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Arrivo a scuola e, dopo aver trovato Aaron nel bel mezzo del corridoio, mi dirigo da lui.
"Vieni con me" esordisco, omettendo qualsiasi tipo di informazione sul perché abbia bisogno di lui.
Non gli concedo neppure il tempo di farmi domande, lo afferro dal braccio e lo trascino in un'aula vuota, dove potremo parlare con calma.
"Zoe, se mi desideri così tanto basta dirlo, sarò tutto tuo" mi fa presente sorridendo furbamente.
Lo guardo sbilenca per fargli capire che non è questo il punto. Se lo desiderassi gli sarei già saltata addosso e quei vestiti non si troverebbero di certo su di lui ma sparsi lungo tutta la classe.
"Smettila di fare l'idiota, devo parlarti di una cosa seria."
"Non dirmi che c'entra il lato oscuro di Justin, perché stavo pensando di tirarmene fuori" risponde lui stufo.
"No, non c'entra nulla, si tratta di mio padre e di tua zia: li ho visti mentre parlavano fuori dal Moo."
Aaron non mostra la minima sorpresa.
"E?"
Mi incita a proseguire.
"Sembrava stessero discutendo, come se si conoscessero già."
"Quindi?"
"Come quindi? Mio padre non mi ha mai detto nulla, se stavano parlando in quel modo vuol dire che nascondono qualcosa."
Ho sempre pensato che papà non mi stesse dicendo la verità e questa potrebbe essere la prova decisiva che andrà a confermare la mia teoria.
"Perché?" domanda Aaron.
"Come faccio a saperlo? Dobbiamo scoprirlo insieme."
"No, perché lo stai dicendo a me? Non me ne importa nulla dei battibecchi tra due adulti super noiosi; io ho altre priorità adesso, come uccidere più persone possibili per arrivare al re della morte" spiega sospirando costernato.
Lo imito ricordandomi per quale motivo io e lui non potremmo mai andare d'accordo. Aaron è davvero insopportabile.
"So che la tua priorità più grande è diventare invincibile ma..."
Mi zittisce ponendo un dito sulle mie labbra.
"Alt, novellina, io sono già invincibile, ora voglio diventare il re assoluto" specifica con frenesia.
"Come vuoi, ma il punto è che, qualsiasi cosa stia accadendo tra quei due, potrebbe essere importante o ci avrebbero informato della loro conoscenza" rispondo.
"Parlane con Sam, lei di sicuro sarà felice di giocare alle piccole detective."
"Ma io voglio il tuo aiuto, non il suo" dico mettendo da parte l'orgoglio, per una buona volta.
È Aaron la persona della quale ho bisogno adesso, nonché l'unica della quale, nonostante tutte le bugie e le delusioni, riesca a fidarmi.
"Perché?" chiede mentre mi guarda negli occhi, consapevole che solo così riuscirà a intimidirmi, ed è proprio ciò che vuole.
"Perché, se dovessi scoprire qualcosa di brutto, vorrei che accadesse con il fratello più forte."
La mia risposta scaturisce in lui un sorriso.
"Questo vuol dire che non sei più arrabbiata con me?"
"Può darsi" rispondo timidamente, distogliendo lo sguardo da lui.
"Che peccato, mi piaceva vederti così incazzata, quando usi i tuoi poteri in quel modo sei...cazzo! Sei meravigliosa" dice Aaron che, in un attimo, è in grado di togliermi le parole di bocca.
Sono costretta a deglutire e a riprendere fiato prima di parlare ancora.
"Posso sempre continuare a picchiarti" replico ricambiando il suo sorriso maliziosamente.
"Solo se mi lascerai contrattaccare"  afferma e, mentre si avvicina con passo lento, punta i suoi occhi neri sui miei.
Ci guardiamo come se nulla intorno a noi esistesse, come se la stanza fosse una piccola scatola stretta nella quale ci viene imposto di stare più vicini.
Justin fa capolino nella stanza interrompendoci e, nel momento in  cui ci scopre in una tale posizione, il suo volto rabbuia.
"Che combinate qui?" domanda  restando fermo davanti alla porta.
Allontano subito Aaron e mi schiarisco la gola.
"Noi..." parto con il dire, ma Aaron mi dà una mano.
"Zoe si sentiva ancora scossa per quello che è successo ieri e voleva dei consigli; sai...io sono bravo in certe cose."
Justin lo guarda con poco entusiasmo, poi mi squadra. 
"Puoi parlarne anche con me; io ti posso aiutare, te lo devo dopo che mi hai salvato" dice.
"Guarda che non mi serve una ricompensa; e poi credevo che tu ce l'avessi con me per la storia di Sam" rispondo, risultando inevitabilmente imbarazzata.
"Forse ho esagerato. Ora ho bisogno di te più che mai, ora che ho scoperto di essere responsabile di tutte queste morti" sostiene Justin, così da far scoppiare Aaron in una delle sue tante risate.
"Scusa...era inopportuno."
Si calma all'istante, dato che viene travolto dalle nostre occhiatacce.
"Spero che tu possa perdonarmi e che possa aiutarmi a vincere questa battaglia prima che muoia qualcun altro" continua Justin camminando verso di me che lo guardo tentennante. 
Indugio a dargli una risposta e rivolgo un breve cenno ad Aaron che fa spallucce.
"Lotterò, ma non solo per te, anche per Sam e per mio padre, e per tutti i cittadini di New Hope, perché non ho più intenzione di sprecare la mia seconda chance" dichiaro e, sta volta, è Aaron a cercare il mio sguardo. Quando l'ottiene prova a capire se tra le persone per le quali ho intenzione di lottare ci sia anche lui; è così, ma dirglielo significherebbd farlo sapere anche a Justin e non sono pronta ad affrontare questa conversazione con lui.
"Grazie al cielo! Non so come farei senza di te" dice Justin che mi stringe in un abbraccio, attirandomi con una presa decisa a sé.
Mentre lo tengo stretto e ascolto il suo respiro fiacco, guardo Aaron  sorridendo tristemente. Lui annuisce  incoraggiandomi a non lasciarlo andare. Justin ha bisogno di me più che mai ora, sapere che io ci sono e che non ho alcuna intenzione di abbandonarlo lo aiuterà a non perdere il controllo.
Ha paura e si sente in colpa per aver causato tutto questo dolore a causa di un semplice sbaglio. Non è responsabile del male che circonda la città, Padre Ernest è stato chiaro; New Hope è un luogo maledetto e nessuno di noi potrà mai cambiare le cose.
Calmare Justin non è facile ma durante le ore successive gli rimango accanto. Per fortuna, abbiamo le stesse lezioni e passare il tempo con lui si rivela più facile del previsto.
Prima di tornare a casa, mi soffermo sull'armadietto di Jasmine. Le foto che in precedenza erano state attaccate sullo sportello ora sono scomparse; la polizia ha portato via tutto e, da quel momento in poi, nessuno ha avuto notizie del caso riguardante i ragazzi del club. Alec mi passa accanto e si ferma non molto lontano da me, prendendo a fissare l'armadietto con rimpianto.
"Perché sei qui?" mi chiede poco dopo.
"Stavo pensando" rispondo.
"A cosa?"
"A una marea di cose" dico e butto fuori un sospiro che stavo trattenendo da troppe ore.
Mio padre e Claire che discutono, Padre Ernest che mi minaccia e la strana amicizia tra papà e uno degli amici di quel folle prete; qualcosa non quadra in tutta questa faccenda e voglio scoprire di cosa si tratti.
"Benvenuta nel club" mi schernisce, ma non con cattiveria, come lo farebbe un amico che ti comprende e sa cosa stai provando.
Quando torno a casa, durante l'ora di cena, continuo a guardare mio padre con una curiosità che a lui non passa inosservata.
Voglio capire cosa mi sta nascondendo di così assurdo da non potermene parlare, anzi, ne ho bisogno, e spero con ogni singolo pezzo del mio cuore che non finirà per distruggermi.
Lui sta leggendo alcune pagine del suo libro e, qualche volta, ricambia le mie occhiate sorridendo affettuosamente.
"Tu non mangi?" mi domanda vedendo che non ho ancora toccato cibo.
"No, ho un po' di nausea" mento.
"Ti capisco, tutti questi sbalzi di temperatura non fanno bene" dice guardando verso la finestra per controllare se stia piovendo. Ha smesso da poco ma sono sicura che presto riomincerà a diluviare.
"I compiti li hai fatti?" chiede dopo aver bevuto un sorso d'acqua ed essersi pulito la bocca.
"Li ho finiti prima di cena" rispondo.
"E dei tuoi voti che mi dici?"
"È un interrogatorio forse?" domando irritata.
"No, sono tuo padre e vorrei sapere come procede la tua vita, com'è giusto che sia."
Di fronte alla sua risposta, data con una tale serietà da farmi perdere la calma, qualcosa si accende in me.
"Ho anche io un po' di domande: perché conosci Claire Fletcher e cosa c'è tra di voi?"
Rimane interdetto ora che sono io a possedere il coltello dalla parte del manico. Mi guarda seriamente.
"Tu cosa ne sai di me e Claire?" chiede.
"Vi ho visto discutere stamattina, non siete stati molto discreti."
"Non volevamo esserlo, infatti, ma non capisco perché dovrebbe riguardarti il mio rapporto con quella donna" ribatte incominciando a sudare freddo. Papà sarà anche l'uomo più diplomatico al mondo ma quando si ritrova in difficoltà e con le spalle al muro si trasforma in un vero e proprio agnellino impaurito.
Lo capisco da come gioca con il suo orologio da polso e da come il sudore che cola lungo la sua fronte sembri luccicare.
"Perché la mia migliore amica è sua nipote e non me ne hai mai parlato"
"Ti stai facendo dei film adesso, ho incontrato Claire perché sono interessato alla sua conoscenza sulla città, vive qui da sempre e mi darà una mano con il mio libro" risponde dandomi, per l'ennesima volta, la stessa scusa che ormai sono stanca di ascoltare.
"Andiamo papà, non puoi essere più innovativo la prossima volta? E poi stavate urlando come se vi conosceste da una vita" preciso.
"Abbiamo avuto alcune divergenze...creative" dice con l'aria di chi ormai sa di essere stato scoperto e non si impegna neppure a mentire.
"Ora, perdonami ma ho bisogno di riposare, ho quasi finito il libro e sono distrutto" continua e si alza da tavola togliendosi il fazzoletto che aveva legato intorno al collo.
"Dovresti farlo anche tu, ti vedo stanca...forse stai uscendo troppo."
È l'ultima frase che mi rovolge prima di andarsene con un pizzico di risentimento nella voce.
Furibonda, tiro un pugno sul tavolo e la luce in cucina, per un secondo, smette di funzionare, lampeggiando e perdendo di intensità.
Sono delusa e arrabbiata, non avrei mai immaginato che mio padre potesse avere dei segreti, non con me.
Aspetto che si addormenti ed entro in camera sua. Se conosco bene l'uomo che mi ha messo al mondo, allora sono certa che sia una persona disordinata e dotata di una pessima memoria, che in questo caso potrebbe avergli giocato brutti scherzi.
Mi piego verso di lui assicurandomi che stia dormendo, poi mi interrogo su quanto possa essere sbagliato approfittarmi della sua incoscienza in questo modo. Mi sta mentendo e, pur di ottenere delle risposte, sono disposto a mettere da parte la mia morale per un giorno.
Non appena mi presto a entrare nella sua mente, qualcosa mi ferma e una scossa percorre il mio intero braccio. È come se fossi stata respinta da una forza a me opposta che mi ha bloccato il passaggio verso la rete dei suoi pensieri.
impreco silenziosamente e sposto subito la mano dalla sua fronte.
Non mi è mai capitato prima, né con Jules né con Alec, non capisco cosa ci sia di diverso questa volta.
Rinuncio alla via più facile e torno al piano iniziale: frugare nella stanza di mio padre in cerca di prove.
Senza fare rumore, apro i vari cassetti e controllo al loro interno.
Ci sono pacchetti di sigarette consumati, vecchi fogli di giornale e calzini bucati, nulla per cui valga la pena mentire.
Apro l'armadio e rovisto in mezzo ai vestiti, ma anche qui dentro è un vero e proprio buco nell'acqua.
Sbuffo contrariata e, mentre penso che sia arrivato il momento di lasciar perdere, il mio sguardo si punta sul cappotto preferito di papà. È marrone e in pelliccia sintetica, credo l'abbia comprato a un mercatino qualche anno fa e, da lì, non ha mai smesso di usarlo durante le giornate invernali. Faccio scivolare le mie mani nelle tasche, prima in quelle anteriori, dove non trovo nulla, poi in quelle posteriori, che mi riservano una sorpresa alquanto inaspettata.
Tiro fuori il pezzo di un articolo di giornale; il mio nome è scritto sulle prime righe della pagina e leggerlo mi suscita inquietudine. È l'articolo riguardante il mio incidente.
Posso solo leggere la parte finale, quella che parla della morte di mia madre e di come solo io, la bambina di sei anni seduta sui sedili posteriori, mi sia salvata miracolosamente.
Perché mio padre dovrebbe aver conservato questo articolo? E perché è in possesso solo di una metà?
Non ci metto molto a contattare Aaron e a chiedergli di correre da me per indagare insieme. Seppur all'inizio si è mostrato restio a raggiungermi, quando gli ho spiegato che l'articolo di giornale trovato nella tasca del cappotto parlava proprio del mio incidente non ha esitato un attimo di più.
Così si è teletrasportato con me vicino alla biblioteca di New Hope e adesso ci troviamo entrambi davanti al grande edificio realizzato in marmo; al centro del cortile che lo precede ci sono una fontana, alcune panchine e un albero di quercia ormai spoglio a causa delle temperature fredde avute negli ultimi tempi.
"Sei proprio sicura che non sia un articolo preso a New York? Magari tuo padre voleva portarsi dietro un ricordo o qualcosa di simile" dice Aaron impedendomi di teletrasportarmi all'interno della biblioteca prima di aver riflettuto accuratamente.
"È da quando ne ho memoria che papà evita di parlare di quell'incidente o di leggere articoli a riguardo, non mi ha nemmeno permesso di cercare notizie su internet; controllava il mio computer e la mia cronologia e adesso tu vuoi dirmi che si è portato dietro un cazzo di articolo da New York? Aaron, ci sono andata in terapia per questo" racconto con furore.
"Ok, ma è così importante da irrompere in biblioteca per cercare qualcosa che forse nemmeno esiste?" domanda lui.
"Certo, se si tratta del mio passato, ho bisogno di sapere la verità."
"Come ti dicevo, mio padre era peggio di un segugio sempre in allerta quando si parlava della mamma e, un bel giorno, mi ha semplicemente sbattuta in terapia. Avevo dieci anni e credeva mi avrebbe fatto bene dimenticare, ma io non ce l'ho mai fatta, ho sempre pensato che mancasse qualcosa, un pezzo della storia" proseguo, ricevendo da parte di Aaron uno sguardo per certi versi costernato.
"Ok, ma dimentichi che c'è un mostro a piede libero che non aspetta altro che possederti; non dovremmo uscire in piena notte, tu non dovresti farlo" si rivolge a me con tono protettivo.
"Pensi che mi diverta rischiare così? No, non è per nulla divertente, ma ne ho bisogno."
Aaron resta piacevolmente colpito dalla mia perseveranza. Mi odia per essere una testarda incurabile ma, allo stesso tempo, adora l'idea di aver conosciuto una persona determinata tanto quanto lui.
"Sbrighiamoci allora" risponde e io sorrido raggiante, felice di aver ottenuto il suo supporto.
Ci teletrasportiamo all'interno della biblioteca e, rendendomi conto di quanto sia buio qui dentro, accendo tutte le luci. Sorrido appagata e guardo Aaron che ha appena tirato fuori una torcia dal suo borsello.
"Wow, vedo che non abbiamo più bisogno di questa" dice buttandola a terra come se non gli importasse di romperla.
Ci avviamo verso il reparto giornalistico, poi iniziamo a frugare tra i vari articoli. Dovrà pur esserci qualcosa riguardante la notte del mio incidente.
"Se non hai trovato nulla nella biblioteca scolastica forse nemmeno qui accadrà" mi fa presente Aaron.
"Oppure, mio padre ha provato a rubare l'articolo da qui ma è stato fermato da qualcuno, così ne ha preso solo metà" rispondo sicura di non starmi sbagliando.
"Ma da chi?" domanda.
"Non lo so, io..." fermo le mie parole  mentre un flash mi passa davanti e ricordo nitidamente la foto trovata nella stanza segreta di Jasmine.
"Dal mostro; deve essere stato fermato dal lato oscuro di Justin, gli sta dando la caccia" asserisco.
"Potrebbe essere" replica Aaron, ma spezza il mio entusiasmo l'esatto istante dopo.
"O ti stai sbagliando su tutto e tuo padre non ha fatto nulla di male ma sei solo tu a non avere fiducia in nessuno" dice.
Non rispondo subito; Aaron potrebbe avere ragione, magari il problema sono io, eppure sento davvero che qualcosa non quadra, che un pezzo della mia storia è andato perso negli ultimi anni.
"Dubito di tutti ma te lo assicuro...in tutto questo tempo non ho mai perso fiducia in mio padre, quindi non sono diventata pazza da un giorno all'altro; deve esserci qualcosa" mi impunto. Aaron è dubbioso ma, nonostante ciò, scuote la testa e riprende a frugare tra gli scaffali, seguito da me.
Trovo finalmente l'articolo che parla di quella notte; lo poso sul tavolo di fronte a noi e tossisco per la numerosa polvere che esce dal foglio e si disperde nella stanza.
"Chissà da quanto tempo si trova lì" dice Aaron scacciando via i pezzi di polvere che gli volano in faccia.
"Dieci anni" rispondo osservando quel foglio con gli occhi spalancati.
Come immaginavo, la parte finale è stata strappata, ma quella iniziale è ancora qui e finalmente potrò leggerla.
"Aspetta, questo foglio...mi ricorda qualcosa" affermo dopo avergli dato un'occhiata più attenta.
"Quando sono andata nella biblioteca scolastica ho preso in mano proprio questo foglio, lo riconosco dalla stampa qui sopra, ma non ho fatto in tempo a leggere cosa ci fosse scritto perché il vento me l'ha strappato dalle mani; credo che qualcuno l'avesse trasportato lì per aiutarmi a scoprire la verità" dichiaro con certezza mentre Aaron si avvicina a me.
"Allora non ti resta che leggerlo adesso" dice e mi rivolge uno sguardo capace di darmi forza, spronandomi a non tirarmi indietro per la paura di scoprire qualcosa di orribile che mi allontanerà per sempre da mio padre.
Riporto gli occhi sul foglio e leggo con risolutezza.
Non appena esamino le prime righe, le mani incominciano a tremarmi e il mio mondo pare ribaltarsi, capovolgendo tutto ciò che, fino a poco fa, ero convinta ne facesse parte.
Questo non può essere vero!
"Mio Dio!" esclamo.
Tutta la mia vita, tutto ciò che mi ha fatto credere papà fino ad ora, era tutto un enorme bugia.
"Che cosa? Che c'è scritto?" chiede Aaron che, allarmato dal pallore sul mio viso e dal tremolio delle mie mani, mi si avvicina ancora.
Lascio cadere il foglio e indietreggio  mentre un nodo mi si forma nella gola e tutti i ricordi di quella notte mi si palesano davanti.
Sono vividi nella mia mente e mi trascinano lontano da questa biblioteca.
"Mamma, ma dove stiamo andando? Perché papà non è con noi?" dissi guardando più volte fuori dal finestrino, spaventata.
Lei non aveva voglia di darmi spiegazioni, era nervosa e non si impegnava nemmeno a guardare la strada di fronte a sé.
"Perché tuo padre e io staremo lontani per un po', ma non preoccuparti, presto si risolverà tutto" rispose esitando.
Non capì in quel momento, ma ero talmente impaurita che non dissi nulla a riguardo.
"Forza, devo andare più veloce" affermò mia madre stringendo il volante con tutte le sue forze.
"Ma così ci faremo male" replicai confusa dal suo modo strano di comportarsi e di rivolgersi a me.
"Questo non è un problema, piccola mia."
Ricordo che la sua voce dolce in quel momento non era affatto piacevole da ascoltare, a differenza delle altre volte; sembrava stesse per scoppiare a piangere.
L'auto sfrecciava lungo la strada e pioveva a dirotto, così tanto da non vedere nulla.
Potei solo notare un cartello che citava 'Moo cafè, New Hope, sempre aperto per voi'.
I miei occhi si fecero lucidi senza un apparente motivo, proprio come sta accadendo ora che ho letto ciò che c'è scritto su quell'articolo, ora che ho scoperto che è questo il luogo in cui sono morta, nella città dove credevo di non aver mai messo piede prima di due mesi fa.
"Dimmi che è uno scherzo..." biascica Aaron mentre stringe il foglio che ha raccolto da terra e che ha letto con aria di sconvolgimento.
Lo shock mi ha reso un blocco di ghiaccio e, nonostante il bisogno di urlare adesso mi laceri il petto, non riuscirei a emettere un solo fiato.
"Sei morta la stessa notte di Justin, la macchina che l'ha investito ed è volata verso il bosco...quella macchina..."
Aaron con fatica trova le parole.
"È la stessa" confermo annuendo lievemente.
"È la stessa fottuta macchina!" grido poi.
Non avrei potuto trattenermi ancora a lungo e, per quanto lo sconcerto sia forte, c'è un altra emozione ancor più radicata in me che sta prendendo il sopravvento, e quest'ultima si chiama rabbia.
"Mia madre ha ucciso Justin, è colpa sua se lui è morto..." continuo.
Le mie gambe stanno cedendo al loro stesso peso e a breve sarò costretta ad aggrapparmi ad Aaron per non finire dritta sul pavimento.
"È anche la stessa notte dell'incendio, io e Sam siamo morti proprio quella notte e zia Claire ci ha salvato chiedendo aiuto al re della morte" risponde lui.
"Mio padre deve aver fatto lo stesso, e anche il padre di Justin. Loro ci hanno salvato, hanno fatto un patto con il re della morte, ecco perché siamo qui; non è stato un colpo di fortuna, non siamo i prescelti, siamo il risultato di un patto con il demonio" dico mentre tutto assume un senso. 
Il motivo per il quale non sono mai entrata in chiesa, non ho mai potuto fare ricerche sulla mia morte, mio padre aveva paura di Justin e conosce Claire; è tutto collegato!
"Mio padre sa che sono morta" annuncio realizzando che la verità è proprio questa e che sono stata ingannata per tutti questi anni.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora