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Per un mese intero ho combattuto contro un essere che ho persino creduto facesse parte della mia immaginazione, ma non era così; adesso so chi si nasconde dietro a quei macabri occhi gialli vivi e penetranti che mi hanno dato la caccia e mi hanno perseguitata ogni qual volta posassi la testa sul cuscino.
Aaron mi sta rovinando la vita e, per colpa sua, ora siamo tutti in pericolo.
"Ho visto il film con i miei amici la scorsa sera e, quando sono andata via, quelle persone erano ancora vive. Non ho sentito nulla e non ho nemmeno notato nulla di sospetto; era tutto...normale" racconto al poliziotto davanti a me, che prende appunti sul suo taccuino.
Come immaginavo, la mattina dopo la polizia ha convocato tutti coloro che erano presenti nel cinema quando sono avvenuti gli omicidi.
Mio padre, che non ha preso nel migliore dei modi la notizia, ha espresso il suo parere in modo piuttosto pacato per i suoi standard, dicendomi che mi infilo sempre in queste situazioni spiacevoli e che sono una persona ancora troppo immatura e irresponsabile.
"Quindi, tu e i tuoi amici siete le ultime persone che hanno visto Mark Roberts e le altre vittime in vita?" domanda il poliziotto.
Gli occhiali gli cadono sulla punta del naso e i suoi capelli brizzolati sono leggermente in disordine. Ha una pancia prosperosa, di qualcuno che si è lasciato andare a dolci e hamburger per almeno cinque anni.
La divisa gli sta stretta e, ogni tanto, deve riprendere fiato, smettendo di parlare. Porta anche una fede nuziale al dito.
"Non ne ho idea, di certo né io né i miei amici siamo responsabili di una cosa simile; siamo solo degli adolescenti" rispondo con una convinzione che neanche la più brava bugiarda al mondo sarebbe in grado di tirare fuori.
"Non lo metto in dubbio, ma devo interrogare tutte le persone che possono avere delle informazioni sugli omicidi a New Hope. Sta morendo troppa gente ultimamente; la città sembra maledetta."
Ride, anche se risulta indelicato, e il suo gesto dura qualche secondo di troppo.
Lo imito per non metterlo a disagio, nonostante non abbia idea del perché ciò lo diverta.
"Simpatico, crede alle maledizioni" dico senza interrompere le mie risate.
"Tutti dovrebbero crederci; quando succedono cose talmente orribili...non puoi far altro che credere siano comandate da qualcosa di più grande e spaventoso."
E come potrei dargli torto? A causa di Aaron e del mostro - ovvero il suo lato oscuro - , andare a dormire la notte sta diventando un'impresa ardua.
"Ma non è così e devo trovare un colpevole. Spero che tu mi abbia detto tutta la verità" continua.
Provo quasi un senso di colpa a dover mentire a quest'uomo.
Non lo conosco, non mi importa di lui e non ho intenzione di tradire i miei amici, ma mi intenerisce la sua aria da sognatore che lo rende un po' sbadato.
"L'ho fatto, davvero" rispondo.
"Allora sei libera di andare."
Mi rivolge un mezzo sorriso.
"Grazie detective..."
"Roger, detective Roger" dice.
"Roger, ok. È stato un piacere. Spero troviate il responsabile di tutto ciò al più presto."
Alzandomi, mi dirigo alla porta, fermandomi solo per ascoltare le sue parole sussurrate.
"Anche io" dice, con quel pizzico di rammarico che mi fa sentire una persona orribile.
Esco dalla stanza e mi avvicino a mio padre.
"Ci hai messo tanto. Quando ti ho detto di farti degli amici non parlavo della polizia."
"Scusa papà ma non è colpa mia; mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato."
"Ti capita spesso ultimamente. È possibile che ovunque tu vada muoia qualcuno?"
Resto in silenzio, venendo divorata da un vuoto immenso che percorre il mio intero corpo.
"Almeno stai bene?" chiede poi con tono più calmo.
"Me la cavo."
Quanto mi piacerebbe che fosse vero.
"Ottimo, così a casa potrai studiare; non voglio che trascuri la scuola." Sbuffo.
È capace di parlare di scuola anche ora che sono stata interrogata dalla polizia.
"Ma ti importa solo di come vado a scuola?"
"No, mi importa ANCHE di come vai a scuola; anche e soprattutto" puntualizza.
"Sei insopportabile."
"Già detto, cambia aggettivo ogni tanto."
Non gli dirò più niente, sarebbe come parlare con un muro e non vorrei perdere la pazienza davanti alla centrale di polizia.
Alec, intanto, sta aspettando il suo turno insieme al padre, lanciandomi occhiate in lontananza.
L'uomo al suo fianco lo costringe a smettere, tirandolo per il cappotto. "Alec" lo chiamo avvicinandomi.
"No, non provarci" risponde lui ponendo una mano in avanti.
Come ho potuto credere che gli fosse già passata la paura? Ha scoperto che sono un demone e che ho dei poteri che potrebbero distruggere New Hope, se solo lo volessi.
"Non ti farò nulla, noi siamo amici" dico.
"No che non lo siete. Non ho idea di quale sia il tuo problema, ragazzina, ma sta lontana da mio figlio se non vuoi avere guai" risponde suo padre. Ha un'espressione da duro stampata in faccia; i suoi occhi azzurri e stanchi mi guardando spregevolmente e i suoi capelli, ormai bianchi, gli arrivano fin sotto le orecchie.
Ha molte rughe, la sua pelle sembra quella di un uomo che passa tutto il giorno al chiuso, che non vede spesso la luce del sole, e la leggera barba sul mento è poco curata.
"Ehi, non è necessario rivolgersi a lei in questo modo, in fondo non ha colpe" interviene mio padre.
"Non ha colpe se non quella di aver trascinato mio figlio in questo disastro, ecco perché non possono essere amici" ribatte quell'uomo minaccioso e serio.
La cosa che mette di più i brividi è la voce profonda che lo contraddistingue; non è calda o sensuale, è semplicemente tetra e cupa, da farti accapponare la pelle.
"Alec, di' qualcosa, lo sai che ieri ti ho aiutato" gli parlo a bassa voce, cosicché il padre non ascolti, ma lui sembra incapace di ribellarsi; è ormai succube della persona che l'ha cresciuto e lo comanda a bacchetta. "Mi dispiace" risponde rattristato, prima di seguire suo padre all'interno della centrale. È il momento del suo interrogatorio.
Se dovesse dire qualcosa, Aaron lo ucciderebbe e poi farebbe lo stesso con la sua famiglia; per questo spero che abbia un minimo di coscienza e tenga la bocca chiusa.
"Te l'avevo detto che era un tipo strano" asserisce mio padre irritato.
"Non è strano, è spaventato..."
E, purtroppo, è solo colpa mia.
Per fortuna l'arrivo di Justin, che ha appena terminato di raccontare la sua versione a un altro poliziotto, mi fa tornare il sorriso.
Gli vado subito in contro, lasciando mio padre da solo nel parcheggio e con un'espressione poco contenta in volto.
"Zoe, non andare da lui!"
Prova a fermarmi ma non ottiene alcun risultato.
"Justin, com'è andato l'interrogatorio?" chiedo.
"Ho detto quello che ci eravamo ripromessi di dire. E a te?"
"Stessa cosa. Credi che abbia funzionato?" domando intimorita. "Non sospetteranno mai di cinque adolescenti che ancora vanno al liceo, ma cerchiamo di rimanere in allerta." "E Jasmine? L'hai vista oggi?"
Il pensiero che lei possa davvero tradirci non è poi tanto ingiustificato. "Credo sia venuta per prima e, ovviamente, non ci ha aspettato; non ci considera amici."
"Tutti tranne Aaron; di lui si fida, purtroppo" rispondo ancora dubbiosa riguardo il loro rapporto.
Conoscendo Aaron, si sarebbe già liberato di lei una volta scoperto di quella stanza segreta, eppure Jasmine sta bene e va in giro a minacciarci, spargendo voci sul nostro conto.
"Te l'ho detto, è bravo ad ammaliare...ad affascinare."
Si muove verso di me mentre lo dice, provando a fare lo stesso con degli sguardi ammiccanti.
"E il suo lato oscuro sta cercando di prendermi; fantastico!" ironizzo.
Justin è troppo vicino e mio padre ci guarda innervosito.
"Ce la faremo, in qualche modo; se è scappato dal suo corpo allora può anche rientrarci" dice Justin.
"Quel ragazzo porta solo guai" affermo.
Aaron mi ha regalato quel libro e Justin non ne è ancora a conoscenza; per giunta, il suo lato oscuro vuole possedermi. La mia vita sarebbe molto più facile se lui non esistesse. "Non è sempre stato così, o forse lo era ma non lo conoscevo abbastanza." Justin si deprime; ciò accade ogni qual volta parli del suo passato con Aaron. Non ha dimenticato nulla, gli mancano quei momenti e, di sicuro, vorrebbe viverli di nuovo.
"Non è colpa tua, non potevi sapere che sarebbe successo tutto questo." Tocco il suo volto.
"Come io non potevo sapere che un giorno mi sarei presa una cotta per un ragazzo tanto bello quanto pericoloso" continuo sorridendo e mantenendo un contatto visivo intenso con lui.
"Hai ammesso di avere una cotta, facciamo progressi."
"Non cantare vittoria però, cambio idea facilmente."
"Lo posso sopportare." dice, baciandoni poi per la seconda volta, davanti a mio padre.
Lui assume un'espressione di sgomento che tramuta piano in vera e propria furia. Questo non mi rassicura per nulla.
Il bacio è lento e dolce, meno passionale del precedente ma, allo stesso tempo, piacevole.
"Tuo padre vorrebbe uccidermi, vero?" chiede Justin.
"Che importanza ha? Tanto sei già morto" lo prendo in giro, ricevendo un sorriso da parte sua e poi un altro bacio.
"Adesso può bastare, non credete?" Con un colpo di tosse, mio padre interviene.
"Signor Evans, è un piacere rivederla, oggi è davvero molto elegante" dice Justin cordialmente.
"Bel tentativo ma la prossima volta ti andrà meglio."
Mio padre lo guarda sbilenco, poi si rivolge a me.
"Andiamo a casa, mi devi delle spiegazioni."
"Oh, lo so."
Rido allegramente e lo seguo verso la nostra auto, salutando un'ultima volta Justin con un sorriso d'intesa.
Dopo aver spiegato a mio padre che io e Justin abbiamo un rapporto complicato e che non ha alcun diritto di decidere con chi possa baciarmi oppure no, salgo al piano di sopra, pronta a farmi un bagno caldo.
Entro nella mia stanza e cerco alcuni vestiti da indossare, poi libero i capelli dalla coda che ho realizzato questa mattina, ritrovandomi con un vero e proprio nido di uccelli in testa. "Stupidi capelli" mi lamento toccandoli con sdegno.
Prendo i vestiti e chiudo l'armadio, voltandomi poi verso il letto.
Noto solo adesso che la finestra è aperta e che la nebbia ricopre tutta la strada.
Corro a chiudere le ante, guardando al di fuori per verificare che non ci sia nessuno di sospetto.
Prego che il lato oscuro di Aaron non sia qui e che mi lascerà in pace, prima o poi.
Mi dirigo in bagno e chiudo la porta alle mie spalle, chiedendomi, per un attimo, se girare la chiave oppure no. Lascio perdere e mi avvicino alla vasca. Prendo quindi il sapone da versare al suo interno.
"Sai, ti facevo una tipa da bolle e a quanto pare non mi sbagliavo" dice Aaron che, per la prima volta nell'ultimo mese, riesce a togliermi il fiato e a farmi seriamente dubitare di poter morire a causa di un infarto.
Faccio cadere a terra il barattolo di sapone e mi giro, sconcertata e indebolita dalla paura.
"Che cazzo ci fai nel mio bagno?" sbraito.
"Ero nei paraggi in cerca di qualche povera anima tormentata da uccidere, poi mi sono ricordato che io e te abbiamo un conto in sospeso e ho pensato...perché non farle una sorpresa?" risponde mantenendo un sorriso sulle labbra.
"Hai fallito allora, perché le sorprese dovrebbero far piacere, di solito, tu invece mi fai venire la nausea."
"Tutta questa cattiveria gratuita nei miei confronti incomincia a stancarmi. Tu sei un pericolo per me, mi vuoi rubare il lato oscuro, non è affatto carino da parte tua."
Ha persino il coraggio di scherzare dopo che quel demone ha ucciso delle persone?
Aaron è un caso perso, non esiste alcuna salvezza per lui.
"Sai cosa non è carino? Entrare in casa degli altri senza bussare, per l'ennesima volta."
Gli lancio addosso i vestiti che avrei indossato dopo, colpendolo in faccia. "Belli questi shorts, scommetto che ti starebbero da urlo" dice, prendendola, come al solito, ironicamente.
"Finiscila, Aaron. Dimmi cosa vuoi da me."
"È semplice: voglio che ti levi di torno per sempre. È brutto sapere che il mio lato oscuro preferisce te, capisci? Mi ferisce nell'orgoglio." Lo guardo sorpresa mentre tutto assume una forma più chiara.
"Ora ho capito" dico.
"Che cosa?" domanda lui perplesso. "Ho capito perché stai cercando di uccidermi! Tu sei geloso di me" esclamo.
"Non è affatto vero; non si tratta di gelosia ma di...sai una cosa? Non mi devo giustificare con te. Tu sei il nemico."
Solo un bambino avrebbe mentito così male. Aaron muore di gelosia perché, nonostante abbia rifiutato i miei poteri per dieci anni, sono comunque più forte di Justin e Sam e, forse, un giorno lo sarò anche più di lui.
È questo pensiero a distruggerlo e vorrebbe sbarazzarsi di me così da non doversi sentire inferiore.
"Invece sei geloso, perché sono molto più forte, così forte che anche il tuo lato oscuro mi vuole e questo ti sta uccidendo" parlo con aria divertita, compiacendomi.
"Che sia chiaro, non ho nulla da invidiare a una novellina che va in giro fingendo di essere pericolosa. Io sono Aaron Fletcher, ho ucciso così tante persone che la gente ha paura di me senza nemmeno sapere che sono il responsabile."
Cammina nella mia direzione, arrabbiato.
"Mettilo nel tuo curriculum, di sicuro farai successo."
Sto per ridere ma Aaron mi spinge contro il muro.
Il suo corpo è vicino al mio e mi guarda con attenzione, studiando ogni centimetro del mio viso con i suoi occhi neri che farebbero paura a chiunque, proprio come i miei. "Novellina, se fossi così geloso come dici perché ti avrei regalato quel libro?" chiede muovendo un dito sulle mie labbra.
"Per mettermi contro Justin e Sam, è chiaro."
"No, non me ne importa nulla se sei amica di mia sorella o se fai sesso con quel mollusco di Justin; io voglio che tu te ne vada con la consapevolezza della tua forza. A New York ti divertirai molto con i poteri."
Non ha ancora smesso di toccare la pelle delicata del mio volto e di guardarmi negli occhi animatamente. "Non posso andarmene" rispondo tentennando.
"Ma certo, ti piace Justin e lasciarlo per te sarebbe impossibile."
"Non è solo per Justin ma anche per tua sorella; il mostro la ucciderà se non riuscirà ad avermi, ecco perché dovremmo collaborare, almeno finché non lo distruggeremo." "Collaborare? Noi due? Scordatelo."
"Almeno pensaci: tu sei senza scrupoli e io sono determinata; insieme ce la possiamo fare, e non lo dico ironicamente. In fondo non siamo poi così diversi, no?"
Sta ascoltando ma allo stesso tempo sembra del tutto assente.
I capelli gli coprono la fronte per alcuni istanti, poi li manda via con un soffio.
"No, non lo siamo" risponde liberandomi e dandomi una leggera spinta.
Si allontana mentre io recupero il respiro che avevo trattenuto per colpa della sua vicinanza.
"Justin crede ancora in te, sa che puoi fare qualcosa di buono."
"Justin è un ingenuo, ma tu no; lo sai bene che non cambierò mai e la cosa strana è che non ti importa, sei comunque disposta a collaborare, perché?" chiede.
"Perché sei l'unico che non avrebbe paura di prendere decisioni difficili. Sam è troppo emotiva e Justin troppo serio, tu, invece, non provi sensi di colpa; ci servi per questo" dico restando ferma nella posizione in cui mi ha lasciata, con la schiena rivolta al muro.
Aaron abbassa lo sguardo, per poi rialzarlo, facendomi incontrare i suoi occhi.
Esprimono il vuoto più profondo.
"Aaron, è per il bene di tutti" dico sperando che questo lo convinca, che il desiderio di salvare sua sorella lo faccia.
Ci guardiamo e, per un momento, mi pare di vedere un Aaron diverso, che non vuole ammettere di essere anche coscienzioso a volte.
"Non posso, io non sono come voi e non lo sarò mai, neanche per un giorno" dice ritornando ad incattivirsi.
"Aspetta."
Non faccio in tempo a fermarlo che svanisce.
È andato via, lasciandomi sola e arrabbiata.
Aaron non sarà facile da convincere ma sento che, in qualche modo, stia cambiando idea e che presto diventerà un nostro alleato.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora