11

438 25 5
                                    

"È da quando ero piccolo che sono così, credo che la vita, o la morte, mi abbiano dato un'altra possibilità. Non so perché ma l'unica cosa certa è che ho dei poteri e sono più forte delle altre persone; dentro di me c'è un lato oscuro che per fortuna ho imparato a combattere e anche tu ce l'hai" dice Justin mentre siamo intenti a camminare lungo una stradina deserta a Ferry Street, dove nessuno potrà sentirci.
"È assurdo, io non ho mai avuto dei poteri, e non credo di averli nemmeno adesso" rispondo, ancora scossa da ciò che è accaduto sul tetto. Guardo in basso, incapace di osservare il mondo che mi circonda; al momento sarebbe troppo complicato.
Justin si è gettato a capofitto giù da un tetto per poi apparire di nuovo alle mie spalle; quando ho sentito la sua voce mi è sembrato di tornare a respirare, il sollievo nel sapere che stesse bene è stato impagabile.  "Eppure, l'altra notte hai spinto Aaron con una forza che nemmeno lui è riuscito a fermare, questo io lo chiamo potere" dice, senza nascondere che ciò lo diverta.
"Aaron eh, lui è come te? Perché mi ha preso così di mira?"
"Aaron non è come gli altri morti, lui ha deciso di abbracciare il suo lato oscuro e adesso va in giro a portare la gente sulla cattiva strada, o a uccidere. Si diverte a tormentare le persone che ritiene deboli e fragili" spiega con aria triste.
"Sembra che tu lo conosca molto bene"
"Eravamo migliori amici un tempo, davvero, facevamo tutto insieme, finché non ho scoperto il suo gioco malato e non mi sono allontanato da lui. Adesso non esiste più per me".
Le sue stesse parole sembrano fargli male, infatti evita in tutti i modi di ricambiare le attenzioni che gli sto rivolgendo.
L'alone di mistero dietro Aaron non fa altro che aumentare e la sua amicizia con Justin mi intriga. Mi piacerebbe saperne di più ma i miei pensieri tornano subito alla mia presunta morte; se pensarlo è già terribile non oso immaginare come sarà ammetterlo.
"Se siamo davvero morti, perché riusciamo a mangiare e bere e respirare...?" dico sperando che in realtà si tratti di un brutto scherzo, che noi siamo proprio come tutti gli altri.
"A volte ci convinciamo di alcune cose per sentirci normali, è nella tua testa. In realtà; se ti fermi per un secondo e metti da parte l'illusione..."
Si avvicina a me, prende la mia mano e mi costringe a portarmela sul petto; lì sento un battito leggero che piano sparisce, fino a dissolversi completamente.
"Mio Dio..." sussurro.
"Io sono davvero..." continuo a biascicare indietreggiando, mentre realizzo in modo brutale la verità sul mio conto.
Tutto questo non può essere vero, io non posso essere morta, deve trattarsi di un altro dei miei incubi; presto mi sveglierò e scoprirò di essere ancora Zoe Evans, una ragazza con delle stranezze ma viva. Scoprirò di non essere una stupida morta che cammina.
"È dura da accettare, lo so, sei cresciuta in una città normale, pensando di essere una persona normale; hai avuto un blocco per tutti questi anni."
Justin cerca di mostrarsi comprensivo ma adesso il suono della sua voce non fa altro che irritarmi.
"Sta zitto!" grido fuori controllo.
Sono un fantasma o uno zombie? Non riesco a capacitarmene e fa male, proprio nello stomaco.
"In questo momento hai bisogno di qualcuno che ti guidi, di una persona che ti faccia sentire al sicuro."
"E dovresti essere tu? Nemmeno ti conosco e qualche minuto fa ti ho visto cadere giù da un tetto. Tutto questo non ha senso."
Mi porto una mano tra i capelli, arrabbiata con me stessa per non averlo capito prima. I segnali c'erano tutti: sono sopravvissuta a un incidente mortale, nessuno si è mai avvicinato a me; e poi i miei occhi, sembrano proprio quelli di un demone.
"Nella vita non sempre tutto ha un senso, ed essere morta non vuol dire che tu non abbia dei sentimenti, puoi ancora provare emozioni come un essere umano, puoi ancora sentire il vento tra i tuoi capelli, e puoi fare molte altre cose che scoprirai presto. Non pensare che sia tutto finito."
Mi raggiunge e posa una mano sul mio volto, guardandomi negli occhi con una strana intensità che prova in tutti i modi a ottenere anche da parte mia. Nessuno mi ha mai guardata in questo modo ed è bello sentirsi così desiderata, anche se da morta.
"Ho bisogno di tempo, scusa."
Lo allontano da me.
"Restare sola è una pessima scelta. Aaron ti vuole fare del male, per qualche strana ragione, e tu non sai ancora come difenderti."
"Beh, non lo posso affrontare adesso, sono sconvolta e arrabbiata, non so nemmeno cosa dirà mio padre quando lo saprà; è tutto un casino e ho bisogno di pensare, senza averti intorno" rispondo gesticolando frettolosamente, cosa che mi risulta incontrollabile quando sono nervosa. "Zoe, niente deve cambiare."
"Invece cambierà tutto da ora in poi...tutto."
Alzo le braccia in segno di resa e corro via in preda a una tristezza abissale.
La strada perde forma insieme alle mie certezze; le case si incupiscono, le foglie degli alberi ballano a causa del vento e, ogni tanto, mi sento osservata come da una presenza oscura che aleggia per il sentiero.
Una volta arrivata a casa, scappo al piano di sopra e mi chiudo in camera. Mio padre non è ancora tornato e, quando lo farà, non troverà sua figlia ma una persona che ha capito di essere morta e che la sua intera esistenza era una bugia.
Lancio tutto in aria; i cuscini, i vestiti e i libri che ho comprato per la scuola. Odio questo posto, odio New Hope e odio questa casa da brividi.
Tiro dei calci al letto e mando un urlo disperato. Le parole di mia madre, i momenti passati con lei, il suo sorriso, tutto sembra dissolversi nella mia mente nell'istante in cui mi fermo con la foto che la raffigura tra le mani. Era così bella, nessuno l'avrebbe guardata nel modo in cui guardano me, perché sarebbe stato al pari di giudicare un'opera d'arte esposta nei musei più importanti al mondo.
Dovevo morire anche io o, almeno, doveva capitare solo a me; lei meritava di essere qui, di poter ancora sentire il sole sulla sua pelle, di poter sognare e ridere, non sono io a meritarlo! I miei pensieri rabbiosi vengono interrotti da un rumore proveniente dal piano di sotto. Ho come l'impressione che qualcuno si sia introdotto in casa.
Esco dalla stanza e scendo lentamente le scale, stando attenta a non farmi sentire.
Raggiungo il salone e afferro la prima cosa che mi capita a tiro, ovvero un pezzo della mensola rotta da mio padre. Stringo il legno appuntito tra le mie mani e perlustro la camera. Dopo la giornata passata con Justin non avrò di certo paura di un ladro. Cammino dirigendomi in cucina ma, vedendo che al suo interno non c'è nessuno, mi rilasso. Forse la mente mi ha giocato brutti scherzi, oppure sono talmente spaventata che non riconosco più quale sia la realtà.
Di colpo, vengo spinta sul pavimento e mi ritrovo a strisciare verso il salone, perdendo, di conseguenza, l'arma dalle mie mani.
Grido, non riuscendo a vedere chi mi abbia presa così bruscamente.
Vengo tirata fino al muro e ci sbatto la testa ma, nonostante ciò, non provo alcun dolore.
Justin aveva ragione; tutte le volte che mi sono sbucciata un ginocchio, il mal di testa e i dolori allo stomaco dovuti al ciclo, era tutta un'illusione.
"Chi c'è? Fatti vedere" dico alzandomi in piedi con fatica e mantenendo il sangue freddo.
Potrebbe trattarsi di Aaron ma, le scorse volte, mi ha sempre provocata senza nascondersi; quindi deve essere qualcosa di peggiore.
Rivedo quegli occhi gialli che mi fissano, accompagnati dalla solita sagoma deforme e nera.
Vorrei urlare ma, ogni volta che mi trovo a combattere con questo mostro, mi blocco di fronte alle mie debolezze.
Qualsiasi cosa sia, non può farmi del male. Io sono già morta, almeno credo; tuttavia, la paura continua a paralizzarmi.
La sagoma mi corre in contro poco dopo e io strillo mentre la mia vista si annebbia, finché non perdo i sensi.
Apro gli occhi con fatica. Vedo sfocato e non capisco se sono ancora viva o se sono finita dritta all'inferno.
"Zoe, svegliati" dice papà accarezzando delicatamente il mio volto.
Mi trovo in ospedale e devono essere passate ormai delle ore da quando sono svenuta; fuori è già sera.
Mi irrigidisco e guardo mio padre, spaventata.
"Papà, perché sono qui?" domando con voce debole.
"Ti ho trovata priva di coscienza in salone, ho pensato avessi avuto un calo di pressione e...mio Dio! Ho avuto tanta paura" dice stringendo la mia mano.
Un calo di pressione? No, non è stato affatto quello, sono stata attaccata da un mostro che voleva probabilmente uccidermi.
"La mia cartella...cosa dice la mia cartella? Come sono messi i miei valori? Ho qualcosa che non va?" agitandomi, penso al fatto che, se sono morta, di sicuro qui l'avranno scoperto.
"Calmati un secondo, fare così non serve a nulla."
Papà mi tocca la fronte.
"Rispondi, ho qualcosa che non va?" ripeto la domanda con più decisione. "No Zoe, stai bene, anche se da come stai parlando non sembrerebbe" risponde abbassando il tono della voce mentre termina la frase. "Impossibile..." parlo tra me e me.
Se sono morta, allora perché nessuno se ne accorge?
"Che ti prende? Sei più strana del solito oggi" dice lanciandomi un'occhiata più attenta.
"Nulla, tranquillo, ho solo bisogno di riposare" mento.
Non posso ancora dirgli la verità, di sicuro non la prenderebbe bene; conoscendolo, potrebbe chiamare il prete per farmi benedire e liberare da ogni traccia di impurità.
"Ok, ti lascio allora, ma vengo a riprenderti domani mattina, vogliono tenerti qui stanotte per farti dei controlli."
"Sul serio? Ma hai detto che sto bene." "È semplice routine tesoro, vedrai che da domani tornerà tutto a posto." Lascia un bacio sulla mia fronte dopo averlo detto.
"Sei tutta la mia vita, ricordalo" aggiunge.
Lo guardo con gli occhi lucidi per alcuni istanti, poi mi ricompongo accennando un sorriso, anche se sono convinta risulti una vera e propria smorfia.
Quando mio padre va via, chiamo Justin, ricordandomi di aver ricevuto il suo numero prima della nostra discussione; è l’unico a sapere il mio segreto e che mi darà una mano a scacciare quel mostro orripilante.
"Grazie per essere venuto, sono stata troppo dura prima" dico sincera.
"Non devi scusarti, è difficile per te molto più di quanto lo sia stato per me; io ho sempre saputo di essere così, tu invece l'hai nascosto a te stessa per dieci anni."
Sospiro; ero già pronta a dimenticare questo dettaglio.
"Sono stata una stupida, ma almeno adesso ho le risposte che ho sempre cercato."
"Quindi non sei triste? O arrabbiata?" "No, stranamente mi sento me stessa."
Nel dirlo gli rivolgo un sorriso dolce che lui ricambia subito. Non è affatto vero, ma non potrei affrontare un'altra conversazione come quella di oggi pomeriggio, non adesso che sono su un letto d'ospedale.
"Anche se non capisco, perché i medici non se ne rendono conto? Voglio dire, sono praticamente un fantasma."
Justin ride.
"La cosa bella dell'essere morti è che solo noi lo sappiamo, per gli altri la nostra unica stranezza è avere gli occhi più scuri del normale; finché crederanno all'illusione, non potranno vedere la realtà."
Se il suo obiettivo era quello di chiarirmi le idee, allora non ci è affatto riuscito.
"E del mostro che mi dici? È stato lui ad attaccarmi, credo volesse uccidermi."
"Non ho idea di cosa possa essere ma indagherò. Se se la sta prendendo con te, vuol dire che hai qualcosa che lui vuole, non ci resta che capire cosa e distruggerlo."
"Distruggerlo? È così che parlano i morti viventi?"
Lo sto prendendo in giro e questo lo tocca particolarmente, direi dal cipiglio sul suo viso.
"Preferisco esseri soprannaturali e sì...abbiamo un linguaggio piuttosto forte" risponde e io rido, mandando via per un attimo lo stress che ha contraddistinto questa pessima giornata.
Passo la notte a girarmi e rigirarmi nel letto d'ospedale, mentre i brutti pensieri viaggiano nella mia mente senza interrompersi.
Non riesco a smettere di vedere quegli occhi, è come se mi avessero strappato via l'anima - sempre che io ne abbia una - .
Tutto d'un tratto, percepisco una folata di vento più decisa alle mie spalle. La finestra è quasi del tutto aperta, quindi potrebbe entrare qualsiasi altro demone qui dentro.
Mi giro sul fianco opposto e guardo fuori, lasciando che i miei occhi si chiudano a causa del sonno.
Mentre sto per addormentarmi, una mano si posa sulla mia guancia, così apro gli occhi e mi metto seduta di soprassalto. Non c'è nessuno nella stanza ma io l'ho sentito e, magari, si trattava proprio di quell'orribile mostro.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora