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Siamo intenti a guardare il ragazzo in piedi sul tavolo, che si sta chiaramente pavoneggiando per farsi notare.
Deve avere qualche mania di protagonismo, dato che si presenta sempre in modo tanto plateale.
"Scusate se ho interrotto la musica ma, sapete, non sono un grande fan dell'elettronica" dice ancora lui mentre alcuni ragazzi bisbigliano alle mie spalle, mostrando la loro confusione.
"Chi è quel tipo?" domando a Justin che lo sta fissando con più insistenza rispetto agli altri; sembra quasi lo stia uccidendo nelle sue fantasie più recondite.
Justin non mi presta attenzione, è completamente fuori dal mondo in questo momento e i suoi occhi neri assumono una certa intensità.
"Credevo che a questo genere di feste andasse forte Taylor Swift o, non so, Justin Bieber" continua il ragazzo, facendo ridere qualcuno nella stanza.
"Idiota, scendi dal mio tavolo. Non puoi presentarti qui dopo un anno e fare quello che ti pare" dice Aiden, per nulla felice di questa improvvisa apparizione.
"Oh, eccolo qui, il padrone di casa. Quanto mi sei mancato, tu e le tue spalle da giocatore di basket. Hai ancora quella psicopatica intorno oppure ti ha lasciato perdere?" lo provoca.
"Ti ho detto di scendere, non sei divertente" risponde Aiden tentando di mantenere la calma.
"Perdonami, non ricordo l'ultima volta che tu abbia fatto ridere qualcuno...a parte quando giochi a basket, ovviamente" ribatte il ragazzo.
Questa frase, concisa e cattiva, lo rattrista e la sua determinazione a mandarlo via svanisce in pochi istanti.
"Non ci posso credere..." dice Aiden stringendo un pugno; poi, con l'altra mano, prende un bicchiere e beve tutto d'un sorso, arrabbiato.
Lo guardo riflettendo su quanto sia difficile, per lui, dover gestire una situazione tanto spiacevole.
"Bravo, bevi, tanto è l'unica cosa che ti riesce bene" commenta aspramente il ragazzo.
È del tutto fuori di testa per mettersi contro un giocatore di basket ben piazzato come Aiden. Se solo lo volesse, potrebbe spezzargli il braccio con due semplici mosse.
"Justin, dovremmo fare qualcosa!" dico battendo sulla sua spalla.
Justin torna alla realtà bruscamente.
Sul suo volto è presente un cipiglio.
"È solo un idiota, non è necessario" risponde.
"Tu lo conosci? Che ha che non va?" "Si chiama Aaron e ha molti problemi. Se si avvicina a te, cambia strada, porta solo guai" dice e il suo tono è abbastanza duro da farmi capire che non sta scherzando.
"Si è già avvicinato a me la scorsa mattina in bagno, prima del terremoto."
Justin si innervosisce in maniera repentina: "Cosa? Avete parlato?" "Purtroppo sì ed è stato assurdo. Mi è sembrato di venire trasportata in un'altra dimensione."
Mi guarda come se fossi diventata pazza, e forse è proprio così.
Non mi riconosco più da quando sono arrivata a New Hope.
"Allora, ragazzi, che ne dite di animare questa merda di festa? Ho portato vero alcool stasera, non quello schifo che Aiden vi fa bere per non farvi ubriacare" dice Aaron.
"Lo odio..." sussurra Aiden.
"Su, buttatevi in pista, è il momento di divertirsi un po'!" aggiunge Aaron sorridendo maliziosamente e puntando i suoi occhi scuri su di me per qualche istante.
Provo una strana sensazione nel petto e distolgo subito il mio sguardo, incapace di reggere il suo.
C'è qualcosa di malato nel sorriso sulle sue labbra, qualcosa che non mi fa sentire al sicuro, che mi fa pensare che, l'unico motivo per cui mi avvicinerei a un tipo come lui, sarebbe la perdita della ragione.
Per schiarirmi le idee, mi incammino verso il bagno; mi darò una bella rinfrescata e smetterò di sentirmi minacciata.
Qualcuno, però, mi si piazza davanti lungo il corridoio, spaventandomi di conseguenza.
"Ciao. Sono felice di vederti qui!" dice Aaron rivolgendomi un sorriso anche meno rassicurante dei precedenti. Volevo scappare ma non sarà semplice finché ci sarà lui nei paraggi.
"Guarda un po', io invece speravo di non rivederti mai più" rispondo con un pizzico di acidità.
"Come sei scontrosa. Così ferisci i miei sentimenti" dice ironicamente, alimentando il fastidio che provo nei suoi confronti.
"Ti prego, non mi sembri affatto il tipo che prova sentimenti."
"Hai ragione, ma con te potrei fare un'eccezione."
Si avvicina e io indietreggio inorridita.
"Devi starmi alla larga, ok? Non voglio problemi e credo che tu sia un problema bello grosso. Cosa ti è saltato in mente prima? Era un pessimo modo per far vedere alla gente che hai senso dell'umorismo? Patetico. Le persone non si avvicinano nemmeno a uno come te."
È un disprezzo tagliente il mio, che mi fa ottenere da parte di Aaron una risatina colma di cattiveria.
"Mi piace farmi notare, tutto qui." "Invece io lo odio, quindi levati di mezzo."
Provo a sorpassarlo ma lui mi sbarra la strada.
"Spostati!" dico guardandolo dritto negli occhi.
Non ho mai visto un'espressione così intensa e penetrante; mi scombussola lo stomaco e non è piacevole.
"Sei spaventata da me..." dice dopo avermi esaminata attentamente e con uno strano luccichio negli occhi.
"Ti ho detto di spostarti!"
"No, devo ancora capire delle cose."
Mi impedisce di proseguire e mi si avvicina in modo pericoloso, per poi afferrare il mio braccio.
Ed ecco che succede ancora, proprio come la scorsa mattina; vedo quelle immagini orribili e sento il dolore delle persone intorno a me.
Sta volta, però, c'è qualcosa di diverso; percepisco delle fiamme, il fuoco brucia sulla mia pelle, i miei occhi restano aperti con fatica.
Vivo tutto quello che sta accadendo come se fosse vero, come se stessi bruciando anche io, la mia gola va a fuoco e ciò mi impedisce di respirare.
"Basta!" grido spingendo via Aaron con tutte le mie forze.
Lui vola dall'altra parte della stanza, andando a sbattere contro il muro che si rompe in più punti e quasi crolla. Per un secondo, l'intero corridoio trema e rimango incredula di ciò che ho appena fatto.
È successo anche due giorni fa, durante il terremoto, solo che, sta volta, sento di esserne proprio io la causa.
Guardo Aaron sconvolta; ho appena utilizzato una forza che non pensavo nemmeno di avere, che avrebbe distrutto l'intera casa se solo non mi fossi fermata in tempo.
"Oh mio Dio!" esclamo a bassa voce, sotto lo sguardo esterrefatto di Aaron che pare anche divertito.
"Zoe, ma che succede?" interviene Justin che corre verso di noi veloce come un fulmine.
Notando Aaron steso a terra, deglutisce per lo stupore e la tensione.
"Devi starle lontano, Aaron, lei non è un giocattolo!" gli urla contro.
"Mi stavo solo divertendo un po' ma, a quanto pare, è più forte di quanto pensassi" risponde lui compiaciuto. Non riesco a proferire parola, il mio fiato è ancora corto e ho la gola chiusa.
"Zoe, guardami, va tutto bene. Ora ti riporto a casa" dice Justin mentre tenta di prendere la mia mano; ma io mi allontano da lui e rispondo: "No, vado da sola. Non so cosa sia appena successo ma questa è una città di matti e non ci voglio restare un secondo di più."
"Aspetta, non è sicuro andare da sola a quest'ora" dice Justin nel tentativo di fermarmi.
"Non è sicuro nemmeno restare qui con voi!" ribatto prima di scappare via, ignorando le loro occhiate pressanti.
Corro rapidamente, non ho intenzione di partecipare a delle feste dove ci sono ragazzi come Aaron. Deve trovarsi sotto effetto di qualche droga per dire delle cose del genere e per comportarsi come se avesse il diritto di importunare così le persone per il solo scopo di divertirsi un po'.
Incomincio a sentire le gambe deboli, i miei movimenti si fanno più lenti e non riconosco la strada che sto percorrendo. Ovunque mi giri c'è sempre lo stesso posto, la stessa nebbia e le stesse case, una identica all'altra. Sono finita in un labirinto che ha tutta l'aria di avermi inglobata totalmente.
Mi porto le mani tra i capelli, poi mi appoggio a un muretto e lo prendo a pugni, arrabbiata con me stessa per l'incapacità di stare in mezzo alla gente. Sono una vera codarda.
"Zoe."
Justin mi ha raggiunta e si avvicina lentamente a me.
"No, stammi lontano!" rispondo spaventata.
La nebbia sta sparendo ma la paura che tutto stia per finire nel peggiore dei modi non vuole proprio abbandonarmi.
"Non voglio farti del male" dice muovendosi a piccoli passi nella mia direzione.
"Forse tu no, ma di Aaron che mi dici? Continua a fare quella cosa strana con la mia testa, riesce a farmi vedere delle cose. Che significa tutto questo?"
Perdo la calma e il tremolio nella mia voce è insostenibile.
"Se te lo spiegassi non mi crederesti."
"Perché? Che cosa c'è che non va in questo posto? Perché la gente è così strana?"
Justin non risponde, si limita ad abbassare lo sguardo, forse in cerca delle parole giuste o di una storiella da inventarsi per sollevarmi il morale. Nulla potrebbe accontentarmi adesso, perché le recenti vicende sono a dir poco fuori dal comune e non esiste alcuna spiegazione plausibile a quello che ho visto.
"Lasciamo perdere. Devo tornare a casa" dico sospirando esasperata.
"Ti accompagno."
Fermo Justin prima che mi raggiunga: "Ce la faccio da sola, ma grazie comunque."
Il suo sguardo esprime tristezza, vorrebbe dire altro ma non lo fa.
Gli do le spalle e riprendo i miei passi, sta volta, sperando di arrivare sana e salva a casa.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora