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Mi giro e rigiro nel letto, frustrata.
Ho lasciato Justin la scorsa notte e i sensi di colpa hanno già iniziato a divorarmi.
Ho davanti la continua immagine del suo cuore che si spezza con un rumore leggero ma straziante.
L'ho distrutto e gli ho tolto quell'accenno di speranza che aveva finalmente trovato.
Mi giro sul fianco destro e apro gli occhi, cacciando un urlo il secondo dopo.
"Ciao novellina, dormito bene?" chiede Aaron che, guardandomi con un sorriso malizioso stampato in volto, mi saluta muovendo la mano.
Il mio fiato è corto; per un attimo credo si tratti di un orribile incubo. "Aaron, quante volte ti ho detto di non entrare in camera mia mentre dormo?"
"Solo due e, tecnicamente, la prima volta non stavi dormendo."
La sua pretesa di risultare divertente gli fa ottenere un'occhiata antipatica da parte mia.
Aaron non può piombare qui, confondendo ancora una volta le mie idee, portandomi a credere che sia lui la persona che cerco da quando ero una bambina.
Non può e non deve, per nessuna ragione, farlo.
"Non c'è differenza. Tu non puoi...non puoi fare così."
A stento parlo in modo chiaro, presa dall'agitazione.
Siamo di nuovo tanto vicini da baciarci e la mia voglia di compiere questo atto di follia aumenta a ogni secondo che passa.
"E perché?" domanda con aria innocente.
"Perché è camera mia e questo è il mio letto."
"E quella è la tua scrivania, quello è il tuo armadio, quella la tua finestra; allora? Qual è il problema?"
Ha persino la faccia tosta di prendermi in giro nonostante tutti i guai che ha causato nelle ultime settimane.
Alec non mi rivolge più la parola, Justin è arrabbiato con me e Sam mi vede come una pessima amica.
Ho combinato un disastro e qualsiasi soluzione mi sembra vana se l'unica persona della quale riesco a fidarmi è il male in persona.
"Ma che hai che non va?" chiedo.
"Sono venuto a controllare come stessi dopo la rottura con Justin; non deve essere stato divertente spezzare il suo povero cuoricino" risponde decisamente compiaciuto.
"Tu come fai a saperlo? Eri mezzo morto quand'è successo."
"Ti ho letto nel pensiero; è prima mattina e sei piuttosto debole...è stato facile."
Aggrotto la fronte mentre il mio sguardo si fa di ghiaccio.
Mi metto seduta e mi strofino gli occhi per vederci meglio.
"Dovrei dirti che mi dispiace ma sarei un pessimo bugiardo" continua lui. "Tanto non la voglio la tua compassione. Piuttosto, dimmi, Claire ti ha visitato? Come ti senti?"
Parto con le domande, seppur tentando di non sembrare troppo preoccupata.
Lo sono, ma lui questo non deve saperlo; diventerebbe motivo di vanto e non sopporto il suo continuo elogiarsi.
"Come mi sento? Come se mi avessero lanciato sulla luna e poi di nuovo sulla terra nel giro di dieci secondi, o come se mi fossi fatto di metanfetamine."
Lo guardo inarcando un sopracciglio. "Ma, a parte questo, sto alla grande. Il mio lato oscuro è tornato finalmente a casa e io potrò riprendere in mano il mio piano; ho già trovato la mia prossima preda" aggiunge.
"Vuoi andare ancora in giro a uccidere gente? Sul serio?" chiedo sbalordita dalla sua testardaggine. Abbiamo passato una giornata bellissima insieme e ho creduto che bastasse a fargli cambiare idea sul suo stupido piano suicida, ma Aaron è ostinato e non ha affatto intenzione di lasciar perdere.
"È ciò che amo di più fare, Zoe. E poi ci sono così vicino, me lo sento; presto sarò abbastanza forte."
"È una missione suicida."
"Ancora più figo."
Sorride, così perdo la pazienza.
"Sai una cosa? Fa quello che ti pare, non mi interessa, a me importa solo di mio padre; lui deve restare al sicuro."
"E se fosse proprio lui la mia prossima preda?" domanda provocandomi con quel suo sguardo da maestro manipolatore.
"Se lo fosse non me lo diresti di certo." "Magari mi piace l'idea che tu passi ogni giorno della tua vita ad aspettare il momento in cui lo attaccherò."
Mi alzo in piedi irritata, passandomi una mano sul viso mentre cerco di mantenere un briciolo di autocontrollo.
Aaron sta giocando con me; non è sincero e, se lo fosse, mi perderebbe per sempre.
"Non farai nulla a mio padre; in caso contrario, non avrò alcuna paura di bruciare all'inferno con te."
"È una minaccia questa, Zoe?"
"Farei di tutto per lui, penso tu lo sappia, anche morire."
Ascolta le mie parole attentamente, con un velo di rabbia negli occhi.
"È davvero stupido" dice.
"Che cosa?"
"Rischiare la vita per qualcuno."
"Come se tu non lo faresti per Sam." Rimane zitto, perdendosi a fissarmi, non essendo capace di darmi la risposta che vorrebbe.
Proprio come pensavo; lei è sua sorella e farebbe qualsiasi cosa per proteggerla.
Anche la morte sarebbe una prospettiva migliore per Aaron rispetto all'idea che a Sam accada qualcosa di brutto.
"Già, ma io..."
Non termina la frase; un verso di dolore esce dalle sue labbra e si porta una mano alla fronte.
Lo guardo preoccupandomi immediatamente delle sue condizioni. Non pare star bene come dice:
ha gli occhi rossi e le pupille dilatate, la bocca secca e l'aria da tossicodipendente.
"Che ti succede?"
"È solo un po' di mal di testa, tranquilla" risponde ancora dolorante, ma prova a nasconderlo con un sorriso a denti stretti.
"Non sembra solo un mal di testa; deve trattarsi del tuo lato oscuro." "Anche se fosse? Non può farmi nulla, io sono molto più forte" risponde.
"E se stesse provando a prendere il sopravvento? Con Sam ci è riuscito."
"Perché non faceva parte di lei."
"Non lo so. Non vorrei diventassi ancora più cattivo; sei già abbastanza pericoloso così."
"Non può succedere, Zoe; non posso diventare più cattivo, è impossibile." Ride forzatamente, terminando con un mezzo gemito dovuto al peso che ha ora nella testa.
"Aaron."
Incrocio le braccia al petto mentre aspetto che sia sincero con me.
"Zoe."
Sorride, come per dirmi che non vincerò questa discussione.
"Ok, sono stanca" rispondo iniziando a raccoglierle dal pavimento alcuni vestiti che ho lasciato cadere la notte precedente.
Ero così delusa da me stessa che non mi sono preoccupata di mettere in disordine la camera; ho buttato tutto a terra e mi sono lanciata a letto, addormentandomi sommersa dalle cattiverie che ho sputato addosso a Justin.
"Che stai facendo?" domanda Aaron seguendo i miei gesti con lo sguardo, curiosamente.
"Mi vesto. Devo andare da Justin per chiedergli scusa; sono stata troppo dura con lui la scorsa notte" rispondo una volta scelto cosa indossare. "Scherzi? Non puoi andare da lui" dice Aaron sussultando sul letto, in preda all'ansia.
"Perché no?"
"Perché conosco Justin: quando le cose non vanno come vuole cerca felicità altrove; è come un bambino che perde la sua caramella e ne compra subito una nuova."
"Questa mi sembra di più la tua descrizione" ribatto e il sussulto di prima si trasforma in un vero e proprio fremito.
"Eravamo migliori amici per un motivo."
Le sue labbra si aprono in un sorriso.
Ricambio con una smorfia, dando poco conto alle sue solite bugie. "Quello che voglio dirti è che potresti trovarlo con un'altra ragazza, o peggio...con Sam" parla mentre si alza in piedi e si avvicina a me con un passo che non mi lascia capire se voglia saltarmi addosso o semplicemente mettermi in soggezione.
"Non mi importa di questo, non mi importa se ha già trovato un'altra o se vuole stare con Sam; l'unica cosa di cui mi importa è scusarmi ed essere una brava persona, almeno per una volta."
"Non esistono brave persone, novellina; tutti hanno anche un lato oscuro e il tuo è il più eccitante che abbia mai avuto il piacere di conoscere."
Accarezza la mia guancia con le sue mani fredde, ma lentamente e con fatica.
La salute di Aaron sta vacillando e a lui non importa nemmeno.
"Ti prego, le tue frasi non hanno senso" dico combattendo contro l'istinto che mi vorrebbe spingere a baciarlo, cedendo alla passione che ci lega da quando siamo partiti per Brooklyn.
Aaron ha questo strano potere su di me; la sua voce mi manda in subbuglio e la sua vicinanza mi emoziona a tal punto da non riuscire a respirare bene.
"Non ha senso questa tua improvvisata ma, se proprio ci tieni, vengo con te."
L'eccitazione passa in un battito di ciglia.
"Non puoi venire, è fuori discussione" rispondo.
"Avrai bisogno di qualcuno accanto quando scoprirai la dura verità."
"E quale sarebbe?" chiedo sempre più nervosa.
"Che Justin è già andato avanti."
"In una notte?"
"Io sono capace di fare tante cose in una notte."
Trattengo la rabbia nel vedere come il suo sguardo divertito stia cercando il mio, per catturarmi di nuovo in quel vortice di passione e pericolo nel quale stavo cadendo.
È davvero la persona più irritante al mondo e non vedo l'ora che se ne vada da New Hope.
La mia confusione, a quel punto, sparirà con lui e tutto tornerà a girare per il verso giusto.
"Non verrai con me."
"Ti aspetto di sotto" risponde dirigendosi fuori dalla stanza.
"Aaron, tu non ci vieni!" grido.
"Sono già in giardino" dice.
Non trattengo una risata amara; spero non diventi presto un urlo rabbioso che finirà per svegliare mio padre e l'intero vicinato.
Arriviamo a casa di Justin non molto tempo dopo e suono il campanello.
Il suo appartamento si trova al secondo piano in un quartiere a sud di Main Street, ed è qui che sta vivendo da solo da ormai qualche mese, dato che suo padre è in missione con l'esercito.
A scuola tutti credono che siano i nonni di Justin ad occuparsi di lui e, ogni tanto, vengono a trovarlo - Justin me l'ha raccontato in più occasioni - , ma la verità è che non c'è nessuno a fargli compagnia e, prima o poi, qualcuno se ne accorgerà.
Aaron si trova accanto a me; ci lanciamo occhiate di sfida e io sorrido con antipatia.
"Zoe, che cosa...cosa ci fai qui?" chiede Justin sorpreso di vedermi, quando apre la porta.
Non è in pigiama nonostante siano le 9:00 del mattino ed è già pronto a uscire.
È pettinato e indossa una camicia grigia che emana un profumo delicato; credo sia acqua di colonia. "Con Aaron" va avanti guardando lui con il disprezzo più lampante che abbia mai visto.
"Scusa se sono venuta senza avvisare ma avevo bisogno di parlarti" rispondo, senza permettere che l'imbarazzo rovini il mio tentativo di fare ammenda con lui.
"Io invece sono venuto per dare supporto morale a entrambi."
Sorride Aaron ma sarcasticamente, per dar vita a una situazione di disagio.
Justin ci guarda e non riesce a dire nulla.
"Scusa ma adesso non è il momento adatto; sono alquanto impegnato" dice mentre suda freddo.
"A fare cosa?" domando.
"Nulla, io..."
Justin si interrompe nervosamente. "Te l'avevo detto che stava con un'altra donna" sussurra Aaron al mio orecchio.
"Sei con un'altra donna?" sbraito verso Justin.
"Cosa? No!" risponde lui scuotendo la testa, nel panico.
"Allora che problema c'è?"
"Non c'è nessun problema, è che non posso parlare adesso."
"Non puoi o non vuoi?" domanda Aaron, aizzando il fuoco.
"Non posso, sul serio."
Justin si guarda più volte alle spalle, spaventato o preoccupato che qualcuno possa raggiungerci a breve. "Almeno dimmi perché; so di essere stata una vera stronza ieri ma sono qui adesso."
"Già, dovresti apprezzare il gesto." Aaron vorrebbe scherzare ma viene colpito da un'altra fitta alla testa. "Stupido mal di testa!" impreca poi toccandosi una tempia, massaggiandola delicatamente.
Justin mi distrae da questa scena guardandomi negli occhi e io, non potendo fare a meno di ricambiare, lo imito nostalgicamente.
"Dovete andare via, davvero" dice voltandosi ancora a controllare se ci sia qualcuno.
"Non me ne vado finché non mi dici che succede" insisto, fermamente convinta mi stia mentendo e che possa essersi già trovato un'altra ragazza.
"Zoe, ti prego..."
"Hai davvero un'altra? È stato così facile rimpiazzarmi?"
La voce rotta tradisce il mio tentativo di mantenere la calma e il sangue freddo davanti a lui.
"No, ma che dici? Io non ho nessuna." Lo sto ferendo nell'orgoglio e Justin odia non essere visto come un bravo ragazzo.
"Allora che cavolo ti prende?" chiedo.
"Io..."
È pronto a confessare ma, proprio in quel momento, un uomo sulla mezza età si avvicina alla porta.
Indossa una giacca di pelle marrone e una camicia bianca, ha i capelli castani e ricci, un fisico ben piazzato e un'aspetto giovanile.
Profuma anche lui di acqua di colonia e le fossette ai lati delle sue labbra mi ricordano molto quelle di Justin.
È quando sorride che noto la loro somiglianza e che, per poco, non inizia a inquietarmi.
L'uomo è decisamente alto e i suoi occhi marroni spiccano di una luce contagiosa.
"Che cos'è tutto questo baccano? Justin..." chiede lui, notando la nostra presenza quasi subito.
"Aaron, cavolo!" continua quell'uomo, sorpreso ma non proprio felice di vederlo.
Aaron si irrigidisce mentre Justin si innervosisce in modo sempre più evidente.
"Signor White, che piacere rivederla" dice Aaron nel momento in cui i loro sguardi si incontrano.
All'inizio non mi pare vero, poi riccolego i pezzi.
La sorpresa di cui tanto mi parlava in quei messaggi era proprio questa:
suo padre è tornato dalla missione e io non lo sapevo perché ho passato gli ultimi giorni a trattare Justin come se neppure esistesse.
Il signor White ci scorta in salone nonostante le proteste velate da parte di suo figlio che, attraverso delle gomitate e degli sguardi omicidi, cercava di comunicargli un messaggio piuttosto chiaro:
non farli entrare in casa.
"È bello sapere che, nonostante le vostre divergenze, siate rimasti amici, e che non c'è rancore tra voi; pensavo non ti avrei più visto da queste parti." Il padre di Justin - che ho scoperto chiamarsi Bill -  si rivolge ad Aaron con cordialità, sorridendo spesso, in cerca di un cenno positivo da parte sua.
"Cosa posso dirti? La nostra amicizia è troppo forte per essere spezzata" risponde lui guardando verso Justin, che si stringe nelle spalle.
Uno dei due non è d'accordo e presuppongono sia il ragazzo che non ha ancora aperto bocca e che scapperebbe se solo potesse farlo senza risultare un codardo.
"Proprio come ho imparato con la mia squadra: mai abbandonare un compagno, a costo di rischiare la vita; quindi sono fiero di voi."
Sorride Bill dando una pacca sulla spalla a entrambi i ragazzi.
Justin trattiene una smorfia di disgusto mentre Aaron ride eccitato sotto ai baffi.
"E tu, tu devi essere la famosa Zoe Evans di cui mi ha parlato tanto mio figlio."
Ora si rivolge a me che, timidamente, sorrido.
Socializzare non è il mio forte, tanto meno con una persona che ho appena conosciuto e che è imparentata con il ragazzo al quale ho spezzato il cuore.
"Dipende da quello che ha sentito dire di me" rispondo.
"Cose belle, ovviamente."
Bill spinge Justin a ridere grazie alla sua estrema sincerità, ma con fare impacciato.
"Papà, forse dovresti lasciarci un attimo soli; io e i miei...amici...dobbiamo parlare" dice schiarendosi la gola mentre pronuncia la parola 'amici'.
"Certo. Vi posso preparare un ottimo panino con pomodori e maionese se avete fame."
Sarà anche il padre del mio primo ragazzo ma ha degli orribili gusti in fatto di cibo.
"Sono a dieta, ma grazie comunque" dico.
"E io odio la maionese" mi segue Aaron che, disgustato quanto me, se non di più, rifiuta l'offerta.
"Sta tranquillo, mangeremo più tardi" dichiara Justin.
"Ok...allora vado a farmi una corsetta; è il modo migliore per eliminare lo stress."
Bill allarga le braccia, lasciando intravedere i suoi duri muscoli da palestrato.
Ho come il sentore che l'abbia fatto di proposito e, per quanto vorrei godermi questo spettacolo, il mio sguardo continua a viaggiare verso quello di Justin.
"A dopo ragazzi" ci saluta correndo con passo svelto fuori casa, lasciando chiudere la porta alle sue spalle.
"Non sapevo tornasse così presto. Meraviglioso!" dice Aaron entusiasta. Scommetto che tutto ciò deve essere divertente per lui, quasi quanto il fatto che ho chiuso con il suo migliore amico.
Ha vinto, mi ha detto la verità e io sono scappata dai miei sentimenti, come ha sempre voluto dal primo istante che ha puntato gli occhi su di me.
"E io non sapevo che voi due andaste in giro insieme; ora siete amici?" chiede Justin, infelice della sua stessa affermazione.
"Certo che no" rispondo subito.
"Ci stiamo lavorando" fa eco Aaron. Lo guardo di traverso non appena lo dice.
"Era questa la cosa bella di cui mi volevi parlare, vero? Il ritorno di tuo padre" chiedo camminando nella direzione di Justin che ha in volto un'espressione priva di emozioni.
Non sente nulla, solo quel vuoto che il mio allontanamento gli ha causato e che ora lo tormenta orribilmente. "Che importanza ha? Tanto tu hai deciso di rovinare tutto."
"La nostra relazione, non la nostra amicizia."
"Se ci tieni alla nostra amicizia perché esci con Aaron?"
"Non siamo usciti insieme. Lui mi ha seguito perché deve sempre infastidirmi; è fatto così, lo sai bene." "Ha ragione" risponde Aaron, utilizzando la sua bocca nel modo corretto; finalmente, oserei dire.
"E ora mio padre pensa anche che siamo amici, quando è l'ultima cosa che vorrei nella vita" dice Justin che guarda Aaron con risentimento. "Andiamo, muori dalla voglia di tornare mio amico."
L'ironia del ragazzo, sta volta, ha un effetto davvero negativo.
Justin stringe un pugno e respira profondamente, colto dalla rabbia. "No, l'idea mi disgusta" ribatte.
"Sai una cosa? Dovrei divertirmi con Bill. Sarebbe bello se la mia ultima preda per arrivare al re della morte fosse proprio il padre del mio vecchio e caro migliore amico" dice Aaron che si ritrova a volare verso il divano, spinto dalla forza irrequieta di Justin; ha ormai perso ogni accenno di pazienza.
Il divano si ribalta e gli cade addosso, finendo per schiacciarlo.
"Bella mossa ma puoi fare di meglio" dice Aaron con voce strozzata.
Justin accetta la sfida e, dopo aver sollevato il divano e averlo lanciato dell'altra parte del salotto, prende Aaron dalla maglietta e lo avvicina a sé.
"Sta lontano da mio padre" gli dice come un cane rabbioso.
"Perché? Tanto a lui non è mai importato nulla di te, ti ha sempre abbandonato."
Aaron viene colpito dritto sul naso, improvvisamente.
"Fantastico, adoro quando tiri fuori la rabbia."
Riceve un altro pugno e poi ancora un altro, per essere lanciato, in seguito, contro il muro.
Un quadro cade sul capo di Aaron, che impreca per il dolore.
"Tu non sai niente! Non sai niente di noi!" dice Justin; è stato ormai catturato da una rabbia incontrollata.
"So che non hai mai avuto amore dai tuoi genitori, proprio come me; ecco perché un tempo andavamo così d'accordo."
"Ero ingenuo...ero ingenuo a pensare che tu potessi essere una brava persona."
Per poco, Justin non si mette a piangere; ha lo sguardo triste ma, allo stesso tempo, è adirato, in preda a una furia omicida che potrebbe colpire anche il suo migliore amico.
"Justin, devi calmarti, litigare con Aaron adesso non servirà a nulla; lui ci ha aiutato con il lato oscuro" dico, prendendo coraggio per avvicinarmi a loro.
Forse verrò colpita o spinta via, ma non mi farò fermare dalla paura, non se due delle persone più importanti della mia vita sono in procinto di commettere un grave errore.
"L'ha fatto solo per sé stesso, non per aiutarci" risponde Justin.
"Lo pensi davvero? Se fosse così ti avrei lasciato morire in quel vicolo e non avrei chiesto a Zoe di cercarti. La verità è una sola: che, per quanto possa odiarti, io non voglio vederti morto."
Aaron si alza in piedi mentre riprende lentamente le forze che stavano incominciato ad abbandonarlo.
Non dovrei pensarlo, ma una parte di me crede che sia sincero e un'altra, ancora più oscura, vorrebbe che fosse così.
"Peccato che per me non sia lo stesso." Justin non cede mantenendo un'aria incattivita e brutale.
Sentendolo dire, Aaron manda un urlo agghiacciante e si porta una mano alla fronte, mentre i suoi occhi neri si illuminano.
"Aaron!"
Corro da lui e gli tocco una spalla, terrorizzata dal modo in cui ha gridato, piegandosi in due dal dolore. "Che gli prende?" domanda Justin, adesso turbato.
"È il lato oscuro, sta succedendo proprio come con Sam: vuole prendere il sopravvento" rispondo nel tentativo di tenere Aaron fermo, ma è talmente forte che i suoi movimenti intralciano i miei.
"Fa male, cazzo! Non dovrebbe essere così; io sono il suo padrone!" urla cadendo sul pavimento, abbandonato dalle forze che sembrava star recuperando.
Io e Justin ci lanciamo uno sguardo confuso, sapendo entrambi da chi dovremmo andare.
L'unica persona che ci dirà cosa sta succedendo è Claire, ed è proprio da lei che corriamo.
Justin trasporta Aaron con sé verso la residenza Fletcher; io, invece, vado da sola, ritrovandomi, per puro miracolo, nel posto giusto.
"Curare mio nipote da una presunta possessione è l'ultima cosa che avrei voluto fare questa sera; lo sapete?" dice Claire mentre Aaron è addormentato.
Sta prelevando del sangue dal suo braccio, intanto.
"Almeno sai cosa sta succedendo? Perché si comporta in questo modo se si tratta del suo lato oscuro?" chiedo. "Possono esserci diversi motivi: forse il suo corpo si deve abituare di nuovo, oppure, ci siamo sbagliati e non è il suo lato oscuro."
Justin assume una certa tensione quando viene nominata la seconda possibilità.
"Che vuol dire? Può non essere suo? Aaron è l'unico che ha ucciso delle persone, l'unico che può aver attivato il suo lato oscuro" dice Sam intimorita.
"Allora si tratterà della prima opzione; Solo i miei esami potranno dirlo. Fino a quel momento, non abbassate la guardia. Aaron è cattivo, ha sempre desiderato la distruzione delle povere anime ma, se dovesse farlo con il suo lato oscuro, saremmo tutti morti."
Claire è in grado di spaventarci e metterci a disagio.
Non è una novità ma speravo che, almeno oggi, sarebbe stata più comprensiva.
Poco dopo, Sam si avvicina a suo fratello e lo osserva, forse con un velo di tristezza, oppure con rancore.
È difficile capire a cosa stia pensando se lo guarda in modo così vuoto. Justin va da lei e le posa una mano sulla spalla, accarezzandola piano.
Sam sorride e l'angoscia torna in me, colpendomi in pieno stomaco. Sembrano così felici insieme; lei è radiosa quando lo guarda e, di certo, lo merita molto più di me.
Io non merito nessuno.
Vado in salotto e chiudo gli occhi, esasperata dalle pressioni che mi sono imposta da sola.
Non devo rovinare il loro rapporto, né oggi né mai.
"Non deve essere facile volere qualcuno che ha una sintonia così grande con un'altra persona, suppongo" asserisce Claire, attirando la mia attenzione.
Io la guardo e, con un sospiro affaticato, le lascio intendere che ha capito.
"Lui starebbe molto meglio con lei" rispondo.
"Ma lui non vuole lei e al cuor non si comanda; te lo sta dicendo la donna che ha perso il suo cuore molti anni fa con una persona che non l'ha mai apprezzato, fino a distruggerlo." "Davvero?"
Non riesco a vedere Claire come una persona che possa amare qualcuno ma, a quanto pare, tutti hanno un peso da portarsi dietro, anche chi ha un cuore di ghiaccio.
"Una volta, sì, ma ti posso assicurare che non si muore per amore; bisogna viverlo e basta, quando ti capita, se ti capita. Goditelo finché dura, perché è uno dei sentimenti più effimeri che possano esistere al mondo."
Ascolto in silenzio mentre una voragine risucchia l'aria nei miei polmoni, poi la guardo andare via. Claire non si sbaglia, l'amore dura troppo poco e io ho già sprecato la mia occasione per essere felice, ma almeno l'ho fatto per la mia migliore amica e sono certa che non me ne pentirò.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora