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Bugie. Ecco che cosa erano le parole di Aaron, solo delle immense e deludenti bugie.
Mi ha portata a credere che potessi fidarmi di lui, che dargli retta e considerlarlo un amico non fosse poi una scelta così stupida, ma anche queste erano delle menzogne e ora non riesco a smettere di sentirmi una povera illusa.
Aaron mi ha dato qualcosa di speciale e, a causa del suo bisogno costante di ferire Justin, me l'ha portata via, mostrandosi ai miei occhi per ciò che è davvero: un mostro senza cuore disposto a tutto pur di arrivare ai suoi scopi malefici.
Aspetto quindi che si svegli, sedendomi su di lui a cavalcioni e ascoltando ogni respiro esalato dalla sua bocca, aspettando impaziente che apra gli occhi, così da potergli ricordare che nessuno osa prendermi in giro.
"Buongiorno, Aaron" dico mentre si sveglia.
Ho giocato con i suoi capelli quando era ancora addormentato, gli ho accarezzato il viso e ho immaginato di strappargli via le labbra, in modo tale da non vedere più il suo sorriso compiaciuto.
Aaron studia meglio la mia immagine sbattendo le palpebre, assonnato.
"Sto sognando per caso?" chiede con la voce rauca di chi si è appena svegliato e non ha neppure idea di dove si trovi.
"Forse, ma chiediti se si tratta di un bel sogno o...di un incubo."
Enfatizzo l'ultima parola e stringo la sua maglietta, strappandola quasi.
"Che vuoi dire?"
Aaron domanda con titubanza.
Non ci metto un secondo di più a farlo saltare in aria, guidata da una collera talmente intensa da farlo cadere di schiena sul pavimento.
È ancora intontito e non credo stia capendo il motivo di questa mia sfuriata.
"Ma che cazzo fai?" strepita.
"Quello che avrei dovuto fare molto tempo fa" rispondo sollevandolo da terra e spingendolo verso il muro, dove lo immobilizzo; non sarà capace di muoversi e liberarsi finché non ne avrò voglia.
"Ok...so di essere stato abbastanza cattivo la scorsa notte e di averti quasi uccisa, ma non ero in me, lo sai anche tu."
"Non sono arrabbiata per quello ma perché mi hai mentito" dico, trovando la sua giustificazione così patetica da farmi venire il voltastomaco.
"Mentito? E quando l'avrei fatto?" risponde senza abbandonare la confusione che l'ha catturato da quando ha aperto gli occhi.
"Non fare il finto tonto con me."
Gli lancio contro alcuni libri e lo colpisco dritto in volto. Aaron tenta di evitare i colpi ma non ha riacquistato ancora tutte le forze perdute la scorsa notte e credo resterà debole per un bel po'.
"Non è carino prendersela con una persona incapace di difendersi."
"Oh poverino, ora mi metto a piangere" lo schernisco con un dispiacere pressoché ironico.
Rabbuia in viso e le sue labbra si chiudono in una smorfia per nulla nuova ai miei occhi. Sta per perdere le staffe.
"Ma che problema hai? Perché pensi ti abbia mentito?"
"Perché è quello che hai fatto dicendomi che Sam ha una cotta per Justin. Ho parlato con lei e ho scoperto che non è affatto vero e che tu sei solo un viscido bugiardo."
"No...non è possibile, so quello che ho detto; conosco mia sorella, non avrei motivo di mentire" dice alterandosi.
"Andiamo, tu non vuoi vedere Justin felice, è per questo che l'hai fatto, perché non sopporti l'idea che qualcuno possa stare meglio di te."
Arriccia il naso come se non volesse accettare che io possa giudicarlo in questo modo.
"Ti sbagli! Sto dicendo la verità; devi credermi Zoe."
"Dammi una sola buona ragione per farlo."
Vorrei tanto che me ne desse una perché, nonostante i tradimenti e le minacce, mi piacerebbe credere ancora in lui, ma so già che non la troverà; non esiste una ragione valida per fidarsi di qualcuno che ha avuto il coraggio di mentire sui sentimenti della propria sorella.
"Io...".
Precedo la sua tentata spiegazione interrompendolo: "Hai cercato di uccidermi fin dal primo giorno, hai quasi distrutto la città e, cosa più importante, hai ingannato me e Justin per arrivare a Jasmine e ucciderla".
Dire queste cose ad alta voce e ricordare quanto Aaron sia stato spregevole verso ognuno di noi mi fa sentire così ingenua. Gli ho creduto, sono stata dalla sua parte e l'ho difeso quando nessuno l'avrebbe fatto, e per quale motivo? Che cosa ho ottenuto prendendomi cura di una persona talmente meschina e arrogante da non saper più riconoscere i suoi stessi sbagli?
"Per essere chiari, ho ingannato Justin, non te...solo Justin" risponde con l'ambigua convinzione che questo dettaglio cambierà qualcosa.
"Questo non ti rende di certo migliore."
Lo colpisco ancora con i miei poteri e sta volta inveisce contro di me, sussurrando parole che sicuramente farebbero accapponare la pelle a chiunque.
"Non mi posso fidare di te, non più" gli dico amareggiata, guardandolo con sconforto. Mi ha spezzato il cuore e, prima d'ora, nessun ragazzo è mai riuscito a farmi sentire in questo modo. Il viaggio a Brooklyn ha cambiato la mia visione della vita ed ero finalmente pronta a lasciarmi andare, a godermi i poteri che il re della morte ha deciso di donarmi in quella notte piovosa d'estate; adesso, invece, vorrei tornare indietro e lasciar partire Aaron senza di me, cosicché quel ricordo non possa più tormentarmi.
Mi avvio alla porta ma Aaron mi ferma riprendendo a parlare.
"Perché ti comporti in questo modo? Anche se dovessi aver mentito, lo sanno tutti che questo sono io, lo sanno tutti che sono cattivo!" dice senza vergogna o rimorso, senza mostrare pentimento o dispiacere nell'avermi illusa.
Tentenno a dargli una risposta mentre la rabbia tramuta rapidamente in tristezza.
"Perché forse, anche per un secondo, sono stata così stupida da credere che potessimo essere davvero amici e che tu non mi avresti voltato le spalle."
Mi lascio trasportare dalla disperazione e, per qualche motivo, riesco a ferirlo.
Aaron mi guarda e, nel momento in cui i nostri occhi si incontrano, la pressione nel mio petto aumenta. Leggo le medesime emozioni nel suo sguardo ma mi convinco a non cadere nuovamente nella sua trappola. Aaron non è in grado di provare dei veri sentimenti, l'unica cosa importante per lui è acquistare potere e diventare il re della morte; nella sua vita non c'è spazio anche per l'amore, sarebbe una responsabilità troppo grande da portarsi sulle spalle.
"Zoe..." dice chiamandomi con afflizione.
"Non dire nulla e sta lontano da me, non voglio parlarti mai più."
Questa risposta secca e aggressiva non gli lascia più dubbi; la nostra amicizia è terminata per sempre e, con essa, anche qualsiasi tipo di sentimento che ne facesse parte.
Lo abbandono bloccato contro la parete, ferito e desolato per via degli errori da lui commessi, conscio di avermi persa.
Una volta tornata a casa, mi tornano alla mente i ricordi della scorsa notte. Ho messo al sicuro mio padre riportandolo a casa e lui lo rammenterà sicuramente.
Mi raggiunge, qualche attimo dopo, con la paura negli occhi e le mani che gli tremano. È costretto a portarsele in tasca per nascondere la sua agitazione.
"Zoe, ma dove cavolo eri finita? Ho dovuto chiamare il detective Roger per sapere se stessi bene" dice ma non con la solita rabbia e preoccupazione di sempre; ha altro per la testa e i dubbi che lo stanno affliggendo riescono a sovrastare persino la paura di perdermi.
"Ah, scusa papà ma non sono riuscita a scappare durante la festa e poi mi sono sentita poco bene, quindi Sam mi ha ospitato a casa sua."
"Sam? Quindi non sei stata con Justin tutta la notte?"
"Certo che no; te l'ho detto, è finita tra noi."
Ribadirlo mi fa male adesso che so la verità; non aspetto altro che sistemare il nostro rapporto e tornare a essere affiatati come un tempo.
"Ok, non importa. Devo dirti una cosa, una cosa assurda che mi è successa ieri."
"Cosa?" chiedo tesa.
"Non so nemmeno come spiegarlo, è così assurdo che non ci crederai mai." Ogni tanto accenna a una risata e si gratta la nuca.
Se solo sapesse.
"Provaci, dimmi quello che è successo."
Incitarlo a parlarne con me è un rischio ma, se dovessi mostrarmi agitata, capirebbe che ho qualcosa da nascondere.
"Sicura che non mi prenderai per pazzo?" domanda esitante.
"Sicura; sono tua figlia e poi sono la prima a essere del tutto pazza."
"Hai preso proprio da tua madre."
Mi accarezza una guancia e la tira leggermente. Sorrido e, con fare timido, abbasso lo sguardo.
Non le assomiglio affatto, lei era una brava persona, a differenza mia, e lottava per amore; io non so nemmeno cosa significhi provare quel sentimento.
"Vedi, ieri, durante la tempesta, ho sentito come una forte energia prendermi e trasportarmi via. Ecco come sono arrivato a casa. È successo tutto in pochi secondi ma è stato sorprendente."
Sto attenta a ciò che dice mentre formulo una risposta sensata e che non mi faccia risultare nervosa.
"Vuoi dire che sei stato trasportato via?" domando, fallendo miseramente.
"Esatto, è proprio quello...io sono stato trasportato qui da qualcosa, e so anche che queste robe da fantascienza non esistono ma...se invece ci fosse davvero qualcosa di diverso in questa città? Se ci fosse io ne sarei la prova vivente."
È inevitabile che il mio corpo si irrigidisca; la mia gola si fa secca e il mio primo impulso è quello di correre al piano di sopra e chiudermi in camera.
Se dovessi dirgli cosa sono e che in realtà ho perso la vita in quell'incidente, il nostro rapporto non sarebbe più lo stesso; mi vedrebbe come un demone e come un soggetto pericoloso. Non posso permettere che accada.
"Pensi che sia pazzo, vero?" domanda mio padre, distogliendomi dalla crisi interiore con la quale non sono più in grado di convivere.
"No, è l'ultima cosa a cui penso, credimi" rispondo tormentata dal bisogno di raccontargli tutto. È mio padre e sono stanca di dovergli nascondere la mia vera identità, di dover interpretare costantemente la parte della bambina indifesa che ha bisogno di protezione, quando in realtà è lui che dovrebbe avere paura di me.
Mi scruta attentamente e con espressione confusa.
Si sta chiedendo a cosa stia pensando e perché io sia così spaventata, ma non è ancora arrivato il momento giusto per rivelargli che sua figlia è uno spietato mostro in cerca di anime.
"Papà, posso chiederti una cosa adesso?" domando prima che lui salga al piano di sopra e torni nel suo studio.
"Certo, anche se non credo di avere la sanità mentale giusta per rispondere."
Si ferma nel bel mezzo delle scale e si volta verso di me, aspettando che gli ponga questa domanda.
"Ieri, durante la festa, ti ho visto con un uomo, uno dei vescovi della chiesa; cosa ci facevi con lui?"
"Intendi Joseph Doyle? So che ha perso la vita durante l'uragano" risponde sorpreso dal mio quesito.
"È così che si chiamava?"
"Già, l'ho conosciuto durante una festa organizzata dal sindaco Archer e gli ho chiesto dei consigli sul libro; era un grande appassionato di Lovecraft" spiega con una calma apparente fin troppo accentuata, a tal punto da diventare sospetta. Non è triste per la sua morte e non sembra nemmeno importargli.
"Oh, sul serio?" chiedo, per niente sorpresa che un uomo macabro come quello fosse appassionato di racconti dell'orrore.
"E di Stephen King" continua mio padre, sta volta con una punta di ironia.
"Ma davvero?" rido ma sto attenta a non farglielo notare. Stiamo parlando di una persona che non c'è più, per quale motivo questo pensiero non lo tocca minimamente?
"C'è qualcosa che non va?" domanda.
"Tutto, in quella chiesa nulla va bene" replico, con il volto di Jasmine impresso nella mente.
"E poi, che fine hanno fatto i corpi degli amici di Alec?" aggiungo. Qualcuno deve pur essersi accorto che i loro corpi sono stati portati via o che, nel peggiore dei casi, non hanno mai neppure raggiunto il cimitero.
"Li hanno seppelliti, amore, lo sai."
"E ne sei così convinto?"
"Perché non dovrebbero? E comunque, non sei tu a dover indagare; se ne sta occupando la polizia, lascia fare al detective Roger il suo lavoro" mi intima e guarda con intolleranza.
"Ah, quello pensa solo a mangiare" rispondo sbuffando.
"Zoe."
I suoi occhi freddi mi fissano rigidamente.
"Ok papà, ne starò fuori" dico scrollando le spalle e cedendo alla pressione dei suoi rimproveri, o almeno questo è ciò che gli lascio credere.
Chiamo Sam questa sera e le propongo una breve gita al cimitero di New Hope, un posto che non potrei definire in altro modo se non agghiacciante.
Il cancello è alto e ricoperto dall'erba che nasce sul terreno ma che, non essendo mai stata estirpata, è cresciuta fino ad arrampicarsi sulle porte. All'entrata ci accoglie una delle tante statue a forma di grifone ma su quest'ultima sono incisi dei numeri romani. La data dovrebbe essere "5 maggio 1860".
"Tu sei pazza; non possiamo profanare una tomba" dice Sam che mi corre dietro mentre sono intenta a cercare le lapidi di Jasmine, Miky e Chris.
"Certo che possiamo se abbiamo dei poteri e nessuno se ne accorgerà mai" rispondo puntando la torcia sulle varie tombe lungo il sentiero in pietra che stiamo percorrendo. La strada è rotta in alcuni punti e spesso sono costretta a guardare in basso per assicurarmi che non ci sia una sporgenza che possa farmi cadere. Essendo le 21:00, il cielo è già buio e le nuvole stanno piano lasciando spazio alla luna.
Un gruppo di corvi si posa su una delle lapidi e tutti insieme iniziano a gracchiare. Sam si volta a controllare che non ci sia nessuno e io la imito quando calpesta una foglia, spaventandomi a causa del rumore improvviso.
"I nostri poteri non servono per fare del male" dice poi, una volta passata la paura.
"È stata la morte stessa a riportarci indietro, hai presente? Siamo dei demoni, Sam."
"Possiamo cambiare le cose."
"E credi che io lo voglia?" alzo la voce e il gruppo di corvi vola via, come se li avessi appena spaventati con il mio cambio di tono.
"A me non importa di cambiare le cose, non mi importa di diventare una cazzo di eroina come Justin; io voglio essere me stessa, e si dà il caso che sia un mostro ormai."
Lei smette di rispondere; non prova a far valere le sue idee, né a dirmi che mi sbaglio o che sono una persona orribile; semplicemente, chiude la bocca toccandosi una spalla, infreddolita.
Ci saranno su per giù 8 gradi questa sera e stiamo entrambe congelando.
"Quindi, per l'amor del cielo, aiutami a capire se sono diventata pazza o se davvero quella chiesa ha a che fare con il re della morte" termino con più calma, buttando fuori un respiro angosciato.
Sam si guarda intorno, soffermandosi sulla luna per un attimo di troppo. Ci troviamo nel cimitero dove i suoi genitori sono stati seppelliti e credo sia questo il pensiero che la sta rendendo triste e abbattuta.
"Sbrighiamoci, non voglio finire in galera" dice, ricominciando a camminare lungo il sentiero. Sarà meglio seguirla, non vorrei mai che qualche corvo la attaccasse e la spaventasse a morte.
La tomba di Jasmine si trova accanto a quella di Miky e Chris ed è ricoperta di terra, come se qualcuno l'avesse già toccata prima del nostro arrivo.
Guardo Sam sperando che sia pronta e lei, con un cenno del capo, acconsente; entrambe allunghiamo una mano in avanti e chiudiamo gli occhi per concentrarci solo sui nostri poteri. Il terreno trema al di sotto della tomba e viene spazzato via mentre la bara in legno risale fino a raggiungerci. L'adagiamo con attenzione per non romperla e, una volta a terra, abbandoniamo la presa e rimettiamo giù le nostre mani. Abbiamo superato il primo passaggio, ora non ci resta che aprirla. Sam si avvicina a me e si appoggia alla mia spalla, aspettando con inquietudine che io apra la cassa. Indugio qualche istante e poi decido di farlo, muovendo velocemente la mano. Tentennare ancora avrebbe reso il tutto più raccapricciante.
La bara si apre di colpo e punto gli occhi al suo interno. Sam fa lo stesso senza mollare la presa su di me e senza allontanarsi di un centimetro dal mio corpo. È spaventata e si affida alla sua migliore amica per avere protezione.
"Ma è..." dice dopo essersi resa conto che nella bara non c'è nulla, nemmeno una traccia che possa indicare che Jasmine sia stata mai messa qui dentro.
"Vuota? Sì, lo è" rispondo, affatto sorpresa.
"Porca puttana! Allora tu e Justin dicevate la verità" esclama allontanandosi da me e indietreggiando di qualche passo, disorientata.
"Controlliamo quella degli altri ragazzi" dico e con Sam estraggo anche le successive due bare.
Quando, però, apro la cassa che dovrebbe contenere Miki, sorprendentemente ne esce un pipistrello che si avventa su di noi.
"Sta giù!" grido spingendo Sam a piegarsi verso il basso, stringendola a me per evitare che il pipistrello la tocchi ancora.
"Quel pipistrello...come può essere uscito da lì?" chiede quando ci allontaniamo l'una dall'altra, ma senza lasciar andare le nostre braccia.
"Ce l'ha messo qualcuno prima che arrivassimo, qualcuno che sa quanto ne abbia paura" rispondo.
"Credi che si tratti di...?" Sam non possiede la fermezza giusta per terminare.
"Non vuole che indaghiamo" dichiaro, rivolgendo per un breve lasso di tempo uno sguardo al pipistrello che svolazza intorno alla lapide di Jasmine.
Anche le bare di Miky e Chris erano vuote e ciò non mi lascia più molti dubbi: il re della morte sta utilizzando i corpi delle vittime di Aaron per nutrirsi e accrescere il suo potere.
Rimettiamo tutto in ordine e ci dirigiamo al Moo per riordinarci le idee. Un buon milkshake forse non basterà a farmi dimenticare l'orrore di quel cimitero, ma posso almeno sperarci.
"Ti aspetto fuori, non mi va che qualcuno mi veda con questa faccia" dice Sam bloccandosi poco più lontana dalla porta.
"Sicura di non aver paura in questo parcheggio da sola?" rispondo lanciando uno sguardo alla buia e tetra strada nella quale ci troviamo.
"C'è un barbone laggiù."
Sam lo indica con un dito e sorride sarcasticamente.
"Arrivo subito."
Ricambio alzando gli occhi al cielo ed entro nel locale, guardandola un'ultima volta con apprensione.
Mi posiziono davanti al bancone e aspetto che Ty venga a prendere la mia ordinazione, mentre butto l'occhio su Justin e suo padre, seduti a un tavolo. Stanno cenando insieme e, per quanto mi piacerebbe ignorarli, li osservo per un po', venendo riportata alla realtà da Ty.
"Cosa vuoi ordinare? Oggi hai in omaggio anche una maxi Cola" dice lui sorridendomi calorosamente.
Reagisco al suo sorriso amichevole con uno sguardo timido.
"Vanno bene due milkshake" rispondo.
"Mh, dall'espressione sul tuo volto direi che hai bisogno di qualcosa di più forte" dice abbassando la voce e appoggiandosi con il gomito al bancone, allungandosi verso di me con aria complice.
"Ma sono minorenne."
"E io posso chiudere un occhio."
Rido e mi passo una mano tra i capelli, sistemando con insicurezza alcune ciocche dietro al mio orecchio.
"Non importa ma grazie comunque."
"Come desideri. I tuoi milkshake sono in arrivo" risponde e mi rivolge un occhiolino. È in quel momento che Justin si avvicina al bancone e si ferma al mio fianco.
"Due maxi cola, grazie" dice lui. Il suo tono è serio. Non accenna minimamente a volermi guardare; è come se fossi invisibile ai suoi occhi.
"Ok Juss, aspetta un secondo, vado a prenderle nel freezer."
Ty gli batte un cinque e torna nel retro del locale.
Siamo da soli adesso e posso percepire la tensione di Justin farsi pesante.
"Ehi" bisbiglio.
"Ehi" risponde mantenendo un distacco piuttosto evidente.
"Sei stato davvero un grande ieri, non tutti avrebbero avuto il tuo coraggio."
"Non era niente."
Finge un sorriso.
"Lo era, invece, e molto."
Parlo con più sicurezza.
Non credevo che un ragazzo potesse rendermi così nervosa ma Justin ha un effetto quasi magico su di me.
"Si trattava di Aaron, lui avrà sempre un ruolo importante nella mia vita."
"E io? Io che ruolo ho nella tua vita?" mi volto verso di lui, ma non subito, prima trattengo il desiderio di farlo, terrorizzata dallo sguardo freddo che avrei potuto ritrovarmi ad affrontare.
"Non lo so, hai deciso di chiuderla, quindi siamo amici...suppongo" dice.
"Non dobbiamo per forza. In realtà ho capito tante cose ultimamente, delle cose su di noi."
"Davvero?" domanda incrociando le braccia al petto e utilizzando un velo di saccenza.
"Sì, davvero."
Sorrido con la speranza che mi creda.
"E questo prima o dopo aver pensato che Sam avesse una cotta per me?" Impallidisco non appena dice una cosa simile.
"Come scusa?" rispondo spaventata persino all'idea di poterlo guardare negli occhi.
"Sam me l'ha detto; voleva sapessi che in realtà ti piacevo ancora, ma non posso credere che tu abbia davvero dato retta ad Aaron, che ti sia fidata di lui e non di me."
Justin mi sta facendo una scenata davanti a tutti e non gli importa di alzare la voce, risultando minaccioso; vuole mettermi nella posizione di sentirmi in colpa per il male che gli ho causato.
"Mi dispiace, sono stata una stupida, ma Aaron è stato convincente e..."
"E cosa? Non sei nemmeno venuta a parlare con me, non ci hai nemmeno provato a chiedermi cosa ne pensassi" dice con spregio.
Non si sbaglia ed è questo che mi impedisce di ribattere correttamente: sapere di aver commesso un grave errore che ha allontanato Justin da me.
"Non volevo darti un peso; so che tieni a Sam come a una sorella, ti avrei fatto stare male."
"È lasciandomi che mi hai fatto stare male, perché hai preferito fidarti dell'essere più cattivo al mondo piuttosto che andare dal tuo ragazzo." La mia pazienza vacilla quando Justin nomina Aaron.
"Non è per nulla così; tu non sai come sono andate le cose e non puoi giudicarmi per questo, non puoi giudicarmi per aver messo i sentimenti della mia migliore amica prima dei miei."
"Il punto non è questo, è che hai scelto la strada facile e ti sei arresa. Mi ero sbagliato su di te, credevo fossi una combattente ma, a quanto pare, non è così."
Il mio cuore si spezza.
"Voglio combattere adesso; lasciami provare, sta volta non ti deluderò."
Mi avvicino a lui che non alza il capo verso di me, lo mantiene basso e tenta con fatica di non cedere alla tentazione di guardarmi.
"Non so se posso fidarmi di te" dice con indifferenza.
"Fidati di quello che senti allora."
Poso una mano sul suo petto che si irrigidisce al mio tocco. Per un secondo mi pare stia per crollare ma tiene duro e non mi guarda.
"Fidati del tuo cuore" continuo con voce più bassa.
Justin non risponde, è come paralizzato e non ha affatto intenzione di abbandonarsi ai sentimenti che fino ad ora lo mantenevano umano.
"Non posso" risponde, colpendomi con le stesse parole dette da me la scorsa volta.
Mi sposta e prende le due bevande che aveva ordinato, tornando poi da suo padre che gli sorride e scompiglia i capelli scherzosamente.
Avevo iniziato a provare qualcosa per una persona che ci teneva realmente a me e, per colpa di Aaron, ho rovinato tutto. È entrato nella mia testa e ha sconvolto ogni singola parte di me. Lo odio per avermi reso così ingenua.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora