gesto gli costa un colpo di tosse.
"New Hope è molto più pericolosa di quello che credi, ragazzina, tu non hai la minima idea del male che si è insinuato in questa città."
"E quale sarebbe questo male? Il re della morte? I sacrifici umani che gli donate per renderlo più forte? A che scopo? Che cosa volete ottenere?" sbotto.
Padre Ernest si volta nella mia direzione e mi guarda con occhi posseduti dalla rabbia.
"Noi non vogliamo ottenere niente, proteggiamo la città da lui, lo teniamo lontano da questo posto. L'unico modo per saziarlo è nutrirlo con le vostre anime" dice risentito.
"Tu non hai alcun diritto di fare a pezzi una ragazzina per salvarti il culo, lo capisci?" rispondo  avvicinandomi coraggiosamente a lui di un passo e lottando contro il suo sguardo collerico. Non mi lascerò più intimidire, non da un prete fuori di testa che crede di potermi mettere paura.
"Non parlarmi come se tu non fossi esattamente come me. So chi sei davvero, Zoe Evans, so che sei una spietata assassina, che sei un demone, e so anche che devi tutto al re delle morte per averti dato una seconda possibilità. Se fossi in te imparerei a rispettarlo" sostiene ciò parlando a bassa voce, ma utilizzando tutta l'aria che possiede nei polmoni per non dover prendere delle lunghe pause tra una parola e l'altra. Padre Ernest è un uomo stanco e vecchio, sembra quasi in procinto di crollare sul pavimento.
"Buona giornata, e sta lontana dalla nostra chiesa" dice poi, rimettendosi il cappello che si era tolto dal capo una volta formatosi accanto al bancone e dirigendosi fuori dal locale con il suo caffè in una mano.
Devo tutto al re della morte, lui mi ha ridato la vita perché ha creduto che meritassi una seconda chance, pensando che volessi questo stupido dono! Non lo volevo e passerò il resto dei miei giorni ad odiarlo con ogni briciolo del mio malvagio cuore.
Non appena esco dal locale, mi fermo sul bordo del marciapiede. Non molto lontano da qui, nel parcheggio, mio padre e Claire stanno discutendo animatamente.
Non avevo la minima idea che si conoscessero, Claire non me ne ha mai parlato, tanto meno mio padre.
Guardo la scena senza farmi vedere, nascondendomi alle spalle di un muretto.
I due non sembrano andare molto d'accordo, infatti si scrutano come se volessero uccidersi.
Mio padre se ne va poco dopo in preda alla furia e Claire fa lo stesso, incamminandosi però dalla parte opposta.
Ma che vuol dire tutto questo? Sono in cerca di spiegazioni e, per trovarle, decido di affidarmi alla seconda persona al mondo curiosa almeno quanto me: Aaron Fletcher.

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