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Mi avvio velocemente verso un taxi ma, non appena lo chiamo e l'auto si ferma davanti a me, vengo bloccata da Aaron.
Mi attira a sé e mi spinge a voltarmi.
"Aaron, non ho per nulla voglia di discutere con te, non dopo quello che è successo" dico, trattenendo il respiro affannato che vorrebbe uscire dalla mia bocca.
"Ma tu lo sai perché l'ho fatto, sai che era l'unica soluzione" risponde.
È infuriato, stringe la mia pelle, infilandoci quasi le unghie dentro. Decido, perciò, di non dimenarmi, preoccupata da questa sua ira fulminante.
"Andiamo, non l'hai fatto per Sam ma per diventare più potente, così potrai uccidere il re della morte; non c'è ombra di dubbio" dico, sforzandomi per non far scontrare i nostri nasi e le nostre labbra, così vicini da essersi già sfiorati più volte.
"Sì, avrei ucciso Jasmine e quegli stupidi ragazzini in ogni caso, ma l'idea di trasportare il mio lato oscuro nel corpo di Jasmine è stata geniale e così ho salvato mia sorella."
Esalta il suo comportamento, galvanizzato.
Non ho mai conosciuto una persona peggiore di Aaron, eppure non posso dargli torto; Jasmine ci avrebbe fatto fuori e avrebbe parlato con Bob delle sue scoperte se non fossimo intervenuti, ma ciò non significa che avremmo dovuto ucciderla.
"Senti, a me non importa nulla di Jasmine o dei suoi amici, ma mi importa di Sam e adesso lei ti odia, quindi..."
Con un colpo deciso mi avvicina ancora al suo corpo, scuotendomi.
"Mi odia perché è una ragazzina ingenua, tu invece non lo sei, Zoe, lo sai che ho fatto la cosa giusta" dice.
Lo guardo con la stessa intensità che sta utilizzando su di me, tornando alla realtà quando sento fremere i miei nervi. Vengono stimolati dalla nostra vicinanza e attribuisco un fenomeno del genere al fascino dei poteri di Aaron. Non sono attratta da lui ma incantata dalla sua energia soprannaturale.
"Lasciami in pace Aaron, la nostra collaborazione è ufficialmente finita" rispondo, anche se mi risulta difficile farlo.
"Avevi detto che mi volevi nella squadra perché sono l'unico in grado di prendere decisioni difficili quando occorre, adesso hai cambiato idea? Tutto perché vuoi fare la paladina della giustizia con quello sfigato di Justin."
Rinuncia alla sua stretta.
"A me quello sfigato però piace e ha ragione a definirti un mostro, solo un mostro ucciderebbe tutte quelle persone senza il minimo rimorso." "Tu non hai idea di quello che succederà, il mio lato oscuro è ancora libero, senza di me finirete per farvi possedere tutti."
"Ce la caveremo lo stesso, siamo in tre e le nostre forze unite ci daranno una mano."
"La metti così? E sentiamo, che faresti se la prossima vittima fosse proprio il tuo paparino? Magari mentre è intento a scrivere il suo libro pensando a quanto sua figlia sia una delusione; pensa se venisse attaccato alle spalle proprio da quel mostro e io non fossi lì a proteggerlo."
Ride tra una parola e l'altra, avvicinandosi torvamente a me.
"Tu non proteggi le persone, le usi per arrivare ai tuoi scopi, è diverso." "Siete in pericolo, Zoe, devi credermi sta volta, perché io l'ho sentito e quel mostro è più forte di quello che credete."
"Le tue parole non hanno alcun significato. Mi dispiace ma devo andare."
Aaron blocca lo sportello mentre provo a salire sul taxi.
Impegno una determinata pressione sulla maniglia, nonostante la resistenza dall'altra parte sia dura a cedere. Non mi arrenderò finché Aaron non la finirà con questi infantili giochetti.
Finalmente lo apro e mi giro, lanciando ad Aaron un'occhiata di trionfo.
Lui, prevedibilmente, non dice una parola; resta serio in volto e incrocia le braccia al petto.
Salgo a bordo del taxi ed espongo al conducente la via di casa.
"Stai commettendo un errore, ricordatelo Zoe" dice Aaron affacciandosi al finestrino.
Fingo che non esista e, a portarmi via da questa imboscata, ci pensa il veicolo, partendo.
"Un grave errore" ripete, urlando sta volta.
Scuoto la testa e mi concentro a osservare le strade deserte della città attraverso il finestrino, mandando via qualsiasi pensiero negativo possa balenare nella mia mente adesso.
Il cielo è diventato più cupo e le nuvole si sono unite in un'unica lunga linea grigia, che abbatterà su di noi un violento acquazzone entro stasera.
Arrivo a casa e l'atmosfera tetra che mi accoglie non mi lascia indifferente. È come se ci fosse una presenza maligna qui con me, che mi segue lungo la stanza.
"Papà, sei qui?" chiedo togliendomi la giacca, che poso distrattamente sull'appendiabiti.
"Sto scrivendo nel mio studio" risponde vociando dal piano di sopra.
Tiro un sospiro di sollievo e prendo dallo scaffale un libro che aspettavo di leggere da mesi ma non ne ho mai avuto il tempo.
Magari passerò la mia serata in questo modo, senza mostri od orribili demoni.
Mi metto comoda sul divano e incomincio a sfogliare le pagine ancora mai state toccate.
Il libro parla di fotografia, racconta delle varie tecniche e di come realizzare scatti con una luce perfetta, che non sia né troppo cupa, né troppo colorata.
Ho speso molti dei miei risparmi dell'ultimo anno per comprarlo e mio padre mi ucciderebbe se non lo leggessi entro la fine di dicembre. Mentre sono immersa nella lettura, la finestra si apre, spinta da quella forza mistica che ho percepito entrando in casa.
Mi induco a guardarla, malgrado il mio scompiglio e, in quel momento, il libro tra le mie mani viene chiuso. Strepito lanciandolo a terra, fremendo sgomentata.
"Henry."
La voce del mostro sussurra il nome di mio padre.
Ciò che Aaron mi ha detto, il pericolo che corriamo restando a New Hope, ho sperato fosse un'esagerazione dettata dalla paura ma non è così, perché il suo lato oscuro è venuto a terminare il lavoro che ha iniziato con me.
"Papà" grido correndo al piano di sopra.
Il suo studio si trova dietro la prima porta che si presenta nel corridoio, che però non si apre.
La maniglia è congelata e, a ogni mia spinta, sembra che qualcuno dall'altra parte mi stia ostacolando.
"Apri la porta, dobbiamo andare via, subito!" dico in preda al panico, tirando calci e pugni alla porta.
La presenza si fa sempre più vicina, ciò significa che il mostro è venuto a prendere mio padre e che Aaron aveva ragione.
Apro la porta dopo un ultimo calcio e vedo papà seduto davanti alla scrivania, impegnato a scrivere. Possibile che non abbia sentito tutto questo rumore?
"Zoe, quante volte ti ho detto di non disturbarmi mentre scrivo?" domanda annoiato, senza alzare lo sguardo su di me.
"Ma mi senti quando parlo? Ho detto che dobbiamo andare. Prendi la tua roba, New Hope non è sicura per te" rispondo.
Basta questa richiesta a spaventarlo e confonderlo.
"Cosa? No, non puoi decidere di andarcene così, sono io l'adulto."
"Per oggi lo sarò io, fidati di me, accadrà qualcosa di orribile se non saliremo in auto e non andremo dritti in aeroporto."
Non sembra capire, infatti aggrotta la fronte.
"Sbrigati, non abbiamo più tempo" continuo, filando a raccogliere la mia roba.
Trascino mio padre fuori casa e lui, con sempre più perplessità, inizia a pormi delle domande.
"Mi spieghi che succede? Forse il funerale di oggi ha rievocato in te brutti ricordi? Hai bisogno di tornare in terapia?"
"Non c'entra nulla il funerale, è questo posto, papà, non lo vedi che è maledetto? Mi sono stancata."
Getto le valige sui sedili posteriori e apro lo sportello del guidatore.
"Sali" ordino autoritaria.
"Zoe, io credo che tu non sia del tutto in te e..."
"Sali, mio Dio! Non rendere il tutto più difficile."
Perdo la pazienza e, aggiungerei, anche una buona fetta di sanità mentale.
"Capisco tu abbia paura ma andare via ora non ci porterà a nulla, la polizia troverà questo serial killer e ne usciremo, ok?"
Non sto sentendo le sue parole, dette con tanto rammarico e con premura. Nella piscina giaciono una decina di topi e quella presenza ingombrante torna a ossesionarmi.
"Non abbiamo davvero più tempo, devi salire" dico, entrando in auto e sbattendo lo sportello.
"Zoe, ne usciremo."
Si ostina mio padre.
"Papà, ti scongiuro, per una volta nella vita fidati di tua figlia e sali su questa cazzo di auto prima che mi metta a urlare."
Sputo tutta la rabbia che possiedo, scombussolando la sua perseveranza. Riflette attentamente, poi è costretto a sospirare.
Rassegnato, sale a bordo e mette in moto mantenendo un'aria nervosa. "Tutto questo è da pazzi" borbotta mentre il mio sguardo viene catturato da Bob Crave.
Ci sta fissando dal giardino della sua residenza, con troppa curiosità per i miei gusti.
Aspetto che mio padre parta a tutta velocità, così da non dover più incontrare nessuna delle minacce che New Hope mi ha fatto conoscere nel corso dei mesi vissuti qui.
L'auto sfreccia verso l'aeroporto e tutto sembra far parte di un'altra dimensione; posso sentire solo l'ansia e uno strano freddo lungo la colonna vertebrale.
So che qualcuno ci sta seguendo ma non ho intenzione di guardare alle mie spalle per scoprire di chi si tratti. "Zoe, tesoro" dice mio padre, ma da parte mia non riceve risposta.
"Ti prego, di' qualcosa, aiutami a capire che cosa sta succedendo." Ancora una volta silenzio, un tombale e gelido silenzio.
"Non posso credere che stia accadendo di nuovo, che sei di nuovo caduta nei tuoi deliri."
Si dispera.
"Guida e basta, se vuoi che vada tutto bene devi guidare" dico al limite della sopportazione.
"Lo sto facendo ma non capisco che ti prende."
"Nulla, fa come ti dico."
"Ma io sono tuo padre, tu dovresti fare quello che dico."
"Ti sembra il momento di discuterne?"
"No ma credo che dovremmo almeno..."
Non fa in tempo a finire la frase che qualcuno ci sbarra la strada e mio padre è obbligato a frenare.
Urlo e guardo la persona che ci si palesa davanti.
È impassibile e non muove nemmeno un muscolo.
"Aaron..." mugugno.
Quel pazzo ci avrebbe fatto ribaltare se solo non l'avessimo visto! Che diamine gli è saltato in mente?
"Ma chi...chi cavolo è quel ragazzo? Ci ha quasi ucciso" dice papà.
Le mani gli tremano mentre stringe il volante.
Non dico nulla, fisso Aaron stizzita e con il fiato ormai corto.
"Ok papà, ora devi andare dai vicini, resta lì finché non sarò tornata, non provare ad andare a casa, è troppo rischioso."
"Aspetta, che vuoi dire? Non ti lascio da sola con questo malvivente" risponde agitato.
"Sono seria, devi andare, mi occupo io di lui."
E, dicendolo, non posso trattenere un'occhiata rabbiosa rivolta ad Aaron. "Cosa? Tu conosci quel tipo...?" chiede. Non rispondo, apro lo sportello ed esco.
"Zoe, non andare, sei impazzita?"
Mio padre suona il clacson energicamente ma non serve a fermarmi, dato che ho già raggiunto Aaron, trovandomi faccia a faccia con la furia omicida che ha negli occhi. "Che cosa vuoi?" domando restando calma.
"Che cosa voglio? Che cosa voglio, Zoe? Impedire che tu vada via senza aver aiutato i tuoi amici" risponde con un tono opposto al mio.
"Non è per quello che lo sto facendo."
"Che pensavi di fare? Dartela a gambe levate? Scappare senza salutare nemmeno Justin e Sam? È da codardi"
mi accusa, non credendo possibile che stia prendendo una scelta simile dopo tutto quello che ho fatto per salvare Sam.
"No, tu non capisci, avevi ragione, lui vuole uccidere mio padre, gli farà del male, non posso permettere che gli accada qualcosa, è tutto ciò che ho, il mio unico genitore, io non...non posso perderlo" parlo sempre più ansiosa. "Forse l'hai già perso" dice indicando alle nostre spalle la strada vuota.
Non c'è più alcuna macchina, né alcuna traccia di mio padre.
"Non è possibile, non ho sentito partire la macchina, che fine ha fatto?"
"L'ho riportato a casa, ora dorme e di sicuro penserà che tutto ciò sia stato solo un brutto sogno."
"Tu hai...cosa? Come ti sei permesso?" Do in escandescenze.
"Non ti posso lasciar scappare, lo sai anche tu di essere diversa dagli altri e ora che sai usare i tuoi poteri Sam e Justin hanno bisogno di te."
"Non puoi decidere quello che devo fare o come devo vivere la mia vita, tu non sei nessuno Aaron, nessuno!"
Lo colpisco al petto senza rendermene conto.
"Ci risiamo" sbuffa.
"Qui va tutto male, la gente muore e mio padre è in pericolo, non mi interessa dei miei poteri, ok? Voglio andare via, lasciami andare via."
Un altro colpo, e un altro, fino a distruggermi la mano.
Sono arrivata al limite, lo stesso che ho sempre avuto paura di raggiungere e che adesso sto per superare.
"Devi calmarti, sappiamo entrambi che sei più forte di così e credimi...preferirei mille volte che fossi una debole ragazzina ma non lo sei e ti odio per questo."
"Fanculo, chiudi la bocca, tu sei uno psicopatico!" sbraito.
"Il migliore e hai ragione, faccio tutto per uno scopo e ora il mio scopo è distruggere con te il mio lato oscuro, quindi non vai da nessuna parte, capito?"
"Fammi tornare a casa, voglio tornare a casa mia" rispondo incollerita, tirandogli un altro pugno, pur sapendo di non potergli far male, ed è forse questo a non farmi smettere.
"Non vai da nessuna parte, invece." Arresta le mie braccia quando sto per colpirlo nuovamente.
"No, no, no, lasciami, tu non capisci, sei egoista, pensi solo a te stesso, io devo proteggere mio padre."
"E lo farai restando qui, ma devi restare, tu devi...restare" dice guardandomi in viso senza timore.
Le sue mani stringono i miei polsi per tenermi ferma e i miei poteri sono fin troppo deboli adesso per difendermi. Ho paura di tutto ciò che mi circonda.
"Devi restare" dice ancora, quasi in un sussurro e con voce profonda.
"Per lui" continua addocchiando Justin che sta arrivando da lontano.
Ci guardiamo e finalmente posso inebriarmi di un po' di energia positiva capace di far svanire la mia ansia.
"Ce la faremo insieme, io, te e Sam, siamo una famiglia adesso; non scappare da chi ti ama" dice Justin.
Aaron non mi tocca più e io, avendo un subbuglio inaspettato nella bocca dello stomaco, mi irrigidisco.
"E Aaron sarà anche un pazzo egoista che punta a diventare il re della morte ma ci darà una mano a distruggere quel mostro, perché, da una parte, anche lui è di famiglia, purtroppo."
"Purtroppo per me" risponde Aaron, che vince una mia risata.
"Se resterò vorrà dire che mio padre rischierà la vita ogni giorno e io non me lo posso perdonare" dico.
"Tuo padre ha la nostra protezione, o almeno la mia; da ora in poi sarà in una botte di ferro."
Justin sorride comprensivo.
Aaron non espone la sua idea ma fa semplicemente spallucce.
"Grazie Justin."
distolgo lo sguardo da Aaron e lo punto sul mio ragazzo.
Cosa mi ero messa in testa? Che volesse proteggere mio padre? Certe cose non possono cambiare.
"Ma non sarò tranquilla finché quel mostro non sarà tornato da dov'è venuto, perciò, Aaron...la prossima volta che vuoi fare lo stronzo, almeno fammelo sapere prima, perché questo vuol dire collaborare" gli dico, riferendomi a come abbia agito d'impulso uccidendo gli amici di Alec. Lui alza di conseguenza gli occhi al cielo.
"Come desideri, novellina" risponde e ci ricambiamo una smorfia di risentimento.
"Allora resto" dico poi, sorridendo teneramente a Justin.
Lui mi bacia, appoggiando una mano sulla mia spalla e avvolgendomi in un caldo e amorevole abbraccio.
Aaron reagisce smettendo di guardarci, disorientato da una tale passione che ha sorpreso persino me.

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