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Mi assicuro con Sam che i genitori di Jasmine escano di casa, mentre siamo nascoste dietro a un cespuglio nel cortile della loro residenza.
Una volta andati via, ci teletrasportiamo all'interno del salone; è qui che realizzo cosa sto per fare e il motivo che mi sta spronando a infrangere questa dimora:
la stanza segreta di Jasmine, le nostre foto, il video di Justin che si lancia dal tetto; nulla di tutto ciò deve finire nelle mani della polizia, o peggio, nelle mani di Bob Crave.
"Me la ricordavo più grande" dico accarezzando un cuscino sul divano.
Assomiglia a quello che mi ha regalato la mamma, i ricami sono diversi ma la forma è la stessa. Jasmine non meritava di morire, come non lo meritava mia madre e, senza di loro, il mondo di alcune persone, da ora in poi, sarà un po' più grigio.
"Io non la ricordavo così triste" risponde Sam abbattuta.
Ha reagito tragicamente alla morte dei ragazzi del club e credo sia arrabbiata con sé stessa, nonostante non abbia commesso alcuno sbaglio. Non ha chiesto ad Aaron di salvarle la vita in quel modo, né di uccidere qualcuno per lei.
"Cerchiamo qui dentro se c'è qualcosa; non possiamo sapere dove Jasmine nascondesse la sua roba." aggiunge Sam.
"Ok, ma facciamo presto."
L'assecondo e parto subito alla ricerca.
Guardo ovunque:
tra le pieghe del divano, dietro ai cuscini e tra i vari libri, mentre Sam fa lo stesso.
La casa è pulita, non c'è un filo di polvere e gli attestati vinti da Jasmine sono stati lucidati spesso negli ultimi giorni, data la loro condizione ineccepibile.
"Non sembra esserci nulla qui" dico, prima di constatare che Sam si sia fermata a osservare una foto che raffigura Jasmine e i suoi genitori in campeggio, sorridenti e allegri.
Lo sguardo di Sam si fa tenebroso, palesando il dolore che le provoca rivedere il volto della ragazza che suo fratello ha ucciso.
"L'ultima volta che siamo state qui lei era ancora viva e abbiamo ballato tutti insieme" dice bisbigliando, frenandosi dal piangere.
"Sam, non torturarti così" rispondo dispiaciuta.
"Non ci riesco. È come se, ogni volta che andassi dormire, ogni volta che sia felice per qualcosa, lei mi tornasse alla mente. È morta a causa mia."
"No, è morta a causa di Aaron. Ci ha ingannato per arrivare al suo obiettivo; tu non hai fatto nulla."
"A parte diventare un mostro."
"Non eri in te, basta darti la colpa, è inutile e distruttivo. Ricorda perché siamo venute qui."
Salvare quello che resta, è questo che voglio, rinunciare una volta per tutte alla paura di finire chiusa in un laboratorio dopo essere stata rapita dall'esercito del governo americano. Sam non risponde, poi rimette la foto al suo posto, sistemandola come prima.
Ci dirigiamo nella stanza segreta di Jasmine senza il bisogno della chiave, grazie al teletrasporto; quel brivido che mi percorse la prima volta torna.
Si allunga sulla mia colonna vertebrale, bloccandosi dietro al collo. Non mi capacito di come Jasmine abbia potuto davvero seguirci fino a questo punto, spiandoci per mesi, fotografando le nostre mosse e chiudendo il tutto in una stanza da  scienziati pazzi.
"Facciamo sparire tutto e trasportiamo questa roba a casa tua, poi ce ne sbarazzeremo. " proferisco e Sam si mette a lavoro.
Ci vogliono pochi istanti per far sparire quasi tutto e avremmo già finito se non mi soffermassi un secondo in più sulla foto del tetto; Justin mi aveva raccontato per la prima volta la verità, aprendomi un nuovo mondo davanti.
Un mondo fatto di demoni, di anime che vagano nella nostra dimensione, di streghe e stregoni.
Un mondo magico dal quale non voglio più scappare.
Un triste sorriso si forma sulle mie labbra e, purtroppo, Sam se ne accorge.
"Che problema hai con lui? Credevo ti piacesse" dice facendo caso alla foto che stringo in mano.
"Infatti mi piace, ma non ha importanza."
Non ha importanza perché Sam ha una cotta per lui e vederla soffrire mi spezzerebbe il cuore.
Sta già accadendo ma io non ne ero a conoscenza.
"Come non ha importanza? Se ti piace una persona non la tratti male e non le dici che è assillante."
"Ho dovuto farlo, io e Justin non possiamo stare insieme, anche se dovessi mai innamorarmi di lui."
"E perché?"
"Perché non sarebbe giusto."
"Non capisco..."
Sam non riceverà una risposta sincera da parte mia, sono una codarda che non si smentisce mai, neanche ora che dovrebbe mostrare solidarietà verso la sua migliore amica, raccontandole la verità.
Sono a conoscenza del suo piccolo segreto e ho deciso di rispettare i suoi sentimenti, mettendoli al primo posto. "Non c'è nulla da capire. Sbrighiamoci."
Faccio sparire anche quella foto; è quando abbasso il capo per assicurarmi che fosse l'ultima che noto qualcosa per terra.
"E questo cos'è?" chiedo prendendo la foto dal pavimento.
Il mio sangue raggela.
Quegli occhi gialli, quella sagoma nera e quella pelle cadente; è raccapricciante persino in foto.
Ma la cosa peggiore è che l'immagine non ha immortalato solo il lato oscuro di Aaron ma un uomo lì davanti che cammina tranquillo con il suo taccuino tra le mani, ignaro del demone che lo sta seguendo. Quell'uomo è mio padre!
"Mio Dio..." dice Sam che, mentre si avvicina a me, scruta la foto, riconoscendo la persona al suo interno.
"È il giorno in cui Aaron ha provocato l'uragano; mio padre stava uscendo dall'ufficio del sindaco. Il mostro lo sta seguendo da chissà quanto tempo."
Le parole a stento mi escono di bocca; sono flebili e angosciate.
"Zoe, non ti preoccupare, Justin e Aaron lo proteggeranno" risponde Sam accarezzando la mia spalla.
Il suo gesto carino dovrebbe calmarmi ma non fa altro che accrescere la mia rabbia.
"Non spetta a loro proteggerlo; dovrei farlo io! Io dovrei esserci sempre per lui; lo devo a mia madre!"
Stringo la foto che trema nel mio tocco insicuro.
Dovrei essere una figlia più presente e mostrare il mio amore per lui anche quando ciò risulta difficile, eppure mi sono quasi dimenticata come si fa, dato che ero troppo impegnata a combattere contro quel mostro.
"Ma non sai ancora usare bene i tuoi poteri e, se dovesse entrare nel tuo corpo, finiresti proprio come me." "Non accadrà, perché sarò con Aaron; lui ha un piano e prima non ne ero sicura di assecondarlo ma adesso...adesso devo farlo" dico decisa a combattere, a costo della mia stessa vita.
Farei questo e altro per proteggere mio padre dai pericoli di New Hope e, non appena l'incubo sarà finito, scapperemo da qui; torneremo a Manhattan e tutto sarà di nuovo calmo come un tempo.
Niente più demoni, niente più mostri e niente più Aaron.
Chiuderò con questo mondo di matti una volta per tutte.
Sam mi fissa preoccupata ma non dice nulla, nonostante sembri voglia abbracciarmi o consolarmi, in qualche modo; sicuramente non ne avrà il coraggio.
Usciamo dalla residenza Torres e veniamo accolte da una fitta nebbia.
Il clima è poco stabile, i corvi sono agitati e le foglie svolazzano per la strada, ricoprendo il sentiero di fronte al cortile.
Questo può voler dire solo una cosa, sfortunatamente.
"Colpirà di nuovo, cercherà un nuovo corpo nel quale entrare" dice Sam che ci tiene ad 'allentare' la tensione.
"Ma come facciamo a sapere chi? Potrebbe essere chiunque" rispondo  meditandoci sopra.
L'ultima volta ha attaccato Sam, non una persona qualsiasi, perché solo così può avere potere, entrando nel corpo di qualcuno che sia diverso dagli altri.
"Oppure no..." ragiono sforzandomi per vederci chiaro.
"Justin, lui sarà il prossimo!" affermo, ormai arrivata a una conclusione.
È spiacevole ma non credo di sbagliarmi.
Sam si insospettisce immediatamente. "Perché lo dici?"
"Sta cercando di arrivare a me, sa che Justin sarebbe la vittima perfetta per incastrarmi."
"Allora andiamo ad avvisarlo, prima che sia troppo tardi."
Sam è già pronta a correre in suo soccorso ma ciò le viene reso impossibile dal rombo di un'automobile.
I signori Torres sono tornati a casa. "Teletrasportati" dice e non aspetta un attimo di più, nemmeno per assicurarsi che io sia in grado di imitarla.
Compio un tentativo ma, come accade spesso, non funziona e mi ritrovo sul tetto.
"Merda!"
Mi porto una mano tra i capelli, imprecando contro la mia incurabile incapacità.
Non ho mai smesso di esercitarmi, utilizzando il teletrasporto, passando da una stanza all'altra quando mio padre non è in casa, arrivando a scuola in orario e raggiungendo Sam al centro commerciale.
Non ha funzionato nemmeno una volta ma almeno ci ho provato con tutte le mie forze, costantemente.
"Ehi tu! Ragazzina! Che ci fai là  sopra?" grida la signora Torres che alza il capo nella direzione del tetto.
Ha un leggero mancamento e arretra puntandomi un dito contro.
Non esistono parole adatte da tirare fuori in momenti così assurdi; questa è l'ultima cosa che avrei mai pensato potesse accadermi.
"Io..."
Non ho la possibilità di spiegare:
il signor Torres scende dalla macchina e mi guarda con i suoi freddi occhi verdi.
È un uomo di stazza robusta, a differenza della moglie esile e bassina. I suoi capelli castani, e ancora per nulla bianchi nonostante l'età, sono folti.
"Ma che diavolo succede?" chiede lui. "Martin, chiama la polizia, presto!" risponde sua moglie, pregandolo di compiere questo gesto dettato dalla paura.
"Ma quello lì è il detective Roger?"
Indico alle loro spalle, dicendo la prima cosa che mi viene in mente. Loro si voltano, credendoci come due ingenui e, proprio in quel momento, utilizzo i miei poteri per scappare.
Mi ritrovo nel bel mezzo del bosco e circondata dalla nebbia, mentre alcune foglie, ormai secche data la temperatura invernale, mi cadono addosso.
"Sempre meglio di prima" confabulo tra me e me tornando in piedi.
Mi do una pulita ai jeans e alle scarpe, agitando il piede sul terreno asciutto. Il rumore di una foglia che viene calpestata mi costringe ad alzare repentinamente il capo, così resto immobile per capire da dove provenisse.
Osservo il perimetro, studio le foglie  mosse dal vento, le erbacce e i cespugli che vengono accarezzati da quella pungente brezza invernale.
È quello il punto, dietro a un cespuglio dalle foglie secche; qualcosa al suo interno lo scuote e, cogliendomi nella più totale paura, mi porta a indietreggiare.
Poi, due orecchie lunghe e un corpicino bianco saltano fuori.
Un coniglio corre tranquillo sul prato, dirigendosi svelto verso un sentiero che conduce lontano da questa parte del bosco, nella direzione del fiume. Mi ha spaventata così tanto che credevo mi sarei ritrovata presto a terra, in balia di uno svenimento, ma la mia immaginazione aveva incominciato a viaggiare e stavo perdendo lucidità.
Rilassandomi, ricomincio a camminare; ma è proprio quando abbasso la guardia che quel mostro mi trascina verso un albero, bloccandomi.
"No" urlo mentre la sagoma del lato oscuro di Aaron si avvicina a me lentamente e con fare minaccioso.
I suoi occhi gialli, che sembrano ingrandirsi, mi incutono timore.
Non mi lascerà mai in pace, non finché non gli permetterò di entrare nel mio corpo.
Una volta che mi ha raggiunta, combatto per non farmi toccare, dimenandomi disperatamente.
Sono pietrificata e so che lui riesce a fiutarlo; è ciò a divertirlo, la convinzione di avere potere su di me e di star vincendo.
In fondo, è solo la proiezione del lato più malvagio di Aaron.
"Zoe, presto saremo insieme per sempre" dice sussurrando in modo raccapricciante.
"Mai!"
Gli tiro un calcio e, aggrappandomi saldamente all'albero, mi spingo su, raggiungendo il ramo più alto.
Se dovrò lottare, allora lo farò; salverò  mio padre e tutta New Hope da questo essere raccapricciante.
Guardo verso il basso e constato che il mostro non c'è più, ma questo non mi fa sentire meglio; sono consapevole che stia andando da Justin e che sicuramente proverà a possederlo.
Mi teletrasporto alla residenza Fletcher; riesco a entrare in casa dando una spinta alla finestra, aprendola.
"Sam, sei qui?" domando cercandola con lo sguardo.
Il salone è deserto e, se Claire o Sam fossero state qui, avrebbero già accennato a rispondere.
"No, ma ci sono io; va bene lo stesso?" risponde Aaron, piombandomi davanti mentre scende i gradini delle scale.
Lo guardo e viaggio con la mente altrove. 
Indossa una canottiera bianca che lascia intravedere il suo petto e ha i capelli bagnati, segno che ha finito da poco di lavarsi.
Immagino le goccioline di acqua calda che cadono lungo il suo corpo e la sua espressione mentre gode di quella pace che solo una doccia rilassante può darti.
Devo calmarmi; Justin è in pericolo e non sono ancora diventata tanto egoista da pensare a quanto sia attreanente il suo migliore amico mentre lui rischia di venire posseduto. 
"Sono disperata, quindi sì; e poi avrò bisogno anche di te" dico mettendo a tacere i pensieri sul suo aspetto. "Fammi indovinare; il mio lato oscuro ti ha attaccata ancora e hai paura che stia per uccidere qualcuno?"
"Non era così difficile da capire; ma, la parte peggiore, è che credo sia Justin il suo bersaglio. Dobbiamo trovarlo, e anche Sam, non ho idea di dove sia finita."
"Li posso trovare entrambi in pochi secondi, ma prima tu devi calmarti;  non collaboro con chi mi mette ansia."
Le sue provocazioni, la sua saccenza e arroganza, tutto questo mi ricorda perché Aaron sia la persona peggiore alla quale chiedere aiuto, eppure non posso farne a meno.
"Non fare quel faccino e andiamo; ma tu non comportarti in modo stupido." dice.
"Intendi come quando ti ho salvato la vita con Mike?" ribatto, sicura che le mie parole avranno un pessimo effetto su di lui.
Non risponde, guardandomi con un fastidio esilarante negli occhi.
"Una cosa del genere" dice poi, allontanandosi da me per andare a prendere la sua giacca.
Grazie ai poteri di Aaron, riusciamo a rintracciare Sam che, senza così tanta sorpresa, si trova a casa di Justin. Probabilmente deve essersi diretta qui a cercarlo in seguito alla nostra deduzione.
Entriamo dalla porta già aperta, cosa che non mi aiuta a non pensare al peggio e, controllando che dietro non ci sia alcun mostro o demone in agguato, ci dirigiamo nel piccolo salotto dell'appartamento.
Justin vive in una casa modesta ma ben curata; non c'è un mobile fuori posto, né un oggetto che non sia in perfetta armonia con il resto della stanza.
La sua mania per l'ordine si rispecchia anche in questa casa, come in qualsiasi cosa faccia.
Deve avere il controllo, gli piace essere in grado di sistemare ciò che non va bene e odia l'idea che qualcuno possa tirarlo fuori dalla sua zona di confort.
Sarebbe la vittima perfetta per il lato oscuro di Aaron, una bomba ad orologeria che non è mai esplosa e che non aspetta altro che poterlo fare. "Sam, stai bene?" chiedo non appena la vedo stesa sul pavimento accanto al divano, stordita.
"Il mostro, lui mi ha attaccata e...e ha preso Justin" risponde, manifestando un dolore lancinante all'interno della sua voce rotta.
"Cosa? L'ha preso?" domando sconcertata.
Prima era solo una supposizione, ora sta diventando realtà.
Justin sarà la prossima vittima di quel mostro.
"Un secondo prima erano qui a lottare e quello dopo...spariti, insieme." Lancio uno sguardo ad Aaron che non pare contento.
Sono convinta che, nonostante i loro screzi, non lascerebbe mai che a Justin capitasse qualcosa di così orribile, specialmente se la colpa dovesse ricadere su di lui.
"Dobbiamo rintracciarlo o verrà posseduto dal tuo lato oscuro" gli dico mentre aiuto Sam ad alzarsi, afferrandola con delicatezza da un braccio.
"E perché? Almeno così diventerà un minimo interessante" Aaron ironizza ma sta volta si comporta in tale modo per nascondere le sue vere emozioni:
non ha alcuna intenzione di abbandonare Justin al suo destino.
"Aaron, è il tuo lato oscuro, il TUO;  Sappiamo tutti dove dovrebbe stare" rispondo.
Sfugge dal mio sguardo con agitazione.
"Sam, tu torna a casa, io e Zoe ci occuperemo della faccenda" si rivolge a sua sorella severamente.
"Cosa? No, non lascio Justin da solo" dice lei che si libera dalla mia presa come se, all'improvviso, avesse riacquistato la forza e la determinazione.
Mi accorgo, ancora una volta, di quanto Justin sia importante per Sam e mi si forma un nodo in gola.
Non dovrei essere gelosa, si conoscono da sempre e io sono la nuova arrivata; posso solamente farmene una ragione e andare avanti  senza ripensamenti, senza lacrime o tristezza inutili.
"Aaron ha ragione" dico lasciandomi trasportare da quella rabbia che ho ignorato da quando ho scoperto la verità.
"Ora dai davvero ragione a mio fratello? Non sono una bambina, l'hai detto anche tu."
Sam si inalbera, tirando fuori le unghie come non ha mai fatto prima. "Intanto non sei riuscita a proteggerlo" rispondo, forse con fin troppa cattiveria; gestire le mie emozioni sembra impossibile ora che l'unica cosa che vedo sono il sorriso di Sam e quello di Justin che si incrociano e le loro mani che si toccano.
"Sono stata presa alle spalle, ma la prossima volta sarò..."
"Non ci sarà una prossima volta, perché tu tornerai a casa, andrai a letto, ti guarderai un film e la smetterai di metterti in pericolo" dice Aaron che la guarda con la stessa serietà che fin ora ho visto solo sul volto di Justin.
"Non puoi decidere cosa devo fare,  questo era un compito dei nostri genitori, non tuo!"
Sam sbraita.
"Peccato che non ci siano più. Fa come ti dico. Tu vieni con me."
Mi rivolge uno sguardo mentre termina la frase ma io non ricambio.
"Zoe, ti prego..." sussurra Sam in cerca della mia approvazione.
La guardo decidendo come comportarmi, se essere finalmente una brava persona o se scappare come di consueto.
Provo gelosia e non posso negarlo;  avrei voluto che mi raccontasse della sua cotta per Justin, che fosse sincera con me.
"Fa come dice" rispondo cedendo al mio lato peggiore.
Mi ha seguita da Manhattan, non me ne libererò oggi e, forse, non sarò mai in grado di farlo.
Lei abbassa il capo rattristata e, seppur mi senta in colpa a trattarla in un modo così arrogante, mi dirigo alla porta.
"Credevo fossimo amiche" dice.
Resto bloccata, a tratti congelata, di fronte alle sue parole.
"Anche io" rispondo, confondendola a tal punto da farle aggrottare la fronte. Aaron sorride in modo sghembo, seguendomi verso l'uscita e senza dire niente, sotto lo sguardo triste e perplesso di Sam.
Non parlo ad Aaron mentre cammino lungo il sentiero di una stradina di  New Hope, nei pressi della piazza.
La strada è deserta, i negozi sono già chiusi e l'atmosfera assomiglia a quella di un brutto sogno, un po' confusa e surreale.
"Sei stata davvero una stronza prima;  la storia della cotta deve averti disturbata parecchio" dice Aaron che, invece di concentrarsi sulla nostra ricerca, decide di mettere a dura prova quel poco che resta della mia pazienza.
Cammina alle mie spalle con passo decisamente meno spedito.
"Non ho voglia di parlarne" rispondo secca.
"Perché no? Sono stato io a dirti la verità, dovresti esserne grata." "Divertente."
Rido mordendomi il labbro per non urlargli contro, rivelandogli quanto vorrei prenderlo a schiaffi in questo momento.
"Perché credi te l'abbia detto? Ci tengo a non vederti con il cuore spezzato quando lui capirà di amare Sam e ti mollerà."
"Ci tieni a non vedermi con il cuore spezzato? Sul serio?"
Fermo i miei passi e lo guardo dritto negli occhi.
Sta mentendo; a lui non importa nulla di me. Come potrebbe? È solo un sadico e la gente come Aaron non conosce emozioni al di fuori della rabbia.
La gente come me non le conosce. "Beh...direi" risponde con un pizzico di imbarazzo.
"Allora chiudi la bocca, perché ho già deciso di rompere con Justin, ma tu non hai alcun diritto di metterti in mezzo."
"Zoe..."
"No, non dire nulla. Troviamo Justin e salviamolo; non mi importa di nient'altro."
Aaron desidera controbbattere e  mettermi alle strette ma non dice un'altra parola e abbassa lo sguardo nervosamente.
Il cielo assume un colore sempre più grigio; pare stia per mettersi a piovere ma percepisco anche una tensione fin troppo evidente per trattarsi di un semplice fenomeno meteorologico.
La nube gigante che si forma nell'ultimo spazio azzurro presente  non mi lascia altri dubbi:
il mostro è nei paraggi.
Ciò vuol dire che anche Justin si trova qui vicino.
"Deve essere da queste parti" dico  mentre il vento, che spazza via alcuni fogli di giornale da una panchina vuota in piazza, colpisce anche la mia pelle.
"Riesco a sentirlo. Speriamo non ci attacchi" risponde Aaron.
Annuisco conservando in me la medesima speranza, che viene però distrutta l'istante seguente.
Aaron viene trascinato sull'asfalto repentinamente, preso da entrambe le gambe e buttato a terra.
"Zoe!" grida.
Allungo una mano verso di lui e lo mantengo fermo con i poteri vacillanti che minacciano di spezzarsi da un momento all'altro.
La paura mi rende debole e ora è l'unica emozione che riesco a sentire.
"Resisti, ti tengo io" dico, nonostante la forza opposta sia talmente potente da rendermi difficile concentrarmi su quella che possiedo.
Aaron graffia il terreno pur di resistere e non cadere nelle grinfie del demone.
"Lo stronzo vuole giocare, ma non sa contro chi si è messo" dice mentre dirigna i denti e si fa rabbioso.
"Lo stronzo un tempo faceva parte di te, ricordalo" rispondo.
Le mie forze iniziano a cessare e presto lascerò la presa su Aaron. Sento una pressione nella testa che spinge contro le tempie e mi scaturisce un urlo misto tra rabbia e cattiveria.
"E le cose torneranno presto così." Aaron si lascia andare, venendo  trascinato dall'altra parte della strada. Cado a terra; la mia testa colpisce l'asfalto e, per un secondo, provo dolore.
"Sù mostro, fatti vedere se non hai paura di me, affrontami!" dice Aaron tornando in piedi fieramente, con le labbra serrate in una smorfia agghiacciante.
Non si è neppure procurato un graffio cadendo in quel modo!
Mi alzo e mi porto una mano alla nuca, sporcandomi le dita di sangue.
Il vento è intenso e i capelli mi finiscono in viso, impedendomi di vedere bene.
Il mostro dagli enormi occhi gialli ci salta davanti, cadendo giù dal tetto di un palazzo e, come se avessimo appena visto il demonio in volto, sia io che Aaron indietreggiamo.
"Dov'è Justin?" chiedo al mostro, sgolandomi per farmi sentire e sovrastare il rumore del vento.
"Ho come l'impressione che non te lo dirà" risponde Aaron che, tra una risata nervosa e uno sguardo sconvolto, mi lascia intravedere anche un po' di terrore.
"Lasciami provare" replico, riuscendo a divertirlo seriamente, per un attimo, uno che dura troppo poco per potermi allietare insieme a lui.
Il mostro passa il suo gelido sguardo tra me e Aaron, tirando fuori dalla bocca una fila di denti storti e neri che perdono delle gocce di sangue grumoso.
Ho un improvviso conato di vomito che viene interrotto dalla scena che segue l'orribile visione di quell' essere così vicino a me.
Salta addosso ad Aaron, che cade a terra e, dimenando le braccia freneticamente, tenta di spostarlo. "Lascialo stare!" dico correndo verso di loro e spingendo via il mostro, bloccando la sua ferocia con i miei poteri.
La paura non può controllarmi se la persona che devo proteggere è Aaron, perché lui deve restare.
Lui deve restare.
Aaron mi dà una mano e così  riusciamo a tenerlo fermo, ma solo per alcuni istanti; poco dopo, il mostro si libera e spinge entrambi su una fila di cassonetti nel vicolo, che si ribaltano, rovesciando a terra la sporcizia in essi contenuta.
"Questo è troppo; se avessi voluto fare un giro nella spazzatura sarei andato a casa di Alec" dice Aaron sgomentato.
"Mi sono stancata" asserisco mentre punto gli occhi sul mostro.
Volo per raggiungerlo e lo colpisco, toccando la sua pelle dura e ruvida.  Cerca di entrare nel mio corpo, il gelo delle sue unghie viene contatto con la mia pelle e una scia di brividi spiacevoli mi oltrepassa il collo,  fermando per un attimo il mio respiro.
Aaron corre in mio aiuto e immobilizza l'essere, poi mi costringe ad allontanarmi da lui.
"Per quanto tempo puoi tenerlo fermo?" domando.
Il mostro strilla mentre cerca di opporre resistenza ai poteri di Aaron che, grazie alle numerose vittime che si è lasciato dietro, è persino più forte dello stesso demone che un tempo faceva parte di lui.
"Non molto. Trova Justin e portalo qui; insieme rimetteremo il lato oscuro dentro di me."
"Non so se è una buona idea."
"Non importa, io lo posso gestire." "Come fai a sapere che non prenderà il sopravvento? Sei già cattivo ma adesso potresti diventare un cazzo di mostro."
"Meglio, è ciò a cui aspiro."
Stupido!
È questo che vorrei dirgli quando guardo i capelli che gli cadono sulla fronte e riconosco il luccichio di malvagità intensa che non mi permette di fidarmi di lui, nei suoi occhi.
"Non ti preoccupare, ok? Pensa a Justin" continua con tono più pacato.
Acconsento, anche se poco convinta, e corro a cercare Justin, mentre le urla del mostro si espandono lungo la strada che percorro; smetto di sentirle solo quando mi trovo fuori da questo inquietante e mal ridotto vicolo.
Ogni casa, ogni albero e ogni corvo che si posa sui tetti, mi sembra priva di valore, e il mio istinto di sopravvivenza mi prega di non andare avanti, di tornare a casa e chiudermi nella mia cameretta, di non uscire più finché l'incubo non avrà fine.
Riconosco la figura di  Justin; è steso a terra in un vicolo non molto lontano dal precedente. Il suo corpo è ricoperto di graffi e tagli profondi.
Ha lottato molto per proteggersi dal mostro che voleva fargli del male e non immagina quanto io sia fiera di lui e delle sue capacità.
"Justin."
Mi piego a terra e prendo il suo volto tra le mani.
A stento mantiene gli occhi aperti, sono stanchi e pesanti, si richiudono da soli ogni qual volta provi a buttare fuori una parola.
"Zoe, mi hai trovato..." dice con un filo di voce.
"Non ci è voluto molto; sai, ho dei poteri e..."
"Il mostro, lui ha attaccato anche Sam;  dimmi che sta bene" risponde stringendo il mio braccio, terrorizzato all'idea che Sam possa essere ancora in pericolo.
"È a casa, lei...non è venuta con noi" dico pensando, inevitabilmente, alla storia della cotta.
"E Aaron?" chiede sedendosi.
La sua schiena emette un suono gracchiante che mi fa credere Justin se la sia appena rotta; ma, ricordandomi che non potrebbe mai essere accaduta una cosa simile, torno con i pensieri al mostro e ad Aaron intento a combatterlo.
"Dobbiamo aiutarlo" dico immaginandolo mentre lotta con tutte le forze che possiede, fino a perderne ogni traccia.
Justin ritorna piano in sé e corriamo da Aaron che, per fortuna e grazie alle mie numerose preghiere, non ha ancora esaurito le energie.
Il mostro non si è liberato, ma i suoi tentativi per farlo diventano sempre più violenti e la sua bocca si apre sempre più in un ghigno malefico e disgustoso.
È odio quello che mi trasmettono i suoi occhi gialli ed è fame di potere ciò che traspare dalle sue grida di opposizione.
"Justin, vedo che sei passato dal ruolo di eroe a quello di donzella in pericolo."
Aaron si diverte a beffeggiarlo nonostante le circostanze per nulla ottimali.
"Per favore, pensa a riportare quel mostro nel tuo corpo; ha provato ad attaccarmi ma sono stato più forte di lui" risponde Justin.
"Impossibile, non puoi essere più forte del mio lato oscuro."
Aaron ride, per niente propenso ad accettare questa dichiarazione.
"Mi dispiace ma credo che tu stia sopravvalutando la tua cattiveria"
Justin, per la prima volta da quando lo conosco, dà corda a una provocazione di Aaron.
"Basta discutere! Dobbiamo fare questa cosa. Io sono pronta" dico intervenendo prima che, litigando, lascino scappare quel demone così agguerrito da essere disposto a sbranarci e strapparci via l'anima. "Anche io, ma non sappiamo se lui lo sia."
Aaron indica il mostro con un gesto del capo. Lui ringhia, urla in modo acuto e batte le lunghe dita magre sul suolo.
"Dovrà accettarlo, perché nessuno toccherà più i miei amici."
Detto ciò, mi avvicino ad Aaron, decisa e sicura di voler sconfiggere il suo lato oscuro.
Riporterò quel mostro da dov'è venuto.
Justin fa lo stesso e, tutti e tre insieme, lo attacchiamo lanciando la nostra energia oscura sul suo corpo che, riempiendosi di squarci e tagli, incomincia a indebolirsi.
Sento i miei poteri cedere e l'ansia che cammina lungo ogni centimetro del mio corpo, ma non mi lascio controllare dalla paura; questo è l'unico modo per proteggere mio padre.
Gli occhi gialli del mostro si trasformano in due piccoli bottoni neri; perde la sua forma naturale e ne rimane solo una sagoma che si fa sempre più minuscola e si ricollega al corpo di Aaron.
"Forza, ci siamo quasi" dico  trattenendo l'impulso di gridare a causa del dolore acuto nella mia testa. Noto la sofferenza negli occhi di Justin e come Aaron stia lottando con tutte le sue forze per non cadere a terra.
"Andiamo" grida Aaron, dandomi il coraggio di non arrendermi; la sagoma è talmente vicina a lui da toccarlo.
Scavo in me per trovare un altro po' di energia, quel poco che dovrebbe bastare a spingerlo nel corpo di Aaron.
Poi succede:
il mostro torna al suo posto; gli occhi di Aaron assumono un colore giallo vivido e, di colpo, perde i sensi, cadendo sull'asfalto bagnato dalla pioggia flebile che ha da poco incominciato a cadere.
Mi ci vuole un po' per capire che sia davvero finita, a tratti fatico a crederci e sono costretta a sbattere le palpebre più volte.
Dopo tutto questo tempo, è accaduto davvero:
abbiamo riportato il lato oscuro nel corpo di Aaron.
"Ce l'abbiamo fatta, noi..." dico.
Sospiro ridendo con stupore.
Guardo verso Justin che non riesce a mantenere un equilibrio saldo.
Mi sorride, smettendo dopo pochi istanti.
Credo si sia ricordato della discussione avuta questa mattina.
Smetto di sorridere ma con la consapevolezza di avercela fatta, di aver distrutto quell'essere maligno e che, da ora in poi, non farà del male ad alcun cittadino di New Hope.
Portiamo Aaron a casa e lo affidiamo nelle mani di Claire che ora lo sta visitando, anche se ha ammesso almeno una decina di volte di non avere per nulla voglia di stargli vicino.
Alla fine ha comunque accettato, a malincuore, di prendersi cura di lui.
"È la prima volta che Aaron è così silenzioso; è quasi un sogno che si avvera" dice Sam che, trovandosi seduta su una poltrona nella camera di Aaron, lo osserva divertita.
"Non ti abituare; presto sarà sveglio e tornerà più cattivo di prima" risponde Justin.
Non ha molta fiducia in lui ma ha avuto paura quando ha saputo che stesse rischiando la vita per proteggerlo.
"Oppure sarà sempre lo stesso; chi lo sa?" chiedo.
A Brooklyn con Aaron mi è sembrato di aver ricominciato a vivere, che la sua cattiveria, seppur innata e pericolosa, mi stesse donando qualcosa che nessuno era mai stato in grado di darmi:
un'eccitazione unica e sorprendente.
"Ha vissuto con il suo lato oscuro per tutti questi anni ma adesso quel mostro è più forte, potrebbe controllarlo."
Justin non nasconde, in questa affermazione, un piccolo accenno di desiderio che sia davvero così.
Aaron non può diventare l'eroe, questo ruolo spetta a lui e non permetterebbe a nessuno di strapparglielo via.
"In quel caso lo abbateremo, semplice" interviene Claire, non curante della crudeltà da lei manifestata.
Sistema un intruglio di erbe, credo lo stesso con il quale ha cercato di avvelenarmi, sul comodino accanto al letto di Aaron.
La sua stanza è arredata con mobili di colore nero; non c'è alcuna traccia di di vivacità o esuberanza. I muri sono stati tappezzati da poster di band rock e metal, e un grande specchio, che occupa l'intera parete di fronte al letto, riflette l'immagine di un ragazzo dormiente e distrutto, che ha lottato per la sua sopravvivenza.
C'è una vecchia radio, posizionata su una delle mensole dei grandi scaffali contenenti oggetti da collezione o vecchi film in videocassetta.
Aaron è un amante del vintage; chi l'avrebbe mai detto?
La finestra, che dà sulla piscina nel giardino sul retro, è aperta e lascia entrare in camera una brezza piacevole.
"Mi sembra una scelta giusta."
Ride Sam rispondendo alle parole di sua zia.
"Come sta? Ha qualcosa che non va?" chiede invece Justin.
"Per ora nulla; è tutto nella norma...purtroppo."
Claire è delusa nel sapere che suo nipote stia bene e ciò è talmente triste da farmi desiderare ci sia lei al suo posto.
Aaron è un sadico assassino ma non merita di venire respinto persino dalla sua stessa famiglia. Se lo odia così tanto perché si sta occupando di lui?
Ha avuto la premura di sistemargli la coperta, di metterlo comodo sul letto e di lasciargli la sua solita tisana di erbe accanto; non è il tipico comportamento di qualcuno che preferirebbe non fossi mai nato.
"Lo terrò comunque d'occhio fino a domani, poi vi dirò se sarà il caso di bruciarlo in chiesa o di lasciarlo vivere" continua.
Noi tre la guardiamo, chi più divertito, chi meno, come Justin.
"Anche se io lo brucerei in entrambi i casi" sussurra Claire, prima di andare via senza salutarci e senza mostrare interesse verso di noi.
Quella donna finirà per esplodere nel suo stesso ego e, a quel punto, non ci sarà nessuno a rimettere insieme i suoi pezzi.
"Lo odia davvero tanto" dico buttando una veloce occhiata su di lei, che ora si presta a riordinare i libri negli scaffali in salone.
"Ha le sue buone ragioni; Aaron non è stato per niente facile da accudire" risponde Sam.
"Ma nessuno di noi lo vuole davvero morto, a parte Zoe; è comunque di famiglia e stasera ha rischiato la sua vita per proteggermi."
Justin si fa scappare un sorriso, del quale sembra pentirsi quasi immediatamente.
"Chi l'avrebbe mai detto? Mio fratello fa anche delle cose intelligenti."
Sam ridacchia.
"E io che pensavo fossi tu l'unica figlia con un cervello."
Justin ride con lei e parte tra loro uno scambio di battute scherzose, seguito da sorrisi dolci e carezze fuggenti.
È questo il concetto che voleva esprimere la mamma quando ero solo una bambina?
Trovare qualcuno che ti guarderà per quella che sei davvero.
Justin guarda Sam come se fosse tutto ciò di cui ha sempre avuto bisogno, come se non potesse farne a meno;  non la giudica, lui la comprende e si occupa di lei, proteggendola come avrebbe dovuto fare Aaron per tutti questi anni.
Tristemente, esco di casa poco dopo, sicura di voler prendere una boccata d'aria.
La marea di pensieri che viaggiano nella mia testa sta diventando così pesante da farmi desiderare di spegnere ogni emozione, che sia positiva o negativa, dentro di me. Justin mi raggiunge, fermandosi sotto al portico.
"Zoe, mi spieghi che ti succede? Perché sei così strana?" chiede lui che, al momento, deve starsi ponendo molti dubbi riguardo la mia freddezza.
"Sto solo tornando a casa; mio padre sarà preoccupato" rispondo omettendo la parte più difficile da spiegare, quella che mi ricorda che nessuno mi guarderà mai come lui guarda Samantha Fletcher.
"Non ti credo. Ormai ho imparato a conoscerti; forse non sarò più in grado di leggerti nel pensiero ma so quando menti."
"Anche se fosse? Non ha più importanza, tanto tra noi due non funziona."
Justin sembra avere una scossa interiore e tutto quello che voleva dirmi poco fa svanisce.
Non è più sicuro di sé ma è impaurito dall'asprezza con la quale ho parlato. "E da quando? Stiamo così bene insieme, tu mi piaci e..."
"Non stiamo bene se poi a soffrire è qualcun altro."
Le mie parole sembrano toccarlo in modo particolare. forse sa a cosa mi riferisco, o a chi.
"Chi? Chi dovrebbe soffrire?" domanda ora, fingendo perplessità. "Nessuno, non importa."
Mi blocca mentre cerco di superare il vialetto, afferrandomi dal braccio con una presa quasi aggressiva. "Lasciami."
Lo sposto arrabbiata.
"Ma che cavolo ti prende? Sei cambiata da un giorno all'altro, da quando sei partita con Aaron,  precisamente; ti ha per caso fatto il lavaggio del cervello?" sbotta tirando fuori il discorso che ci eravamo ripromessi di accantonare per sempre.
Il bacio sulla guancia, il sorriso di Aaron mentre beveva il suo frullato e la nostra corsa da pazzi per scappare dal Darkness.
Come potrei dimenticare quello splendido giorno che ormai sembra un ricordo così lontano?
"Aaron non c'entra nulla in tutto questo, il problema siamo io e te. Il fatto è che non sono pronta, non voglio una relazione; voglio tornare a Manhattan ora che è tutto a posto e voglio stare con mio padre, al sicuro." Il suo sguardo viaggia su di me ed è frustrato, molto più di quanto io possa reggere.
"Non la pensavi così qualche giorno fa; eravamo felici in camera tua, abbiamo quasi fatto sesso!" risponde rancoroso.
Rammentare mi fa capire che tra me e Justin c'era davvero qualcosa di speciale; la parte peggiore è che deve finire.
Non posso fare un torto simile alla mia prima e vera migliore amica; ho un cuore di pietra ma non sono un mostro.
"Già, quasi, e la mia prima volta deve essere con qualcuno che mi voglia davvero, al cento per cento."
"Ma io ti voglio, io! Cazzo! Io sono qui e ti sto chiedendo di restare."
Ancora questa parola.
Aaron mi torna alla mente.
Io devo restare, ma non posso se vedere Justin ogni volta sapendo che Sam ha una cotta per lui mi farà sentire una persona orribile.
"Perché non vuoi nemmeno provarci? Cosa ti spaventa così tanto? Non lo vedi che sto facendo di tutto per te?" "Justin..."
"Non dire 'Justin', dimmi qual è il problema; cosa posso fare per rimediare?"
"Nulla, non puoi fare nulla, perché ho già preso la mia decisione."
L'espressione di Justin, che ora è cupa e ferita, mi rende debole e ferisce un po' anche me.
"Mi dispiace, è finita" dico poi, con il cuore a pezzi e con le lacrime pronte a cadere sul mio viso da un momento all'altro.
"Zoe, non è la cosa giusta."
Justin si trattiene dal piangere insieme a me.
Tenta un approccio per avvicinarsi ma, ogni volta, io mi ritraggo, ascoltando il suo respiro corto che precede un pianto.
"Forse, ma è quello che voglio, e per te non posso più provare nulla."
Mi allontano da lui che mi guarda con i suoi occhi lucidi e delusi, tirando su con il naso, respingendo le lacrime che entrambi siamo stanchi di dover scacciare via.
Lo abbandono lì da solo, nel momento in cui trovo la forza per farlo, procedendo lungo il vialetto e andando poi in strada.
Non so se si metterà a piangere ma sono certa di non volerlo scoprire, quindi utilizzo il teletrasporto e salto in camera mia dove, di sicuro, non potrò sentirlo singhiozzare.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora