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Il vicolo, dove rimettiamo piede dopo la trasformazione di Aaron, ha ancora lo stesso odore di spazzatura, se non più pungente.
Le mie narici si allargano per il ribrezzo e Aaron, o il ragazzo del quale ora ha assunto le sembianze, al contrario non batte ciglio, camminando svelto, ignorando la mia presenza alle sue spalle mentre lo seguo incerta.
"Mi devi ancora dire come si fa a entrare nel Darkness."
Sentendomi parlare, si ricorda di non essere solo ma, nonostante ciò, non mi guarda ancora.
"Non serve che te lo dica" risponde fermandosi davanti al muro che si trova sul fondo del vicolo.
"Te lo mostrerò" dice ispezionandone ogni centimetro accuratamente, aspettandosi di trovare qualcosa.
Sorride entusiasmato e accarezza il centro della parete.
"Dammi la mano."
È un imposizione che non mi lascia indifferente, infatti non rispondo, sospettosa.
"Ti fidi di me?" chiede.
"Aaron."
Sposto lo sguardo, dato che il suo esprime afflizione.
Gli piacerebbe che mi fidassi ma mettersi nelle mani del male è un rischio che probabilmente non sono disposta a correre.
Ci si brucia a giocare con il fuoco e, come già dissi, è divertente solo quando a farsi male sono gli altri.
"Ok, so che non ti fidi ma..."
"Mi fido" rispondo abbandonandomi al senso di pericolo eccitante che circonda Aaron.
È stato più forte di me e ora è tardi per tornare indietro.
Sono saltata su questo treno e non scenderò, a meno che non sia lui a farmi cadere.
"Ottimo" dice disorientato, in principio, poi facendo finta che la mia fiducia nei suoi confronti non gli provochi alcun effetto.
"Dammi la mano."
Gliela porgo, aspettando che la prenda.
Il contatto tra le nostre mani risulta spontaneo, le nostre dita si toccano delicatamente e le mie scivolano sul suo palmo, generando un insieme di scariche elettriche travolgenti nel mio corpo.
"Mettila qui, al centro."
Mi porta ad appoggiarla sul muro, proprio nel punto da lui studiato prima.
È un fremito quello che mi attraversa, accompagnato da un bagliore di luce che si accende sulla parete, aprendo uno squarcio nel bel mezzo del muro. Uno schermo fuoriesce dalla pietra dura e una videocamera viene azionata, riprendendo i nostri volti. "Riconoscimento facciale" dice una voce femminile e robotica, ma non perché sia realmente meccanica:
si tratta di un tono forzato, di una donna in carne e ossa che finge di essere un pezzo di ferro.
"Ma che!" rispondo, catturata da una confusione incontestabile.
"Zoe Evans, di New Hope, essere sovrannaturale non identificato."
I miei occhi, le mie sopracciglia e le mie labbra appaiono sullo schermo, con dei pallini di colore azzurro sui punti analizzati.
"Che cos'è questa roba?" domando guardando le varie parti del mio corpo che ci vengono mostrate.
"Un modo per tenere lontani gli umani, riconosce il tuo volto" risponde Aaron che, a giudicare dalla sua calma, posso affermare abbia assistito a questo processo molte volte.
"Ma il tuo non esiste, come farà a..." "Tu guarda."
Non si scompone e sorride, sistemandosi il berretto sul capo, abbassandolo per coprirsi la fronte con più accuratezza, entrando nel pieno della parte del ragazzo timido che vuole nascondere le sue imperfezioni.
"Essere sovrannaturale non identificato, castano, occhi chiari, gli chiederei di uscire ma..."
"Hilda, non ti distrarre" dice una seconda voce, sta volta appartenente a un uomo.
L'autocontrollo di Aaron pare consumarsi per trasformarsi quasi in paura.
"Scusami Ben, torno seria."
La donna si schiarisce la gola con un verso alquanto irritante.
"Entrate pure."
"Ora che succede?" chiedo mentre lo schermo che ci riprendeva scompare nella parete.
"Aspetta e vedrai" risponde Aaron, infervorato da qualsiasi cosa stia per accadere.
Una luce bianca e verde illumina l'intera stradina; il muro si apre, dandoci accesso a un lungo corridoio.
Per quanto mi sforzi a cercare di capire dove conduca, la luce è troppo intensa e mi impedisce di focalizzare.
"Tieniti forte" ordina Aaron aggrappandosi a una sporgenza della parete.
"A cosa?" chiedo, traballando e cadendo dalla parte opposta del vicolo.
Lo sconcerto è talmente intenso da ostacolare il mio equilibrio.
"A qualsiasi cosa."
Aaron viene trascinato nella luce e pare rimpicciolire mentre viene risucchiato via, diventando, per un secondo, così minuscolo da farmi credere che stia avendo delle allucinazioni.
Ho visto molte cose strane da quando mi sono trasferita a New Hope ma questa non ha alcuna spiegazione logica alla quale io possa reggermi.
La prossima a venir trasportata all'interno del Darkness sono io, che non ho il tempo di pormi domande su come una forza sconosciuta e dominante mi abbia sollevata da terra e spinta in un vortice bianco di luce. Cado in piedi dopo essere stata catapultata nel locale, dove le pareti, con una fantasia a scacchiera, sono rosse e nere.
Il pavimento, realizzato allo stesso modo, è lucido e mi ci potrei specchiare, cosa che faccio guardando il mio riflesso deformato.
Ci sono più di cinquanta persone intente a bere e conversare, giocando con i loro poteri per far apparire nuovo cibo sul tavolo.
Dei robot, seppur sia difficile raccontarlo a me stessa, portano da bere ai vari clienti, mentre altre ragazze, vestite in modo provocante, si occupano di intrattenerli.
Alcuni di loro fanno volare i bicchieri con la sola forza del pensiero, altri cambiano ciò che sta venendo trasmesso in tv con un gesto della mano, passando ai loro canali preferiti.
Un bancone, realizzato in acciaio, ha al di sopra numerosi piatti contenenti pietanze normali, come hamburger e patatine, o tramezzini al prosciutto. Sulla parete che ho di fronte è appeso un grande specchio dalla cornice dorata e, intorno e esso, sono presenti dei quadri raffiguranti stregoni, maghi ed esseri sovrannaturali di ogni genere. Lupi mannari, vampiri, sirene e molti altri ai quali non saprei dare una definizione.
"Cavolo! Sembra di essere stati catapultati in qualche strano libro fantasy."
Non mi trattengo dall'esclamare, stupefatta.
"E non hai ancora visto niente" dice Aaron.
"C'è chi sa perfino cambiare colore alle bevande, l'ultima volta ho bevuto un latte blu buonissimo."
"Quindi sono tutti morti o...?" "Nessuno di loro. Ci sono delle streghe e alcune persone che hanno sviluppato poteri a causa di esperimenti del governo, gente che ha rischiato la vita, in pratica."
"Ma è assurdo, questa gente è...non ci posso credere."
Cammino lanciando sguardi ai robot che mi passano accanto, scivolando sul pavimento senza alcun intoppo.
Il mondo ha così tanto da offrire e io sono a conoscenza solo di una minima parte di esso; chissà quante nuove avventure possono attendere un essere soprannaturale come me e con quante ancora dovrò interfacciarmi proprio oggi, insieme ad Aaron Fletcher.
"Sù, prendiamo qualcosa da mangiare, così non daremo nell'occhio" dice conducendomi verso un tavolo vuoto.
Sposta la sedia per me, gesto eccessivamente galante per un ragazzo come lui, ma che accetto volentieri.
"Precisamente, da chi è che non vuoi farti notare?" chiedo accomodandomi, seguita da Aaron che, in preda al nervosismo, si siede davanti a me.
Non mi dà informazioni a riguardo e ciò mi inasprisce.
"Lo scoprirò da sola" dico incominciando a studiare le persone presenti nel locale.
C'è un gruppo di maghi che gioca a carte, poi delle streghe che litigano per chi di loro sia la più bella, infine butto l'occhio su tre uomini vestiti con delle lunghe tuniche di colore marroncino, che ci guardano insistentemente.
"Qualcosa mi dice che sono quei tipi loschi laggiù che ci stanno fissando." "Sul serio?"
Aaron si volta.
"Non possono avermi riconosciuto, così sono tutt'altra persona."
Torna a guardarmi, coprendosi ancora con quel berretto di lana.
Ridotto così, Aaron sembra essere un ragazzo dolce e premuroso, dalla timidezza lampante; ma, se solo queste persone sapessero cosa si nasconde sotto il suo nuovo aspetto, non esiterebbero a scappare via.
Un robot si dirige al nostro tavolo e, a quel punto, Aaron sussurra rivolto a me: "Comportati in modo disinvolto." Acconsento e attendo che il robot si fermi.
"Cosa vi porto?" chiede con voce squillante e artificiale.
"Un hamburger di rana con contorno di zampette di grillo" dice Aaron, lasciandomi di sasso.
La sua intenzione è per caso quella di avvelenarmi?
"Scherzo, due hamburger con patatine"
Si corregge ridacchiando, fiero di avermi presa in giro.
Il robot segna le nostre ordinazioni e ricomincia a lavorare.
"Mi hai fatto prendere un colpo." Lancio addosso ad Aaron un fazzoletto.
"Ci sono persone che mangiano gli insetti."
"Io non lo farei mai."
"Bisogna provare tutto nella vita, o nella morte."
Certe persone non cambieranno mai, neppure con l'aspetto di qualcun altro. Aaron resta comunque il solito bamboccio.
"Mike è nel suo privè; l'unico modo per raggiungerlo è farsi accompagnare da Ben e i suoi scagnozzi" spiega.
"Ben è il tipo che ci sta guardando?" Allungo l'occhio nella direzione dell'uomo con la tunica.
I suoi capelli sono rasati, ha un naso prorompente e una folta barba sotto il mento. È alto e muscoloso, molto più dei ragazzi che frequentavano la squadra di football a New York, e i suoi denti, storti e gialli, sono aperti in un sorriso sbieco.
"Sì, non fissarlo anche tu, capirebbe che c'è qualcosa che non va."
"Credo l'abbia già capito" rispondo.
Si sta avvicinando a noi.
"Non dirmi che sta venendo qui." Aaron è terrorizzato al solo pensiero che questo omone, tanto poco curato quanto spaventoso, possa davvero farci del male da un momento all'altro.
"Mi dispiace deluderti."
"Merda!" inveisce stringendo entrambe le mani in un pugno, battendo due volte sul tavolo delicatamente, per non destare ulteriori sospetti.
Non è più lui ma, quando incontro il suo sguardo tormentato, riconosco gli occhi neri del demone che gli appartiene; vorrei che tornasse, così da poterci salvare da un eventuale attacco da parte di Ben.
"Ciao, non vi ho mai visto qui, siete una coppia di turisti?" domanda lui interrompendo il suo ultimo passo a qualche centimetro di distanza dalla mia sedia.
Gestisco a malapena l'agitazione, cercando in Aaron un sostegno.
"Cugini di secondo grado, stiamo facendo una vacanza" dice Aaron.
"E il vostro potere?"
Per quale motivo ce lo sta chiedendo? È questo che vorrei domandare ad Aaron ma non apro bocca; non è ancora il momento giusto.
"Qual è il vostro potere?"
Ben ripete il quesito con più determinazione.
"Io sono...una strega; credo" rispondo mantenendo gli occhi fissi su Aaron, che continua a comunicarmi con lo sguardo di non dire una parola di troppo.
"E io sono un errore del governo; brutto esperimento, mi ha provato" dice senza scomporsi, addentando un pezzo di pane che si trovava nel cesto al centro del tavolo.
"Che cosa ti è successo?"
Ben, interessato, lo interroga nuovamente.
"Mi sono svegliato una mattina e potevo controllare gli oggetti con la mente. Hai presente? Telecinesi; roba forte" risponde Aaron sorridendo perspicace, alzando le sopracciglia. Ben lo guarda un altro po', per nulla convinto dalla sua spiegazione.
"E tu, strega, quanti incantesimi conosci?"
Si rivolge a me con superbia.
"Solo uno, in realtà" dico e Aaron annuisce, capendo immediatamente cosa voglia fare.
"Sentiamolo" risponde Ben, seguito dai suoi amici nel locale.
"Dai, sì, vogliamo sentire" si fomentano colpendo il tavolo con i loro bicchieri, sporcando il pavimento e la tovaglia.
"Ha un nome un po' complicato; aspetta, devo ricordarmelo" dico abbassando la testa; la rialzo solamente quando decido di guardare Aaron.
Lui è d'accordo con me; non gli importa sapere quale malsana idea stia per portare avanti, sarà dalla mia parte in ogni caso e mi darà una mano a uscirne viva.
"Ho tutto il tempo che vuoi; anzi, mi metto comodo."
Ben incrocia le braccia al petto, ridendo con quei burberi dei suoi amici che si danno delle gomitate d'intesa.
Non ho visto un branco di decerebrati così convinti di poter fare tutto quello che vogliono nemmeno nei peggiori bar per esseri umani.
I loro bicchieri sbattono l'uno contro l'altro, le loro voci si mescolano nelle mie orecchie e lo sguardo esaltante di Aaron mi spinge a voler far saltare questo posto in aria, distruggendone persino le fondamenta, radendolo al suolo.
Posso farcela, mi sono esercitata per settimane, ho letto quel libro proibito e ho protetto Sam dal lato oscuro di Aaron; non dovrei aver paura di combattere questi rozzi uomini dalla puzza sotto il naso.
Aaron mi dà il via e lascio viaggiare liberi i miei poteri, che fanno ribaltare i tavoli e le persone nel locale.
Ben viene colpito da una sedia, dritto sulla schiena, e cade a terra urlando furioso.
"Corri!" grido alzandomi e precipitandomi come un fulmine nel corridoio che Aaron mi indica di raggiungere.
"Il privè è di qua" dice afferrandomi per mano.
I passi di Ben e il suo gruppo di scagnozzi è pesante; sono dietro di noi e non ci vorrà molto prima che ci colpiscano con i loro archi infuocati. "Ci stanno seguendo" parlo dopo essermi voltata a controllare.
Sono tutti e quattro armati, arrabbiati e desiderosi di vendetta.
Ci puntano contro le frecce di fuoco che lanciano verso di noi.
Mi piego, evitando il colpo che mi avrebbe sicuramente presa e spedita all'inferno, dritta dal re della morte.
"Tu non farti prendere" risponde Aaron.
Non posso credere abbia detto una stupidaggine simile; se fosse così facile non starei per farmela nei pantaloni.
Ben si presta a lanciare la prossima freccia ma il suo obiettivo è Aaron, che verrà colpito alla testa se non impedirò che ciò accada.
Punto la mia mano verso Ben e i suoi amici e attivo quel lato di me che mantengo sempre nascosto, ma che adesso potrebbe essere l'unico in grado di salvarci la pelle.
Una fonte di energia oscura avvolge Ben, facendo cadere l'arco dalle sue mani; lo stesso accade ai suoi compagni che volano indietro, schiacciati dalla forza bruta dei miei poteri più malvagi.
Ci sono riuscita, li ho messi a tappeto!
"Come hai fatto?" chiede Aaron a tratti scioccato, non capacitandosi affatto di come possa aver provocato un danno grande come questo.
"Io non..."
Scuoto la testa tentando di individuare dentro di me una risposta che non mi faccia impazzire.
"Dobbiamo aprire questa porta." Aaron lascia perdere e tira la maniglia, che non fa altro che bruciare la sua mano.
"Fammi provare."
Come poco fa, consento alla mia parte meno buona di saltare fuori.
I miei occhi si incupiscono e la porta viene spalancata.
Aaron è costretto, per la seconda volta, a dover reprimere la sua curiosità sul perché io riesca a compiere questi gesti.
"Forza, dentro" dice superando la porta argentata del privè.
La stanza è buia, l'unico barlume di luce proviene da una candela posata su un tavolo.
Intorno a essa ci sono delle carte da gioco che vengono mosse e sistemate da un ragazzo.
Dietro al divano, due uomini lottano tra loro, colpendosi con pugni e calci.
Il sangue sgorga dalle loro mani e dai loro nasi ma ciò non basta a fermarli, dato che la loro voglia di prevalere sull'altro in modo animalesco è troppo forte.
"Ehi, novellina."
Aaron non mi permette di avvicinarmi.
"Che c'è?"
"Lascia parlare me adesso. Quel tipo...quel tipo è davvero uno stronzo; è uno stregone potente, non sappiamo cosa potrebbe farti."
"Credevo fosse Justin quello apprensivo" scherzo, anche se non del tutto.
Aaron si sta comportando stranamente:
è più dolce e protettivo; non che mi dispiaccia, ma ho paura di quale possa essere il suo secondo fine.
"Zoe."
"Ho capito, ma sta attento anche tu." Non avrei dovuto dirlo; ora si sente appagato ed è felice che non sia l'unico tra i due a preoccuparsi dell'altro. Ho appena scavato la mia stessa tomba e mi ci sono buttata a capofitto.
"Mi dispiace interrompere la vostra partita da sfigati ma è il momento di fare una pausa" dice Aaron camminando verso Mike che prima non ci guarda, ridendo a bassa voce e, in un secondo momento, alza il capo.
I suoi occhi azzurri sono gelidi e insensibili, mentre i suoi capelli, neri e corti, rasati sui lati, sono tagliati a cresta.
Il suo corpo è ricoperto di tatuaggi; uno rappresenta il simbolo di un quadrifoglio ed è quello che attira di più la mia attenzione.
Anche Ben e i suoi amici ne avevano uno simile; l'ho visto quando ho spinto i loro corpi inutili lontano da noi.
Mike porta un piercing sul labbro e, ogni qual volta sorrida, pare possa staccarsi.
"Il ragazzo che ha messo in subbuglio il mio locale; sei riuscito a entrare qui, complimenti, in pochi sono in grado di farlo senza che spezzi l'incatesimo." "L'ho spezzato io" rispondo immediatamente.
"Tu" ribadisce con un sorrisino inquietante, che diventa presto una risata.
"E chi saresti tu?"
"Non è nessuno" dice Aaron.
"Ma ti interesserà sapere piuttosto chi sono io" aggiunge, prendendo la boccetta contenente la pozione che Josie gli ha preparato, a base di erbe magiche; lo riporterà al suo aspetto naturale.
Beve tutto d'un sorso e il suo corpo gira su sé stesso, assumendo la sua forma originale, quella di Aaron Fletcher.
Mike non può credere ai suoi occhi; contorce le labbra in una dura smorfia e si stringe nelle spalle. "Aaron...Fletcher; credevo che non avresti mai avuto le palle di presentarti qui dopo il mio...attacco" dice tergiversando.
"È proprio per quello che sono venuto ma i tuoi amichetti non mi volevano far entrare, così ho cambiato aspetto; non male, eh?"
Aaron si complimenta, senza menzionare che si trattasse di una mia idea.
"Un piano impeccabile, direi, anche se non capisco dove tu abbia trovato una strega disposta ad aiutarti."
"Questo non è importante."
Mike vorrebbe girare il dito nella piaga ma non lo fa, concentrando le sue energie su di me.
"Chi sei tu?"
"Te l'ho detto, non è nessuno" risponde Aaron.
"Non lo stavo chiedendo a te, demonio."
Non fanno a meno di guardarsi incattiviti, pronti a uccidersi se solo uno di loro dovesse provocare l'altro in maniera spropositata.
"Mi chiamo Zoe Evans, vengo da New York e..."
"E sei morta anche tu" dice certo.
"Già, lo sono."
Immaginavo che gli stregoni avessero delle capacità particolari ma non che fossero in grado di leggerti nel pensiero.
Sono sicura che Mike provenga da una famiglia che pratica magia oscura, come viene citato nel libro proibito di Claire; le dinastie di stregoni più potenti sono le stesse che hanno deciso di imboccare la strada del male e che non sono state in grado di tornare indietro.
"Ma sei più forte di Aaron, hai spezzato l'incantesimo."
"Non è per questo che sono venuto qui! Dobbiamo pareggiare i conti." Aaron pone fine alla conversazione che Mike stava intraprendendo con me.
È geloso anche in un momento simile, non sarà mai in grado di accettare che tra i due sono io la più forte. "Pareggiare i conti? E credi che sia possibile?" domanda Mike.
Gli uomini alle sue spalle non hanno ancora concluso il match di pugni e uno di loro ha appena perso un dente; lo sputa, non curante, per poi tornare all'attacco.
"Per pareggiare i conti dovrei uccidere quel poco che resta della tua famiglia e dovrei uccidere i tuoi amici, poi dovrei scappare e lasciarti solo mentre i sensi di colpa ti mangeranno ogni notte e ti chiederai se avessi potuto fare qualcosa, se solo avessi fatto di più per proteggerli." continua lo stregone, facendo uscire tutto il rancore che aveva tenuto rinchiuso dentro di sé fino a questo attimo di rabbiosa esplosione.
"Di che sta parlando?" chiedo.
"Vedo che Aaron ti ha portato qui ma non ti ha detto perché cerco vendetta."
"Non è importante il motivo" risponde Aaron.
"Lo è per me!" Mike sbotta tirando un pugno sul tavolo.
Le carte si ribaltano e gli uomini che stavano per darsi un altro colpo smettono di lottare, terrorizzati.
"Tu hai ucciso tutti i miei amici!"
Delle goccioline di saliva cadono dalla bocca di Mike, che ha perso la calma di fronte all'indifferenza di Aaron. "Me li hai strappati via come se non valessero niente, mi fidavo di te e mi hai portato via le uniche persone sulle quali potevo contare!"
"È vero quello che dice?" domando, pur sapendo che sarebbe proprio nel suo stile.
"Ho dovuto, avevano scoperto il mio segreto, avrebbero detto tutto alla polizia di New York, l'ho fatto per salvarmi il culo, l'avrebbe fatto chiunque."
"Potevi parlarne con me!"
Mike sbraita ancora, alzandosi in piedi.
"Sì, potevo, ma non ho voluto."
Aaron non accenna ad alcuna emozione, è freddo come un blocco di ghiaccio, distaccato dalla sofferenza di Mike, al quale il labbro inferiore trema per la collera.
"Io sono questo, sono un mostro, e lo sapevi quando ci siamo conosciuti, chissà perché ti andava bene lo stesso, ti faceva comodo avermi come garanzia contro gli altri esseri sovrannaturali che ti volevano morto?"
Cammina lungo la stanza gesticolando, così da attirare tutta l'attenzione su di lui, elogiando la sua malvagità.
"Credevo che con me saresti stato diverso" risponde Mike rammaricato. "Dovreste smetterla."
Fermo i gesti frenetici di Aaron, zittendo entrambi.
Comportarsi come dei bambini non servirà a molto, non se finiranno per uccidersi.
"E perché? Abbiamo appena iniziato, vero Aaron?"
Mike lo guarda unendo le sue mani.
Le luci lampeggiano, accendendosi per un secondo, dandomi una visuale maggiore sulla cattiveria presente negli occhi di Mike.
"Ah...che succede?" chiedo.
"È meglio che tu non lo sappia" risponde Aaron mettendosi di fronte a me, indugiando su quale scelta intraprendere per uscire da questa stanza illesi.
"Sta indietro."
Aaron mi forza a spostarmi.
"Non mi allontano così."
"Zoe, devi andartene, ora!"
Dovrei, certamente, ma che razza di codarda sarei se lo facessi davvero? Quindi non muovo un passo.
"Se sei venuto qui per parlare con me hai già perso in partenza, perché io non voglio parlare, voglio vendetta, e me la prenderò ora" dice Mike mentre le carte cadute in precedenza vengono sollevate, il lampeggiare della luce aumenta e i ragazzi che hanno smesso di lottare cadono a terra.
"Mike, non fare cazzate, ero il tuo migliore amico."
"Prima che mi portassi via tutto! Non sarò meschino come te, lascerò stare la tua famiglia e la puttana che ti sei portato dietro, prenderò solo la tua testa come trofeo."
Con uno schiocco di dita, Mike fa apparire delle fiamme che lo circondano e rinchiudono in uno spazio sicuro, dove né io né Aaron potremmo entrare.
"Le fiamme" dico scuotendo il braccio del mio compagno, che viene abbagliato dal rosso ardente del fuoco.
"Ehi, capisco che tu sia arrabbiato, hai tutte le ragioni del mondo, ma stai facendo un gran cazzata; Aaron non si arrenderà senza combattere."
Il mio tentativo di trovare un compromesso viene spezzato da Aaron, che gli va in contro.
"Hai detto bene" risponde separando le fiamme che si dividono in due parti ed entrando nel cerchio di fuoco creato da uno degli stregoni più potenti al mondo.
"No, ma che fai?" chiedo, convinta che in questo modo gli accadrà qualcosa di orribile.
"Combatto" dice afferrando il collo di Mike, sollevandolo appena da terra. "Aaron, fermati!" sbraito.
Le fiamme diventano sempre più intense e il calore penetra nella mia pelle.
"Mio Dio..."
Mi porto le mani tra i capelli disperatamente, con la paura costante che Aaron finirà per farsi ammazzare una volta per tutte.
"Non hai idea da quanto tempo avrei voluto ucciderti, sei solo un essere maligno, porti morte ovunque tu vada" dichiara Mike.
Si libera dalla sua stretta, rispondendo all'attacco con una spinta.
Aaron non tocca le fiamme per un pelo, ma sarebbe bastato un colpo leggermente più forte a farlo cadere in quell'ammasso di fuoco impetuoso. "E tu sei un rammolito, hai avuto paura di me per tutti questi anni, perché sai che nulla può davvero distruggermi."
"Nulla a parte il fuoco, quindi, se dovrò morire, ti porterò giù con me."
"È un buon compromesso."
La mano di Aaron è stretta sulla spalla di Mike, che perde colore in viso, come accade quando ti viene strappata via l'anima.
Aaron sta risucchiando la sua energia. Mi concentro e allungo le mani verso le fiamme, senza però toccarle.
Impiego tutta la magia che occupa le cellule del mio corpo e, nonostante faccia male, continuo a provarci.
Non ho altra scelta, non se arriverebbero a uccidersi pur di vendicarsi delle loro malefatte.
Do vita, attorno ad Aaron, alla medesima barriera protettiva con la quale avevo salvato Sam al cinema.
È un cerchio di energia tenebrosa che si espande e ingloba il ragazzo dalla testa ai piedi, facendo sì che passi tra le fiamme senza procurarsi alcun tipo di dolore.
Mike è esterrefatto mentre Aaron osserva la scena confuso ma, allo stesso tempo, allietato.
La luce non lampeggia più, il pavimento smette di tremare e una forte energia sgorga nelle mie vene, la stessa che spinge Mike a terra brutalmente.
"Aaron, scappiamo da qui" dico e, con un cenno del capo, gli chiedo di prendermi la mano.
Mike emette un fiato debole, tossendo. Urla poi, realizzando della nostra fuga.
Corro fuori dalla stanza insieme ad Aaron che stringe forte la mia mano, intimorito che possa lasciarla andare nella fretta.
"Fermi dove siete!"
Ben ci sbarra il passaggio, abbattendosi davanti a noi.
Ha quell'arco in pugno e un grave bisogno di prendersi la sua rivincita.
Aaron gli tira un calcio e, correndo nella sala principale, mi trascina con sé.
"Salta su" dice mentre gli scagnozzi di Ben si trovano alle nostre calcagna, abbastanza armati da poterci colpire più e più volte.
"Cosa?" domando.
"Saltami sulle spalle."
Aaron non sta ironizzando, la sua richiesta è seria e dovrò anche farlo alla svelta, prima che quegli uomini ci raggiungano.
Salto sulle sue spalle e lui corre verso la porta d'uscita bloccata dall'incantesimo protettivo di Mike. "Come faremo a uscire? Il teletrasporto non funziona qui" dico reggendomi forte ad Aaron.
"Esiste la porta."
"Aaron, quella è chiusa."
"La aprirai tu."
"Non sono capace."
"Sì che lo sei."
Aaron non interrompe i suoi passi e si getta a capofitto sulla porta sbarrata da grandi lastre di cemento, che dovrò distruggere grazie ai miei poteri.
"No, no, no" dico nel momento in cui lancia entrambi sulla parete.
Chiudo gli occhi gridando a squarciagola, ma venendo sopraggiunta da una forza a me sconosciuta, che cattura le mie paure e le rende vera e propria energia malefica.
Un brivido di piacere mi eccita involontariamente. Sono rilassata, coraggiosa e determinata; niente potrà fermarmi.
Niente a parte l'asfalto graffiante sul quale cadiamo, rotolando a terra e sporcandoci i vestiti.
La mia schiena ha una colluttazione e lo stesso vale per la mia testa e il mio braccio.
Aaron non è messo tanto meglio, guarda in alto e respira profondamente, prima piano, poi veloce, in modo regolare e poi come se stesse attraversando una fase di iper ventilazione.
"Ho voglia di un milkshake" afferma e, per quanto sia assurdo - infatti si aggiudica un'occhiata contrariata da parte mia - , un po' di pace farà bene a entrambi.
Passiamo da Shake Shack, il mio fast food preferito di Manhattan, e ordiniamo i nostri milkshake, che ci gustiamo fuori dal locale, passeggiando lungo un marciapiede dove, seppur vicino a una strada caotica e piena di rumori molesti, a camminare ci siamo solo noi.
"...e hai fatto saltare quel coglione di Ben come se fosse fatto di cartapesta." Aaron racconta la nostra avventura da strapazzo per l'ennesima volta, esultando quando arriva a questo punto della storia.
Tra lui e Ben non scorre buon sangue, ecco perché ha dovuto cambiare aspetto; se fosse entrato con le sue vere sembianze, ora non saremmo qui a ridere come due amici di vecchia data.
"Urlava come un bambino, hai sentito che belle le sue grida strazianti?" continua sogghignando.
"Oh sì, stupende" rispondo sarcastica. Non mi entusiasma essermi messa contro certa gente che verrà a chiedere vendetta, che cercherà ancora di liberarsi di noi.
"Andiamo, ti sei divertita."
"Ho avuto giornate peggiori."
Aaron alza gli occhi al cielo e beve un altro sorso del frullato.
"No, sul serio, è stato forte oggi con te, non credevo che la vita di un quasi morto potesse essere così..." "Eccitante?" chiede guardandomi, sapendo, in qualche modo, che avrei voluto utilizzare proprio lo stesso aggettivo.
"Sì, eccitante."
Gli restituisco uno sguardo, misto tra felice e impaziente che accada qualcos'altro, che si palesino delle nuove avventure da affrontare insieme.
Non voglio che questa giornata diventi solo un ricordo sbiadito da tirare fuori nei momenti più tristi della mia disastrosa vita.
"Con Justin non sarebbe così" dice stuzzicandomi.
"Perché lui è responsabile, ha la testa sulle spalle."
"È una noia mortale."
Mentre sto per ribattere in modo aspro, precede la mia voce.
"Ma ammetto che ha ragione su alcuni punti."
"Tipo?" domando con curiosità.
"Tipo che chiunque se ne sarebbe andato se il proprio migliore amico si fosse rivelato un assassino."
Getta il frullato in un cassonetto e si pulisce la bocca, abbattuto dai ricordi che Mike ha rievocato in lui.
"Ho ucciso gli amici di Mike e non l'ho fatto perché pensavo mi avrebbero tradito, ma perché dopo l'abbandono di Justin volevo qualcuno che stesse solo con me; ero geloso" ammette. L'impulso di dirgli quanto sia stato ingrato viene superato da qualcosa di più intenso, che non saprei spiegare a parole ma che non sono capace a mandarlo via.
"Guarda che Justin ti vuole ancora bene, solo che è troppo orgoglioso per ammetterlo, su questo siete simili." "Non insultarmi così."
"Smettila."
Rido.
Aaron lo fa con me, poi resta zitto, pensieroso.
"Forse dovrei rimanere a New York, questo posto mi manca e poi io sono il male per voi."
"Sei il male, e allora? Tutti noi siamo il male, in un modo o nell'altro, se te ne vai da New Hope il tuo lato oscuro continuerà ad attaccare la gente, forse anche Sam, di nuovo, e la perderai per sempre."
"Lei starebbe meglio senza di me." "Forse, forse tutti staremmo meglio senza di te, ma mentirei se dicessi che è ciò che voglio davvero."
Aaron non è sicuro di aver sentito bene e mi guarda diffidente.
"Che intendi dire?"
"Intendo dire che sei un mostro, sei pessimo, sei la persona peggiore che conosca ma...ma siamo una famiglia, da una parte, e ho bisogno di te."
E la cosa più strana, oserei dire assurda e inspiegabile, è che sto dicendo la verità.
Ho bisogno di Aaron, il nostro rapporto complicato e fuori controllo mi dà qualcosa che nessuno mi ha mai dato prima: adrenalina, eccitazione, una spinta nel petto che mi rende forte, un'energia che mi possiede e nutre costantemente quando siamo vicini, qualcosa alla quale non sono pronta a rinunciare. "Credo che tu sia l'unico che possa davvero aiutarmi a mandare via quel mostro, Aaron, quindi, come hai detto tu a me l'ultima volta, resta, devi restare, tu devi...restare."
Lo dico con il tono da lui usato qualche giorno fa, serio e conciso. "Ora sei tu a pregarmi."
"Non ti sto mica pregando."
"Invece sì e mi diverte parecchio."
Il compiacimento nella sua voce non mi infastidisce ma mi spinge a scherzare con lui.
"Smettila, come sempre devi fare lo stronzo."
"È divertente vederti arricciare il naso da arrabbiata."
"Intendi così?"
Arriccio il naso con fare buffo.
"No, è più così, come un cucciolo arrabbiato."
Aaron mi imita, rendendosi ancora più ridicolo di quanto non abbia fatto io.
"Non sembro un cucciolo arrabbiato, ma tu, in compenso, sembri un vero idiota."
"Guarda che sto imitando te."
"Oh, davvero? Beh, tu quando ti arrabbi fai quegli orribili occhi neri e sembri un vero demone."
"Lo sono."
L'occhiolino ammiccante che segue la sua frase mi porta a storcere il naso per davvero.
"Io ci provo a non odiarti ma mi rendi il lavoro davvero difficile."
"Le cose difficili sono sempre le più belle, credimi Zoe."
"E questa dove l'hai trovata? Nei biscotti della fortuna?"
"Era scritto su qualche muro ad Amsterdam, credo."
"Sei un vero stupido."
"E tu sei carina."
Il sorriso che era presente sulle mie labbra svanisce mentre mi innervosisco, assumendo un'aria impacciata.
Se fosse stato Justin a dirmelo non avrebbe avuto lo stesso effetto e questa dura consapevolezza mi terrorizza.
Non cammino più e rimango immobile sul marciapiede.
"Perché ti fermi?" chiede Aaron, che è costretto a rimanere al mio fianco. "Perché mi sto divertendo molto e ho paura che, se arriveremo alla macchina, tutto questo finirà e dovrò tornare a combattere contro il tuo lato oscuro, contro mio padre e contro i miei sentimenti per Justin" rispondo, afflitta nel sentirmi scombussolare da tutti questi problemi.
"Se vuoi possiamo restare qui un altro po'."
Silenzio, non dico nulla.
"Oppure potremmo..."
Non resisto più e gli do un bacio sulla guancia, atterrendolo.
Aaron è rigido per un momento ma i suoi muscoli si rilassano nell'immediato.
Ciò nonostante, è sbigottito e non proferisce parola.
Un semplice verso di sgomento esce dalla sua bocca.
"Grazie" dico, pensando sinceramente di dover essere grata ad Aaron per una giornata tanto bella e diversa da tutte le altre.
"Ma è tardi, quindi..."
Mi allontano per raggiungere la sua macchina, che non dovrebbe essere molto distante da qui.
New York è illuminata dalle luci sgargianti dei lampioni, le auto sfrecciano sul ponte di Brooklyn e le persone camminano con buste di ogni tipo tra le mani, appena tornate da una sessione di shopping, con panini comprati dai fast food o mano nella mano con la loro dolce metà, sorridendosi a vicenda, ricordandosi morbosamente di quanto il loro amore sia vero e duraturo.
"Ti raggiungo dopo" dice Aaron soffermandosi sul ponte e sulle macchine che ci passano sopra lentamente, aspettando che il lungo percorso abbia fine.
Il viaggio di ritorno a New Hope dura poco, sarà perché non sono riuscita a tenere gli occhi aperti e mi sono addormentata dopo una ventina di minuti, appoggiando la testa sulla spalla di Aaron, che mi ha guardata in quel momento, sorridendo amabilmente.
Arrivo a casa e lo saluto con una sveltezza che avrei preferito evitare, ma mio padre è lì dentro e sta attendendo che io entri per verificare che stia bene come spera e che nessuno abbia toccato la sua piccolina.
Inserisco le chiavi nella serratura, varco la porta d'ingresso e butto la giacca sul mobile in legno, decisamente troppo stanca per sistemarla con cura sull'appendiabiti. "Chi ti ha riportato a casa?" chiede papà che mi stava aspettando sveglio. Ha le mani in tasca e l'aria dura di quando sta per arrabbiarsi con me. "Ah...Justin, è passato da Sam questo pomeriggio e mi ha dato un passaggio" rispondo sbadigliando assonnata.
"Bene."
Annuisce abbassando lo sguardo. Sospira, decidendo se andare avanti oppure no.
Tira fuori le mani dalle tasche e si avvicina a me.
"Ho chiamato Sam prima, ha detto che non eri con lei."
La mia espressione passa da stanca a crucciata.
"Quindi, ho fatto una cosa che mai avrei immaginato di poter fare, ovvero chiamare Justin, e non eri nemmeno con lui; ora la mia domanda sorge spontanea: dove sei stata tutta la giornata?"
Si gratta il volto mentre si rivolge a me con un tic nervoso all'occhio destro.
Come può aver recuperato il numero del mio ragazzo?
"Sono andata a New York, a trovare Tristan."
"Tristan, tuo cugino?" domanda sicuro che stia dicendo una bugia.
"Esatto."
"E ci sei andata con quel ragazzo? Aaron Fletcher, quello che al funerale ha messo tutti a disagio?"
Se dovessi mentire lo capirebbe comunque, a questo punto. Acconsento, preoccupata dalla reazione che potrebbe avere.
"Dimmi che è uno scherzo."
"Mi dispiace papà ma non sapevo come fare, tu non mi avresti mai permesso di tornare a New York da sola e Aaron si è offerto di accompagnarmi, è stato gentile." "Gentile? Ma che cazzo ti è passato per la testa?"
Il suo vocione non ha mai racchiuso così tanta ira da quando ne ho memoria.
"Scusami per la parolaccia ma sono davvero arrabbiato e non capisco che cosa prenda a mia figlia ultimamente."
"Mi prende che non ci sei mai, stai tutto il giorno a lavorare su quello stupido libro, non posso nemmeno parlare con te che mi ritrovo ad ascoltare discorsi su un personaggio del quale non mi importa nulla e che non esiste!"
"È grazie a quel libro se ho un lavoro! Lo sai che veniamo da una famiglia umile, se non fosse stato per tua madre ora non ci saremmo potuti permettere questa casa, né una vita decente, saremmo sull'astrico, Zoe!"
Mi punta un dito contro gridando come un pazzo furibondo.
"Ma tu non fai altro che ricordarmi che quel libro è tutto il tuo mondo, non ci sono io nei tuoi pensieri, non ci sono mai, c'è solo la tua storia e le pagine che devi scrivere e il lavoro. Non comunichiamo più, te ne rendi conto? Non hai mai tempo per me e mi sono stancata."
Lo sorpasso, correndo al piano di sopra, saltando l'ultimo gradino e dirigendomi in bagno.
"Zoe!"
Il suo richiamo è leggero ascoltato da qui dentro, ma non ho dubbi sul fatto che stia ancora gridando.
La nottata non poteva andare peggio di così, o almeno lo credevo prima di ricevere l'attuale messaggio da parte di Justin.
"So che sei con lui."
Tiro la testa all'indietro e chiudo gli occhi, maledicendo la mia scarsa capacità nel mentire.
Merda!

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