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Il giorno dopo vengo assalita dall'ansia. Ho accettato di andare a quella festa ma non ho idea di come comportarmi; è una situazione del tutto nuova per me.
In realtà, non è il primo party al quale partecipo:
una volta mi ritrovai a una stupida festa organizzata dalle stesse ragazze che mi prendevano in giro, ma è stato mio padre a convincermi ad andare, diceva che la mia vita sociale fosse ormai ben che morta e che avrei dovuto fare qualcosa per rimediare. Indosso un top che lascia leggermente intravedere la pancia e lego i capelli in una coda, guardandomi poi allo specchio in cerca di un dettaglio fuori posto che mi possa far cambiare idea, così da restare a casa.
Scuoto la testa e impreco a bassa voce, nel tentativo di abbassare la maglietta; è davvero troppo provocante, ma è l'unico indumento che possiedo adatto a una festa.
"Ma guarda un po' qua, la mia piccola sta crescendo!" dice papà entrando in camera senza bussare, come a suo solito.
"Papà, non è un buon momento, sto affrontando una grave crisi esistenziale" mi lamento comportandomi in modo arrogante. Odia quando gli rispondo con questo atteggiamento ma, allo stesso tempo, comprende che sto affrontando la fase più complicata della mia vita e che ho una vera e propria esplosione di ormoni all'interno del mio corpo. "Ah, voi adolescenti e le indecisioni su cosa indossare. Non credi di star bene così?" risponde.
"E tu non credi che sia troppo...troppo?" dico mentre mi indico dalla testa ai piedi.
Lui mi rivolge un'occhiata attenta, poi sorride.
"In effetti, così ti guarderanno tutti, che gran problema" si prende gioco di me.
"Dico sul serio, perché non mi porti mai a fare shopping? Avrò bisogno di qualcosa di carino prima o poi" dico sistemandomi ancora la maglietta, che assomiglia di più a un fazzoletto, se devo dirla tutta.
"A me sembri a posto."
"Abbiamo due definizioni di 'a posto' diverse allora" rispondo rivolgendomi uno sguardo poco soddisfatto attraverso lo specchio.
Non è il mio fisico il problema e nemmeno questo top che in fondo mi piace anche, ma sono i mie occhi neri, incutono timore persino a me e vorrei che fossero diversi, che nessuno pensasse a un mostro quando mi guarda.
"Ehi, non ti agitare, è solo un party, una normale festa da liceali dove ci saranno delle persone con cui fare amicizia" mi consola e si avvicina a me, provando, con scarsi risultati, a trasmettermi coraggio.
"Ma è proprio questo a farmi paura. A Manhattan la gente era spaventata da me, qui invece è diverso...strano quasi."
Viaggio con la mente verso gli occhi neri di Justin e quelli di Sam, per non parlare di quel ragazzo misterioso nel bagno che mi ha messo i brividi e che continua a farlo adesso, ripensandoci.
"Che intendi con strano?" domanda mentre un sorriso nervoso fa capolino sul suo volto.
"Continuo ad avere delle visioni, faccio dei brutti sogni e...non so, credo di non essere più me stessa."
Oppure, di esserlo davvero per la prima volta.
"Capisco come ti senti, sono le stesse emozioni che prova il protagonista del mio libro, ma tu hai avuto un trauma e cambiare la tua vita tutto d'un tratto lo sta riportando a galla. Non c'è nulla di strano qui, è tutto nella tua testa" replica.
Quello che dice, ogni parola e ogni sillaba, perdono di significato nell'esatto momento in cui vengono pronunciate, perché non ci crede, non è sicuro della sua affermazione e, di conseguenza, nemmeno io posso esserlo.
"È che non voglio tornare al passato, ormai stavo meglio" dico rattristata e lui, intanto, posa entrambe le mani sulle mie spalle.
"Non accadrà, ma devi lasciarti andare, non pensare a nulla stasera" mi incoraggia sorridendo.
"E puoi iniziare così" aggiunge prima di sciogliermi la coda, liberando i miei capelli; li scompiglia osservandomi con una fierezza che mi rende finalmente più sicura.
"Sei libera adesso" dice.
Sorridiamo l'uno verso l'altra, per la prima volta dopo tanto tempo con una reale intimità.
Sam passa a prendermi alle 20:00 e ci dirigiamo a piedi a casa di Aiden.
"Sicura che siamo state invitate alla festa? Aiden sa che ci sono anche io?" chiedo a Sam che mi aiuta a passare in mezzo alla gente nel salone, le stesse persone che mi rivolgono occhiate curiose.
"Chi se ne frega se siamo invitate o no? Alle feste ormai ci si imbuca sempre" risponde spingendo un ragazzo che ci stava bloccando il passaggio.
"Oh, non usare questa filosofia alle feste delle ragazzine viziate di Manhattan, le mamme a volte sanno essere più cattive delle figlie" scherzo.
Lei ridacchia e mi prende per mano. "Non mi sembri adatta a quel tipo di ambiente."
"No, infatti, ma...ci sono andata una volta..." rispondo agitandomi.
Ho parlato troppo e l'imbarazzo adesso è palpabile, infatti Sam appare poco convinta.
"Vieni, prendiamoci da bere" dice poi, trascinandomi via senza darmi la possibilità di ribattere.
Qualche tempo dopo abbiamo già bevuto due bicchieri ma, per fortuna, credo si tratti di un po' di vodka diluita nella Coca-Cola; non sarei mai in grado di reggere del vero e proprio alcool, diventerei sicuramente più impacciata del solito.
"Cosa c'è qui dentro?" chiedo  muovendomi a ritmo di musica.
"Non ne ho idea ma è buono, tu bevi" risponde Sam eccitata.
Si sta divertendo, non è annoiata o stanca della mia presenza, questo basta a sciogliermi i nervi.
"Mio padre mi uccide se torno a casa ubriaca" urlo per farmi sentire a causa del forte rumore.
"È iper protettivo?" grida anche lei.
"È peggio di una guardia del corpo."
"A volte i genitori si comportano così perché hanno paura di perderci, non ti preoccupare."
Sam ha ragione e io conosco bene il motivo legato al suo costante bisogno di proteggermi.
"Anche tua zia è protettiva?" sono io a domandare sta volta.
"Mia zia? No. Lei è una tipa strana e molto severa, ma non le importa nulla di quello che faccio, in realtà" dice  senza mostrare un briciolo di emozione.
"I tuoi genitori?"
"Ah...loro sono morti tanti anni fa, in un incendio."
Assumo un'espressione di sconcerto non appena lo dice, sentendomi improvvisamente una persona orribile.
"Sam, non immaginavo" rispondo dispiaciuta.
"Non ti preoccupare, è successo tanto tempo fa, ero solo una bambina e tra i due è stato mio fratello a prenderla peggio" spiega.
Suo fratello, mi chiedo se avrò mai il piacere di conoscerlo, suppongo che sia un tipo dolce e simpatico come lei. Io e Sam condividiamo una storia simile, non che sia bello, anzi, non lo è affatto, ma crea tra noi, inevitabilmente, un legame profondo. "Sam, non mi presenti la tua nuova amica?" interviene Aiden avvicinandosi a noi e posando una mano sulla spalla della ragazza.
"Ciao Aiden, sempre molto affascinante" lo complimenta guardandolo con occhi da finta gatta morta.
"Anche tu, splendore. Sei fortunata che stasera Sarah sia rimasta a casa a studiare o ti avrebbe fatto una scenata" risponde Aiden.
Dal modo in cui parlano, direi che si conoscono da molti anni, dato che condividono una certa intimità. "Tanto non ci sto davvero provando, e poi Sarah è solo molto insicura."
"Se lo dici tu."
Aiden ridacchia, poi si concentra su di me, interessato.
"Comunque, Aiden, ti presento Zoe, Zoe, lui è il famoso Aiden, se volete baciarvi sarò lieta di fare da cupido" dice Sam e io la fulmino subito con lo sguardo; lui invece ride.
"Di solito non bacio al primo incontro" ribatto.
"Nemmeno io; aspetto la prima uscita" chiarisce ironicamente Aiden, guardandomi un attimo per provocarmi mentre gioca con la sigaretta che ha tra le labbra.
"È un invito per caso?" domanda Sam che si sta divertendo molto a quanto vedo.
"Sam, basta" la ammonisco dandole un colpetto sul braccio e lei ride sotto ai baffi.
"Ho già una ragazza rompiscatole nella mia vita, ma sono sicuro che Justin abbia messo gli occhi su di te. Ti ha già chiesto di uscire?" mi domanda Aiden buttando fuori del fumo, spegnendo dopo la sigaretta che posa nel porta cenere sul tavolino in vetro accanto a lui.
"No, non abbiamo parlato molto, solo due volte, in realtà" rispondo nervosamente.
"A uno come Justin basta poco per interessarsi, dato che nessuna lo vuole mai, credimi."
"Uno come Justin? Che tipo sarebbe?" gli chiedo.
Non dovrebbe importarmi ma quel ragazzo mi ha colpita dal primo istante e adesso voglio saperne di più sul suo conto.
Aiden sta per rispondere ma viene interrotto da Sam.
"Mi devi un ballo stasera che la tua stronza psicopatica non è venuta, andiamo" dice lei e lo prende a braccetto.
"Non mi sembra di averti mai promesso di ballare" risponde Aiden trattenendo un sorrisino.
"Te lo sarai dimenticato, fa nulla, rimediamo subito."
Sam lo trascina via, lasciandomi così da sola e, soprattutto, spaesata.
Mi chiedo perché si sia comportata in quello strano modo non appena è stato nominato Justin, forse i due hanno avuto una relazione e lei si imbarazza a sentirne parlare.
Scorgo la figura di Justin in piedi vicino all'entrata.
Mi sta fissando e il suo sguardo brucia su di me.
È davvero bello stasera, indossa una camicia azzurra e i suoi capelli sono in perfetto ordine, con una riga nel mezzo.
Peccato che sia arrabbiata per ciò che ha detto a Sam e dovrò mettere in chiaro le cose.
"Justin, dobbiamo parlare" dico una volta raggiunto.
Lui mi osserva dalla testa ai piedi e un sorriso si forma sulle sue labbra.
"Sono tutto tuo" risponde.
Il suo tono è proprio uguale a quello di ieri: calmo e intrigante.
"Capisco che vuoi essere gentile con la nuova arrivata ma non hai il diritto di andare in giro a dire che sto cercando degli amici, potrà anche sembrare che io sia completamente sola ma non ho bisogno del tuo aiuto, o di quello di nessun altro" parlo ma lui non sembra capire il mio discorso. "Scusami ma non ti seguo."
"Sam mi ha detto che sei andato da lei e le hai raccontato del mio bisogno di farmi degli amici, non è vero forse?" "Sam? Oh, giusto, le avrò accennato qualcosa, ma non hai motivo di agitarti."
"Non sono agitata, è che non mi va giù che la gente decida per me."
"Ho solo pensato che fosse ciò che volevi."
"Tu non sai cosa voglio, non lo puoi sapere, non sei nella mia testa" preciso esasperata.
Justin trattiene un sorriso furbo; mi piacerebbe tanto sapere da quale parte del mio discorso sia stato scaturito.
"Quindi, per favore, non farlo mai più, perché non è ciò di cui ho bisogno" continuo.
Mi fissa ancora in quel modo irritante e prepotente, come se sapesse a cosa stia pensando e presto se ne vanterà. "Ok, credevo che ti avrebbe fatto piacere ma, se la metti così, farò il bravo da ora in poi."
È ciò che invece dice.
"Davvero? È stato così facile?" domando interdetta.
"Stiamo parlando della tua vita, Zoe, non ne ho potere, ma, per quanto può valere, io ti trovo una ragazza interessante e credo che dovresti almeno provarci a socializzare." Nonostante le sue parole abbiano senso, io non ho la minima idea di come fare; anche se lo volessi, sarei un vero disastro.
"Non mi conosci, come fai a dire che sono interessante?"
"Te l'ho già detto che ho un buon intuito?"
Mi rivolge un sorriso, ricevendo da parte mia una risata ricca di disperazione.
"Senti, se ti va potremmo..."
La sua frase viene spezzata dalla musica che si ferma di colpo, confondendo ogni persona in casa.
"Ma buonasera a tutti! Vi state divertendo? Direi che manca un po' di pepe a questa festa" dice un ragazzo che è appena saltato sul tavolo in salotto.
Mi volto nella sua direzione e lo riconosco in breve tempo: è il ragazzo del bagno! Lui è qui, a pochi metri di distanza da me, e potrebbe farmi ancora del male.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora