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Non mettevo piede a un funerale da quando ebbe luogo quello di mia madre.
Ricordo quel giorno come se fosse ieri:
lo sguardo pallido sul volto di mio padre, la gente che mi abbracciava e mi trattava come se fossi un giocattolo rotto, e poi le lacrime che uscivano senza sosta, mentre ero chiusa in bagno per non farmi vedere da nessuno.
Non fu organizzato in chiesa e, in realtà, non ci ho mai messo piede prima d'oggi; mio padre mi ha sempre detto che non siamo una famiglia religiosa, che la mamma voleva qualcosa di diverso, e io ho accettato quella spiegazione che mi faceva sentire più simile a lei.
Indossavo un vestitino nero con delle fantasie a fiori, me lo aveva comprato lei per l'ultimo compleanno festeggiato insieme e io l'avevo inzuppato di lacrime ancor prima che iniziasse la cerimonia funebre. Ricordo che strinsi l'orlo del vestito con così tanta forza da strapparlo quasi, data tutta la rabbia che serbavo verso il mondo intero.
Ora, invece, sono qui, ad assistere a un funerale al quale nessuno di noi era pronto, perché la scorsa settimana Aaron ha ucciso tre adolescenti della nostra scuola senza scrupoli per arrivare al suo obiettivo: diventare il re della morte.
"Forse non dovremmo entrare" dice mio padre, prima che io possa mettere piede in chiesa.
Il pensiero della mamma lo devasta nel mio stesso modo, quindi non biasimo la sua titubanza a varcare questa porta.
"Papà, non posso voltare così le spalle ad Alec" rispondo.
"Ma tu non sei mai andata in chiesa, potresti impressionarti."
Mostra una strana agitazione.
Non è la sua solita ansia di perdermi; sembra volermi impedire a qualsiasi costo di partecipare a questo funerale. "Era diverso prima, e poi rispetto tutte le religioni."
"Forse sarebbe troppo per te, dopo la terapia e tutto il resto."
Non mi è chiaro il motivo delle sue parole ma la malinconia che le contraddistingue mi porta a essere empatica e a mettermi nei suoi panni. "È tutto a posto, ce la faccio" dico convinta.
"Conosco mia figlia e so che anche se stessi male non me lo diresti."
"Allora non mi conosci così bene, perché affronterò anche questa cosa." Mi muovo di un passo.
"Zoe, aspetta" dice, ma io entro lo stesso all'interno della chiesa.
Per fortuna non accade nulla, dato che mi sono cosparsa di acqua santa dalla testa ai piedi questa mattina.
Ha bruciato un po' ma se è questo che devo fare per non prendere fuoco, allora sono disposta a sopportare il dolore.
Justin me ne ha procurata un po' grazie all'aiuto di Claire, che ha chiaramente lasciato intendere che ho un debito con lei.
L'uomo che fino a poco fa pareva star per morire, torna calmo e sorride, anche se solo leggermente.
"Che aspetti a entrare anche tu? La gente ci guarda in modo strano" dico voltandomi e incitandolo a sbrigarsi. Odio ricevere occhiatacce a scuola e non vorrei provare le stesse sensazioni di disagio anche qui. Deve essere un giorno di rispetto verso Jasmine, Chris e Miky, meritano un addio degno di essere chiamato come tale.
Mio padre mi osserva per assicurarsi di qualcosa che non comprendo, poi scuote la testa ed entra in chiesa. "Conoscevi bene quei ragazzi?" chiede prendendomi a braccetto e camminando lungo il tappeto rosso al centro della stanza.
"Ci sono uscita due volte, ma non posso dire che li conoscevo" mento. Una di loro voleva uccidermi e mi ha attaccata con una freccia infuocata.
"Mi chiedo chi possa aver fatto una cosa tanto crudele. La polizia deve trovare questo serial killer il prima possibile; se dovesse capitarti qualcosa giuro che..."
Lo interrompo prima che dia di matto.
Aaron ha pensato bene di cancellare le sue impronta da tutti e tre i cadaveri, poi ha fatto addormentare Alec e si è occupato di nascondere i corpi nel parcheggio scolastico, dove la mattina dopo sono stati ritrovati da due studentesse del primo anno.
A scuola nessuno ha parlato per giorni, nella mensa regnava il silenzio e i professori non avevano voglia di fare lezione, così ci hanno permesso di restare a casa il venerdì per riprenderci dal lutto.
"Te l'avevo detto che trasferirci a New Hope era una pessima idea."
È diventato una specie di rito, devo ricordargli questa stupida scelta almeno due volte al giorno, tre, quando sono di malumore.
"Ma da quando sono qui il mio blocco dello scrittore va molto meglio." "Quanto hai scritto fino ad ora?"
"Le prime dieci pagine."
Lo fulmino con lo sguardo.
"Che c'è? Succedono troppe tragedie e mi distraggo."
Trova una giustificazione vaga e preferisco non porgere altre domande sul libro. Inizierebbe a parlarne per ore e passerei il resto del funerale a chiedermi quando finirà l'ossigeno per tirare fuori nuovi dettagli.
Justin arriva con Sam, lei gli cammina accanto timidamente e non si guarda intorno, impaurita dalle espressioni vitree dei genitori delle vittime. Proprio come me, devono essersi cosparsi di acqua santa o avrebbero già preso fuoco.
"Non pensare di andare da loro" dice mio padre sostenuto.
Tuttavia, mi sono già incamminata nella loro direzione e questo lo fa imbestialire.
"Zoe, ma che..."
Vorrebbe alzare la voce ma resta in silenzio quando vede che due anziane signore stanno per sgridarlo. Successivamente, si sistema la camicia e tossisce, soffocato dall'imbarazzo.
"Ehi, come stai?" chiedo a Sam, che non ha ancora trovato l'audacia per guardare gli altri presenti nella sala, né di dire qualcosa.
"È  sconvolta ed è tutta colpa di Aaron" dice Justin, probabilmente consapevole del fatto che non avrebbe risposto.
"E per la storia del lato oscuro? Hai avuto altri problemi?"
"No ma ho incubi ogni notte, continuo a pensare a tutto quello che ho fatto; ho cercato di uccidervi, non posso nemmeno crederci."
La rabbia che si getta addosso da sola le impedisce di riprendersi dal trauma subito.
Continua a colpevolizzarsi e odia sé stessa per essere in parte causa della morte dei tre ragazzi.
"E anche in questo caso, indovinate di chi è la colpa?" risponde Justin che sardonicamente scherza sulla faccenda, ma è un modo velato di riversare odio su Aaron.
"Non è il caso" bisbiglio dandogli un colpetto sul braccio.
"E tu non eri in te, l'importante è che adesso sei tornata, e nessuno ti farà più del male finché ci sarò io a proteggerti" aggiungo guardando verso Sam.
Sorrido e lei ricambia, fermandosi seccamente, sicura di non meritare un po' di serenità e di protezione. "Zoe, a proposito di questo...io...ricordo ciò che ti ho detto a scuola quando abbiamo lottato, la storia di tua madre e..."
"Non importa, davvero."
Importava prima che Jasmine e gli altri morissero, ora tutto pare essere passato in secondo piano; esiste solo questo tragico avvenimento, che si ripete costantemente nella mia testa e nei miei incubi peggiori.
"Invece sì, non penso davvero quelle cose, sono stata una stronza."
Esprime tristezza.
"So che non l'avresti mai detto se non fossi stata controllata da quel mostro, quindi ti perdono."
"Non devi fingere che ti vada bene." "Non fingo, è che ci tengo a te. Nulla può rovinare la nostra amicizia."
"Dici sul serio?"
Quel sorriso che aveva tanto nascosto torna a fare capolino sulle sue labbra. Sta volta è luminoso e non forzato come il precedente.
"Sul serio, non sentirti in colpa, non con me, sono la prima stronza cinica, so come difendermi."
"Sei una brava persona Zoe, non sottovalutarti, e grazie per essere mia amica."
Mi prende per mano sorridendo ancora.
Non c'è alcuna energia oscura nel suo tocco e ciò mi consola. Il demone non fa più parte di lei.
"Ma che scena carina, quasi quanto vedere due cuccioli di cane che aprono gli occhi per la prima volta" dice Aaron che entra in chiesa tranquillamente.
Sam si volta verso di lui e lo guarda con biasimo.
"Tu...razza di demone!"
Alec si alza in piedi all'improvviso. L'ho visto piangere davanti alle bare dei suoi amici mentre parlavo con Sam; era innamorato e non ha avuto l'occasione di farlo sapere alla ragazza in questione.
Ho il sentore che si odi per questo, per non aver colto l'attimo quando non era troppo tardi.
La gente nella stanza, pur non capendo cosa prenda ad Alec, viene incuriosita dagli insulti rivolti ad Aaron.
"Ciao sfigato, qualche problema?" chiede lui, appagato dal dramma in prossimità.
"Ne ho molti. Tu sei un mostro, tu hai fatto questo!" si sgola indicandolo con un dito.
"Calmati Alec, così ti fai notare da tutti" interviene suo padre, l'uomo rigido e freddo dal quale sono involontariamente attratta.
"Non mi importa papà, io te lo giuro, lui ha fatto..."
Justin interrompe Alec accorrendo da lui e avvolgendo un braccio intorno alla sua spalla, fraternamente.
Ho dovuto dire a lui e Sam che Bob è lo scienziato che tanto ci terrorizza e adesso si terranno a debita distanza da quell'uomo.
Justin accenna a qualche risata, poi sussurra all'orecchio di Alec: "Non farlo, sarebbe un errore."
"Leva le mani di dosso a mio figlio!"
Il signor Crave spintona Justin, così la gente, che prima era solamente vogliosa di pettegolezzi, si fa preoccupata.
Un uomo adulto che attacca un sedicenne, a breve sarà già sulla bocca di tutta New Hope e la gente deciderà se dare ragione a Bob oppure no.
Più i nostri sguardi si incontrano e più immagino il lettino da laboratorio dove gli piacerebbe gettarmi e legarmi, per poi staccarmi gli occhi dalle orbite, studiandoli con i suoi macchinari scientifici.
È una prospettiva tragica ma non poi così surreale.
"Sto cercando di calmarlo, non ha idea di quello che dice, vero Alec?" Justin gli batte una pacca sulla spalla mentre l'espressione distrutta di Alec diventa sempre più evidente.
Fatica a parlare e presto scoppierà in un urlo angoscioso.
"Mi fai schifo anche tu" risponde inorridito.
"E anche voi, Jasmine aveva ragione: meritate di finire all'inferno."
Punta lo sguardo verso me e Sam e, dopo averlo fatto, scappa, indispettendo suo padre che ci osserva uno per uno, concentrandosi con maggiore impegno su Aaron. "Ecco perché odio venire in chiesa"
È Aaron a dirlo, insensibile al disagio che abbiamo appena vissuto.
"Pezzo di merda!"
Sam non contiene più la sua collera. "Non ti ci mettere anche tu" la prega Aaron sbuffando.
Ha avuto il coraggio di presentarsi al funerale delle persone che ha ucciso e non mostra il minimo pentimento ma si prende gioco della loro morte, ridendo e comportandosi come un bambino capriccioso.
"Hai idea di quello che hai fatto? Di quante vite hai rovinato?" urla Sam fregandosene di quanta gente possa sentirla e commentarla.
"Forse sarebbe meglio parlarne fuori" risponde Aaron sorridendo irritantemente.
"No, nulla sarebbe meglio di prenderti a calci in culo proprio adesso. Avrei preferito morire io, dovevi lasciarmi morire, cazzo!"
Sam lo prende a pugni sul petto.
"Sai benissimo che non l'avrei mai permesso."
"Beh, avresti dovuto, perché ora mi sento responsabile della morte di ognuno di loro, vivrò con questo peso per sempre ed è solo colpa tua, brutto figlio di puttana!"
Gli tira un altro colpo.
È arrabbiata, forse più di Alec, e fa quasi terrore.
Nessuno può sentirla, ha abbassato la voce, ma io e Justin ci siamo avvicinati quanto basta per intervenire se la discussione dovesse degenerare.
"Sam, ora basta" Justin la intima di fermarsi accarezzandole una spalla, ma lei lo respinge e continua a colpire suo fratello.
Aaron resta impassibile, è come se non gli importasse di nulla per davvero, glielo posso leggere nello sguardo, buio e apatico.
Mi ci sono interfacciata a ogni nostro incontro, se non quelle poche volte in cui ha voluto mostrare delle emozioni umane, ma non avrei potuto prevedere che oggi sarebbe stato talmente vuoto da impedirmi di sostenerlo.
"Cazzo! Sei il peggior fratello del mondo!" termina Sam furiosa, dandogli un ultima spinta decisa.
"Ti ho salvato la vita, questo sarebbe il tuo modo di ringraziarmi?" risponde Aaron.
Riceve uno schiaffo dritto in faccia subito dopo, che rende il suo sguardo vitreo inespressivo.
"Non voglio vederti mai più" dice Sam, abbandonando il funerale.
Non lo fa direttamente, aspetta che suo fratello mostri un minimo di cedimento, ma ciò non accade e lei lo sorpassa, senza risparmiargli una spallata e un colpo di gomito.
Aaron resta immobile, fissa un punto indefinito della stanza e qualcosa si distrugge in lui, una convinzione che fino a ora non lo aveva ancora abbandonato: Sam non potrà perdonarlo all'infinito e, prima o poi, si ritroverà a rimanere solo.
"Andiamo a sederci" dico rivolta a Justin, richiamandolo dalle occhiate abbattute che stava dedicando al suo vecchio amico.
Annuisce svogliatamente e, dopo che ho guardato Aaron per l'ultima volta, andiamo a prendere posto.
Durante il funerale, Justin mi prende per mano, girandosi per un attimo verso di me. L'imbarazzo dura poco, perché poi la felicità di essere qui con lui ha il potere di cancellarlo. "Ricordami la storia del re della morte, che vuol dire? Come si fa a diventarlo?" chiedo, assicurandomi di parlare con voce bassa e di non attirare orecchie indiscrete.
"Non ne so molto ma, quando eravamo piccoli, Claire ci raccontava questa storia su un certo re della morte, la persona grazie alla quale siamo ancora qui. Per arrivare a lui devi catturare abbastanza anime e potresti anche ucciderlo, così da prendere il suo posto."
"Ecco perché Aaron va in giro a uccidere tutte quelle persone: vuole davvero prendere il suo posto ed è convinto di potercela fare."
"Aaron è sicuro di sé, non ha di certo alcuna paura, nemmeno dell'unica persona che potrebbe davvero distruggerlo."
Dovrei esserne sorpresa ma stiamo parlando del ragazzo che ha rubato l'anima di mezza popolazione a New Hope, direi che non avere paura è uno dei requisiti necessari per diventare un feroce serial killer.
Sposto lo sguardo su Amanda, l'infermiera della scuola.
Non la vedevo da un po', non esce mai dall'infermeria e, quando ci siamo incontrate una volta in corridoio, non sono riuscita a salutarla, dato che avevo scoperto da poco di avere dei poteri.
Sarebbe bello parlare ancora con lei, è stata gentile nei miei confronti mentre mi visitava ed è anche la prima persona a essersi definita mia amica in questa città.
La messa termina e io mi dirigo fuori dalla chiesa.
Il cielo è nuvoloso oggi pomeriggio, in sintonia con lo stato d'animo della gente.
Ammassi di nuvole grigiastre si mescolano tra loro, dando all'atmosfera un alone di mistero che, per un po' di tempo, avrei preferito evitare.
È affascinante ma non mi rassicura per niente.
"Zoe, andiamo a casa" dice mio padre e, proprio mentre lo sto seguendo, fermo i miei passi, scovando Amanda da sola, in un angolo del marciapiede. "Ah...ti raggiungo dopo, ho una persona con cui parlare" rispondo.
"E chi sarebbe adesso? Il tuo ragazzo dark?" mi chiede.
"Ma no, è l'infermiera della scuola." "L'infermiera della...sul serio?"
Inarca un sopracciglio, rimanendo di sasso.
"Sul serio. Ci vediamo a casa, ciao papà" lo congedo con un sorriso sagace e lui, in tutta risposta, si tocca una tempia, spremendosi le meningi per capire cosa abbia che non va. "Amanda" dico, fermandomi solo quando sono vicinissima a lei.
"Zoe, che bello vedere che almeno uno di voi alunni si interessa a me, e non solo per farsi curare un mal di pancia."
Rido.
Sono felice di sapere che non ha perso la sua simpatica ironia.
"Deve essere dura per lei oggi, di sicuro è affezionata a tutti gli studenti."
"Non è la prima volta che accade qualcosa di così terribile, New Hope è una città maledetta e lo diventa anche di più quando torna Aaron Fletcher a trovarci" risponde, pronunciando il suo nome aspramente.
"Già" abbasso lo sguardo sconfortata. È tutta colpa di Aaron, se non fosse stato per lui e per il suo piano malato, ora i ragazzi del club sarebbero vivi. Alec è l'unico sopravvissuto e la domanda che mi si presenta davanti è la seguente: perché?
"Ma non avere paura, le tragedie capitano ovunque, ma penso che tu lo sappia già" dice.
"Sì ma questo non le rende meno brutte."
"No ma ti fa capire che il mondo è una vera merda e che, qualsiasi cosa tu faccia, resterà comunque tale; bisogna conviverci, vedere il lato positivo in qualcosa che è tutto fuorché positiva è come cercare un ago in un pagliaio, ecco perché vengo in chiesa ogni settimana, a volte penso che sia l'unica speranza che ho."
Il suo discorso è deprimente, eppure Amanda dà l'impressione di essere una persona gioiosa e determinata.
"È difficile avere speranza se te la portano sempre via" rispondo.
Mia madre, ogni membro della mia famiglia che odia i miei occhi neri, e Alec, che non ha più intenzione di essermi amico. Qualsiasi speranza abbia avuto nella vita è sfumata quando credevo di poter stare realmente bene, quindi ho deciso di non crederci più, di essere obiettiva e di rimanere con i piedi per terra. "Allora tu strappagliela di nuovo dalle mani a quegli stronzi che te la rubano. Nessuno può farti del male a meno che tu non glielo permetta, tesoro."
Non è vero, ma non mi opporrò alle idee fantasiose di Amanda.
Incontro di nuovo Aaron e la sua facciata da apatico figlio di puttana, impegnato a scrutarmi intensamente. Sta cercando di dirmi qualcosa, di mettermi paura, ma non glielo permetterò più.
Il suo regno di terrore è terminato, Aaron non farà del male ai miei amici e, se ci proverà, dovrà passare prima sul mio cadavere.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora