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"Sei stato davvero inutile, sai? Ti è bastato vedere due piccoli occhi gialli per rendere la tua esistenza ancora più sprecata" dice Aaron, che si rivolge a Justin con supponenza.
Lui nasconde a stento la vergogna, facendo di tutto pur di non mostrare le sue debolezze.
Aveva paura, cosa dovrebbe esserci di sbagliato?
Pur essendo morti, in noi c'è ancora un lato umano che spunta fuori quando ci sentiamo impotenti.
"Non ero preparato a una cosa del genere, non avevo mai visto quel mostro, non così da vicino" si difende Justin.
"Vuoi dire che non avevi mai visto il lato oscuro di uno dei più spietati demoni al mondo? In effetti non è un'esperienza di cui tutti possono godere."
Quale essere immondo andrebbe fiero di una cosa simile? Aaron, ovviamente; solo lui è capace di parlare in questo modo senza provare scrupoli.
"Non c'è bisogno di fare sempre lo spiritoso" ribatte Justin.
"No, ma poi dove sarebbe il divertimento?"
I due si guardano rancorosi, poi Justin scuote la testa, volendo porre fine alla discussione.
"Ascolta, so che me ne pentirò ma...prima ci hai aiutato, e mi costa ammetterlo ma...grazie Aaron; se non fosse stato per te non ce l'avremmo fatta" dice Justin fermandosi nel bel mezzo del corridoio.
Evito di parlare, nonostante il mio sconvolgimento voglia farmi dire quanto trovi assurda una dichiarazione del genere.
"Mi stai ringraziando dopo che ti ho dato del cagasotto?" chiede Aaron.
"Non hai usato proprio quella parola." Justin ride nervosamente.
"Beh, era sottinteso" dice lui.
"Ok, non lo specificare però."
"Sei un cagasotto."
"Ti ho detto di non..."
Justin si interrompe stringendo un pugno, gesto che dovrebbe aiutarlo a mantenere una certa compostezza.
"Non importa, ti ringrazio comunque" dice.
"E io me ne prendo ogni merito." Aaron ci mostra un sorrisino beffardo, che purtroppo scaturisce in me una breve risata.
Non è la prima volta che accade;  incomincio a dubitare della mia sanità mentale.
"Vado a cercare Sam, voi due restate insieme, nel caso quel mostro dovesse tornare" dice Justin lanciandomi uno dei suoi sguardi seri e diplomatici. "Ok, ma sta attento anche tu" rispondo.
"E non rimanere pietrificato come un idiota" fa eco Aaron mentre Justin corre via.
"Fanculo!" dice lui fermandosi un attimo, rivolgendogli il suo dito medio.
Ora che io e Aaron ci troviamo da soli, suppongo di doverlgli almeno un ringraziamento.
Mi ha salvato ancora la vita, con mia grande sorpresa.
"Che succede a mia sorella? Perché la state cercando?" chiede interrompendo il silenzio tra noi e, contemporaneamente, distraendomi da ciò che avrei dovuto dirgli.
"Le è successo qualcosa da quando il tuo lato oscuro ha provato a prenderla, qualcosa di brutto; credo che la stia usando per fare del male alle persone."
"Impossibile, Sam è la ragazza più buona al mondo, non a caso mi odia per essere un sadico."
Non vorrebbe mai vedere sua sorella gettarsi sulla stessa strada che ha imboccato lui, quella del male, che ha catturato Aaron completamente, facendogli dimenticare chi fosse prima di diventare un vero e proprio demone.
"Non è più buona se un mostro prende possesso del suo corpo, specialmente se si tratta del tuo lato oscuro."
Aaron ci riflette su.
"Il mostro era fuori, l'abbiamo visto poco fa" afferma.
"Sta giocando con noi, ci vuole far credere di essere qui ma in realtà è dentro Sam; l'ho sentito" insisto.
Non ho dubbi a riguardo; la sensazione gelida che ho provato toccando la mia amica non ha eguali.
"Quando?"
Una domanda semplice che, però, gli risulta quasi difficile da tirare fuori.
"Quando ho preso le sue mani.  Conosco quella sensazione; era lui e quello che abbiamo visto in aula doveva essere una proiezione, una semplice illusione."
"Se fosse davvero così, Sam potrebbe diventare un pericolo per tutti. Zia Claire deve visitarla."
"Ora tua zia è una dottoressa?" rispondo scettica.
"Lei è tante cose, soprattutto una stronza egocentrica, ma è forte ed è brava in quello che fa."
Mi scappa un'altra risata.
"Va bene, allora troviamola e portiamola da lei, prima che accada qualcosa di..."
La mia frase viene spezzata a metà.
Il pavimento sottostante trema e mi spinge dall'altra parte del corridoio, dove mi aggrappo prontamente a un armadietto, attivando i miei riflessi. Aaron si mantiene in equilibrio facendo lo stesso ma a lui risulta più semplice.
"Come non detto" protesta.
I suoi capelli volano al vento; si sta innalzando ed entra da ogni spiffero presente a scuola.
Varchiamo la porta della palestra, in cerca di Justin e Sam.
Il pavimento continua a tremare e  nell'istituto viene dato l'allarme 'terremoto', come accadde il primo giorno che arrivai qui.
Sembra un pessimo dejavu, uno di quelli che, se li raccontassi alla gente, nessuno ti crederebbe o penserebbero che tu sia pazzo.
"Con questo caos non li troveremo mai e gli studenti rischiano di farsi male" dico muovendomi cauta per non cadere a terra.
"Pensi che mi importi qualcosa di questi idioti? Io voglio trovare mia sorella!" sbotta Aaron.
"Anche io, ma non lascerò morire nessuno, non stasera."
"L'influenza di Justin ti sta rendendo una rammollita."
"Vedila come vuoi; io non resterò ferma."
Sorpasso Aaron ma lui mi afferra per un braccio, impedendomi di camminare, tirandomi indietro.
"Ci penso io, tu cerca Sam e Justin." dice.
"Tu vuoi aiutare queste persone?" domando diffidente.
Anche se dovesse farlo, ci sarebbe di sicuro un secondo fine e penso che nessuno di noi abbia voglia di scoprirlo.
"C'è anche Jasmine qui, farò una buona impressione su di lei. Muoviti adesso."
Aaron mi spinge via con una forza impossibile da contrastare.
Finisco dalla parte opposta della stanza; mi tocco la fronte e mi assicuro di non essermi fatta troppo male.
"Non mi fido di te" urlo dopo aver compiuto tutti questi passaggi.
"Dovrai imparare a farlo se vorrai collaborare."
La mia diffidenza diventa in un attimo stupore.
Aaron ha appena detto di voler collaborare con noi?
Sapevo che qualcosa stesse cambiando nel ragazzo arrogante e folle che ho conosciuto nel bagno delle femmine un mese fa. È ancora un mostro ma almeno si comporta in modo razionale.
Non aggiunge altro e corre via, passando davanti alle persone che si spingono a vicenda per scappare.
C'è chiaramente Sam dietro a tutto questo e dovrò fermarla prima che muoia qualcuno.
"Zoe."
Jules chiama il mio nome, nascosta dietro a un tavolo.
"Jules, cazzo! Stai bene?"
Non esito ad avvicinarmi a lei che respira velocissimo.
"No, ho paura. Io non...non capisco che succede."
"Non succede nulla; presto sarà tutto finito, ma devi restare qui."
"Non voglio rischiare di nuovo di morire!" grida portandosi le ginocchia contro il petto.
Ha lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi rigati dalle lacrime e la bocca secca.
"Ti prometto che non accadrà."
"Come lo sai?"
"Fidati di me e basta."
Tocco entrambe le sue spalle, guardandola tenacemente.
"Fidati di me" ripeto con voce sussurrata.
Jules non emette un fiato e, in ogni caso, sarebbe troppo scossa per parlare.
Devo trovare Sam e costringerla a interrompere il disastro a cui ha dato vita.
Corro fuori e mi insinuo nel corridoio, smettendo di camminare quando sento qualcuno piangere.
Mi concentro per trovare il punto dal quale proviene il suono e mi avvicino intimorita.
Riconosco subito la persona accasciata a terra, bloccata sotto a un armadietto che le è caduto addosso: "Sarah!"
Mi piego verso di lei.
"Ti prego, aiutami, non voglio morire" piange freneticamente.
Senza poterlo controllare, ripenso a come mi ha trattata in questi giorni, al suo sguardo freddo e ricolmo di invidia.
"So che sono stata una stronza ma non merito di morire!" continua.
"Non lo meriti ma sei stata davvero una stronza; e non solo con me, con tutte le povere ragazze che si sono avvicinate a Aiden."
È il momento peggiore per dirle queste cose ma non posso farne a meno; quello che ho dentro di me, la mia parte cattiva, mi spinge a comportarmi in un tale modo.
"Ti prometto che, se mi libererai, non tratterò mai più nessuna ragazza così; cambierò, sarò una persona migliore, ma, se dovessi morire, che senso avrebbe? Tutti meritano una seconda possibilità!"
Ha difficoltà a muovere la bocca e il suo respiro diventa sempre più fiacco. "Ho solo un modo per capire se lo meriti davvero" dico.
"Cosa?" chiede debolmente.
Non mi resta che toccare le sue tempie ed entrare nei meandri dei suoi pensieri. Così scoprirò cosa nasconde e se le sue parole vengono dal cuore oppure no.
Sarah urla con fare strozzato ma io non smetto di premere le mie dita su di lei. Ho bisogno di entrare nella sua testa, di scoprire la verità.
Termino il mio lavoro e la lascio andare con un mezzo sorriso.
"Che mi hai fatto?" chiede; la sua voce ormai è del tutto spenta.
"Nulla, ora ti tiro fuori da qui."
Avrei salvato Sarah in ogni caso ma adesso lo farò con la consapevolezza che ha detto la verità.
Utilizzo tutte le mie energie per alzare l'armadietto. È pesante ma posso riuscirci.
"Ah, grazie Zoe, sarò per sempre in debito con te."
La tiro fuori da lì e lei mi abbraccia, cogliendomi alla sprovvista.
"Sei la mia salvezza" dice bagnando il mio top con le sue lacrime, che vengono fuori a dirotto.
Persino la persona più antipatica al mondo di fronte alla morte si piega e umilia pur di non venir privata della propria vita.
"Non è momento per le smancerie.  Devi scappare, ok? Mettiti in salvo il più velocemente possibile."
L'allontano da me e lei annuisce decisa.
Proprio quando sta per andare via, qualcuno la fa volare in aria, lanciandola verso un altro armadietto.
Sarah perde i sensi e io incontro lo sguardo maniacale di Sam.
"Sam, non farlo, non sei in te adesso!" dico alzando le mani.
Se l'avessi conosciuta con questo aspetto, avrei avuto paura ad avvicinarmi.
La sua pelle è molto più bianca, i suoi capelli sono spettinati e i suoi occhi possiedono un luccichio di follia al loro interno che arde di rabbia. "Invece sono proprio io. Finalmente sono forte; ho un lato oscuro dentro di me che mi rende potente" risponde camminando nella mia direzione, muovendosi scattosamente.
"È un'illusione, ti sta solo usando per distruggere la città. Tu non sei cattiva!" la contesto.
"No, ma tu sì; ecco perché devi venire con noi. Vedrai che ti piacerà, è un posto freddo e buio, adatto a una morta senza cuore."
Indietreggio. Non voglio fare del male alla mia amica e spero di non dover arrivare a tanto.
"Forse non abbiamo un cuore ma non siamo dei mostri; tu non lo sei!"
Butto delle occhiate alle mie spalle, assicurandomi di non andare a sbattere da nessuna parte.
"Ormai è troppo tardi. Distruggerò ogni centimetro della città finché non ti arrenderai."
Sam si ferma di fronte a me, poi allunga una mano in avanti.
"Il lato oscuro di Aaron ti controlla ma lo tireremo fuori. Fidati di me, Sam;  andrà tutto bene."
"Non c'è modo di tirarlo fuori, fa parte di me e adesso lo vedrai."
Mi solleva in aria e io mi dimeno nel tentativo di liberarmi.
Vengo spinta verso il muro ma, prima di andarci contro, riacquisto l'equilibrio e cado in piedi, alzando la testa con una mossa veloce.
I capelli mi cadono sinuosi sulle spalle e guardo Sam con determinazione.
"Non sarà così facile" dico.
Le salto addosso e rotoliamo entrambe sul pavimento, fino a raggiungere un gruppo di armadietti, sbattendoci contro.
"Ti ucciderò!" dichiara Sam con un ghigno malefico sulle labbra.
"Nessuno deve morire; non lo capisci?" rispondo tenendo ferme le sue mani, che tentano in ogni modo di colpirmi.
Sam urla, facendomi volare ancora via, lontana da lei.
Torno in piedi istantaneamente e utilizzo i miei poteri per armarmi con lo sportello dell'armadietto che aveva colpito Sarah.
Lo lancio addosso a Sam che urla per il dolore e, colta da una violenza disarmante, raggiunge l'aula di arte; la porta si apre a causa della forte botta.
Corro lì dentro e mi avvicino a Sam; a stento è in grado di alzarsi.
"Sei forte, è vero, ma non puoi battere il mio lato oscuro" dice ritornando in piedi, ma con un movimento trascinato.
"Dimentichi che ne ho uno anche io, e forse sto imparando a usarlo."
Le tiro un calcio e lei arretra, rispondendo ai miei colpi.
Ci stiamo picchiando ma nessuna delle due prova davvero dolore, questo potrebbe portarci a giocare anche tutta la notte a chi cederà per prima.
I miei occhi si illuminano mentre sbatto Sam contro la finestra.
Lei mi tira alcuni pugni ma non mi colpisce mai, dato che li evito agilmente, abbassando la testa e bloccando la sua mano con la mia.
I nostri movimenti si fanno sempre più rapidi mentre cerchiamo in tutti i modi di ferirci.
Dovremmo essere migliori amiche eppure, in questo preciso momento, non ce ne importa nulla.
"Di' la verità Zoe, sei venuta al ballo con me perché ti facevo pena? Mi hai preso per una disperata!" Ribaltandomi dall'altro lato, mi tiene ferma e mi appoggia alla finestra aperta.
"No, l'ho fatto perché, per la prima volta, voglio davvero bene a qualcuno, e non mi importa se adesso vuoi uccidermi; noi due siamo amiche!" rispondo.
"Ti sbagli, io non voglio essere tua amica. Sei solo una povera sfigata di Manhattan che ha avuto la fortuna di essere morta e avere dei poteri; ma chi ci ha rimesso in tutto questo? Te lo sei mai chiesta?"
Il dolore, che prima non sentivo, ora si manifesta mentre lotto per non farmi buttare in strada.
Con una mossa scattante, torno alla posizione di prima, così da costringere Sam a combattere per non cadere.
"Tua madre, Zoe, tua madre ci ha rimesso la vita solo per te; sei la causa della sua morte."
Aumento la presa su di lei, dominata da quella rabbia che ti cattura quando la gente parla del tuo passato doloroso senza conoscerlo.
"Non hai idea di quello che stai dicendo."
"Lo so bene, so che sei un peso per tuo padre e lo sei stata anche per tua madre; di sicuro ti odierà per essere ancora qui."
Percepisco il suo rancore e non direi mai che sia falso, che Sam non pensi davvero le crudeltà che mi sta riservando.
"Basta" rispondo distrutta dalla tristezza dei ricordi.
La pioggia, le urla, lo sguardo privo di emozioni di mia madre.
Sono dei brevi flash che non riesco a decifrare, dei momenti frammentati nascosti nella mia testa, rimossi completamente dalla mia memoria. "Scommetto che, se tornasse indietro, deciderebbe di far morire te quella notte. Povera, stupida, Zoe; nessuno ti vorrà mai bene."
Perdo la calma e sento la rabbia ribollire nelle mie vene.
Con fatica, controllo i miei poteri.
"E anche tuo padre, di sicuro non sopporta l'idea di averla persa per colpa tua. Quand'è l'ultima volta che ha detto di volerti bene? O che ti ha guardata negli occhi?"
"Ho detto basta!"
Trattengo il lancinante impulso di ucciderla.
Non posso; Sam è mia amica, devo smettere di avere questi brutti pensieri!
"Dovevi morire tu in quell'incidente, è ciò che meritavi."
Perdo quel poco che restava del mio autocontrollo e la spingo giù dalla finestra, sull'asfalto.
Ci troviamo al secondo piano; potrei averle rotto qualche ossa!
È ciò a cui penso prima di ricordarmi che Sam è già morta; non subirà alcuna ripercussione. In compenso, io ho una valanga di danni psicologici con i quali fare i conti.
Prendo respiri profondi, sentendo i miei occhi bruciare e i miei muscoli tendersi.
"Ma che cosa...?"
Una voce sottile, che proviene da questa stanza, fa vacillare gli ultimi accenni di lucidità che mi sono rimasti.
"Jules" rispondo girandomi verso di lei che, terrorizzata, cammina di qualche passo indietro.
"Tu hai..."
Il suo tentativo di parlare è vano, dato che non riesce neppure ad aprire la bocca normalmente.
Le sue labbra sono serrate in una smorfia di panico.
Che cosa diamine le starà passando per la testa? Penserà che sia una persona orribile, un'assassina senza cuore.
"Ti prego, lasciami spiegare."
"Hai ucciso Sam!"
Se ne fosse capace urlerebbe, ma è scioccata a tal punto da non poter alzare il tono della voce.
"No, non è come sembra. Lei è...è complicato, ma devi fidarti di me.  Voleva farci del male; presto si riprenderà."
"È caduta dal secondo piano!"
Alla fine, tira fuori quella rabbia mista a paura che stava trattenendo, gridandomi contro.
Indietreggia, andando a scontrarsi con lo scaffale contenente i pennelli e le vernici che cadono a terra.
Il rumore assordante non le dà alcun fastidio; non se ne accorge nemmeno, le sue attenzioni sono rivolte altrove. "Mio Dio! Mio Dio! mio Dio! Che cosa sta succedendo?" chiede mentre si porta una mano al petto.
Posso ascoltare il suo battito anomalo e, rendendomi conto di aver causato io stessa questa reazione involontaria del suo corpo, ammutolisco.
Jules butta fuori l'aria con nervosismo, decidendo se avvicinarsi alla finestra per guardare giù oppure restare ferma dove si trova.
Un movimento in strada viene captato dalle mie orecchie. Sam sta per svegliarsi.
"Devi venire con me" dico a Jules  senza indugiare.
"No" risponde secca.
"Jules, ascoltami per un cazzo di secondo e vieni con me; Sam potrebbe risvegliarsi. Ti devo portare a casa." "Così potrai uccidere anche me? No.  Chiamerò la polizia."
Correndo fuori dalla classe, afferra il suo cellulare rapidamente.
Non posso lasciare che vada via, Sam potrebbe trovarla e ucciderla e, se dovesse chiamare la polizia, anche Bob ne verrà a conoscenza e, a quel punto, saremmo tutti morti.
Seguo Jules, ritrovandomi però Justin davanti.
Con tutto il trambusto fatto da me e Sam si sarà preoccupato e precipitato qui, nonostante sia già troppo tardi. "Jules sta scappando, mi ha vista mentre buttavo Sam giù dalla finestra" dico.
"Hai buttato Sam dalla finestra?" Justin, ovviamente più interessato alla sua amica che alla storia di Jules, mi guarda di traverso.
"Justin, ma mi ascolti? Ti ho detto che Jules mi ha vista. Ora lo dirà a tutti!" Justin aveva le mani posate sulle mie spalle ma le allontana, capendo solo adesso la gravità delle parole da me dette.
"Pensa a Sam; io la devo fermare" aggiungo ritornando sui miei passi, correndo ancor più veloce di prima.
"Aspetta."
Justin scruta i miei movimenti repentini con apprensione.
"Zoe, sta attenta ti prego" dice poi, rilassando i suoi muscoli con un lungo e stanco respiro.
Supero la staccionata che separa l'entrata del corridoio dal cortile scolastico e salto verso Jules, che sta digitando sul cellulare il numero della polizia.
"Jules" grido.
"Sta lontana da me!" ribatte lei con risentimento.
Credeva di aver trovato un'amica, invece si trattava di un demone, un maligno essere soprannaturale che ha paura persino di sé stesso.
Si porta il cellulare all'orecchio e non ho altra scelta se non quella di farglielo cadere dalle mani con la telecinesi.
Il mio tentativo ha un buon esito e Jules smette di camminare.
Strepita, ora bianca in viso, guardandomi in preda a quel terrore che preferirei non vedere più negli occhi dei miei amici.
"Come hai fatto? Che cosa sei tu?" domanda impedendomi di avvicinarmi, allungando le mani in avanti.
"Te lo spiegherò, ma prima ce ne dobbiamo andare da qui; è pericoloso."
"Jasmine aveva ragione, lo diceva che tu eri diversa dalle altre, che avrei dovuto starti alla larga."
Jasmine, odio il suo nome tanto quanto odio scorgere la delusione di Jules, incapace di incontrare il mio sguardo per più di un secondo.
"È vero, sono diversa, ma non per forza cattiva."
Non mi resta che parlare con lei sinceramente e aprirmi per la seconda volta, come ho fatto con Alec, sperando che Jules sia comprensiva, a differenza di quel ragazzino.
"Quando sono arrivata a New Hope ho scoperto di avere dei poteri. All'inizio mi faceva paura ma poi ho capito di essere forte, di poter fare delle cose grandiose. Se vuoi te le posso mostrare."
Muovo prima un passo, poi un altro, lentamente, per non spaventarla troppo.
"Come...com'è possibile?" chiede frastornata.
"Non lo so nemmeno io, è pazzesco ma..."
Mi blocca di nuovo con un gesto della mano; sta a indicare che mi sono avvicinata più del dovuto.
"Ti prego, allontanati."
"Ok, non mi avvicino, ma lascia che ti mostri una cosa."
Rimango al mio posto, nel mentre attivo i poteri che fino a ora ho cercato di tenere nascosti; li libero, lasciando che si insinuino ovunque nel cortile. Le foglie secche si alzano da terra e formano un cerchio perfetto sulle nostre teste. Le lascio cadere poco dopo sul terreno bagnato ancora dalla pioggia di ieri.
Jules apre la bocca per dire qualcosa, meravigliata. Ha assistito a ogni attimo della magia, confusa ma con un velo di adrenalina che non ho potuto ignorare.
"Tu sei una strega!" afferma una volta trovate le parole per esprimere il suo stupore.
"No, le streghe si occupano di preparare incantesimi e la loro magia non ha limiti; io sono semplicemente..."
"Spaventosa" mi precede sorridendo appena.
"Sì, spaventosa" la imito, convinta che non abbia più paura di me, che adesso sia quasi vogliosa di scoprire tutti i segreti e le sfaccettature del mio mondo. 
"Che cosa prendeva a Sam? Perché l'hai gettata dalla finestra?" chiede ansiosa.
Non dimenticherà dall'oggi al domani quello a cui ha assistito, le devo almeno delle spiegazioni valide.
"Non te lo posso dire qui, ci sono troppe orecchie indiscrete. Vieni con me alla residenza Fletcher."
"Ma è dove vive Aaron" risponde turbata.
"Già, ma non ti farà nulla, ci sono io a proteggerti" la incoraggio, annuendo per enfatizzare il concetto.
Con me non corre alcun pericolo, non permetterei mai ad Aaron o a quel mostro di farle del male, per nessuna ragione al mondo.
"Ok" annuisce, anche lei rincuorata.
"Forza, di qua, Justin ci aspetta dentro."
Le faccio segno di seguirmi e volto verso il corridoio.
Mi sbrigo a raggiungerlo ma i miei passi vengono interrotti duramente da uno sparo, che mi colpisce dritta alla gamba.
Cado a terra, sbattendo la schiena sul gelido asfalto, dove le mie mani strisciano, tagliandosi.
"Zoe!"
L'urlo di Jules è ovattato nella mia testa.
Prendere una pallottola è molto più doloroso di come immaginavo quando lo vedevo accadere nei film d'azione; avvertire un dolore così lancinante nella vita reale fa tutt'altro effetto.
"Merda, ma che cazzo!"
Sono in grado solo di dire questo  mentre cerco di riconoscere le figure delle due persone che mi hanno sparato.
"Non toccare nostra figlia!" dice la signora Morrison, annullando qualsiasi dubbio potessi avere prima di sentire la sua voce.
Sapevo che si trattasse dei genitori di Jules ma non riuscivo a guardarli bene a causa del dolore.
"Io la voglio aiutare" rispondo  fiaccamente.
Jules freme dalla paura e, quando prova a venire da me, suo padre la spinge via.
"Sei un mostro! Come potresti mai aiutare qualcuno?" mi dice poi lui. Butto fuori un biascichio sconnesso, che rappresenterebbe un grido d'aiuto.
"Forza, prendi la benzina, Bob ha detto che potrebbe funzionare."
La signora Morrison parla a suo marito, che non afferra subito il concetto.
"Ma non possiamo uccidere una ragazza così giovane" risponde l'uomo.
"Sì se minaccia Jules."
"Vi prego, non fatele del male, Zoe è mia amica."
Jules prende le mie parti, piangendo lacrime di disperazione.
Alzarmi non è concepibile con questo male alla gamba, che sta gradualmente salendo lungo il resto del mio corpo, indebolendomi.
Per quanto tempo durerà ancora questa tortura?
"Tu non hai idea di che razza di demone hai accanto. Sali in macchina!" le ordina la signora Morrison che tira con prepotenza Jules nella sua direzione.
"No!"
Lei si dimena furiosamente ma la presa di sua madre è risoluta.
"Fallo, adesso!" Insiste trascurando le urla tristi di sua figlia. Oso alzare la gamba ma la pallottola al suo interno entra ancor più in profondità e il dolore che ne segue mi fa stringere i denti.
Non posso guarire se non estraggo il proiettile!
All'improvviso, un altro grido viene rilasciato da Jules, che vola a terra, urtata da Aaron.
Lui ha acchiappato i signori Morrison per il collo e li ha sbattuti sull'auto da loro guidata per arrivare a scuola.
È dà lì dentro che mi hanno sparato, prima di scendere e attaccarmi.
"No, Aaron" dico. Potrebbe ucciderli!
Jules non glielo perdonerebbe mai e odierebbe anche me per il resto della sua vita.
"Vi siete messi contro il demone sbagliato" dice Aaron sorridendo e allargando la bocca in modo spaventoso; mentre le sue pupille, che si dilatano fino a diventare degli enormi pozzi della morte, fissano cruentemente le due vittime di fronte a loro.
"Fermati, per favore, no"
Jules, tra una lacrima e l'altra, prova ad alzarsi, rimanendo bloccata dai poteri di Aaron.
Premo sulla mia ferita, tentando inutilmente di tirare fuori la pallottola, così da poter intervenire. Una fitta mi attraversa la gamba e sono costretta a fermare questo movimento pericoloso.
"Quanto amo vedere le vostre facce terrorizzate prima di morire" dice il sadico Aaron ridendo esaltato.
Sta per rubare le anime dei signori Morrison; non hanno abbastanza energia nei loro corpi per ribellarsi. Gli occhi di quei due, che mi hanno inquietata dal primo momento in cui si sono puntati su di me, attualmente sono delle palle bianche e deformi  che stanno per esplodere dalle orbite. Proprio quando mi convinco che tutto sia perduto, in mezzo al pianto isterico di Jules e alle risate di Aaron, lui si blocca.
"Ma non oggi" dice guardandoli per un altro po' freddamente, allontanandosi infine da loro.
Non trovo il modo di esprimere il mio sollievo ma nemmeno l'incredulità che contraddistingue questa scena. "Andatevene e non fatevi vedere mai più" continua lui serio in volto.
I signori Morrison, ancora disorientati, aiutano Jules a tornare in piedi e la trascinano in macchina, mentre Aaron, sinistramente, osserva ogni loro più piccolo movimento, assicurandosi che seguano gli ordini da lui conferiti.
"Jules, aspetta, non andare via."
Con sforzo mi alzo, zoppicando.
"Mi dispiace" risponde lei.
Delle lacrime amare rigano le sue guance; le distinguo anche attraverso il finestrino appannato della vettura dove ora è seduta.
"Jules" grido a squarciagola.
"Jules" ripeto, sottovalutando il dolore che camminare per raggiungere l'auto ormai in corsa mi sta provocando. "Sta buona."
Aaron mi attira tra le sue braccia,  stringendomi così forte da impedirmi di liberarmi.
"No. Quei due sono matti; dove la vogliono portare? Non la rivedrò più." Scaccio via le lacrime, lasciando che le braccia di Aaron mi tengano ferma contro il suo petto.
L'impulso di scappare non è forte quanto quello di ricevere conforto, di sentire che andrà tutto bene e che non ho rovinato la vita di quella ragazza.
"Sh, è tutto ok. Calmati, non dare nell'occhio; c'è un sacco di gente alla festa e non vuoi farti vedere così" dice Aaron che accarezza la mia schiena, costringendomi a posare la testa sulla sua spalla.
Impreco nel preciso istante in cui una lacrima, nonché la sola, cade lungo il mio viso, bagnando le mie labbra con quel sapore salato che tanto odio dal giorno del funerale della mamma.
"È tutto ok" bisbiglia Aaron dandomi un forte abbraccio che presto non avrà più significato, ma che ora, mentre siamo seduti su questa strada deserta e angosciante, vuol dire tutto.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora